Napolitano conferma: la mafia fece le stragi per ricattare

Il Corriere della Sera: “‘Nel ’93 aut aut della mafia allo Stato'”. “Tre ore di udienza per il presidente della Repubblica. I Pm interpretano la frase come una conferma del ricatto dei boss”.
“Le risposte di Napolitano ai magistrati di Palermo. ‘Non ho mai saputo di indicibili accordi’”.
L’editoriale, firmato da Michele Ainis, è titolato: “Un precedente assai spiacevole”.
Di spalla il quotidiano milanese offre una lettera di Luciano Violante, che parla della ormai tramontata sua candidatura alla Corte Costituzionale: “‘Una deriva che offende le istituzioni, e io rinuncio'”.
A centro pagina: “Stress test per le banche e trappole nascoste: la storia non raccontata”.
A fondo pagina: “Gli appalti e le minacce della ‘ndrangheta”. “Milano: il cantiere di una tangenziale a una azienda sospetta. Boccassini: nulla cambia”.

La Repubblica sintetizza nel titolo le parole di Napolitano: “’Non so di accordi. La mafia voleva ricattare lo Stato’”, “Napolitano sentito per più di 3 ore al Colle dalla Corte d’Assise”, “I magistrati: ha risposto a tutto, mai parlato di trattativa”, “Il presidente: rendete subito pubblica la mia testimonianza”.
La foto di una donna iraniana illustra il titolo del reportage da Teheran Di Vanna Vannuccini, accompagnato da un commento di Adriano Sofri: “Le ragazze di Teheran che spaventano il regime”.
In taglio basso: “L’Europa (per ora) promuove l’Italia”, “Primo via libera di Katainen ala manovra. Sì anche alla Francia”.
E il richiamo ad un’intervista alla segretaria Cgil: “Camusso: Renzi a Palazzo Chigi grazie ai poteri forti”.
A destra, una sintesi dell’ intervento che Gustavo Zagrebelsky pronuncerà domani alla giornata di studi a Torino su “Bobbio costituzionalista”: “Nell’elogio della discordia la vera anima di Bobbio”, “Difese la democrazia minima per confutare il principio dell’unità a tutti i costi”.

La Stampa: “Stato-mafia, Napolitano risponde a ogni domanda, ‘Mai saputo di accordi’”, “Il Colle: trascrivere gli atti al più presto perché l’opinione pubblica sia informata”.
Sotto la testata: “Manovra, ok dell’Ue: ‘Nessuna violazione’”. E il rapporto della Svimez reso pubblico ieri: “Il Sud si spopola: più morti che nascite”, “Mai così pochi bebé dal 1861”.
A centro pagina :”America al voto di Midterm con un Presidente fantasma”, di Gianni Riotta.

Il Fatto: “Napolitano finalmente parla e conferma il ricatto mafioso”, “Nelle tre ore di testimonianza sulla Trattativa, il Presidente risponde a tute le domande. Evasivo sugli ‘indicibili accordi’, fornisce inattesi riscontri all’accusa dei pm: ‘Scalfaro, Spadolini, Ciampi ed io sapevamo che le stragi erano un aut aut dei corleonesi: o lo Stato alleggeriva la repressione, o Cosa Nostra rovesciava l’ordine costituzionale’”.
In taglio basso, il richiamo ad un’intervista del quotidiano all’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Antonio Catricalà, fino a qualche tempo fa candidato di Forza Italia alla Corte costituzionale: “’Caro Violante, così ti sporchi la camicia’”, “Catricalà e la Consulta”, “L’ex sottosegretario e grand commis abbandona la magistratura: ‘La bocciatura per la Corte costituzionale? Io ho preferito evitare lo stillicidio’”.
In taglio basso anche l’inchiesta “Quadrifoglio”, che ieri ha portato all’arresto di tredici persone: “Expo, altri appalti alla ‘ndrangheta in cella anche un Pd”, “La Bocassini ottiene 13 arresti”, “L’azienda legata a un boss aveva ottenuto la certificazione antimafia per lavorare nei cantieri del grande evento. Nelle intercettazioni anche le manovre politiche per favorire un candidato di Forza Italia nelle elezioni comunali di Mariano Comense”.

Il Sole 24 Ore: “Manovra, via libera della Ue: ‘Nessuna grave infrazione'”. Di spalla: “Napolitano non oppone limiti di riservatezza, risposte su tutto”. “‘D’Ambrosio? Mai saputo di indicibili accordi’”. Saranno rapidi i tempi per la trascrizione dei verbali, scrive il quotidiano. Il commento è firmato da Massimo Folli: “Non è riuscita la prova di forza anti-Quirinale”.
A centro pagina da segnalare una intervista a Massimo D’Alema: “Così Renzi spaccherà il Paese”.
Sempre a centro pagina, novità sulla vicenda Ilva: “I due volti della famiglia Riva. Due miliardi di utili reinvestiti e il macigno del disastro ambientale”. “I processi, gli errori, i patti sbagliati e il crollo dell’ottavo gruppo nel mondo”. Un altro articolo fa il punto sulle vicende processuali: “A Taranto i fondi sequestrati ai Riva”. La decisione del Gip milanese su soldi sequestrati alla famiglia era attesa dal Commissario straordinario dell’azienda.

Il Giornale: “La tassa sulla casa può saltare. Forza Italia presenta gli emendamenti alla legge e mobilita la piazza”. E poi: “A giudizio gli uomini dello spread: fu complotto anti Berlusconi”. A centro pagina: “Assalto al Colle: la triste fine di Re Giorgio”, di Paolo Guzzanti.

Napolitano

Sul Corriere Giovanni Bianconi offre la cronaca della udienza di ieri e scrive che “l’accusa incassa una frase che – nella propria visione – conferma il quadro del ricatto allo Stato portato dai mafiosi e favorito da alcuni rappresentanti delle istituzioni”. Napolitano, scrive il cronista, dice delle stragi che “fu subito chiaro che erano nuovi sussulti della fazione più violenta di Cosa nostra, per porre lo Stato di fronte a un aut aut ; o si alleggeriva la pressione nei confronti della mafia o si rischiava il proseguimento degli attacchi destabilizzanti”.
Altro punto: il riferimento del consigliere D’Ambrosio a presunti “indicibili accordi”, contenuto nella lettera del magistrato morto. ” D’Ambrosio mi aveva trasmesso solo ansietà e sofferenza per la strumentalizzazione delle intercettazioni tra lui e Mancino. La lettera fu per me un fulmine a ciel sereno. Non ebbi sentore o percezione delle sue inquietudini relative al 1989-’93, ma dell’indignazione per il trattamento ricevuto, dopo aver dedicato una vita alle istituzioni, a costo di minacce che ebbero effetti sui suoi familiari (il riferimento è alle indagini svolte da D’Ambrosio sul terrorismo nero e i Servizi deviati alla Procura di Roma, ndr). Era profondamente scosso perché veniva messa in dubbio la sua fedeltà istituzionale, si sentiva ferito a morte”. Napolitano non ebbe né discussioni né “cenni” sugli “indicili accordi”, e lo dice ai magistrati.

Su Il Giornale: “Lo sfottò al Pm insistente: ‘Non ho la memoria di Pico della Mirandola’”. Ad una domanda del Pm di Matteo sull’articolo 41 bis e il dibattito parlamentare che nel 1992 lo introdusse nell’ordinamento penitenziario Napolitano ha replicato: “Ci stiamo allontanando dall’alveo originale della mia testimonianza, lei presume che io abbia una memoria da Pico della Mirandola, se pensa che possa ricordare una nota a firma De Gennaro

Marco Travaglio, in prima su Il Fatto, se la prende con coloro che avevano teorizzato che la testimonianza di Napolitano fosse “inutile e superflua, un pretestuoso accanimento dei pm di Palermo a caccia di vendette per il conflitto di attribuzioni, un pretesto per ‘mascariare’ il Presidente della Repubblica agli occhi degli italiani”. Invece, secondo Travaglio, “Napolitano ha fornito un contributo che forse nemmeno i magistrati si aspettavano così nitido e prezioso, confermando in pieno l’ipotesi accusatoria ala basa del processo: che, cioè, i vertici dello Stato sapessero benissimo chi e perché metteva le bombe. Per porre le istituzioni davanti a quello che Napolitano ha definito un ‘aut aut’: o lo Stato allentava la pressione e la repressione antimafia, cominciando dall’alleggerimento del 41-bis, oppure si consegnava alla strategia destabilizzante di Cosa Nostra”, “I fatti – all’epoca sconosciuti a Napolitano me persino al premier Carlo Azeglio Ciampi – ci dicono che fra il giugno e il novembre 1993 quell’allentamento ci fu: prima -all’indomani della bomba in via Fauro a Roma e della strage in via dei Georgofili a Firenze – con la rimozione al vertice delle carceri del ‘duro’ Nicolò Amato, rimpiazzato con il ‘molle’ Adalberto Capriotti e col suo vice operativo Francesco Di Maggio”, poi con la revoca del 41-bis “a centinaia di mafiosi”.

Sul Corriere Michele Ainis ricorda che “Napolitano avrebbe potuto rifiutarsi di testimoniare, come ha ammesso la stessa Corte di Palermo. Poteva farlo perché l’articolo 205 del codice di rito configura la sua testimonianza su base volontaria, escludendo qualsiasi mezzo coercitivo. Bastava dire no, e anche il diniego avrebbe offerto un precedente. Invece ha detto sì. E ha fatto bene: chi non ha nulla da nascondere non deve mai nascondersi. Ecco perché lascia un retrogusto amaro la decisione di tenere l’udienza a porte chiuse”. E poi si chiede: “C’è ragionevolezza nel processo di Palermo? A osservare l’aggressività dei pm, parrebbe di no; non a caso quel processo ha già innescato un conflitto fra poteri”, anche se “a valutare talune decisioni del collegio giudicante, parrebbe di sì”. Nel frattempo, in attesa del verbale, “girano versioni contrastanti, i presenti rilasciano interviste, le interviste inondano i tg. Ma che l’avvocato di Riina diventi per un giorno il portavoce del Quirinale, almeno questo è un paradosso che potevamo risparmiarci”.

Sul Sole 24 Ore Stefano Folli scrive che “da quel che si capisce, nulla di nuovo è emerso che già non si sapesse: compresa l’atmosfera cupa in cui maturarono le stragi di mafia del ’92-’93, gli allarmi per la sicurezza e gli interventi da Roma per alleggerire il 41-bis, cioè il regime carcerario a cui erano sottoposti i mafiosi detenuti”, ma “non ci sarebbe da meravigliarsi se piano piano i riflettori si spegnessero e il teorema venisse smontato un pezzo alla volta, come un’impalcatura rimossa alla fine del lavoro”.

Un “coinvolgimento che non serve al processo” è quello del capo dello Stato secondo Francesco La Licata, che ne scrive su La Stampa. Su La Repubblica Gianluigi Pellegrino sottolinea come si sia trattato di “una prova di democrazia”. Il quotidiano intervista il procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che ha interrogato il capo dello Stato: “Grati al presidente, le sue risposte un contributo al nostro processo”. E Attilio Bolzoni firma un’analisi sulla stessa pagina: “La strategia dei boss e il Paese sotto assedio, quella verità del Colle sull’estate delle bombe”, “Napolitano ha rievocato uno dei momenti più drammatici della storia repubblicana. Senza mai usare la parola ‘trattativa’, di cui ha confermato di non avere notizia. Ma la procura di Palermo è ottimista: il clima di quei mesi può essere considerato la base per un patto tra pezzi dello Stato e mafiosi”.

Consulta

Sul Corriere Luciano Violante scrive delle “polemiche gratuite” e degli “attacchi infondati” che ha subito da candidato del Parlamento alla Corte Costituzionale, ed aggiunge che “il protrarsi della indecisione, che mi auguravo superabile, sta producendo un grave discredito delle istituzioni parlamentari accentuato dal manifestarsi in Aula, nel corso delle ultime votazioni, di comportamenti, limitati ma gravi, di dileggio del Parlamento”. Anche per questo si ritira, ma “ritengo che in questa limitata vicenda si siano manifestati problemi di portata generale, sui quali ciascuno di noi, nell’esercizio delle proprie responsabilità di cittadino consapevole, potrebbe soffermarsi”. E non si tratta delle “regole costituzionali e parlamentari”, ma dei “‘buoni costumi’, che impongono comportamenti misurati e lungimiranti soprattutto quando sono in questione le nomine in organi di garanzia”. Decidere rapidamente e responsabilmente è un “dovere, dice Violante.

Manovra

Sul Sole 24 Ore: “Legge di Stabilità, primo sì dell’Europa”. “‘Katainen, nessuna grave violazione dei Trattati”. “”Evita la bocciatura anche la Francia”. “Il governo aggiorna il Def. Il deficit scende al 2,6”. Il quotidiano aggiunge tuttavia che “la situazione italiana rimane delicata, anche perché sul paese pesa la minaccia di una procedura per squilibrio macroeconomico eccessivo”. Insomma: “Bruxelles ha imposto all’Italia di rivedere il testo, promettendo nuove misure per 4,5 miliardi di euro tali da portare l’aggiustamento strutturale dell’anno prossimo a circa lo 0,3% del Pil”, e dunque si tratta di “un compromesso tra la Commissione che vuole difendere la sua credibilità di guardiana dei Trattati e il premier Matteo Renzi, che ha fatto della revisione delle regole europee”.

“Roma e Parigi si sono piegate, il diktat europeo andava rifiutato”, dice in un’intervista a La Repubblica l’economista Jean-Paul Fitoussi.

La nota di aggiornamento al Def, scrive Il Giornale, deve tornare in Aula per essere di nuovo votata. Lo ha spiegato il capogruppo alla Camera di Sel Scotto: “Le opposizioni hanno chiesto il ritorno del Def in Aula e il presidente Laura Boldrini ha acconsentito. Ci sarà un nuovo voto, perché il documento è cambiato: una sconfitta del governo Renzi”. Si legge anche che “il governo avrebbe preferito di gran lunga risparmiarsi questo nuovo passaggio, non per timore del voto (le opposizioni chiedono a gran voce che venga fatto a maggioranza qualificata, come l’altra volta, ma difficilmente i presidenti delle Camere lo concederanno) ma per evitare di dar risalto alla necessità di rivedere la manovra”.

Pd, sinistra, sindacati

Il Sole 24 Ore offre una intervista di Fabrizio Forquet a Massimo D’Alema, il quale definisce “falsa” la raffigurazione della Leopolda come “una Bad Godesberg italiana”, nel senso che i governi di centrosinistra degli anni scorsi – Ciampi, Prodi, D’Alema – hanno già “cambiato il Paese in profondità”. Sullo stile di governo di Renzi D’Alema dice che è “uno stile di governo preoccupante che punta a creare fratture nella società”, la “rottura con il sindacato è sbagliata”. “Anche lei si scontrò con la Cgil… ‘Ma io non ho mai usato quei toni, non ho mai detto: non vi prendo in considerazione”. Domanda: “Non che lei non fosse sferzante. E sull’articolo 18 fu lei a proporre, scontrandosi con il sindacato, il superamento di quella tutela nelle imprese che superavano la soglia dei 15 dipendenti… “.
Risposta: “C’era un problema di disincentivo alle imprese a crescere. Io proposi, allora, che quelle aziende che superavano i 15 dipendenti potessero avvalersi temporaneamente della normativa precedente”. In quel caso il sindacato si oppose “prendendo una posizione sbagliata”.
D’Alema dice di condividere il progetto di contratto a tutele crescenti, e sulla Delega Lavoro dice di trovare “stravagante che si parli di articolo 18 e poi si voti una delega dove di articolo 18 non c’è traccia”. Sulla legge di Stabilità e il via libera dell’Europa: “Lo sconto va bene ma certo non c’è un cambio di logiche, non c’è la svolta auspicata. Non è colpa di Renzi. È che in Europa manca il cambiamento necessario verso la crescita”. Il vincolo del 3 per cento “non ha senso”.
Sul Pd, “sarebbe un errore” la scissione, ma “se non si vuole una scissione silenziosa, fatta di tante persone che non rinnovano la tessera, si deve rendere più visibile e incisiva la presenza delle posizioni autenticamente riformiste”.

Sul Corriere il retroscena di Maria Teresa Meli: “Renzi: scontro? No, rivoluzione culturale”.”‘I miei non sono attacchi. Bisogna puntare su più occupazione, non sulle occupazioni’. I partiti socialisti europei invitano il leader a parlare ai loro congressi: dall’Italia una speranza”. Si legge che i leader del socialismo europeo – a partire dal portoghese Costa, che terrà il congresso del suo partito a fine novembre, stanno “facendo a gara” ad invitare Renzi ai loro congressi. E si cita anche uno studio di Itanes, elaborato sulla base del voto alle elezioni europee, secondo il quale il Pd ha raddoppiato i consensi tra gli operai (il Pd di Bersani era solo la terza forza tra i voti operai alle politiche del 2013) e ha quasi triplicato i consensi tra i disoccupati.

La Repubblica intervista la segretaria Cgil Susanna Camusso, che dice: “Renzi è a Palazzo Chigi per volere dei poteri forti, lo ha ammesso Marchionne”, “Camusso: ecco perché non parla con noi, ma solo con le corporazioni. Manovra e Jobs Act si possono cambiare. Faremo lo sciopero generale”.

FI

Il Corriere intervista Paolo Romani: “Fare le riforme è prioritario, ma prima dell’Italicum ci sono cose più urgenti”. Il capogruppo di Fi Al Senato spiega che la gestione dell’accordo sulla legge elettorale con il premier è “complessa” ma nega che ci siano problemi con il coordinatore Verdini, che ha siglato il “patto del Nazareno”.

Il Giornale: “Berlusconi chiede unità. No alla somma delle sigle”. “Il leader tratta sull’Italicum e avverte: ‘Irresponsabile un ritorno alle urne'”.

Su Il Foglio una conversazione con Roberto D’Alimonte, titolata così: “Il Cav nazareno è la sola assicurazione sulla vita del centrodestra futuro”. D’Alimonte commenta l’intervista di Berlusconi allo stesso quotidiano, e dice che il Cavaliere ha trasformato in un “orizzonte strategico per il centrodestra” un patto che sembrava fotografare una sua condizione di debolezza.

Internazionale

“L’incubo di Obama: gli ultimi due anni da ‘anatra zoppa’”, è il titolo dell’analisi di Federico Rampini che compare su La Repubblica a dedicata alle elezioni di Midterm, che si terranno martedì prossimo: “Il presidente ai minimi storici rischia di perdere la maggioranza anche al Senato”. Su La Stampa ne scrive Gianni Riotta, che descrive “l’autunno di Obama”. Oggi “divide l’America ed è più solo. Gli ultimi mesi di presidenza rischiano di essere un fiasco”. E Alberto Simoni, ancora su La Stampa, ricorda che ai conservatori servono 6 seggi per controllare anche il Senato.

Anche sul Corriere il voto di medio termine negli Usa: “Democratici Usa in caduta libera e rischio paralisi”. Succederebbe se i Repubblicani controllassero anche il Senato, oltre alla Camera. Il voto è previsto per martedì, la popolarità di Obama è “talmente bassa da garantire ai Repubblicani una vittoria anche in assenza di meriti”, e si tratta solo di capire la portata di questa vittoria.

Sul Sole 24 Ore si racconta invece che Obama “rafforza l’industria Hi Tech, annunciando nuovi investimenti per 600 milioni di dollari che si aggiungono al miliardo dell’anno scorso.

L’inviato in Siria de Il Giornale Gian Micalessin, da Qamishli, provincia dell’estremo nord est siriano, a meno di 100 chilometri dall’Iraq, a meno di un chilometro dalla linea del fronte e dalle postazioni dell’Isis, dove lo Stato islamico raffina il petrolio dai pozzi di Dar El Ezzor. “Così la benzina del Califfo diventa l’oro dei tagliagole”.

Il Corriere offre un ritratto di Nasrin Soutudeh, avvocatessa iraniana, attivista per i diritti umani, sospesa per tre anni dalla professione per “azioni contro la sicurezza nazionale e propaganda contro il regime”. “È la prima volta in Iran che un avvocato viene sospeso dal suo lavoro perché i suoi clienti erano imputati politici”, dice.

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