Renzi, Adesso!

Il Corriere della Sera: “Il Pd affonda Letta e lancia Renzi premier”. “Oggi le dimissioni al Quirinale. Il segretario: posso governare fino al 2018, proviamoci”. “La Direzione: fuori dalla palude. Alfano: Enrico meritava più generosità”, “Berlusconi parla di ‘opposizione tranquilla e costruttia’”. L’editoriale, firmato da Massimo Franco, è titolato: “Un passaggio opaco”. A centro pagina: “Squadra con meno ministri, Saccomanni in uscita”, dove si dice che Alfano resterebbe vicepremier, e che sarebbero confermati Delrio e Bonino. A fondo pagina un articolo sulle rivendicazioni degli industriali, che cambiano forme di protesta: “Il ‘flash mob’ degli industriali”, di Dario Di Vico. In prima anche la notizia della uccisione di Els Borst, già ministro della sanità in Olanda, che firmò la prima legge sulla eutanasia. “Uccisa ‘mamma eutanasia’, il delitto che scuote l’Olanda”. E’ stata trovata morta nel suo garage, ferita, forse vittima di un crimine, dicono gli inquirenti.

 

La Repubblica: “Letta si arrende, tocca a Renzi”, “Il leader: devo rischiare, farò uscire l’Italia dalla palude. L’ex premier: la palude è colpa tua”.

A centro pagina: “Berlusconi al Colle per le consultazioni”, “Guiderà la delegazione azzurra”. Fi e M5S: la crisi in Parlamento”.

 

La Stampa: “Renzi sfila il governo a Letta”.

 

Il Fatto cita nel titolo le parole pronunciate dal segretario Pd, che compare in foto in versione Fonzie: “’Ambizione smisurata’. Ma Renzi quanto dura?”. In taglio basso, sulle consultazioni che inizieranno domani: “Il pregiudicato al Quirinale”
Il Giornale: “Renzi si nomina premier. Il Pd licenzia Letta che si dimette. Nasce il governo del segretario. La nuova era politica parte col trucco. E riserverà colpi di scena”. In evidenza, con foto, la notizia che la delegazione di Forza Italia al Quirinale sarà guidata dal leader Berlusconi: “Il convitato di pietra adesso sale al Quirinale”.

 

L’Unità: “Pd con Renzi, Letta se ne va. Il segretario vince il duello, la Direzione vota compatta (136 sì, 16 no e due astenuti) per il nuovo governo. ‘Serve un rilancio radicale, correrò il rischio’. Il premier oggi sale al Quirinale per dare le dimissioni”.

 

Il Sole 24 Ore: “Il Pd scegliere Renzi, Letta si dimette”. E poi: “Bene l’asta Btp, spread a quota 204”. Di spalla: “Squinzi: aspettiamo risposte al disagio delle imprese”.

 

Renzi premier

 

Massimo Franco sul Corriere della Sera scrive tra l’altro che “l’ambizione di arrivare alla fine della legislatura” manifestata da Renzi “è enorme” e “affidata ad una velocità che confligge con una realtà da maneggiare con pazienza e prudenza. Ma il segretario del Pd conta sicuramente doti capaci di sorprendere. Basta che tutto non si riduca a ‘effetti speciali’ destinati a durare lo spazio effimero di pochi mesi per poi presentare al Paese il conto di elezioni anticipate. Altrimenti la scossa verrebbe percepita come il velo calato su operazione dettata da ambizioni personali e logiche trasformitiche”. Franco dice anche che la scelta della Direzione sembra più dettata da un “istinto di sopravvivenza” anche per la “paura del voto anticipato a maggio”. E aggiunge che forse “per aiutare l’opinione pubblica a decifrare una operazione che si fatica a non definire ‘di Palazzo’, non sarebbe stato male chiarirla in Parlamento come chiedono le opposizioni”.

Sullo stesso quotidiano è un articolo del quirinalista Marzio Breda a dedicarsi alle scelte di Napolitano, che “da oggi gestisce la staffetta di governo” “si punta a chiudere entro domenica con l’incarico”. Breda ricorda che – siccome la crisi è nata fuori dalle Camere – le opposizioni di M5S e Forza Italia hanno chiesto di “parlamentarizzarla” “ponendo polemicamente la questione al Capo dello Stato, come problema di rispetto delle regole democratiche”. Molto dipenderà da quello che Letta dirà oggi al Quirinale. In linea teorica Napolitano potrebbe respingere le dimissioni e rimandare alle Camere Letta, “se ritenesse che vi sia una situazione di incertezza”. Ma poiché non vi è “il passaggio parlamentare è inutile, avrebbe il senso di una plateale dilazione, di una bizantina perdita di tempo” e “almeno in una trentina di casi della storia repubblicana, rispolverati dai tecnici del Quirinale, è successo così”. E se FI e 5Stelle dovessero chiedere – a ragione – un diritto di tribuna parlamentare, per esprimere in Aula la loro opinione sullo strappo politico che si è consumato ieri”, Breda ricorda che “gli atti devono sempre avere uno scopo”, e in questo caso “non può essere solo quello di dare sfogo” alle proteste delle opposizioni. Dovrebbe essere insomma per la ricerca di una nuova maggioranza. Se si salta quel passaggio “non è che la democrazia risulti ‘ferita’”, perché comunque le Camere dovranno discutere e votare la fiducia al premier incaricato. Insomma, dice Breda: Napolitano avvierà le consultazioni da subito, e punterebbe a dare l’incarico a Renzi entro domenica serà. Il segretario del Pd, secondo questo calendario, sarà a Palazzo Chigi lunedì mattina.

La Repubblica riassume così nei titoli quello che ritiene essere il punto di vista del Quirinale: “’Arrivato un segnale chiaro’. Napolitano si dà tempi stretti per consultazioni e incarico”. Ci si riferisce alla indicazione chiara venuta dalla direzione del Pd e si scrive che “a questa indicazione del partito che è azionista di ‘controllo’ del Parlamento, il capo dello Stato non potrà che dare seguito. E’ quel che il presidente della Repubblica ha annunciato ai leader politici che, in una giornata campale, ha sentito per tutta la giornata”. Napolitano, secondo il quotidiano, valuterà i tempi definitivi oggi, verso le 12,30, quando Enrico Letta gli riconsegnerà il mandato: “sul tavolo del Colle c’è la richiesta del passaggio parlamentare sollevata a gran voce da Forza Italia e dai grillini. Il che farebbe slittare i tempi, con dibattito alla Camera magari lunedì, e incarico a Renzi giovedì. Molti precedenti, però, compreso proprio l’ultimo governo Berlusconi che si dimise nelle mani di Napolitano due anni fa senza passare da un voto di sfiducia parlamentare, spingono a ipotizzare che non ci saranno ‘code’ in Parlamento per l’esecutivo Letta. Di sicuro, in ogni caso, non ci sarebbe un voto ma al massimo comunicazioni del premier dimissionario”.

 

Anche La Stampa si occupa del possibile passaggio parlamentare: “Le carte del Quirinale. Resta l’ipotesi di un voto parlamentare”.

 

In prima pagina su Il Fatto il direttore Antonio Padellaro scrive: “Dicono i bene informati che l’intenzione del nuovo premier è quella di durare il tempo necessario per l’approvazione della legge elettorale e poi andare rapidamente alle urne (si parla del prossimo ottobre). Auguri, anche perché Renzi rischia di finire sulla graticola a maggio se alle Europee il Pd dovesse stentare”. Alle pagina interne, un altro articolo segnala: “Renzi già col pallottoliere. Al Senato rischia grosso”. Dove si legge: “la prima incognita è il perimetro della maggioranza. Che garanzie e numeri offrirà Renzi a Napolitano per arrivare al 2018? Il rischio è che la maggioranza sia la stessa di Letta perché l’operazione Vendola è fallita”. Renzi avrebbe accarezzato il progetto di sganciarsi dagli alfaniani per ‘autonomizzarsi a sinistra’, mettendo insieme i sette senatori di Sel e almeno dieci dissidenti grillini, se non quindici. Ma la spaccatura a rischio scissione nel partito di Vendola ha bloccato tutto, anche se i renziani assicurano che almeno tre senatori vendoliani più una grillina voteranno la fiducia.

 

Su Il Giornale: “Renzi occupa Palazzo Chigi e vuole già scaricare Alfano”. Renzi parte con la “stessa maggioranza di Letta”, ma “nella prospettiva del voto del 2018, punta a imbarcare Sel e grillini dissidenti”. Il quotidiano ricorda le parole di Renzi in direzione, il suo no alle elezioni con l’attuale legge elettorale, la rivendicazione di quella “ambizione smisurata che gli viene attribuita per criticarlo” (“Vi aspetterete che smentisca queste parole, ma non lo faccio. Dobbiamo averla, io come ultimo delegato”). Il quotidiano scrive anche che la strada delle urne non è stata sbarrata da Renzi ma – come racconterebbei renziani – da Napolitano e anche da Letta, dalla Corte Costituzionale per la sua sentenza sulla legge elettorale, e dai “partiti terrorizzati dalle urne”, “magari nella speranza di logorarlo nell’attesa”.

 

Secondo il quotidiano si apre ora la fase “meno drammatica ma più difficile” per Renzi, che vorrebbe la “massima riduzione” delle poltrone dei ministri (durante le primarie ne annunciava dieci, potrebbero essere dodici), con presenza al 50 per cento di donne. Ma il piano è quello di marginalizzare progressivamente gli alfaniani, “rendedoli innocui tramite l’iniezione di nuove forze, da Sel a 5 Stelle, con conseguente futuro cambio di ministeri”. Secondo il quotidiano non ci sarà il vicepremier, e un ruolo importante nel governo lo avrà Graziano Delrio.

Il Corriere intervista Maurizio Lupi, che rivendica: “”Noi siamo stati vicini a Enrico fino all’ultimo”. Quanto al Ncd, Lupi dice “sia chiaro, in un governo di centrosinistra non ci stiamo”, e che il governo va verificato “nei contenuti”.

 

La Repubblica intervista Stefano Fassina, che si è dimesso da viceministro dell’Economia in polemica con Renzi e che ieri si è astenuto nella votazione sul documento del segretario Pd in Direzione: “E ora temo la svolta nel programma”, dice Fassina. E spiega: “la mia astensione deriva dal fatto che si liquida un esecutivo con l’obiettivo di fare un governo di radicale cambiamento, del quale però non conosciamo il programma e che avrà la stessa maggioranza”, “più che un radicale cambiamento il pericolo è la riproposizione della facile ricetta liberista di tagli al Welfare e di ulteriore deregolazione del mercato del lavoro”.

 

Per tornare al Giornale, ci si sofferma sulla notizia che sarà Silvio Berlusconi a guidare la delegazione di Forza Italia al Quirinale. “Il Cav sfida il Colle. Guiderò Forza Italia alle consultazioni. Berlusconi al Quirinale dopo le tensioni su decadenza e golpe: vediamo se Napolitano mi guarderà negli occhi”. Sulla stessa pagina i molti sondaggi fatti in questi giorni: “Centrodestra sempre in vantaggio”. Il centrodestra (con l’Udc), secondo Tecnè, ma anche secondo la media dei sondaggi realizzati dalla stessa Tecnè, da Ipsos, da Ipr e da Emg, è in vantaggio sul centrosinistra se si votasse oggi, sia con l’Italicum che con la legge elettorale vigente.

 

Su La Repubblica, un’intervista al cofondatore del M5S Gianroberto Casaleggio, che viene descritto come preoccupato per la tenuta dei suoi gruppi di fronte alla novità Renzi: “Casaleggio tende la mano ai dissidenti M5S, ‘Da noi la diversità di opinione è legittima’”. Come giudica la staffetta Letta-Renzi? “Una premessa -risponde Casaleggio- il Parlamento è sovrano. E’ lì che bisogna decidere tutto. Per noi le crisi si risolvono in Parlamento, con una legittima decisione dei parlamentari”. Per Napolitano le urne sarebbero una sciocchezza, ricorda il cronista. Casaleggio: “Le rispondo con una battuta: per me la sciocchezza sarebbe non tornare alle elezioni”.

 

Anche La Stampa intervista Gianroberto Casaleggio: “M5S, Casaleggio a Napolitano: ‘Una sciocchezza non andare al voto’, ‘Le crisi si risolvono in Parlamento, non nelle stanze dei partiti. Nessuna fiducia a Renzi'”.

 

Economia

 

Sul Corriere della Sera Dario di Vico racconta della “marcia dei 40 mila, stavolta digitale” che gli industriali stanno organizzando, con tanto di simbolo (una rosa), sito web (www.ripresaeimpresa.it) e flash mob (oggi davanti a Montecitorio). Sono gli imprenditori piemontesi, seicento, che ieri hanno “affollato” i locali dell’Unione industriale di Torino per far sentire la loro voce, e che grazie al contributo del pubblicitario Marco Testa hanno costruito il “kit di comunicazione”. La manifestazione di ieri è stata aperta da Licia Mattioli, presidente degli industriali torinesi, ed è stata chiusa da Giorgio Squinzi, “attentissimo ad evitare le trappole del Renzi day e ad allentare l’impressione che sia stato il penultimatum di Confindustria a mettere alle corde il governo Letta”. Lo slogan della manifestazione è “Amo l’Italia, ma basta”. Di Vico scrive anche che è mancato finora “un approfondimento di politica economica, per chiarire meglio qual è la proposta di Confindustria davanti ai vincoli euopei e ai ritardi governativi nel taglio della spesa pubblica. “Abbiamo bisogno di una crescita del 2 per cento l’anno”, dicono gli imprenditori.

Sul Sole 24 Ore la cronaca della assemblea di ieri viene sintetizzata per titolo: “Liberare il Paese dalla burocrazia e da regole opprimenti”, perché Squinzi ha detto che “occorre riorganizzare la Pubblica Amministrazione liberando il Paese dalla burocrazia e da regole opprimenti che sono il terreno su cui proliferano corruzione e malgoverno, riprogettando i procedimenti amministrativi, individuando meccanismi di premi e sanzioni per il personale pubblico”, e poi “favorire gli investimenti privati in ricerca e innovazione con misure semplici da gestire, come il credito d’imposta, e agevolare il rinnovamento tecnologico riducendo i tempi di ammortamento”. Sullo stesso quotidiano un commento di Alberto Orioli: “Oggi i 40mila che marciano virtualmente sul web chiedono sempre quel Paese normale (che ancora non c’è) e partono nuovamente da Torino. Vengono da un quinquennio di ‘disagio’ e ora sono gli imprenditori a sfilare via internet. Il loro motto è: ‘Senza impresa non c’è ripresa’. Detto oggi, con lo slogan di allora, suonerebbe come “la mia protesta è l’impresa”. E il tema è la questione industriale italiana. Se a Nord Ovest l’industria urla via web la sua centralità e chiede politiche di attenzione e di contesto per rilanciarsi (se non per sopravvivere), dal Nord Est arriva l’ennesimo suicidio da recessione. Segnali, certo diversi, di un’unica drammatica ribellione in atto”.

 

Internazionale

 

Grande attenzione dedica La Repubblica al Belgio e alla decisione, confermata con un voto ieri della Camera dei deputati, di consentire l’eutanasia anche per i bambini, senza limiti di età. La legge prevede che essa possa essere somministrata esclusivamente su richiesta del minore, qualora si trovi in uno stato di malattia terminale e di fronte a sofferenze fisiche intollerabili, dopo aver ottenuto il consenso dei genitori e dopo che uno psicologo abbia confermato che il richiedente abbia capacità di discernimento, il che in pratica esclude i bambini molto piccoli, spiega il quotidiano. Se ne occupa con un commento che inizia in prima pagina anche Adriano Sofri. La Stampa unisce questa vicenda a quella del “giallo” sull’omicidio, in Olanda, di Els Borst, la ministro della Salute olandese che firmò la prima legge sull’eutanasia. L’autopsia ha stabilito infatti che si tratta di omicidio e non si esclude un movente ‘politico’.

L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato all’Iran: “Teheran, la fiera dell’Est”. “L’accordo di Ginevra sul nucleare spalanca le porte del mercato iraniano all’Occidente. Una nuova corsa all’oro per le multinazionali”. Ne scrivono Vanna Vannuccini ed Ettore Livini.

Il Corriere intervista Lars Faaborg-Andersen, inviato Ue in Medio Oriente, che negli anni 70 ha passato cinque mesi in un kibbutz, e che ricorda il Paese che ha conosciuto: “un Paese quasi povero” comparato alla “Israele più ricca e meno egualitaria” di oggi, allora organizzata sulla pianificazione delle comunità agricole, oggi sulle start up. Sui rapporti economici Ue-Israele, dice che l’Europa non ha intenzione di boicottare i prodotti israeliani realizzati negli insediamenti, anche se questi prodotti non hanno i dazi agevolati previsti dagli accordi con Israele perchè l’Europa considera gli insediamenti illegali e “non parte di Israele”. Dice che da amico di Israele teme l’isolamento del Paese, “già oggi alcune banche e alcuni fondi pensione stanno decidendo di disinvestire da compagnie israeline coinvolte nelle colonie”, e “se la situazione non cambia è un fenomeno che è destinato a crescere”. Sul discorso che il presidente del Parlamento europeo Schulz ha pronunciato alla Knesset, e sul suo riferimento alla questione dell’accesso all’acqua, Schulz “ha ammesso di non aver verificato le cifre” ma “le sproporzioni nell’accesso e nell’utilizzo sono quelle”.

Sul Corriere ci si occupa anche della battaglia della scrittrice indiana Arundhati Roy, autrice del “Dio delle piccole cose” e di molti altri best seller. Una storica delle religioni, Wendy Doniger, ha pubblicato qualche anno fa un libro (“The Hindus, an alternative history”), una rilettura dei testi sacri dell’induismo “forse discutibile per i teorici tradizionalisti ma profonda e rispettosa”. La Penguin, che ha pubblicato il libro, ha dovuto ritirarlo dal mercato indiano e mandare al macero tutte le copie, a seguito di un accordo extragiudiziario, dopo una denuncia di gruppi nazionalisti che accusava il volume di fornire una lettura volgare e romanzata dei testi indù. La Roy ha scritto alla Penguin, che è la sua casa editrice, per chiederle le ragioni di questa scelta. “Perché piegarsi ai fascisti prima che prendano il potere?”.

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