Migranti: Ue divisa, costretta a rivolgersi alla Turchia

Nella notte è stato raggiunto un “accordo di principio” al vertice informale straordinario dei capi di Stato e di governo dell’Ue sulla crisi migratoria con la Turchia. I quotidiani, per ragioni di tempo, non hanno avuto modo di darne conto. In sintesi, i Ventotto hanno accolto in gran parte il nuovo piano presentato dal premier di Ankara, Ahmed Davutoglu. L’accordo prevede che, a partire dall’inizio di giugno, la Turchia si riprenda tutti i migranti “economici” che sono arrivati in Grecia dopo aver attraversato illegalmente la frontiera. Saranno rimandati indietro, a spese dell’Ue, anche i profughi che avrebbero diritto alla protezione internazionale (siriani compresi) ma che sono approdati illegalmente nelle isole greche dell’Egeo partendo dalle coste turche. I richiedenti asilo rinviati dalle isole greche in Turchia saranno accolti nei campi profughi gestiti dalle agenzie Onu e finanziati dall’Ue. E per ogni siriano riportato in Turchia, l’Ue si impegna ad accogliere in un suo Stato membro, applicando i programmi volontari di reinsediamento, o “resettlement”, un altro rifugiato siriano, prelevandolo direttamente proprio dai campi profughi turchi. In cambio, Ankara chiede che l’Ue raddoppi i propri finanziamenti diretti per i rifugiati ospitati nei campi profughi turchi, portandoli da 3 a 6 miliardi di euro di qui al 2018 (1/3 a carico del bilancio comunitario, 2/3 a carico degli Stati membri). C’è poi un accordo per l’accelerazione della liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi che viaggiano nell’area Schengen. Durante le discussioni, il premier italiano Matteo Renzi, il belga Charles Michel, e il britannico David Cameron hanno insistito perché nelle conclusioni fosse menzionata l’importanza della difesa della libertà di stampa. Il testo finale tuttavia si limita a riferire che “i capi di Stato e di governo hanno anche discusso con il primo ministro turco della situazione dei media in Turchia”.Durante la conferenza stampa finale, Davutoglu ha semplicemente negato che esista il problema: “La libertà di stampa e di espressione è un valore della nostra democrazia”, ha detto il premier turco.

La Repubblica: “Ue, la Turchia alza il prezzo, è lite sulla libertà di stampa”, “Migranti, Ankara vuole altri 3 miliardi. Eurogruppo: l’Italia rischia sul debito”.

E un’analisi di Roberto Toscano: “Prigioneri del panico”.

Di fianco, il reportage di Alberto Stabile da Homs: “Tra i cristiani tornati a Homs: ‘La vita è qui’”.

Sulle primarie del centrosinistra: “’Soldi per votare alle primarie’. Il video-scandalo del Pd a Napoli”.

Su questo tema la rubrica “Il punto” di Stefano Folli: “La tentazione di perdere”.

A centro pagina, l’uccisione di Luca Varani a Roma: “’Volevamo vedere come si muore’. La verità shock dei killer di Roma”, “La confessione di uno degli assassini: provavo vergogna ma non mi fermavo”. Con un commento di Massimo Recalcati: “Quel male senza causa”.

Di spalla a destra, l’8 marzo, con foto di alcune protagoniste del progetto ‘Cosa pensano le Ragazze’: “Lavoro, amore, figli e politica. Cosa pensano le ragazze”. Ne scrive Concita De Gregorio. E un commento di Natalia Aspesi: “Ventenni di ieri. Diritti di oggi”.

A fondo pagina: “Il processo sprint salverà il cane”, “Cause veloci, basta pignoramenti inutili: cambia la giustizia civile”. Di Liana Milella.

Infine, “Il caso”: “Tasse, ticket e moduli online, arriva il pin unico taglia-sportelli”, “Dall’Inps all’Inail, funzionerà così”.

Il Corriere della Sera: “Profughi, il prezzo di Ankara”, “La Turchia chiede più soldi e garanzie politiche. La Ue richiama l’Italia sui conti”, “Renzi minaccia il veto: ‘Libertà di stampa o non firmo l’accordo’”.

Più in basso, un’analisi di Goffredo Buccini sulle “socialdemocrazie alla prova migranti”: “I muri inattesi della sinistra”.

A centro pagina, sui tecnici italiani in Libia: “Il tragitto, la libertà rinviata: i misteri del sequestro libico”, “Nuovi particolari dal racconto dei due rapiti”, di Giovanni Bianconi,

Sulla colonna a destra: “Banca Etruria, il decreto (che non c’è) e i rimborsi”, “Scadenza vicina”. Ne scrive Enrico Marro.

In prima l’8 marzo, con foto di Amy Farraw Fowler (“The Big Bang Theory”): “Il fronte hi-tech delle donne”, “I ritardi e la sfida di Amy (in tv)”. Di Anna Meldolesi e Martina Pennisi.

L’editoriale di Angelo Panebianco: “All’Europa conviene Hillary”.

A fondo pagina, sulle primarie: “Voto a Napoli, il caso dei soldi ai gazebo”, “Video sulle primarie pd: fuori dai seggi distribuite monete da un euro per invitare alle urne”.

Poi l’omicidio di Roma: “’Killer per caso? Un figlio mostro’”. E’ un’intervista al padre di Manuel Foffo, l’assassino di Luca Varani.

La Stampa: “La Turchia tiene in scacco la Ue”, “’Altri 3 miliardi per i migranti’, salta l’intesa con Bruxelles. Renzi: rispettate la libertà di stampa”, “Ankara vuole un iter accelerato per entrare in Europa. Orban mette il veto sull’accoglienza dei profughi siriani.

Il rinvio una sconfitta per l’Unione” è il titolo dell’editoriale di Stefano Stefanini.

Poi il reportage di Niccolò Zancan da Ayvalik, in Turchia: “La spiaggia dell’esodo”.

E di fianco, sugli attentati in Tunisia del Bardo e di Sousse: “La mente delle stragi tunisine viveva fra Novara e Genova”, “I passaporti di Chouchane ritrovati in Libia vicino al luogo del rapimento degli italiani”. Raccontano il caso Matteo Indice e Francesco Semprini.

A centro pagina, in occasione della ricorrenza dell’8 marzo, i volti di 8 donne del mondo: “Tutto il mondo delle donne in otto scatti”, “Si laureano prima degli uomini e fanno più stage, ma hanno lavori instabili e stipendi inferiori”.

Più in basso, intervista alla presidente Rai: “Maggioni: ‘I luoghi comuni sulle figure femminili di potere sono una barriera da demolire’”.

Di fianco: “Annuncio choc di Sharapova, ‘Positiva al doping in Australia. Ho sbagliato, ma non mi ritiro’”.

A fondo pagina, il “Buongiorno” di Massimo Gramellini sul caso sollevato dal video sulle primarie a Napoli: “Le Ultimarie”.

Il Fatto: “Primarie comprate e truccate”, “Scandalo Pd. Numeri gonfiati e ‘buttadentro’ armati di banconote ai gazebo”, “A Roma contano pure le schede bianche, a Napoli offrono soldi per votare”.

Sotto la testata: Expo non ha neppure i soldi per chiudere”, “Bancarotta. Senza aumento di capitale sarà fallimento”. Di fianco: “Poste, controlli falsati anche sulle bollette”, “Milioni di buste risultano puntuali. Ma c’è il trucco”.

A centro pagina: “Profughi, il ricatto di Erdogan: ‘L’Europa ci dia 6 miliardi’”.

L’editoriale del direttore Marco Travaglio, con riferimento al giornale turco commissariato: “Siamo tutti Zaman” (ma “in Italia per fortuna non sono necessari i blitz della polizia per trasformare i giornali in Pravde governative”).

Libero: “Diamo ancora i nostri soldi alle coop di Mafia Capitale”, “Profugopoli”, “I prefetti continuano ad assegnare appalti alle società che si spartivano con Buzzi i profughi e che sulla loro pelle e in nome della solidarietà hanno fatto affari milionari”. Di Mario Giordano, il cui libro “Profugopoli” è appena arrivato in libreria (e che viene recensito anche da Il Fatto, ndr.). E più in basso: “I rom re di Roma. Così in Campidoglio spadroneggiano”, di Franco Bechis.

La foto a centro pagina è per la vincitrice delle primarie Pd a Napoli, Valeria Valente: “Primarie del Pd comprate per far vincere questa donna”.

Più in basso, sulla Libia: “Italia pronta alla guerra: ecco come sarà”, “Il Capo di Stato Maggiore: in Siria già combattiamo”. Si riferiscono le parole del generale Pasquale Preziosa.

Poi un articolo di Carlo Panella: “L’Isis vuole invadere la Tunisia. Primo scontro: decine di morti”.

L’editoriale del direttore Maurizio Belpietro sul vertice Ue-Turchia: “Non cediamo ai ricatti del Califfo Erdogan. La Turchia non è Europa”, “Ankara ci sta sfidando”.

Poi “la letterina dell’Ue”: “Conti di Renzi sbagliati. Ci chiedono la manovra”, scrive Antonio Castro.

A fondo pagina, “L’8 marzo a mezz’asta”: “Boldrini inventa la festa delle donne tristi”, di Filippo Facci.

Sull’omicidio a Roma: “Questo delitto ricorda mio fratello e il Circeo”, scrive Filippo Ghira.

Vertice Ue-Turchia

Il Corriere, pagina 2: “La Turchia alza la posta sui migranti”, “Ankara chiede all’Europa il raddoppio dei 3 miliardi di aiuti e l’accelerazione per l’adesione alla Ue. Si decide nel prossimo summit”, scrive Ivo Caizzi da Bruxelles.

A pagina 3: “’E la libertà di stampa?’. Alla fine tocca a Renzi (d’intesa con Merkel) respingere il ‘ricatto’”. “’Voglio un riferimento alla libertà di stampa, se no non firmo’”, ha detto Renzi minacciando il veto, scrive in un “retroscena” Marco Galluzzo.

A pagina 5 Monica Ricci Sargentini scrive che “Il patto con Ankara non ferma gli scafisti”, “le partenze dalla Turchia non sono in calo: nel 2016, già 132 mila arrivi in Grecia. La denuncia di Amnesty per i centri di detenzione”: funzionari dell’Ue ad Ankara hanno confermato all’organizzazione che i sei centri di accoglienza descritti nella bozza del ‘piano d’azione’ funzioneranno di fatto come centri di detenzione.

Su La Stampa, pagina 2: “La Turchia alza il prezzo con la Ue. E’ in bilico l’accordo sui migranti”, “Il premier Davutoglu riscrive l’intesa con Tusk e negozia con Merkel: vogliamo altre 3 miliardi. La rabbia di Londra e dei Paesi dell’Est pronti al veto. E il dossier ancora sul tavolo il 17 marzo”. Ne scrive Marco Zatterin da Bruxelles. In basso, sulla stessa pagina: “Renzi avverte: libertà di stampa o non ci sarà alcuna intesa”, “Asse con la Germania su Schengen e rotta balcanica”.

Di fianco, il reportage di Niccolò Zancan da Ayvalik, Turchia: “Tra i trafficanti del Mar Egeo, ‘Con 500 euro ti porto in Grecia’”, “A Smirne, sulla costa turca, le trattative sottobanco per il viaggio. In vendita giubbotti di salvataggio falsi: sabato in 15 sono annegati”.

E Marta Ottaviani spiega “la strategia del Sultano”: “’Un’Europa piena di profughi. Erdogan fa leva sulla paura”, “Fin da subito il presidente ha chiesto più aiuti”.

Su La Repubblica: Ankara alza la posta, ‘Altri 3 miliardi dalla Ue per fermare i migranti’”, “Accordo preliminare con l’Unione, nuovo summit il 17. Renzi: serve un riferimento alla libertà di stampa”. Di Alberto D’Argenio, da Bruxelles.

E “lo scenario” di Andrea Bonanni: “La sfida del Sultano: ai leader d’Europa divisi”.

Su La Repubblica, un’analisi di Roberto Toscano, sottolinea come il modo di fare politica dell’Ue sia stato improntato dapprima al “vivere alla giornata, rinviando le decisioni nella speranza di poter indefinitamente eludere i problemi” e poi, “una volta scoppiate le crisi”, al reagire “in modo scomposto sulla base del panico”. E “il nostro panico viene facilmente captato dall’interlocutore, per cui diventa irresistibile approfittarne imponendo i propri interessi a scapito dei nostri. Tayyp Erdogan -la cui abilità e spregiudicatezza sono paragonabili a quelle di un altro difficile interlocutore dell’Europa, Vladimir Putin- ha capito che nei confronti della crisi dei migranti l’Europa è nel panico totale. Lo è non perché la situazione sia materialmente ingestibile, ma perché una sua gestione efficace e sostenibile richiederebbe qualcosa che l’Unione non è oggi in grado di produrre: una ripartizione degli oneri che accantoni l’assurda regola di Dublino (il primo Paese che li riceve, da Lampedusa a Lesbo, se li tiene) e soprattutto una duplice solidarietà, quella nei confronti degli infelici che chiedono di essere accolti e quella nei confronti dei partner direttamente esposti all’arrivo di centinaia di migliaia di migranti”.

Ancora su La Repubblica, un articolo di Tonia Mastrobuoni da Berlino, sulla Turchia di Davutoglu ed Erdogan: “Quell’alleato scomodo che imbarazza la Merkel”, “Da mesi la cancelliera fa da ponte tra Davutoglu e la Ue: per lei lo stop è una grave sconfitta”. E Mastrobuoni esordisce sottolineando che “solo un anno fa, chiunque avrebbe ritenuto uno scenario del genere pura fantascienza. Chiunque avrebbe riso all’idea che Angela Merkel, storicamente contraria all’ingresso della Turchia nell’Ue, sarebbe diventata la sua maggiore sponsor. Che allo stesso tempo la cancelliera sarebbe entrata in rotta di collisione con il Paese da sempre più fedele, l’Austria. E che si sarebbe mostrata solidale con la Grecia, ritenuta la pecora nera dell’eurozona. Uno dei tanti sintomi che l’emergenza epocale dei profughi sta cambiando la fisionomia dell’Europa e ne sta ridisegnando le alleanze”.

Migranti in Europa. Governi Ue.

Sul Corriere, a pagina 2, intervista al ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski, che dice: “Non potete mandarci chi volete voi”. Chiede Paolo Valentino: la Polonia accoglierà i 7 mila rifugiati prevista dal piano di redistribuzione che la Commissione Ue le assegna? Risponde il ministro: “Sì, ma a certe condizioni. Primo, non accetteremo migranti costretti a venire in Polonia contro la loro volontà, nessun ricollocamento forzato. Secondo, dovranno essere in grado di provare la loro identità e terzo non dovranno porre alcun pericolo alla nostra sicurezza. Quindi, se ci daranno accesso agli hotspot a Lampedusa e in Grecia, per poterli selezionare, allora li accettiamo”.

Sul Corriere: “La stretta di Vienna: 80 arrivi al giorno”. Con foto del cancelliere austriaco Werner Faymann, che è a capo di una coalizione tra il suo partito socialdemocratico e i cristiano-democratici, si legge che nell’autunno del 2015 aveva visitato due campi in Grecia e aveva criticato i muri: “oggi la svolta: duro con gli immigrati, blinda l’Austria”. Spiega Danilo Taino che l’Austria teme che la Germania voglia fare di questo Paese una camera di attesa per i profughi rallentati alla frontiera. E che i due partiti alleati nella Grosse Koalition “sentono il fiato sul collo delle formazioni xenofobe e nazionaliste, in netta crescita: nelle elezioni del 2013, socialdemocratici e cristiano democratici hanno raccolto appena più del 505, in ribasso dal 78% del 2002. Alle elezioni che si debbono tenere entro il 2018 rischiano di non potere più nemmeno governare assieme e di essere superati dai partiti anti immigrati”.

Dal Corriere segnaliamo anche un commento di Goffredo Buccini: “Socialdemocrazie alla prova. I muri inattesi della sinistra”, “Le ondate di migranti stanno sommergendo un po’ ovunque ciò che resta o restava di una certa idea dell’Unione, sospingendo persino la Svezia sotto l’Opa politica del populismo”.

Libia

Sul Corriere la ricostruzione del sequestro e dell’uccisione di due dei tecnici italiani in Libia e della liberazione dei loro due colleghi. A firmarla è Giovanni Bianconi: “Lo strano tragitto, l’autista, il ricatto. Tutte le incognite di un sequestro”, “’E’ tutto finito’, dissero i carcerieri. Il negoziato era in dirittura d’arrivo, la contropartita definita, e forse in parte intascata da qualche mediatore”, “Un punto di svolta arriva il 19 febbraio con il raid Usa contro l’Isis. Nella residenza arrivano altre persone, gli italiani ricevono cibo, poi niente”.

A pagina 11, intervista di Lorenzo Cremonesi, inviato a Tripoli, al ministro degli Esteri del governo di Tripoli. Dice: “Se è stata pagata una somma violando la nostra sovranità sono stati finanziati i terroristi”. Dice anche che “problemi logistici” impediscono l’arrivo delle salme dei tecnici italiani in Italia: “una questione tecnica di trasporti. Per il resto tutto è pronto per l’autopsia completa qui nella capitale, necessaria per le nostre leggi al fine di concedere il nulla osta alla partenza per l’estero”. I due tecnici liberati hanno detto che i rapitori erano criminali comuni, non jihadisti di Isis, come affermate voi a Tripoli o come fanno le autorità di Sabratha. Risponde il ministro: “Noi sappiamo che Isis è presente nella regione dove sono stati liberati. Il resto dovrà valutarlo la commissione d’inchiesta”. Parla al telefono e dice : “Il procuratore mi conferma che sono nella zona di Sabratha. Laggiù le carte sono pronte. Occorre trovare l’elicottero che li porti qui nella capitale. La regione è troppo instabile per viaggiare via terra”.

La Stampa evidenzia un collegamento tra la vicenda degli ostaggi in Libia e quanto accaduto in Tunisia: “Quel legame tra il Bardo e gli italiani sequestrati. ‘La mente era a Novara’”, “Noureddine Chouchane, il tunisino jihadista ucciso nel raid Usa nella città di Sabratha, in Libia, dove erano sequestrati i tecnici italiani, aveva vissuto in Italia nel 2011″. Ne scrivono Matteo Indice e Francesco Semprini.

Su Il Fatto: “Sabrata, l’Italia tratta anche per riavere i morti”, “Le salme di Failla e Piano ancora nelle mani delle milizie, Roma non spiega il motivo”.

Su La Repubblica, intervista di Giuseppe Filetto a Gino Pollicardo, uno dei due tecnici liberati in Libia: “L’ira di Pollicardo: ‘Noi, abbandonati in mano ai rapitori, ci siamo liberati da soli’”. I sequestratori volevano soldi? “Non so se il loro intento fosse questo o di prendere in giro l’Italia. So soltanto che il primo giorno ci hanno strappato di dosso anche le mutande”.

A pagina 7 il “retroscena” di Giuseppe Scarpa e Fabio Tonacci: “Una telefonata cambiò i piani di viaggio. Così scattò il sequestro”. La telefonata in questione sarebbe partita da un ufficio dell’impianto della Bonatti a Mellitah, sorprendendo i tecnici, che prevedevano di utilizzare un aereo ma, arrivati all’aeroporto di Gerba, ad aspettarli trovarono un autista libico di cui l’azienda si era servita in passato. Tre check point, tre stop, di cui il primo al confine tra Tunisia e Libia. In questo lasso di tempo qualcuno ha tradito e ha venduto gli italiani al gruppo di banditi filo-islamisti che li ha tenuti in ostaggio per sette mesi e mezzo.

Da segnalare, sul Corriere, una lettera dell’Ambasciatore Usa in Italia John Phillips, le cui dichiarazioni in una intervista al quotidiano avevano dato adito a polemiche (i 5000 soldati italiani con cui il Paese potrebbe contribuire alla missione in Libia, ndr). Precisa l’ambasciatore: “’Gli Usa non danno indicazioni all’Italia’”, “non si è trattato di un suggerimento o di una raccomandazione da parte degli Usa”.

Ne scrive anche La Stampa: “Washington corregge l’ambasciatore: ‘Tocca all’Italia decidere il suo ruolo’”, “Il chiarimento dopo l’invito a guidare l’intervento in Libia” (di Paolo Mastrolilli, da New York)

Tunisia

Sul Corriere, un articolo di Guido Olimpio: “L’Isis all’attaco ai confini tunisini. Oltre 50 vittime”. I terroristi sono riusciti ad infiltrarsi e ad attaccare Ben Guerdane, cittadina non lontana dal confine libico. Sono entrati nel centro abitato prendendo di mira le installazioni militari e le abitazioni di alcuni ufficiali. Ben Guerdane è un luogo “simbolico”, perché è stata culla di molti mujaheddin. Abu Musab Al Zarkawi, il fondatore di Al Qaeda in Iraq, la citava come modello.

Su La Stampa: “L’Isis prova a sfondare in Tunisia. Battaglia con l’esercito al confine”, “Cinquanta morti a Ben Guerdane. L’attacco potrebbe essere la premessa al Califfato magrebino”, scrive Domenico Quirico, inviato a Tunisi.

Siria

Su La Repubblica il reportage da Homs di Alberto Stabile: “Il ritorno dei cristiani tra le rovine di Homs, ‘Qui c’è la nostra anima, ricominciamo a vivere’”. “La città siriana, un tempo specchio del pluralismo religioso, è stata teatro dello scontro tra esercito e jihadisti. Ora i miliziani si sono ritirati e così centinaia di profughi sono rientrati. ‘Ora ricostruiremo chiese e quartieri’”.

Primarie Usa

In prima sul Corriere Angelo Panebianco (“All’Europa conviene Hillary”), scrive che gli europei hanno ottime ragioni per sperare in una vittoria di Hillary Clinton: “solo che queste ragioni non hanno nulla a che vedere con la divisione destra/sinistra. Hanno a che fare con gli interessi dell’Europa”. Perché secondo Panebianco si tratterà di capire se il prossimo presidente sarà un isolazionista come Donald Trump o Bernie Sanders, pronto ad abbandonare l’Ue al suo destino, oppure sarà un attivo internazionalista. Barack Obama era culturalmente estraneo e disinteressato al Vecchio Continente. Un successo di Donald Trump sarebbe positivo per Vladimir Putin e i suoi amici, “di destra o di sinistra che siano” (“lascerebbe l’Europa sola a neogoziare con i russi, da una posizione di debolezza, in tutti gli scacchieri”, come Europa orientale e Medio Oriente).

Il caso Regeni

Su Il Fatto si dà conto di un articolo del britannico The Times: “Le ultime parole di Regeni: ‘Incontrerò uno importante’”. Lo avrebbe detto via Skype ai genitori proprio la sera della sua scomparsa.

Primarie italiane

Sul Corriere: “L’affluenza di Roma riaccende la lite nel Pd”, “Primarie, diffusi i dati ufficiali: ‘Ai seggi più di 47 mila’. Ma è polemica per l’85 di schede non valide. Speranza: partito ridotto a sommatoria di comitati elettorali. Giachetti: dai gazebo un segnale, non un flop”.

Su La Stampa: “La sinistra Pd attacca: disaffezione. Scoppia la lite con i capi renziani”, “Orfini: ‘Rimpiangete il partito di Mafia Capitale’. Speranza: sei offensivo con i cittadini”.

La Stampa intervista Roberto Giachetti, che ha vinto le primarie Pd a Roma: “Voglio imitare Petroselli, sarò il sindaco degli ultimi”, “Vorrei restituire ai romani mezz’ora persa sugli autobus. E quando qualcuno di noi sbaglia, si saprà di che è la colpa”.

Anche La Repubblica intervista Roberto Giachetti: “Cercherò i delusi casa per casa. Marino e Bray? Guai a fare Tafazzi”, dice.

Su Il Fatto: “Nella Capitale in 2866 avrebbero pagato i 2 euro per non esprimere alcuna indicazione, 843 le nulle. Sotto al Vesuvio traffici ‘in contanti’ per la Valente, la candidata renziana che ja vinto per sole 452 preferenze, Bassolino farà ricorso”. A pagina 2 il quotidiano spiega che un video di ‘Fanpage’ fa vacillare le primarie partenopee: “davanti ai circoli, individui legati alla candidata vincente cedono euro e indicano con chi schierarsi”.

A raccontare la vicenda è anche Massimo Gramellini in prima su La Stampa: “Le immagini riprese dalle telecamere nascoste del sito Fanpage.it smascherano alcuni consiglieri del Partito Democratico napoletano mentre davanti ai seggi delle primarie forniscono a elettori più o meno casuali l’euro necessario al voto, accompagnandolo con indicazioni a favore di Valeria Valente, la candidata poi risultata vincitrice. Si vede un dirigente del Pd locale tirare fuori il portafogli e smazzare biglietti da dieci euro ai passanti. E uno scrutatore uscire in strada a urne ancora aperte con la lista dei votanti per mostrarla a un tizio seduto in un’auto”.

Su La Repubblica: “’Un euro e vota Valente’, video scandalo a Napoli. A Roma lite sugli assenti”, “A Scampia militanti consegnano soldi ai seggi. La difesa: atti di cortesia. Speranza attacca Orfini”. Al seggio di Villa San Giovanni, dove la Valente ha vinto, nelle immagini si vede il capogruppo Pd Gennaro Cierro dare denaro ai votanti. Lui spiega: “Sto verificando gli estremi per adire le vie legali. Ero in presenza di sostenitori di Bassolino quando mi hanno avvicinato persone che intendevano votare perché vicine a me. Non avevano soldi, ho prestato le monetine per votare”. A pagina 11 un colloquio con la stessa Valeria Valente: “Vicenda da chiarire ma senza infangarci, ora svolta per la città”. E vuol coinvolgere Bassolino, “perché lui è una testa, non è da rottamare”

Sul Corriere, ancora su Roma: “Sinistra, Bray pronto a correre. Ma Fassina vuole le primarie”, “Il secondo non lascia senza una consultazione. L’ipotesi costituente” (di Alessandro Trocino). E in un’intervista, l’ex capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, in riferimento a Massimo Bray, dice: “L’ex ministro è un dem. Non si spara sulla ditta”.

Su Il Fatto: “Roma, 4 mila fantasmi. Boom di schede bianche”, “A venti ore dalla chiusura dei gazebo, il partito dà i dati sull’affluenza: 47 mila votanti, ma i voti validi sono solo 43 mila”.

A fondo pagina: “Bray-Marino, domani l’incontro per scegliere il candidato rosso”, “Il dalemiano (Bray, ndr.) pronto a correre per il Campidoglio”.

Da Il Fatto segnaliamo anche il “dossier” di Salvatore Borghese e Andrea Piazza (Youtrend): “Adtensionismo: adesso è la sinistra che non vota più”, “il calo generalizzato delle consultazioni ora colpisce anche l’elettorato tradizionalmente più attivo”.

Conti italiani

Ieri si a Bruxelles si sono riuniti anche i 19 ministri dell’Eurogruppo.

Sul Corriere, pagina 6: “L’Eurogruppo: debito dell’Italia troppo alto”, “Padoan: margini di aggiustamento. Moscovici: possibile un accordo. Renzi: non ci saranno modifiche al bilancio”.

E il “retroscena” di Lorenzo Salvia: “Una manovra da 3 miliardi tra risparmi e voluntary” (disclosure, ndr), sul decreto rimborsi “oggi l’emendamento per elevare a 300 milioni i fondi per il decreto rimborsa-crac. L’ipotesi di varo a fine marzo”.

Su La Stampa: “L’Ue richiama l’Italia: conti a rischio anche con la massima flessibilità”, “L’Eurogruppo: il debito è alto e Roma ha adottato misure che aumentano il deficit. Padoan: clima positivo in Europa. Moscovici: ma la sostanza è un po’ diversa”. Da novembre, nota l’Eurogruppo, Roma “ha adottato misure che incrementano ulteriormente il disavanzo”.

Su La Repubblica, alle pagine dell’Economia: “Eurogruppo all’Italia: ‘Debito fuori regola, avete alzato il deficit’”, “Padoan: ‘Lettera Ue non preoccupa’. Fitch taglia le stime sul nostro Pil” (dall’1,35 precedente all’15, contro l’1,6% stimato dal governo).

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