Renzi annuncia la manovra choc

La Repubblica. “Renzi: una manovra da 30 miliardi, sgravi alle imprese che assumono”. “Il premier annuncia tagli alle tasse per 18 miliardi. ‘Industriali, ora non avete più alibi'”. Un retroscena è titolato “‘La Cgil dovrebbe applaudire'”. Una “analisi” di Federico Fubini è titolata “alla ricerca della riscossa”.
A centro pagina, con grande foto, la “svolta” al Sinodo su divorziati e coppie gay. “‘Accogliamo i doni e le qualità dei gay'”, il titolo.
Sotto: “Anche Parma sott’acqua. Frane e sfollati in Piemonte”.

La Stampa. “Renzi promette: ‘Niente contributi per i neoassunti’. Contratti a tempo indeterminato, lo sgravio varrà per i primi tre anni. L’annuncio sulla manovra: tagli all’Irap per 6,5 miliardi”.
A centro pagina: “Dal Piemonte all’Emilia, inferno di acqua e fango”.
Un richiamo in prima racconta del “pasticcio familiare di Luxottica”. Da segnalare un reportage firmato da Domenico Quirico da Kenema, in Sierra Leone: “Ebola, nella città dove muoiono i medici eroi”.
In alto: “I vescovi aprono ai gay. ‘Anche loro importanti nella comunità cristiana’. Sui divorziati ‘scelte coraggiose'”. Accanto, il debutto di Fca alla Borsa di Wall Street.

Il Corriere della Sera. “‘Meno tasse e spese, serve un choc'”. È una intervista al sottosegretario Graziano Delrio, che dice che il Tfr in busta paga non sarà deciso nella legge di Stabilità (“il tema va approfondito”) e che la manovra sarà da trenta miliardi. “Renzi: 18 andranno a ridurre le imposte, Irap più leggera”.
A centro pagina: “Frane e tempeste, anche Parma finisce sott’acqua”.
A fondo pagina: “Lite fiscale, Del Vecchio paga 146 milioni. I pm di Milano archiviano le accuse”. E poi le notizie sull’andamento in Borsa dell’azienda, in queste settimane al centro di molte voci. Un altro articolo è titolato: “‘Basta illazioni, decine Leonardo'”.

Il Sole 24 Ore: “Irap, taglio da 6,5 miliardi. Zero contributi nei primi tre anni per chi assume a tempo indeterminato”. Il quotidiano spiega che “per le coperture si cercano 16 miliardi di tagli”. Di spalla: “Caos Luxottica: crolla il titolo (-9 per cento). Tutte le deleghe a Del Vecchio”. “Dopo le dimissioni di Cavatorta anche Abravanel fuori dal cda”. E accanto: “Fca debutta a Wall Street, il mercato guarda ai nuovi partner. Elkann: ‘Momento storico’. Marchionne: ‘Nuovo inizio'”.
Sotto: “Genova, pronto il piano sblocca opere. Emergenza alluvionale anche in Piemonte e a Parma”.

Il Fatto: “Genova, piove sul fango, paura, fischi e Renzi scappa”, “Ancora tempeste d’acqua, zone isolate, autostrade e ferrovie bloccate: ma il premier si tiene alla larga dalla città in ginocchio per paura delle contestazioni e si mobilita con i tweet. Nubifragi al Nord, allagamenti a Parma”.
In taglio basso: “Europee, ecco chi ha versato la Grana”, “I soldi per le elezioni : Forza Italia foraggia Toti, all’ex ministro De Castro (Pd) il sostegno delle aziende casearie, i fondi dell’azionista de L’Unità per Bonafé”.
E su “Palazzo Chigi”: “L’ultima promessa: ‘Meno Irap’. Ma sulla ripresa tre governi di balle”.

Il Giornale: “Finalmente meno tasse. Renzi fa una cosa di destra. Tagli alle imposte per 18 miliardi e sgravi alle imprese che assumono: è la ricetta di Forza Italia. I sindacati lo contestano e da sinistra spunta un’idea: Bersani e Vendola si faranno un partito”. E poi: “Fuga da Alfano: un senatore torna da Berlusconi”.
A centro pagina il quotidiano parla di un presunto piano terrorista per colpire Milano: “Volevano colpire la Metro di Milano. I servizi segreti marocchini svelano: ‘Sventato un piano qaedista’”. E poi: “Abbraccio a gay e divorziati. Così la Chiesa volta pagina”.

Legge di Stabilità

Sul Corriere il Sottosegretario Graziano Delrio spiega che “il Paese ha bisogno di uno choc”, di “un atto di coraggio per tornare a crescere. Questa legge di Stabilità da 30 miliardi ha un approccio radicalmente nuovo: vogliamo mettere denaro nelle tasche degli italiani in maniera stabile e ora tutti, anche gli imprenditori, sanno che potranno contare su misure strutturali. Mi auguro che ora ognuno faccia la propria parte”. Delrio dice anche”Porteremo questa manovra in Europa senza timori. L’Italia è un Paese che rispetta i limiti e le regole, come quella del 3%”. Quanto alla copertura, Delrio dice che “parte dei 16 miliardi verranno dalla lotta all’evasione fiscale”. L’Italia si aspetta dall’Europa che “venga riconosciuto il nostro sforzo”, perché “in questa nostra prima Finanziaria c’è la riduzione delle tasse e quella delle spese, un vero e proprio stimolo alla crescita. Abbiamo molto di più delle riforme”. Delrio ribadisce che saranno confermati, “rendendoli strutturali, sia il bonus da 10 miliardi in busta paga sia il taglio dell’Irap che anzi andiamo a rafforzare. A questo aggiungiamo un bonus per gli imprenditori che assumono a tempo indeterminato”. Confermati anche il bonus energia e quello per le ristrutturazioni. Non ci sarà invece il Tfr in busta paga: “Quest’operazione non è nella Stabilità, abbiamo tempo per approfondire il tema”.
Sullo stesso quotidiano Mario Sensini, inviato a Lussemburgo, parla dell’Europa che aspetta la legge di Bilancio italiana. Intanto “la legge di bilancio del 2015 sale nelle sue dimensioni, da poco più di 20 a 30 miliardi di euro, con 18 miliardi di tasse in meno e 16 miliardi di tagli alla spesa, ma è ancora presto per capire se la scelta di una manovra così incisiva, tutta puntata sul rilancio dell’economia e in piena linea con quelle che sono le raccomandazioni rivolte da anni all’Italia, come quella annunciata ieri dal premier Matteo Renzi, sarà sufficiente ad evitare al governo le reprimende europee e dei mercati per non aver fatto abbastanza sulla riduzione del deficit pubblico”. Si dà conto delle parole del Ministro Padoan, ieri: “L’Italia fa le riforme, riduce le tasse sul lavoro, taglia la spesa pubblica”, e quella in corso “non una trattativa. Lo nega Katainen, lo nega Padoan. ‘Non è un negoziato. Tutto rientra nel normale dialogo, è un processo assolutamente normale – spiega il ministro in una pausa dei lavori dell’Eurogruppo -. Bruxelles riceverà subito dopo il Consiglio dei ministri i numeri della legge di Stabilità, e il dialogo si concluderà dopo che la Commissione avrà esaminato non solo i numeri, ma anche la logica nella quale questo programma si inserisce'”. Viene sottolineato anche che ieri “l’olandese Jerome Dijsselbloem, altro esponente della linea del rigore, ha sottolineato pubblicamente come la situazione della Francia, con il deficit oltre il 3% da anni e decisa a posticipare ulteriormente il rientro nei parametri, sia ben diversa da quella dell’Italia, che ‘crea minori preoccupazioni'”. E poi nella manovra italiana ci sono molte delle cose chieste da Bruxelles: “Il taglio delle tasse sul lavoro, la riduzione del cuneo fiscale per le imprese, la riduzione e la riqualificazione della spesa pubblica. Mercoledì sera Renzi e Padoan tireranno la riga anche sotto la colonna dei numeri. E se davvero bastassero tre miliardi, come pare, per fare quel passo sul deficit che la Ue considera il minimo indispensabile, non sarebbe certo un problema”.

L’analisi di Federico Fubini in prima su La Repubblica sottolinea come non sia una legge di Stabilità “per stomaci leggeri quella in arrivo: 13 miliardi di tagli di spesa, 5,5 miliardi di nuove entrate e, soprattutto, misura senza precedenti negli ultimi anni, 11 miliardi di provvedimenti finanziati semplicemente aumentando il deficit pubblico. In questa aritmetica semplice da enunciare, difficilissima da eseguire, si trova la dimostrazione che a Palazzo Chigi e al tesoro si è affermata definitivamente una nuova consapevolezza: la posta in gioco del 2015 non è tanto il Fiscal Compact, né Maastricht e il tetto del 3%. Questa volta nella stessa grandezza della manovra lorda è racchiuso un messaggio di anche maggiore urgenza: il 2015 è l’anno in cui l’Italia ritrova dopo anni un suo equilibrio come economia avanzata capace di stare sui mercati globali, o rischia di scivolare verso una situazione molto più difficile”. Quello del presidente del Consiglio è, secondo Fubini, “il tentativo di dare una frustata con la Legge di Stabilità. Non è una misura del tutto radicale, perché poteva ridurre ancora di più le tasse sulle imprese o sul lavoro e da subito fissare per legge ulteriori tagli di spesa a valere dai prossimi anni. Non sarà fatto, sembra. Ma arriva un passo in questa direzione”. E sullo stesso quotidiano, il “retroscena” di Francesco Bei enfatizza il punto di vista di Renzi: “Una manovra di sinistra, se l’avesse fatta un altro avrei preso gli applausi anche da tutta la Cgil”, avrebbe detto il premier definendo la manovra “di sinistra” e “un’operazione di grande respiro alla faccia di chi diceva che si trattava solo di annunci e che era vuota”. E’, scrive Bei, la prima finanziaria espansiva, anticiclica, da molti anni a questa parte. Quanto alle coperture, secondo il quotidiano il premier punta sulla spending review_ via 13 miliardi improduttivi. E il rischio bocciatura da parte di Bruxelles “è concreto”, secondo il quotidiano, ma ci sarebbero 2-3 miliardi tenuti “di riserva”.

La Stampa, con il suo “retroscena” firmato dal corrispondente a Bruxelles Marco Zatterin, scrive che “la Francia resta sola tra i ‘cattivi’ dell’Ue” ed è “più vicino l’ok per l’Italia”. E alla pagina seguente: “Il premier spiazza anche i suoi ‘Dimezzare il gap coi tedeschi’. Nella manovra almeno 13 miliardi di risparmi e una stangata sui giochi”. E si descrive “lo stupore del ministro dell’Economia per le decisioni in solitaria”.

Il Fatto: “Manovra, ora Renzi ha 30 miliardi di guai”, “Il premier cambia idea sulla legge di Stabilità: nuovo taglio Irap da 6,5 miliardi. Ma non si sa con quali soldi”. E si riferisce dell’allarme lanciato da Bankitalia: nel Def stime ottimistiche e non è detto che l’Ue approvi il rinvio del pareggio di bilancio al 2017.
Su La Repubblica un retroscena affida a Renzi la spiegazione della manovra di “grande respiro”, la “prima finanziaria espansiva e anticiclica da molti anni a questa parte”. “Insomma, Renzi rivendica una manovra di sinistra”, e lo fa “la sera, quando torna a Palazzo Chigi” dopo aver parlato davanti agli Industriali di Bergamo. Una manovra scritta “senza chiedere il permesso all’Europa”. E “davanti ai padroni della Confindustria di Bergamo” non ha voluto prendere l’applauso facile con riferimenti all’articolo 18 ma ha voluto parlare di assunzioni. “Ora davvero non hanno più scuse”. Ancora “segreto” il capitolo sulle “coperture”, ma sicuramente ci sono tagli “pesanti”, per “13 miliardi di euro” alla spesa improduttiva. “Alla faccia di Cottarelli”, si legge nell’articolo. Quanto all’Europa, “non ci possono fare nulla”, “semmai ad aprile valuteranno se aprire la procedura d’inflazione”, e da qui a sei mesi molte cose potrebbero essere cambiate.

Sul Sole Guido Gentili plaude: “Il taglio per 3 anni dei contributi per chi assume a tempo indeterminato; la possibilità di ricevere il Tfr in busta paga ci sono questi numeri e questa impostazione. Mix che se confermato in modo chiaro nel testo di legge può segnare la svolta attesa. Oppure, in caso contrario, aprire una finestra sul burrone”.

Genova

La Repubblica intervista il governatore della Regione Liguria Claudio Burlando, che dice: “Ora basta burocrazia, faccio partire i lavori anche se ci sono ricorsi al Consiglio di Stato”, “Le grandi opere vengono identificate con il male. Ma se ce n’è una che salva vite umane va fatta. Negli anni di Tangentopoli, per lo scolmatore del Fereggiano, sono stati messi sotto inchiesta i miei assessori, che poi sono stati assolti. Chi è venuto dopo, però, ha buttato via il bambino con l’acqua che, col senno di poi, era addirittura pulita”.

Il Giornale intervista Gianni Alemanno: “Io, linciato per una nevicata. Lui, trattato con i guanti bianchi”. Dice che “l’evento romano del febbraio 2012 fu davvero qualcosa di straordinario”, mentre a Genova “si sapeva che esisteva un rischio, si conosceva il problema dei due torrenti. Inoltre a Roma, grazie a Dio, nessuno si è fatto male o ha perso la vita”. Secondo Alemanno fu uno sbaglio la legge che limitò i poteri della Protezione civile, dopo il caso Bertolaso: “Di fronte a una emergenza non c’è tempo per i minuetti, serve una catena di comando e una gerarchia ferrea. Ai tempi di Bertolaso la Protezione Civile avrebbe potuto assumere la guida dei lavori sui canali di Genova, scavalcando Doria o Burlando e tutte le burocrazie centrali e periferiche e ci sarebbe stata una regia immediata e precisa. Io denunciai il vuoto che si era creato. Se invece di strumentalizzare quell’emergenza in chiave politica si fosse fatto tesoro delle critiche emerse in quella situazione, si sarebbe potuta fare una riforma molto più seria di quella realizzata poi nel maggio 2012. La Protezione Civile è rimasta una realtà debole e paralizzata”.

Sinodo

“Il sogno della Chiesa” è il titolo dell’analisi di Vito Mancuso che compare in prima su La Repubblica: si passano in rassegna i punti più innovativi della “Relatio post disceptationem” illustrata dal cardinale Erdo: matrimoni civili, separati e divorziati e, soprattutto le persone omosessuali, di cui Erdo ha sottolineato come abbiano “doti e qualità da offrire alla comunità cristiana”. Non tutte le pagine della Relatio “sono intrise della medesima volontà innovativa”, chiusure intransigenti sulla morale sessuale rimangono intatte, essendo stata ribadita la bontà e l’attualità dell’enciclica Humanae vitae, il deleterio documento di Paolo VI del 1968 che condanna ogni forma di contraccezione e qualifica come eticamente disonesto apporto sessuale che voglia esplicitamente evitare la procreazione. Ma probabilmente a questo Sinodo e a questa Chiesa oggi non si può chiedere di più”, scrive Mancuso ricordando che l’anno prossimo vi sarà un altro Sinodo.
Su La Stampa se ne occupa il vaticanista Andrea Tornielli: “La Chiesa apre agli omosessuali, ‘Preziosi per la vita dei partner’. Presentato al Sinodo il documento del cardinale Erdo. La parola ora passa ai vescovi”. E sulla stessa pagina, un’intervista a monsignor Domenico Mogavero: “Unioni civili fra gay? Nessun ostacolo”. Serve una legge sulle unioni di fatto? “Si può trovare un’intesa riconoscendo la centralità della persona. Lo Stato deve rispettare e tutelare il patto che due conviventi hanno stretto tra loro”.

Ed è ancora La Repubblica a raccontare “l’ira dei conservatori”: “cresce la fronda contro le aperture, nel mirino i briefing sul dibattito”. La loro accusa: “oscurate le nostre critiche”. Due grossi calibri escono allo scoperto: il Prefetto della Congregazione della Fede Muller e il Prefetto della Segnatura apostolica Leo Burke.

Il Sole 24 Ore, con un articolo di Carlo Marroni, ricorda che il Sinodo non è finito, si concluderà domenica, ma “a metà del suo cammino” “prefigura importanti aperture sia sui divorziati risposati sia sulle coppie gay, pur confermando che il matrimonio resta indissolubile e che deve essere contratto tra un uomo e una donna” e “per la prima volta si apre una strada concreta per la riammissione alla comunione”. E sui gay la relazione osserva che “‘le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana. Siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners’. Insomma una decisa apertura”, confermata poi dal Segretario speciale del Sinodo Bruno Forte. Spiega Carboni che ora i risultati delle discussioni dei circoli finiranno in una relazione conclusiva, un documento che sarà sottoposto ad un voto all’assemblea sabato, ma “il cui risultato non sarà reso noto”

Luxottica

Il Corriere intervista Nicoletta Zampillo, moglie di Leonardo Del Vecchio, al centro in questi giorni di molte indiscrezioni, indicata da molti come “regista del terremoto che sta scuotendo Luxottica”. La Zampillo avrebbe chiesto un posto in Cda nella Delfin, la holfing finanziaria di famiglia proprietaria di Luxottica, per il figlio Leonardo Maria e una quota della holdig per lei stessa. “Le questioni di famiglia non vanno a inficiare in alcun modo la gestione e il futuro di Luxottica, che è un’azienda solida”. “È un’esigenza di mio marito che a ciascuno sia riconosciuto ciò che la legge prevede; e se la legge dice che al coniuge deve essere riservata una quota di eredità lui si comporta di conseguenza. Io non gli ho chiesto niente e non gli suggerisco niente”. Si è parlato anche di Francesco Milleri, definito spesso “molto vicino alla Zampillo”: “Se ne sono dette tante di cose, anche che Francesco Milleri fosse un mio uomo di fiducia, mentre è una persona che ha sempre lavorato con mio marito… Quanto a nostro figlio, ha 19 anni e come tutti i ragazzi pensa alle cose dei giovani e a divertirsi, entrare nel Cda di Luxottica è quanto di più lontano dai suoi desideri. Così come è completamente lontano dai miei. E soprattutto non è nei pensieri di Leonardo Del Vecchio”.
Sul Corriere anche un articolo di Luigi Ferrarella sulla “pace con il fisco” di Delfin. Il patron ha chiuso il contenzioso con Fisco e Procura di Milano staccando un assegno da 146 milioni di euro.

Sul Sole Alessandro Plateroti ricorda l’uscita, ai primi di settembre, di Andrea Guerra. Guerra aveva detto che “in discussione non erano le mie qualità di manager, ma il ruolo stesso che ricoprivo, i poteri che mi erano stati affidati, l’indipendenza di cui ho goduto per far crescere Luxottica ben oltre il perimetro che avevo trovato”. Un caso in cui il rapporto tra “management e capitalismo familiare italiano”, tra una “azienda sanissima” che per essere “credibile sul mercato” deve anche dare autonomia ai suoi manager. “In discussione non c’è il diritto alla proprietà, ma il doveroso rispetto che si deve a chi investe i propri risparmi o quelli degli altri su un modello d’impresa che ha ritenuto affidabile, vincente e soprattutto sostenibile. Con il crollo borsistico di Luxottica, azienda considerata finora come un gioiello industriale, finanziario e soprattutto di governance, il mercato ha dato ieri un forte avvertimento non solo a Leonardo Del Vecchio, ma a tutte le famiglie che sono a capo di imprese quotate: a Piazza Affari come a Wall Street, la fiducia non è mai scontata e soprattutto non si misura soltanto dai ricavi”. Plateroti paragona la vicenda al “buon debutto” di Fca a Wall Street, dove “nessuno dubita più dell’autonomia di cui gode Marchionne nell’attuazione del piano industriale e delle strategie del gruppo”. I “dissidi di famiglia”, sembra la lezione, dovrebbero restare fuori dalle sorti dell’azienda.

Ncd, Fi

Su La Repubblica attenzione per Forza Italia e Nuovo centrodestra: “Alfano rischia la diaspora. Fi si riprende un senatore, la maggioranza è più stretta”, “D’Alì lascia l’Ncd. Altri due sarebbero pronti a seguirlo. Berlusconi: Renzi tratti con noi. Il premier: restiamo sicuri”. E il quotidiano intervista lo stesso D’Alì, che dice: “Effetto domino? Magari. Non potevo più fare la stampella della sinistra”.

Su La Stampa :”Berlusconi e l’intesa col premier: ‘Il vero Patto è sull’elezione del Colle’. Il leader ai suoi: ‘L’Italicum non mi piace, non lo voglio. Ma non era quello il tema’”.

Su Il Giornale: “‘Ma quale campagna acquisti! Se alla mia porta c’è la fila di esponenti di Ncd pronti a tornare in Forza Italia non è certo colpa mia… Invece di lanciare accuse infondate, qualcuno dovrebbe farsi un esame di coscienza’”. Parole di Silvio Berlusconi, che aggiunge: “‘La verità è che più si avvicinano le tornate elettorali (di novembre e della primavera 2015) e più nel Ncd ‘cadono come pere mature’”. Secondo il quotidiano ora “Alfano teme la diaspora”.

Isis

La Stampa intervista Ala al Aswani, lo scrittore egiziano autore di ‘Palazzo Yacoubian’: “I Paesi del Golfo dietro l’Isis. L’Occidente apra gli occhi”.

Su La Repubblica, le pagine R2 sono dedicate ai “registi del terrore”: ne scrive Adam Gopmik, dal 1986 al New Yorker, di cui oggi è una delle maggiori firme. E Alberto Stabile scrive della situazione in Turchia, dopo la smentita dell’accordo con gli Usa sulla disponibilità a mettere le sue basi aeree a disposizione della Coalizione anti-Isis.

Sul Corriere un intervento di Bernard-Henry Lévy: “Per salvare Kobane l’unica speranza è l’intervento turco”. Ma Kobane cadrà, questione di ore o di giorni, “vittima di un Erdogan che ha sbagliato i conti, gioca con il fuoco, o più esattamente con il diavolo”, e “sembra aver scelto, tra i curdi e l’Isis, l’Isis”.

Intanto “l’Isis stringe il cerchio su Baghdad”, come scrive Il Sole 24 Ore. I Jihadisti “si sono impadroniti di un’altra guarnigione e si avvicinano alla capitale irachena”. Il quotidiano spiega l’ennesimo pasticcio di ieri, quando il governo turco ha smentito la consigliera alla sicurezza nazionale Usa Susan Rice, che aveva annunciato che la Turchia aveva concesso l’uso della base di Incirlik. “Gli Usa faticano ad ottenere dalla Turchia l’uso delle basi aeree”, scrive il quotidiano.

E poi

Su La Stampa la notizia che la Catalogna ha deciso di rinunciare al referendum sull’indipendenza da Madrid: il presidente Artur Mas ha detto ieri che non si può tenere “per mancanza di garanzie legali”

Il Corriere offre una ampia intervista – copyright Der Spiegel – a Joschka Fischer, autore di un libro dal titolo “L’Europa fallisce”. Fischer parla delle primavere arabe e delle vecchie dittature (“Le dittature non danno stabilità, ma sempre e soltanto una stabilità apparente”, della Siria e del mancato intervento Usa (“Quando un presidente americano tira una linea rossa ed il regime di Assad può superare impunito questa linea, si perde ogni traccia di ordine, in quanto l’America, come ultima grande potenza mondiale, non viene più presa sul serio”, dell’aiuto ai curdi (“ritengo che le forniture di armi siano giuste; non era possibile lasciare al proprio destino chi è stato attaccato”, della Russia di Putin e dell’Europa (“Era un’illusione degli europei credere che la Russia avrebbe rinunciato alla sua pretesa di grande potenza”), dell’Ucraina, con critiche anche al “grande cancelliere Helmut Schmidt” che ha detto “che in verità l’Ucraina non sarebbe nemmeno un vero Paese. Toni di questo tipo mi ricordano quello che alcuni politici tedeschi dissero negli anni novanta sulla Polonia: ‘Non riusciranno mai, tutto questo non è possibile.’ E poi invece ci sono riusciti”, e infine dell’Europa, che “si trova coinvolta in due crisi”, l’Ucraina da una parte e la “crisi interna” . “Abbiamo bisogno in Europa di una piena unione politica” perché “non siamo mai stati così vicini al fallimento”.

Il Corriere parla anche di un incontro promosso ieri dal Ministero degli esteri italiano presso l’Ispi, presente “una nutrita delegazione di diplomatici russi di alto rango” oltre che diplomatici europei per “tenere aperti i canali di dialogo e ricostruire un clima di fiducia” tra Europa e Russia. Un altro articolo del quotidiano milanese, firmato dal “quirinalista” Marzio Breda, si sofferma sugli incontri che Napolitano avrà a Milano con i presidenti russo ed ucraino, a margine del vertice Asem, che sarà “occasione per trovare un accordo tra Russia ed Ucraina”.

Il Sole 24 Ore dedica un articolo a Jean Tirole, premio Nobel per l’Economia: “L’indagatore delle regole”, è il titolo dell’articolo che Fabrizio Galimberti dedica all’economista francese.

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