Paola Regeni: “Ho riconosciuto Giulio dalla punta del naso”

Il Corriere della Sera: “Caso Regeni, la madre scuote l’Italia”, “Il dolore e le accuse: ‘Il governo agisca. Ho riconosciuto Giulio solo dalla punta del naso'”, “I genitori: ‘Torture da nazifascisti, non un caso isolato’. Manconi: ‘Va ritirato l’ambasciatore in Egitto'”.

E il commento di Aldo Cazzullo sulla conferenza stampa ieri dei genitori di Regeni: “Lezione di forza e dignità'”.

Il quotidiano intervista su questo caso il ministro degli Esteri Gentiloni, che dice: “Senza risposte siamo pronti a ogni misura”.

A centro pagina la foto del dirottatore dell’aereo che volava ieri da Alessandria al Cairo: “Cipro. Il finto terrorista per amore, la testimonianza dell’ostaggio italiano”.

E Giusi Fasano racconta il caso del passeggero inglese che si è fatto un selfie con il dirottatore.

Di fianco: “Il Fisco controlla i conti correnti. Ora ha tutti i dati”, di Enrico Marro.

Poi un’inchiesta della Procura di Milano: “Shell indagata per tangenti”. Ne scrive Luigi Ferrarella.

A fondo pagina: “Watson, il robot medico avrà casa a Expo”, “Renzi negli Usa, patto con l’Ibm per portare a Milano un’unità di intelligenza artificiale”. Di Massimo Gaggi.

In apertura a sinistra un editoriale di Paolo Mieli: “Evitiamo avventure in Libia”, “No all’invio di soldati”.

La Repubblica: “Regeni, l’ultimatum dei genitori. La pista dei sicari armati dai servizi”, “La madre: se l’Egitto non risponde entro il 5 aprile aspettiamo una reazione forte del governo”.

A questo tema è dedicato l’editoriale del direttore Mario Calabresi: “Una questione di dignità”.

Sulla strage di Bruxelles l’articolo dell’inviato Calo Bonini: “Le dodici disfatte degli 007 belgi”.

Sulla colonna a destra il reportage da Istanbul di Bernardo Valli: “Tra i demoni della Turchia che preme sull’Europa”.

A centro pagina due personalità che hanno “trasformato un dramma in una speranza”. La prima è il sindaco di Riace, Mimmo Lucano (“Il sindaco degli immigrati finito tra i big della Terra”,, perché per “Fortune” tra le 50 persone più influenti al mondo e dice che grazie ai migranti il suo paese “p rinato”); la seconda è il bimbo che un anno arrivò a Ceuta raggomitolato in una valigia: “‘Vorreri essere Messi’, la nuova vita di Adou”, oggi vive con la famiglia in una città della Castiglia e frequenta le scuole elementari).

A fondo pagina, “le rivelazioni” dell’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, che oggi presenterà il suo libro: “Marino: e il Pd mi disse vai negli Usa e sparisci”. Ne scrive Stefano Cappellini.

Di fianco, sulla proposta di sorvegliare con telecamere gli asili italiani: “Salvate i nostri piccoli dal Grande Fratellino”, di Stefano Bartezzaghi.

La Stampa: “Libia, i piani dell’Italia per l’intervento”, “Il governo considera l’impegno dei Tornado e delle forze speciali contro Isis”, “I contatti con la Casa Bianca in vista dell’incontro di venerdì Renzi-Obama: resta il no all’invio di truppe di terra”.

Più in basso, con grande foto della madre di Giulio Regeni: “Regeni, la battaglia della mamma”, “‘Ho riconosciuto Giulio dalla punta del naso: la verità o farò vedere le foto'”.

Poi le “sei ore di paura” ieri a Cipro dopo il dirottamento dell’aereo dell’EgyptAir: “Il dirottamento più pazzo del mondo”, “Dal Cairo a Larnaca. Si temeva un kamikaze. era un egiziano con problemi psichici”.

Poi un lungo articolo di Domenico Quirico: “Palmira simbolo della devastazione dei nostri tempi”.

Di fianco: “Migranti, non funziona il patto tra Ue e Turchia”, “Bruxelles, troppo pochi 70 rimpatri al giorno”.

E un’intervista al ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che dice: “‘Contratti stabili meno costosi'”, “‘Dopo i 3 anni di sgravi dovranno rimanere vantaggiosi. Il progetto ‘Garanzia Giovani’? Non è un flop'”.

L’editoriale in apertura a sinistra è dedicato al Summit sulla Sicurezza Nucleare che si apre domani a Washington ed è firmato da Gianni Riotta: “La minaccia della bomba sporca”.

Il Fatto, con foto dei genitori di Giulio Regeni che ieri n conferenza stampa hanno srotolato lo striscione di Amnesty “Verità per Giulio Regeni”: “‘Giulio torturato da nazifascisti’. Ma l’Italia non rompe con al-Sisi”, “Urla nel silenzio. I genitori di Regeni: ‘Riconosciuto solo dalla punta del naso'”.

“Tutt’altro che la verità” è il titolo dell’editoriale del direttore Marco Travaglio sul questo caso.

Sulla colonna a destra, “Belgio gruviera”: “Fbi e Olanda avvertirono Bruxelles dei due kamikaze”.

E più in basso, sul volo EgyptAir: “Ci mancava il dirottatore ‘idiota’ che tiene famiglia”.

A centro pagina: “Il fratellino della Boschi, 27 anni, già assunto alla coop rossa Cmc”, “Meritocrazia. Ha preso l’abilitazione a luglio 2014, a settembre era operativo”, “Pier Francesco è ingegnere civile. Prima 6 mesi di formazione, poi subito il contratto a tempo determinato. Ma il direttore generale della Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna assicura: ‘Non c’è nulla di strano, aveva ottimi voti, mi pare si sia laureato con 106 su 110 all’Università di Bologna. Non è stato raccomandato'”.

Di fianco, intervista a Milena Gabbanelli, conduttrice della trasmissione “Report”: “‘Notizie-slogan ed editori con troppi interessi: informazione intimorita’”, “‘Chi fa un lavoro indipendente e accurato non è premiato, nemmeno dai cittadini…Siamo un Paese di gomma’”.

In prima anche un titolo per il presidente del Consiglio “onnipresente in tv”: “TgRenzi doppia Letta e B. (anche a Mediaset)”. E sul viaggio negli Usa di Renzi: “Il cowboy di Rignano alla conquista del West”.

Sulle elezioni comunali a Roma, intervista al candidato Guido Bertolaso: “‘Resto candidato e non scendo da bordo, cazzo!'”.

Il Giornale: “Psicosi terrorismo”, “Fa paura anche un idiota”, “Aereo egiziano dirottato: a bordo non c’era un kamikaze ma un uomo con una finta cintura esplosiva”.

Poi, con foto del cinturino identificativo di una neonata: “Nata un’orfana del Bataclan”, “Cara Thelma, un giorno ti diranno…”, di Valeria Braghieri.

L’editoriale firmato da Vittorio Feltri: “Se l’islam è ‘moderato’ spazzi via i suoi mostri”.

Più in basso: “Banche, rimborsano solo un truffato su tre”, “Il governo non sgancia tutti i soldi”, “Forse oggi il decreto che sblocca i soldi per gli obbligazionisti. Ma mancano 180 milioni”.

Francesco Forte firma un commento dal titolo “Gli imprenditori bocciano Renzi”, “Fiducia ai minimi storici”.

Sulla colonna a destra: “Per il Giappone finisce oggi il dopoguerra”, “Sì a interventi militari”, di Francesco Leone Grotti (per la prima volta dal 1945 le Forze di autodifesa potranno intervenire in guerra all’estero).

Il caso Regeni

Ieri i genitori del ricercatore friulano Giulio Regeni, trucidato in Egitto dopo esser scomparso a fine gennaio, hanno tenuto una conferenza stampa al Senato, insieme al presidente della Commissione diritti umani del Senato Luigi Manconi, al presidente di Amnesty Italia Riccardo Noury e all’avvocato Alessandra Ballerini. Il Corriere e La Repubblica riproducono ampi stralci di questa conferenza stampa.

Il Corriere, pagina 2: “‘Ho riconosciuto Giulio dal naso'”, “L’appello dei genitori: ‘Crimini come ai tempi del nazifascismo. Speriamo di no dover mostrare la foto di nostro figlio torturato'”

La madre di Giulio ha raccontato di aver riconosciuto il cadavere massacrato del figlio “dalla punta del naso”. I genitori hanno spiegato di non aver mostrato la foto del cadavare di Giulio: “Se il 5 aprile (giorno dell’arrivo in Italia dei funzionari di polizia egiziani, ndr) sarà una giornata vuota, confidiamo in una risposta forte del governo. Ma forte. Perché è dal 25 sera, da quando Giulio è scomparso, che attendiamo risposte. Mi auguro di non doverla mostrare”. Giulio, hanno spiegato i genitori, stava vivendo un periodo molto felice della sua vita, sia dal punto di vista della ricerca che della vita personale.

Su La Repubblica, pagina 3: “‘L’ho riconosciuto dalla punta del naso, sul suo volto tutto il male del mondo'”. Paola Regeni ha anche sottolineato che “quel che è accaduto a Giulio non è un caso isolato, come ha provato ad affermare il governo egiziano, che ultimamente si è pure stupito per tanto fragore. Cos’è un caso isolato? Morbillo? Varicella? Influenza? Forse dai tempi del nazifascismo noi in Italia non ci trovavamo davanti ad una situazione di tortura come quella che è successa a Giualio. Lui però non andava in guerra, e lo dico stimando tantissimo i partigiani che sono stati uccisi sotto tortura ma che sapevano di essere in guerra. Giulio era invece un ragazzo che era andato in Egitto a fare ricerca, era un ragazzo contemporaneo, come ne abbiamo tanti. Non era un giornalista e non era una spia. Invece è morto ucciso e torturato. Per la parte ‘amica’ degli egiziani lo hanno ‘torturato e ucciso come fosse un egiziano'”.

In prima, su La Repubblica, anche l’editoriale del direttore Mario Calabresi. Si ricorderà che il quotidiano aveva offerto ai lettori in due puntate una lunga intervista al presidente egiziano Al-Sisi. Ieri Calabresi ha preso parte alla conferenza stampa. Il titolo dell’editoriale: “Una questione di dignità”. Dove si legge: “Il presidente egiziano Al- Sisi, nell’intervista a Repubblica, si era impegnato a raggiungere la verità. Aver preso pubblicamente un impegno permette ora all’Italia di chiederne conto e di fare tutti i passaggi ufficiali di fronte e depistaggi e falsità. Al Sisi, così come la famiglia Regeni, aveva indicato una data come cruciale: l’arrivo a Roma della squadra investigativa egiziana. Oggi sappiamo cosa devono portare, forse non il nome del colpevole -come ha ammesso la stessa madre di Giulio- ma una serie di elementi fondamentali: passi avanti credibili, tabulati e analisi delle celle telefoniche, immagini di telecamere. Se non sarà così allora il governo italiano dovrà agire di conseguenza senza più alibi e senza più cautele”.

A pagina 2, ancora La Repubblica, parla dell'”ultima pista: i banditi legati ai Servizi egiziani”. In basso, un articolo di Giuliano Foschini: “E l’Italia pensa a sanzioni e black list”, “Affari bloccati e ritiro dell’ambasciatore senza passi avanti sull’inchiesta da parte del Cairo”.

Tra i passi ipotizzabili, il presidente della Commissione diritti umani del Senato Luigi Manconi, come ricorda il Corriere, ha chiesto il richiamo dell’ambasciatore italiano al Cairo e l’inclusione dell’Egitto nella lista dei Paesi non sicuri.

Il Corriere a pagina 5 ha poi un’intervista con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che, a proposito delle piste indicate dall’Egitto per spiegare il delitto, dice: “Piste improbabili e offensive. Pronti a trarre le conseguenze se non ci sarà collaborazione”. Gentiloni sottolinea che “la collaborazione investigativa” deve “fare un salto di qualità, perché anzitutto non sono stati consegnati tutti i documenti e i materiali che abbiamo richiesto”, “la collaborazione non può essere solo formale”.

In prima su Il Fatto l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “Tutt’altro che la verità”. “Che altro deve ancora accadere, a due mesi dall’assassinio di Giulio Regeni, perché il governo italiano la smetta di pigolare finte proteste e ridicole richieste di verità e di decida finalmente a richiamare il nostro ambasciatore, cioè a rompere le relazioni diplomatiche con la feroce dittatura di Al-Sisi? “. Si tratta di “un regime incredibilmente ‘alleato’ che da 65 giorni ci prende in giro sotto gli occhi del mondo, sentendosi intoccabile per almeno due motivi. Quelli diplomatici: la prossima missione in Libia e la comune ‘lotta al terrorismo’ (come se seviziare e ammazzare un ricercatore, nel paese delle torture e dei desaparecidos, non fosse terrorismo, per giunta di Stato). E quelli commerciali: gli affari petroliferi dell’Eni e delle altre supelobby che dirigono la nostra cosiddetta politica estera. Non c’era bisogno della morte di Regeni per scoprire chi è Al-Sisi, il generale golpista salito al potere nel 2013 dopo aver rovesciato il presidente eletto Mohamed Morsi, sgradito all’Occidente e alla casta militare del Cairo perché esponente della Fratellanza musulmana, Da allora il Pinochet d’Egitto ha sterminato migliaia di oppositori, ha messo al bando il partito islamista che aveva vinto le elezioni, ha fatto condannare a morte 1200 suoi dirigenti e arrestare fra 20 mila e 40 mila suoi attivisti con l’aggiunta di laici, socialisti e giornalisti (per Reporter Sans Frontières l’Egitto è al secondo posto nel mondo per cronisti incarcerati). Eppure l’estate scorsa MatteoRenzi si vantò al Meeting di Rimini di Cl di esser stato il primo leader occidentale a stringere le mani insanguinate di Al-Sisi: bel record. Lo esaltò come ‘grande statista’ che ‘ha ricostruito il Mediterraneo’ ed è ‘l’unico che può salvare l’Egitto'”.

A pagina 3: “‘Ostacoli fin dall’inizio’. Ma Renzi aspetta ancora”, “La polizia egiziana non voleva neanche ricevere la denuncia di scomparsa. Escluso fino al 5 aprile il richiamo dell’ambasciatore”. scrivono Wanda Marra e Valeria Pacelli.

Terrorismo jihadista in Europa, strage di Bruxelles

Su Il Sole 24 Ore un articolo di Roberto Bongiorni: “Belgio, battuta d’arresto per l’inchiesta”, “Già il 16 marzo l’Fbi aveva segnalato alle autorità olandesi la pericolosità dei fratelli El Bakraoui”. Scrive Bongiorni che “criticati dai media per gli errori nella gestione dell’intelligence, per gli inspiegabili ritardi nel sistema di comunicazione tra i diversi apparati delle sicurezza, e tra questi le autorità giudiziarie, pare che il Governo di Bruxelles abbia compreso che occorre un giro di vite. Così ieri la Commissione terrorismo della Camera dei Deputati ha approvato tre misure (da sottoporre al Parlamento): la possibilità di effettuare le perquisizioni 24 ore su 24 (ora vietate dalle 23 alle 6 salvo casi eccezionali), l’estensione dei metodi di indagine nella lotta al traffico di armi e la creazione di una banca dati comune per i dossier di terrorismo. Sembra inoltre che il Governo belga abbia accettato un maggior coinvolgimento degli Stati Uniti nella conduzione delle indagini. A dare la notizia è stato il quotidiano Wall Street Journal, secondo cui una task force aggiuntiva di agenti dell’Fbi è stata inviata in Belgio”.

Su Il Fatto, pagina 2: “Il Belgistan e lo stupidario poliziesco: ignorata anche l’Fbi”, “Gli americano avvisarono sulla minaccia dei fratelli Al-Bakraoui attraverso l’Olanda”, ora “cambio di passo. Perquisizioni senza limiti d’orario e una banca dati sui terroristi per le polizie”. Ne scrive Leonardo Coen da Bruxelles.

Su La Repubblica: “Tutta la confusione del Belgio tra nuove (tardive) misure e i 12 errori dell’intelligence”, “Più poteri agli inquirenti e ok alle perquisizioni notturne. Olanda: ignorato in dossier Usa su El Bakraoui. L’alibi di Cheffou: ‘Non era all’aeroporto'” (si tratta dell’uomo con il cappello ritratto in una foto all’aeroporto di Bruxelles, che è un reporter free-lance). Ne scrive Carlo Bonini.

Alla pagina seguente, intervista all’esperto francese di sicurezza Alain Bauer: “Per battere il terrorismo serve l’indagine di polizia più del controllo sui dati”, “Condividere le informazioni è importante, va però cambiata la mentalità dei servizi segreti”, “Il nostro problema è che oggi non esiste un vero antiterrorismo, ma solo il controspionaggio”.

Sul Corriere, a proposito di Cheffou: “Il reporter scagionato dal telefono fisso. ‘Sono innocente e odio quelli dell’Isis'”, “Faycal Cheffou ritorna nella sua casa a Maelbeck. I vicini: è un tipo paranoico”, “Ma un giornale scrive che sul suo cellulare sarebbe stata stata trovata la foto di un detonatore”.

E poi

Su La Repubblica un lungo reportage di Bernardo Valli dalla Turchia: “I demoni della Turchia tra i profughi siriani e la voglia d’Europa”, “Tre milioni di rifugiati, 500 mila solo a Istanbul. Ma quelli autorizzati a raggiungere le coste greche saranno 72mila. Così il governo di Ankara diventa la nostra diga, grazie a un patto che scontenta molti. Nella Ue come sul Bosforo”, “L’accordo siglato il 18 marzo prevede un indennizzo di sei miliardi e l’apertura dei negoziati per l’ingresso nell’Unione”, “Un ‘contratto’ che fa i conti con dubbi e reticenze perché firmato con un Paese non sempre rispettoso delle regole democratiche”.

“Evitiamo avventure in Libia“, scrive in un editoriale in prima sul Corriere Paolo Mieli: “sarebbe un grave errore, in un contesto come l’attuale, inviare migliaia, anzi decine di migliaia di soldati in Libia solo perché ce lo ha chiesto un governo insediato all’uopo. La presenza di quei militari getterebbe una pesante ombra di ulteriore discredito sul già delegittimato governo libico e, anziché debellarla, rischierebbe di rafforzare la presenza Isis che fa capo alla città di Sirte. La benedizione dell’Onu non sarebbe sufficiente a trasformare tale esecutivo in qualcosa di diverso da un ‘governo fantoccio'”.

Segnaliamo peraltro che di Libia parla anche l’intervista sopra citata del Corriere al ministro degli Esteri Gentiloni (“non abbiamo mai negato la necessità del contrasto al terrorismo, solo che applicato alla Libia come unica opzione oggi rischierebbe di essere controproducente”; “oggi Daesh è vista soprattutto come una presenza straniera, combattuta da forze libiche. Il pericolo è di alimentare l’acqua nella quale nuotano con un’azione esclusivamente militare”).

Sul Corriere Rocco Cotroneo si occupa di Brasile: “‘Per Dilma è finita’. Si ritirano gli alleati, corsa all’impeachment”, “In Brasile lasciano 7 ministri. Lula: un golpe contro di noi”.

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