Renzi e i conti con l’Ue

La Stampa ha in apertura un colloquio con il Presidente del Consiglio: “Renzi: ridicolo chi mi attacca”, “’Il governo va e avremo la legge elettorale’. E all’Ue dice: so cosa fare”.

Sotto la testata: “Crimea, referendum per tornare con Mosca”.

 

Corriere della Sera: “Renzi sfida l’Europa sui conti”, “Il premier: l’Italia sa cosa fare. Saccomanni: mandati via perché arrivavano i risultati”, “Legge elettorale: no alle preferenze, lite sulle donne in lista”.

A centro pagina: “Crimea, è secessione, ‘Stiamo con Mosca’”.

 

La Repubblica: “Conti, Renzi sfida l’Europa, ‘Basta con i compiti a casa’”.

Di spalla a destra: “La Crimea: ci uniamo alla Russia. ‘Il voto è illegale’, l’ira di Obama”.

A centro pagina: “Italicum, donne in rivolta sulle quote rosa. Grillo caccia i dissidenti, altri 5 in bilico”.

 

 

L’Unità: “L’altra metà dell’Italicum”, “Rivolta delle parlamentari Pd contro l’esclusione della parità di genere dalla legge elettorale. Boldrini: rispettare la Costituzione. Ma Fi non ne vuole sapere. Intervista a Pollastrini: grave ferita”.

A centro pagina: “Renzi: crescita e lavoro. E’ scontro sui conti”.

 

Il Giornale: “Il mercato delle donne”, “Scontro di genere e di potere alla Camera per le quote rosa nella nuova legge elettorale. Berlusconi: anche con Renzi, sempre in guardia contro la sinistra”.

 

Il Fatto: “Governo caos”, “Legge elettorale, deficit, lavoro”.

A centro pagina: “M5S, scontro finale, altri cinque espulsi”.

 

 

Renzi e i conti

Ieri debutto a Bruxelles per Renzi, in occasione del vertice Ue. E per La Repubblica ha lanciato un ‘altolà’. Queste le sue parole: “Basta con il refrain italiano per cui si dipinge l’Europa come il luogo dove veniamo a prendere i conti da fare a casa, l’Italia sa cosa fare”. Il punto, ricorda il quotidiano, è che mercoledì la Commissione Ue ha aperto una pesante procedura contro l’Italia per ‘squilibri macroeconomici eccessivi’ che prevedono uno stretto monitoraggio sulle riforme per mettere l’euro al riparo da nuove sbandate di Roma. Spaventano scarsa crescita, deficit di produttività ed elevato debito pubblico: “uno schiaffo al quale Renzi intende rispondere con i fatti e con una strategia alla quale sta lavorando con il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan e con il sottosegretario agli Affari Ue Sandro Gozi”. Anche Renzi è convinto, secondo La Repubblica, che “il limite del 3% del deficit non possiamo superarlo”, perché sarebbe controproducente. Tornare sotto procedura per disavanzo eccessivo toglierebbe ogni margine di manovra a Roma. Ma questo non significa correre ai ripari con una manovra correttiva.

La Stampa offre ai lettori un colloquio con lo stesso Renzi: “’Critiche ridicole anche da chi mi sosteneva. Ma la gente sta con me’”. Dice il presidente del Consiglio: “Sui conti c’è poco da dire: è stato addirittura Saccomanni ad avvisarci che le cose stavano in un certo modo… Dunque non capisco né gli attacchi, né le ironie. Sui sottosegretari, poi, sono disposto a discutere con chiunque. Dovrei buttare fuori dal governo De Filippo per delle spese in francobolli? Qui si pone davvero un problema di civiltà… Mi pare surreale. E più surreale ancora, mi permetta di dirlo, è che al coro si sia aggiunto Pippo Civati, che ha fatto le primarie contro di me precisamente nella condizione di indagato in cui sono De Filippo e alcuni altri”.

Il Corriere della Sera intervista Fabrizio Saccomanni, che è stato ministro dell’Economia del governo Letta. Il quotidiano ricorda che nei giorni scorsi Renzi, dopo l’allarme della Commissione Ue sugli squilibri eccessivi del nostro Paese, aveva detto: “Sapevamo che i numeri non erano quelli che Letta raccontava, ma siamo gentiluomini e non abbiamo calcato la mano”. Saccomanni risponde: “È una scorrettezza. L’ipotesi che Letta abbia raccontato storie è assolutamente non vera. Noi abbiamo sempre esattamente detto come stavano le cose”. La Commissione Ue accusa l’Italia di non aver messo in campo riforme per porre rimedio alla scarsa produttività e alla crescita inesistente, fa osservare il Corriere. Saccomanni: “Il fatto è che loro hanno interpretato come stime i nostri obiettivi: due cose che sono evidentemente molto diverse. Nel documento di economia e finanza ho scritto che il governo si poneva per il 2014 l’obiettivo di una crescita dell’1,1 percento. E a novembre mi sembrava di aver convinto la Commissione e Olli Rehn che le misure previste dalla legge di stabilità e da altri provvedimenti avrebbero fatto ripartire la nostra economia a quel ritmo. Magari è obiettivo che il governo Renzi può giudicare insufficiente. Ma affermare che si è nascosta la realtà è scorretto. Vorrei ricordare che nella riunione dell’Eurogruppo del 22 novembre scorso si era chiaramente arrivati alla conclusione che non ci sarebbe stato bisogno di alcuna manovra”. Ancora parole di Saccomanni: “A pensare male si potrebbe immaginare che l’accelerazione nel cambio di governo sia stata determinata dalla paura che Letta raggiungesse risultati troppo favorevoli: lo spread in discesa, l’economia in ripresa… A quel punto, fra un anno, sarebbe stato molto più difficile mandarci via”.

L’Unità cita le parole di Renzi a pagina 4: “Sappiamo cosa fare: crescita e lavoro”. A pagina 5: “Saccomanni difende Letta: ‘Accuse incomprensibili’”. E intervista il deputato Pd Francesco Boccia, vicino a Letta, che dice: “’Sui conti parole gravissime, il premier smentisca’”, “Il governo Letta ci ha fatto uscire dalla procedura d’infrazione. Ricordo in proposito infinite interviste in cui Delrio ne cantava le lodi”.

 

Legge elettorale

“L’Italicum si arena sulle quote rosa”, titola La Stampa spiegando che il via libera definitivo slitta alla prossima settimana. E parla di un “fronte trasversale per garantire l’elezione del 50 percento di donne”. Scrive il quotidiano che l’accordo stretto tra le forze politiche per il momento tiene, nonostante mal di pancia su alcuni punti. Sulle soglie di sbarramento, che i partiti minori vorrebbero abbassare, così come sulla questione della parità di genere: così com’è il testo della legge garantisce il 50 percento delle donne in lista, ma non di elette, cosa che un fronte trasversale di deputate sta cercando di modificare con una lettera-appello a Renzi. E La Stampa intervista Rosy Bindi: “Io non sono mai stata una femminista, quindi sono veramente al di sopra di ogni sospetto, ma la parità di genere sta nella Costituzione e nel Dna del Pd”. Si prende una pausa di riflessione per l’8 marzo per decidere se voterà o meno la legge.

Corriere della Sera: “Donne in lista, pressioni sul Cavaliere. Ma le azzurre non sono compatte”, “Prestigiacomo e Carfagna in prima linea. Santanché si chiama fuori”.

Il Giornale scrive che il governo, per il momento, ha deciso di prendere tempo sulla questione degli emendamenti sulla parità di genere, rimettendosi all’Aula di Montecitorio. Commenta il quotidiano: “Il timore è che, accettando la modifica sulla rappresentanza di genere, si apra una breccia per ulteriori modifiche su preferenze, soglie e quant’altro. A quel punto il delicato equilibrio raggiunto a fatica due giorni fa rischierebbe di saltare”.

La Repubblica dice che “Forza Italia al maschile dice no e nel Pd la tensione torna alta”. E intervista due esponenti di Forza Italia che hanno opinioni diverse sul tema. Renato Brunetta: “’Non è il metodo giusto, verrebbero privilegiate solo quelle più ubbidienti”. Stefania Prestigiacomo: “Difendono le loro poltrone ma noi non arretreremo e questo Berlusconi lo sa bene”.

Il Corriere della Sera racconta che ieri sera l’Aula di Montecitorio ha bocciato a scrutinio segreto per 42 voti l’emendamento che avrebbe introdotto le preferenze. I voti favorevoli sono stati 236, cioè molto più numerosi di quelli registrati per altri emendamenti (in media 180-190).

 

Ucraina

Spiega su La Stampa Lucia Sgueglia che “ieri il Parlamento della Crimea, in una seduta a porte chiuse senza osservatori – dopo l’inviato Onu, anche quelli dell’Osce sono stati cacciati sulla porta dai ‘soliti ignoti’ in armi – ha premuto l’acceleratore sull’annessione alla Russia, e sull’escalation del conflitto con Kiev votando all’unanimità una mozione a favore dell’adesione alla Federazione russa. Il referendum si terrà il 16 marzo: inizialmente, le autorità locali che a febbraio hanno disconosciuto il governo di Maidan, avevano ipotizzato un’autonomia più allargata. Ma ora gli abitanti della penisola dovranno decidere se tornare alla Costituzione ucraina del 1992 o entrare in Russia. Stop”.

“La Crimea vota l’annessione a Mosca. Kiev reagisce: ‘Decisione illegale’”, titola il Corriere della Sera. L’inviato Francesco Battistini racconta la seduta del Parlamento di Crimea, che ieri ha votato all’unanimità, decidendo che tra 10 giorni si terrà un referendum con due quesiti. Volete voi entrare nella Federazione russa? Volete voi che la Crimea torni alla Costituzione del 1992, ovvero di quando ci davamo un nostro presidente e ci facevamo da soli la nostra politica estera?

La Repubblica ospita un intervento di Henry Kissinger: “Quel ponte di Kiev tra Est e Ovest”. Dove si legge, tra l’altro, che “l’Ucraina dovrebbe avere il diritto di scegliere liberamente le proprie associazioni economiche e politiche, incluse quelle con l’Europa”, che “l’Ucraina non dovrebbe aderire alla Nato” e che “sarebbe saggio da parte dei leader ucraini optare per una politica di riconciliazione tra le varie componenti del Paese”.

Sulla reazione occidentale alla decisione del Parlamento in Crimea: “’Ucraina indivisibile, reagiremo’, l’Europa con gli Usa sulla linea dura” (La Repubblica), “Obama trascina l’Europa. Sì alle sanzioni alla Russia” (La Stampa), “L’America vara sanzioni, l’Europa sta a guardare. Ha vinto la linea Merkel” (Il Corriere della Sera).

 

Da non perdere

La vignetta di Altan in prima su La Repubblica, dedicata alla legge elettorale in discussione. Due uomini in cravatta – presumibilmente due parlamentari – parlano fra loro.
“Quelle vogliono la parità di genere”. L’altro: “E noi ci facciamo crescere le tette”.

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