Primarie, corsa a ostacoli?

La Repubblica: “Sanità lombarda, 10 anni a Daccò. Condannato il faccendiere di Formigoni”. “Raddoppiata la pena rispetto alle richieste del pm per lo scandalo Sar Raffaele. Lazio, Fiorito accusa il braccio destro di Cicchitto”.

Il Corriere della Sera: “Regioni, tagli agli stipendi. Oggi il decreto del governo: per le spese servirà il sì preventivo della Corte dei Conti”. E poi: “Le carte su Fiorito: diamanti e clinica pagata alla fidanzata”.

La Stampa: “Regioni, via ai tagli di Monti. Meno consiglieri e tetto agli stipendi. Anticorruzione, il governo stringe i tempi. Parte l’agenda digitale: pagamenti elettronici anti-evasione. Un decreto per salvare i Comuni a rischio bancarotta”.

Sui principali quotidiani anche le tensioni tra Siria e Turchia. IL Corriere: “L’artiglieria turca colpisce in Siria per rappresaglia. Colpi di mortaio di Damasco uccidono cinque civili. Ankara reagisce, riunione di emergenza della Nato”.

La Stampa: “Damasco attacca, Ankara risponde. Erdogan chiede al Parlamento il sì a nuove azioni”

Il Sole 24 Ore: “Fisco e rifiuti, si muovono le Procure. Aperte inchieste a Rimini e Torino per l’indebita riscossione Iva sulla tariffa locale per lo smaltimento. Il caos normativo rischia di rimanere anche con l’introduzione della nuova Tares”. In evidenza in prima pagina anche la notizia dell’arresto di Giuseppe Saggese, amministratore delegato di Tributi Italia, società di riscossione, accusato di aver trattenuto i tributi che la sua società riscuoteva per conto di centinaia di comuni italiani.

Il Giornale: “Rubano pure le tasse. L’ad di Tributi Italia riscuoteva l’Imu per i Comuni e la intascava. E’ l’ultimo sfregio ai contribuenti”.

Libero: “I ladri di tasse. Società di riscossione ha intascato per anni i tributi dei cittadini: dirigenti li hanno usati per i jet, yacht e vacanze esclusive. E il governo rifiuta di ridarci un miliardi di Iva prelevato ingiustamente”.

 

Il Fatto quotidiano: “Gli onesti mantengono i ladri. La Corte dei conti: oltre della corruzione, l’Italia ha pure il record mondiale dell’evasione (40 miliardi solo di Iva e Irap). Intanto viene arrestato l’esattore Saggese. ‘Ha sottratto 100 milioni di tasse ai comuni’. Daccò, l’amico di Formigoni, condannato a dieci anni per bancarotta”.

 

Inchieste

 

Il Corriere della Sera ha ampi stralci dall’interrogatorio cui è stato sottoposto il 19 settembre scorso l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio Franco Fiorito. I verbali allegati confermano, come scrive il quotidiano, la faida interna al partito. Fiorito ha detto che alcuni consiglieri regionali Pdl del Lazio sapevano che prendeva tre indennità al mese. “La scelta della cosiddetta ‘tripla quota’ non è stata deliberata dal gruppo consiliare, ma risponde ad una prassi sempre seguita sia nel gruppo del Pdl sia negli altri gruppi che ho trovato all’insediamento, a metà della passata legislatura, quando ero componente della commissione bilancio in quota all’opposizione”. La ex fidanzata di Fiorito, Samanta Reali, interrogata lunedì scorso, ha fatto l’elenco dei regali che Fiorito le aveva fatto e, secondo il Corriere, alcuni combaciano con gli esborsi addebitati al partito (si parla di diamanti, anelli di fidanzamento, viaggi alle Maldive, un ricovero in clinica).

 

E’ stato arrestato ieri Giuseppe Saggese, che il Corriere definisce il “dominus” della Tributi Italia. Si proponeva come la soluzione alternativa ad Equitalia, aveva ottenuto contratti da 460 comuni per riscuotere i tributi, soprattutto l’Ici, ma anche la Tosap, l’Irap e altre. Secondo l’accusa i soldi però non arrivavano, se non in piccolissima parte, nelle casse del Comune. Il resto si fermava in un sistema di scatole cinesi, un complesso meccanismo che attraverso consulenze e false fatturazioni avrebbe sottratto ai comuni 105 milioni di Euro, portando qualche amministrazione sull’orlo del fallimento. Due milioni e mezzo di euro è il credito della città di Bergamo, 1 milione e mezzo quello di Vercelli. Almeno 30 sono le denunce che la Procura di Chiavari ha raccolto sul suo tavolo. Secondo il Pm il modo in cui i soldi venivano stornati consisteva nel pagare consulenze e servizi a società che in realtà facevano capo a Saggese stesso. Resta la domanda sulla possibile esistenza di coperture per ottenere la fiducia di tante amministrazioni pubbliche.

 

Il Fatto quotidiano scrive che è arrivata una prima, pesantissima condanna per il buco da 1 miliardo e 300 milioni dell’ospedale San Raffele di Milano. Sono stati inflitti 10 anni di carcere a Pierangelo Daccò, il faccendiere amico, e coindagato, nella inchiesta Maugeri, del presidente della Regione Lombardia. E’ Daccò il ‘lobbysta della sanità” che ha regalato al ‘celeste’ vacanze da mille e una notte: su yacht, in ville lussuose, su aerei privati. La condanna per associazione a delinquere, concorso in bancarotta e appropriazione indebita poteva essere ancora più dura, 15 anni, se non avesse chiesto il rito abbreviato che prevede la riduzione di un terzo della pena. La giudice Cristiana Mannocci ha raddoppiato la condanna rispetto alle richieste dei Pm, che avevano chiesto 5 anni e mezzo.

Assolto l’imprenditore Andrea Bezzecheri, per cui l’accusa aveva chiesto tre anni. Mario Valsecchi, ex direttore amministrativo del San Raffaele, ha patteggiato ed ha avuto una pena di due anni e dieci mesi. Secondo i pm è lui l’alter ego di Mario Cal, il vicepresidente del San Raffaele, morto suicida, presunto capo dell’associazione a delinquere che avrebbe portato sull’orlo del baratro l’ospedale. Il quotidiano ricorda come il fondatore Don Verzè nel 2001 scrivesse a Formigoni per lanciare l’allarme sui conti in rosso: “Caro Roberto, anche quest’anno chiudiamo con un passivo di 35 miliardi, non costringermi a provvedimenti traumatici”. Formigoni gli rispondeva che è un “ingrato” e gli faceva l’elenco di tutto quel che aveva ottenuto dal Pirellone. In una lettera di Valsecchi c’era scritto che Daccò avrebbe fatto guadagnare al San Raffaele 80 milioni di euro grazie alle “soffiate” in anticipo che avrebbe avuto in Regione.

Su Il Sole 24 Ore si descrive come un colpo di scena la condanna ad una pena alta per Daccò, dopo che il Pm aveva chiesto 5 anni e mezzo. Il quotidiano offre una ricostruzione dei fatti, a partire dal 2005, quando dalle casse della Fondazione Monte Tabor sarebbero stati distratti 47 milioni (di cui 5 intascati da Daccò). Gli imprenditori avrebbero sovrafatturato i costi delle prestazioni erogate all’ente per poi dare parte dell’importo al vecchi management, e a consulenti, tra cui Daccò, che avrebbe occultato il denaro in conti all’estero. Dopo la sentenza, il difensore di Daccò ne ha preannunciato l’impugnazione: “E’ una sentenza che potrebbe avere i piedi di argilla – ha detto – perché si è basato sugli stessi motivi per i quali la Cassazione ha annullato la prima ordinanza di custodia cautelare in carcere”.

 

“In manette il Batman delle tasse” è il titolo di un articolo del Fatto quotidiano. Spiega il quotidiano che Saggese è accusato di peculato, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omesso versamento di ritenute certificate e omesso versamento Iva. Con queste operazioni ha fatto sparire quasi 100 milioni di euro, di cui 20 finiti direttamente sui suoi conti, secondo le accuse, e il Gip scrive che all’estero “è sicuramente già nascosto gran parte del capitale di cui si è appropriato”. Il Fatto evidenzia che tutto questo è avvenuto non senza coperture e sostegni che i magistrati possono, per ora, solo ipotizzare, laddove scrivono delle “sue entrature nel mondo dell’imprenditoria, della politica e degli istituti di credito, in mancanza delle quali sicuramente non sarebbe stato possibile ottenere la gestione dell’attività di riscossione dei tributi per ben 400 comuni italiani”. Il quotidiano scrive anche che la Tributi Italia ha una lunga storia alle spale. Prima si chiamava San Giorgio Spa e prima ancora Publiconsult Spa. Ha anche comprato le azioni di un’altra società, la Immobiliare Enginering Spa, con fatture per prestazioni mai eseguite e spese reali, per l’acquisto di yacht, telefoni cellulari, autovetture. Il Fatto ne approfitta per leggere, sul sito del Dipartimento delle Finanze, un elenco che trova “stravagante” di società per azioni e fragili srl con capitale da milioni di euro che “vorrebbe fare il mestiere di Saggese”, riscuotendo i tributi per gli enti locali: ci si iscrive all’Albo dei soggetti abilitati alla riscossione dei tributi mostrando una fedina penale pulita e almeno 1 milione di euro. Sono 173 i soggetti che finora hanno avuto il via libera dal ministero, soddisfacendo queste condizioni, ma solo una novantina risultano attivi.

 

Pd

 

Su molti in quotidiani si parla delle primarie del Pd, in vista dell’Assemblea nazionale di sabato: “Primarie Pd, albo e doppio turno. Renzi e Vendola non ci stanno”, scrive La Repubblica, mentre il Corriere della Sera evidenzia la riflessione di Veltroni: “Il Pd può spaccarsi”. L’Unità: “Primarie, no di Renzi a regole Pd”. Il Giornale: “Bersani trucca le primarie perché ha paura di perdere”. Europa: “Primarie troppo complicate. Lazio facile (con Zingaretti).

 

L’Unità racconta di come lo scontro sia diventato ancor più duro dopo le indiscrezioni sulla bozza di accordo tra i big del centrosinistra per le primarie di coalizione. L’Assemblea, secondo queste indiscrezioni, sarà chiamata ad esprimersi (e sarà necessario il quorum del 50 per cento + 1 dei delegati, vale a dire circa 500) sulla introduzione di una soglia di circa il 10 per cento delle firme dei delegati (poco meno di 100) a sostegno delle candidature, oppure del 3 per cento degli iscritti (circa 17 mila firme). La bozza prevederebbe un albo degli elettori del centrosinistra cui ci si potrà iscrivere fino al giorno delle primarie in appositi “uffici elettorali della coalizione” creati ad hoc. Previsto poi un doppio turno nel caso in cui nessun candidato raggiunga il 50 per cento+ 1 dei voti. Si richiederebbe poi la sottoscrizione di un impegno che vincoli tutti i candidati a sostenere il vincitore delle primarie. In più, Bersani chiederà agli alleati che ci si impegni a rispettare le decisioni prese a maggioranza dai gruppi parlamentari nel caso di dissenso sui singoli provvedimenti. Dal team del sindaco temono che tutto l’impianto sia contro Renzi: dall’iscrizione all’albo, che restringerebbe il campo degli elettori (e Renzi punta anche ai delusi del Pdl), al doppio turno, poiché con la candidatura di Vendola è chiaro che in caso di ballottaggio Bersani-Renzi il segretario potrebbe contare sui voti del governatore pugliese. Walter Veltroni si dice preoccupato “della tenuta del Pd”, teme che si spacchi. E dichiara, proprio per questo, di non volersi schierare, mantenendo una posizione di riserbo analoga a quella di Prodi. Bruno Tabacci, candidato centrista alle primarie, considera appropriate regole come il doppio turno e l’albo degli elettori. Via libera su queste regole anche da Sel.

E’ ancora L’Unità ad intervistare lo stesso Renzi: “In tutto il mondo la sinistra si apre, qui invece si fa di tutto per far diminuire i votanti”. Bersani dice che chi vuole votare deve dichiararsi elettore di centrosinistra: “Sono d’accordo con lui”, “siamo tutti d’accordo che per votare alle primarie ci sia da aderire alla Carta dei valori del centrosinistra”. Allora cosa non va nell’albo pubblico? “Questa storia della pubblicià è discutibile. Perché suona stravagante che la stessa organizzazione di partito che non ha ancora reso pubblici i votanti delle scorse primarie voglia oggi rendere pubblici quelli che voteranno alle prossime primarie. Però se non ci sono problemi di privacy per me nulla osta”. Per votare servirà un certificato di elettore del centrosinistra. Renzi: “E questo è inaccettabile. Credo che Bersani interverrà”, “una cosa è firmare l’albo degli elettori, dichiarare l’appartenenza, sottoscrivere la carta di intenti. Ma arrivare a dover ritirare una tessera non è accettabile”. E il ballottaggio? “E’ allucinante un doppio turno in cui può votare solo chi ha votato al primo. Se uno quella domenica stava male, che fai? Non lo fai votare?”, “non capisco perché regole che andavano bene per Prodi, per Veltroni, per Bersani, per Pisapia, per Fassino, per Vendola, per Zedda, per Doria, non vadano più bene ora”.

Renzi conferma che sabato non andrà all’assemblea nazionale del Pd: “Non faccio parte dell’assemblea ed ho pensato che la mia presenza potrebbe sembrare una provocazione”. L’accusa è che lei sta snobbando il Pd. “Non mi pare che stia snobbando il partito, ho fatto 32 feste de L’Unità e Democratiche”. Se vince Renzi finisce il centrosinistra? “E’ un’accusa umiliante per me ma anche per chi lo dice”. Con Renzi vincente alle primarie resta il nodo delle alleanze per il Pd. Renzi: “Vorrei che le primarie fossero un confronto sui contenuti. E i contenuti decideranno anche i contenitori. E’ chiaro che nel momento in cui Vendola accetta di correre la partita si fa più chiara. Ora aspetto che Vendola dica che sosterrà chiunque vinca le primarie”.

 

Scrive Il Foglio in uno degli editoriali: “L’inserimento delle nuove regole d’ingaggio (doppio turno. Albo degli elettori e patto di coalizione) appare come un mezzuccio destinato ad ostacolare la galoppata del sindaco di Firenze contro il segretario del Pd Bersani. Un espediente che, a ben vedere, getta un’ombra fosca sulle primarie del passato, quelle che hanno incoronato Prodi, Veltroni e lo stesso Bersani, denudandone la vocazione consociativa fondata sul malcelato criterio della cooptazione (in poche parole: una competizione cucita sulle misure del vincitore predestinato da un accordo di nomenclatura)”.

“Lasciate che gli elettori vengano a noI” è il titolo del commento di Stefano Menichini, su Europa. Che scrive: “Bersani ha voluto le primarie perché sa che questa rilegittimazione è necessaria a lui e al suo partito. Con tutti i rischi connessi, a comenicare dal rischio di perdere. Frapporre ostacoli artificiosi tra gli elettori e i gazebo del Pd sarebbe una contraddizione insostenibile. Più che sulle regole astruse bisognerebbe concentrarsi sull’unica regola decisiva. Quella richiesta ieri da Veltroni, che non riguarda i votanti bensì i candidati: che si impegnino formalmente a sostenere il vincitore. Questa è la garanzia dovuta agli elettori. Il resto è contorno, ansie da appartchiki, in sostanza perdita di tempo”.

Sullo stesso quotidiano, Mario Bardi, Democratico di area prodiana, scrive che non è bene “irregimentare le primarie”: si dovrebbe ringraziare chi vuole partecipare. Scrive Barbi: “Dovrebbero essere i partiti promotori delle primarie a ringraziare gli elettori che vogliono partecipare e che con la loro partecipazione bonificano la politica e non la inquinano certo”.

 

Internazionale

 

La Repubblica offre ai lettori un reportage dal Venezuela, che domenica sceglierà il suo prossimo Presidente. E Chavez, secondo Omero Ciai, questa volta potrebbe perdere. Il presidente ha il suo popolo dei fedelissimi nelle favelas, dove il giovane sfidante Capriles viene visto come l’ennesima reincarnazione dell’aristocrazia. Eppure, dopo tre elezioni trionfali, il potere del caudillo rosso scricchiola, tra criminalità in aumento, corruzione, burocrazia, e la casta del petrolio. Caracas ottiene valuta pregiata e servizi in cambio di gas e greggio. Chavez ha costruito il suo consenso sugli scambi con Cuba, Iran e Cina.

La Stampa è il quotidiano che più estesamente si occupa della risposta della Turchia, in segno di rappresaglia, ai colpi di mortaio lanciati dalla Siria che nel pomeriggio di ieri si erano abbattuti su una abitazione nel sudest del Paese, nella città di Akcakale, uccidendo quattro bambini e ferendone 13. Le forze turche hanno replicato con un bombardamento verso la Siria, nella provincia settentrionale di Idbli. Erdogan ha ribadito che la Turchia è pronta a colpire altri obiettivi, se si ripeteranno gli attacchi. Oggi il Parlamento turco discuterà la richiesta del premier della autorizzazione per eventuali azioni oltre la frontiera di unità dell’Esercito. In tarda serata erano giunte le scuse di Damasco per i colpi di mortaio. Il regime ha porto le sue condoglianze e promesso una inchiesta sull’incidente, ma ha anche chiesto che “i Paesi confinanti cessino di appoggiare i terroristi”. E ieri la Turchia ha chiesto la convocazione d’urgenza del Consiglio atlantico: l’articolo 5 del Trattato NATO statuisce che “un attacco armato nei confronti di uno o più partner in Europa o Nord America debba essere considerato un attacco contro tutti. Il quotidiano intervista Charles Kupchan, analista del Council on Foreign Relations. “se questi episodi si ripeteranno ancora, l’Alleanza interverrà”. Quel che è necessario fare, però, secondo Kupchan, è “soprattutto unificare l’opposizione siriana e rafforzarla anche sul piano militare, con forniture d’armi che la rendano capace di contrastare l’esercito siriano”.

 

Il filosofo francese Bernard-Henry Lévy, sul Corriere della Sera, commenta con asprezza la decisione del Qatar di investire denari nelle banlieues francesi (circa cento milioni di euro): “si dice semrpe che il denaro ‘non ha odore’. E’ falso. Poiché i soldi del Qatar hanno l’odore, lo si voglia o meno, di uno Stato che priva i propri cittadini di libertà pubbliche. Hanno l’odore di un Paese dove gli immigrati (indiani, pakistani, filippini) sono trattati come cittadini inferiori, se non come sottospecie d’uomini o come schiavi”.

 

 

E poi

 

In occasione della pubblicazione del libro dello storico Paolo Prodi “Storia moderna o genesi della modernità?”, La Repubblica lo intervista e racconta il mestiere che il mestiere di storico è nato per “dare fondamento e legittimazione al potere”. Ma “il potere è fuggito dai luoghi tradizionali” e gli storici oggi “non sanno più dove cercarlo”. Prodi racconta di essere saltato sulla sedia leggendo sul Sole 24 Ore un titolo che parlava di “Fondi sovrani”: “Io ho dedicato una vita allo studio della sovranità ed ecco, la vedevo trasferita su un meccanismo finanziario del mercato senza fissa dimora. Nell’era della globalità non c’è più lo Stato, o quel che ne è rimasto non è più il vero potere. E il vero potere non ha più bisogno della storiografia per legittimarsi. Preferisce altre discipline senza storia, la sociologia, il marketing, la comunicazione”.

 

L’Unità intervista il sociologo Marco Revelli, che ha utilizzato i miti greci per spiegare l’attualità. Dice: “La polis è il soggetto collettivo che, al riparo delle sue mura, produce la legge. Nel 900 la fabbrica espresse questa identità collettiva. Non era una Arcadia, non era un mondo armonico, ma il conflitto si sviluppava tra forze alla pari, mentre ora c’è una gigantesca asimmetria. L’individuo si trova in competizione con una infinità di potenziali nemici in concorrenza tra loro, allo stesso grado della piramide sociale. La crisi della politica è dentro questa dissoluzione degli aggregati sociali. I grandi poteri non hanno volto. Non si sa dove siano ma si sentono quando cala la scure, come ad Atene, dove le maestre raccontano che gli allievi svengono in classe per la fame”.

 

 

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