Martiri nel Mediterraneo

Il Corriere della sera: “Gettati in mare perché cristiani”. “Migranti. Dodici vittime: 15 musulmani arrestati. Nuovi poteri alle navi di pattuglia nel Mediterraneo”. E poi: “Renzi negli Usa chiede a Obama di usare i droni per colpire i terroristi in Libia”. Un “retroscena” firmato da Franco Venturini parla della “contropartita di Roma: ritiro più lento da Herat”.
A centro pagina: “Varoufakis: in Grecia stiamo finendo i soldi”. “L’allarme sui conti fa salire lo spread”.
La fotonotizia è quella di Moretti, Sorrentino e Garrone, candidati al festival di Cannes con i rispettivi film. “Non succedeva dal 1994”.
A fondo pagina la cronaca: “Caccia al papà in fuga col figlio neonato”. “Visto in Spagna, soffre di turbe psichiche. La moglie: aveva accettato di riprendere le cure”.

La Repubblica. “L’offerta di Renzi ai ribelli del Pd: ‘Sì al Senato elettivo’. La mossa del premier dopo lo strappo sull’Italicum”. “Intercettazioni, Bruti e Pignatone propongono la stretta”.
Di spalla, con foto: “Massacro sul barcone dei migranti. ‘Buttati in mare perché cristiani’. Palermo, arrestati 15 profughi musulmani”. “La barbarie religiosa” è il titolo di un commento di Tahar Ben Jelloun.
A centro pagina: “Contratti, la rivoluzione di Marchionne”. “‘Bonus in fabbrica se arrivano i risultati'”. E poi: “Whirpool taglia 1350 posti, gli operai Indesit occupano la superstrada”.
A fondo pagina: “Quei sindaci della Campania candidati col trucco”, di Francesco Merlo.
Accanto, la presenza di Moretti Sorrentino e Garrone a Cannes.

La Stampa: “Barconi, l’ultimo orrore. ‘Cristiani gettati in mare'”. “Rissa sul gommone per motivi religiosi: 15 arresti a Palermo”. “Emergenza profughi, il racconto dei sopravvissuti svela il massacro”.
Di spalla: “Rivoluzione Fca. Bonus ai dipendenti legato ai risultati”.
Sulla politica: “Pd, Bersani sfida Renzi. Il premier: ‘Non mi fermo’”.

Avvenire: “‘Gettati in mare perchè cristiani’. Il racconto dei sopravvissuti dopo lo sbarco a Palermo: un gruppo di musulmani senegalesi e ivoriani colpisce nigeriani e ghanesi”. “Muoiono in 12. Altri fanno muro di mani per vivere”.
A centro pagina il quotidiano offre una intervista all’Arcivescovo di Milano Scola: “Expo luogo dell’ascolto”.

Il Giornale: “Ora gli islamici annegano i cristiani a casa nostra”. “Dodici ‘infedeli’ gettati in mare dai profughi musulmani. E noi soccorriamo i killer”. “Jihad nel canale di Sicilia”.
La fotonotizia mostra la foto – tratta dal settimanale Oggi – del padiglione Italia di Expo. “Ecco il padiglione Italia a pochi giorni da Expo”.
Il titolo di apertura: “Hanno sospeso il poliziotto orgoglioso della polizia. Gli paghiamo noi lo stipendio”. “Follie di Stato”.
A centro pagina: “Alfano, consulenze milionarie a moglie e amico. Cinque contratti per la consorte del ministro. Per il suo avvocato poltrone e un appalto da 630mila euro”.
A fondo pagina: “Marchionne divide gli utili coi lavoratori. Così pensiona la lotta di classe (e Landini)”.

Il Fatto quotidiano: “‘L’indagata non si tocca’. Renzi e Bagnasco con la Paita”. “‘Avanti così’. Dagli Stati Uniti il premier detta la linea sulla candidata alle Regionali in Liguria. Lotti e Guerini eseguono. Lei: ‘Ho la fiducia del Pd, resto’. Il capo dei vescovi: ‘Le inchieste esplodono sempre in certi momenti, chissà perché'”. Dopo il caso De Luca in Campania, un altro blocco di potere schiaccia i democratici della zona opaca della politica”.
A centro pagina: “Salari, l’ultima furbata di mister Marchionne”. Il quotidiano spiega che con la proposta dell’Ad “saltano i rinnovi contrattuali ‘garantiti’ e tutto viene agganciato all’andamento dei profitti del gruppo”.

Il Sole 24 Ore: “Atene spaventa i mercati, vola lo spread. Ancora lontano un accorod tra la Grecia e i creditori. Lagarde a Tsipras: rispettare gli impegni. Varoufakis: la liquidità sta finendo”. “La mossa che Tsipras deve fare” il titolo dell’editoriale di Carlo Bastasin.
Di spalla: “Oggi Renzi da Obama: vertice su difesa e commercio Usa-Ue”. “Discorso alla Georgetown University. ‘L’Italia è tornata’”.
Sulla politica: “Sull’Italicum minoranza Pd divisa. Bersani all’attacco: combatteremo”.
In alto: “Rissa sul barcone: 12 cristiani gettati in mare dai musulmani”.
A centro pagina: “Fca, 600 milioni di premi ai dipendenti”. “Marchionne ai sindacati: piano in 4 anni con bonus legati alla produttività e partecipazione agli utili”. “Prima assemblea ad Amsterdam. No allo scorporo dell’Alfa”.

Migranti

La Stampa: “Guerra di religione sul gommone. Dodici cristiani buttati in mare”. “Quindici musulmani, tra cui un minorenne, fermati dalla polizia dopo lo sbarco. Aggressione scattata per avere l’acqua a bordo. In un altro viaggio 41 dispersi”. Il quotidiano scrive che la “caccia ai cristiani”, che “sarebbe stata solo una scusa”, sarebbe stata scatenata “dalla loro pretesa di ‘gestire’ l’acqua da bere a bordo e di averla negata ai musulmani. Che erano di più”. Per salvarsi i superstiti “si sarebbero stretti uno accanto all’altro, braccia con braccia, per non cadere in acqua”. “Una catena umana che ha retto, nonostante la sproporzione tra le forze in campo”.
Alla pagina successiva le testimonianze di diversi sopravvissuti e una “analisi” di Francesca Paci, che si sofferma sul fatto che i cristiani di quei PAesi sono soprattutto protestanti. In Nigeria le comunità evangeliche e pentecostali sono circa il 20 per cento, sfidano Boko Haram, e fanno proselitismo. “‘Noi cattolici non facciamo proselitismo e diversamente dai protestanti riusciamo a costruire chiese nei posti più incredibili, perché battiamo vie traverse e cerchiamo l’accordo con i capi tribù”, dice al quotidiano Padre Lucio, decano dell’Isola di Sumatra, in Ondonesia. “‘Ci sono chiese evangeliche che offrono soldi a chi si converte, mettendoci tutti nei guai”, dice un altro sacerdote che opera l’Orissa indiana.
Le testimonianze, tratte dagli interrogatori degli inquirenti, compaino anche su altri quotidiani. Sul Corriere l’articolo è firmato da Fiorenza Sarzanini: “‘Noi abbracciati per non farci annegare’. “Il racconto dei sopravvissuti: ‘Ho visto morire i miei amici picchiati e buttati in acqua solo perché professavano una religione diversa’. Uno dei responsabili arrestati riconosciuto per le ferite: è stato morso dalla vittima”.
La Repubblica intervista il procuratore capo di Palermo Lo Voi, che dice che “se quello che emerge dalle prime indagini e dai racconti dei superstiti dovesse essere accertato, tutto questo getterebbe una luce nuova, particolar,e sulla pericolosità di certi arrivi”. Dice che l’inchiesta “è ancora alle prime battute”, “ancora abbiamo molto da lavorare per ricostruire esattamente come sono andate le cose”.
La Stampa intervista il vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero: “E’ la prima volta che sui ‘boat people’ si discrimina in base alla fede. E’ un segnale inquientante”.
Avvenire scrive che dovranno rispondere del reato di strage in mare, aggravato dall’odio religioso, 15 persone, senegalesi e ghanesi, accusati di aver gettato a mare 12 migranti, nigeriani e ghanesi. “I naufraghi, parecchi dei quali in lacrime – raccontano gli inquirenti – hanno raccontato di essere superstiti ma non di un annegamento provocato dalle avverse condizioni meteo o dalla inefficienza del natante ma generato dall’odio umano”. “I testimoni sono cristiani di nazionalità nigeriano e ghanese. La polizia parla di ‘particolari agghiaccianti’. I fatti sono stati ‘spontaneamente denunciati’ dai migranti ai mediatori culturali, che hanno avvertito gli agenti accorsi nel porto del capoluogo siciliano”. “Le dichiarazioni dei superstiti che hanno descritto le drammatiche fasi sono concordanti e i migranti hanno riconosciuto i presunti assassini in fotografia”. “La versione dei fatti viene passata al setaccio alla procura di Palermo. Che tra i gruppi vi fossero ruggini per altre ragioni gli investigatori non lo escludono. Ma a un certo punto, confermano i sopravvissuti, la situazione è degenerata per ragioni religiosi”. Il gruppo dei migranti era su un barcone “e si sta cercando di capire come sia stato possibile che avvenisse a bordo una rissa tra trenta persone senza che il natante si ribaltasse”.

Grecia

Il Corriere della Sera: “Allarme Grecia. Varoufakis: i soldi stanno finendo”. “Bruxelles: insoddisfatti dele proposte di Atene. Lagarde (FMI): no a dilazioni nei prestiti. Lo spread dei Btp sale a 129”.
Alla pagina successiva articolo di Danilo Taino: “Ma la ‘Grexit’ ora non è un tabù. Fa più paura l contagio di Syriza”. “Da Blanchard a Merkel si discute dell’addio alla moneta unica”. “Secondo Berlino le onde d’urto di una Grexit sarebbero gestibili”. Si tratta di indiscrezioni pubblicate dal settimanale Die Zeit, secondo il quale il governo tedesco starebbe preparando “un piano per cercare di gestire il caso ellenico anche se Atene facesse default sul pagamento di una rata di debito”.
Alla pagina dei commenti, Antonio Armellini. “Cosa può succedere se la Grecia ci lascia”.
Sul Sole 24 Ore Carlo Bastasin scrive che una “soluzione” della questione greca è “già stata disegnata” dietro le quinte: “una revisione dei termini di credito della Greek Loan Facility che azzeri lo spread sopra l’Euribor (oggi pari a 0,50%), più un allungamento delle scadenze dei crediti di altri dieci anni. Il valore attualizzato del debito greco scenderebbe del 17%. Il valore netto totale arriverebbe non lontano da quello lordo italiano, ma con costi di finanziamento che per almeno dieci anni (più probabilmente venti anni) resteranno metà di quelli italiani in rapporto al pil: 2% contro il 4,2%. Una decisione dell’Eurogruppo del novembre 2012 aveva già previsto una revisione dei termini di credito nel caso Atene fosse riuscita a mantenere i conti di bilancio in ordine. Negli ultimi anni i risultati erano addirittura migliori di quelli fissati nel memorandum della Troika, ma l’incertezza legata al nuovo e inesperto governo ha rimandato il paese in recessione (il pil ha perso l’1% da dicembre a oggi). Ora quello che si chiede a Tsipras è di rispettare il memorandum ‘almeno a grandi linee’, come ha detto Schäuble, e fornire una lista di riforme decente. Da due mesi si lavora sulla lista senza reali progressi”. Nel frattempo il tempo passa e “la liquidità di Atene può arrivare al massimo a maggio. È quindi possibile che entro un mese la cassa sia davvero vuota e che Atene non riesca a pagare i creditori. A quel punto, se si trattasse di un vero default, la Bce dovrebbe sospendere la fornitura di liquidità di emergenza alle banche greche. La Banca centrale greca comincerebbe a fornire mezzi di pagamento propri introducendo una moneta parallela. Sarebbe già un Grexit”. “La decisione è nelle mani di Tsipras. Se ritiene che ripagare i debiti sia contraddittorio o impossibile, allora ha una cosa sola da fare: approvare in consiglio dei ministri il controllo dei capitali e la chiusura delle frontiere. Perché il problema di Atene non sarà la liquidità in sé, ma la fuga dei restanti depositi appena il rischio di uscita dall’euro diventasse concreto”.

Riforme

Su La Repubblica un “colloquio” con Renzi, fatto prima che il premier salisse sull’aereo che lo portava negli Usa: “Cambiare la riforma costituzionale? Tornare al Senato elettivo? Per me si può fare”. Renzi dice che gli argomenti usati per criticare l’Italicum da parte della minoranza Pd “erano capziosi”, perché “in questa legge c’è un pnto che è dirimente: il ballottaggio”. Sulla riforma costituzionale invece dice: “Guardate che io ero favorevole al Senato elettivo. Fu Errani, ossia un uomo di Pierluigi, a dire di no. Dopo di che per me si può benissimo cambiare. A me va benissimo. Non credo sia un punto fondamentale. L’importante è che si abbandoni il bicameralismo paritario”.
Alla pagina successiva: “‘Se il premier fa sul serio, cambia tutto'”. “Cuperlo: ‘Vedremo se è un’apertura vera’. Bersani: ‘Nessuna ritirata, combattiamo’. La sinistra attende una mediazione. ‘Con questi numeri il governo non può stare tranquillo’. Intanto il dimissionario Speranza prepara gli scatoloni”. Sulla riforma costituzionale Cuperlo dice che se davvero Renzi vuole modificare l’articolo 2 della riforma costituzionale, il Senato elettivo, “ovvero l’abbattimento del pilastro su cui si regge la riforma Boschi”, cambia tutto perché si bilanciano “gli effetti dell’Italicum”.

Paita

La Repubblica: “Liguria, Paita resta in corsa con l’ok del Nazareno. ‘E’ la nostra candidata’. Lngo colloquio con Lotti. I dubbi dell’arcivescovo Bagnasco: ‘Chissà perché alcune indagini esplodono sempre in certe ore”.
Il Fatto quotidiano: “Liguria, Bagnasco e Lotti benedico la Paita per Renzi”. Un corsivo è titolato: “Sarebbe stato meglio se avesse rubato”.
Nella pagina successiva una intervista all’ex deputata Ds, poi Pd, Sabina Rossa. Dice che gli avvisi di garanza “pongono un problema politico, di opportunità”, “sta alla persona decidere”, ma “stando ai commenti che ascolto il Pd perderà molti voti”, “le persone non fanno più distinzione, sono stufi”. Dice che andrà a votare alle Regionali e che probabilmente voterà Luca Pastorino, deputato civatiano appena uscito dal Pd.
Su La Stampa: “Divisi sull’Italicum, indifferenti sugli indagati. La questione morale scivola tra le correnti Dem”. Si tratta di una “analisi” di Federico Geremicca in cui ci si sofferma sui casi Ferrandino, De Luca, Paita. E si legge che – tranne eccezioni – “il rsteo del Pd – dunque la quasi totalità – sembra star facendo l’abitudine a candidati coinvolti in inchieste giudiziarie, a sottosegretari indagati che restano al loro posto, a futuri govenatori che rischiano la sospensione dalla carica appena eletti”.
Raffaella Paita viene intervista da La Repubblica e da altri quotidiani. “Accuse infondaste, non cedo. Sono come Rocky”. Dice di essere certa di non avere responsabilità per i fatti dell’anno scorso, che il mancato allerta non era nei suoi poteri, che per emettere un allerta avrebbe dovuto compiere un abuso. “Non faccio un passo indietro, non mi ritiro”.

Internazionale

“Ucraina, uccisi tre dissidenti filorussi” titola La Repubblica. “Sono due giornalisti e un ex deputati che avevano criticato la scolta verso Occidente dopo Majdan. Lo sdegno del presidente Putin: ‘Ma non sarà mai una guerra vera e propria tra Mosca e Kiev”. “Lo zar: difendiamo i nostri interessi però non ci sono truppe oltre confine”. Gli uccisi sono Oleg Buzina, caporedattore di un giornale “già chiuso dal governo per le sue posizioni filorusse e a favore dei ribelli russi del Donbass”, Sergej Sukhobok, titolare di un sito internet di opposizione al governo ucraino, e l’ex deputato filorusso Oleg Kalashnikov, deputato del partito delle Regioni e leader del movimento anti Majdan.
Sulla stessa pagina una intervista al ministro degli interni ucraino Arsen Akarov. Alla domanda “chi sta uccidendo gli oppositori”, risponde: “A chi giovano questi delitti? La destabilizzazione giova al Cremlino che utilizza contro l’Ucraina i collaboratori che lo hanno già servito. Mosca ci vuole creare disordini interni e mette in scena finte purghe agli oppositori. Tra l’altro Sukhobok non era un oppositore e i suoi killer sono stati già fermati. L’infagine sarà scrupolosa e spero di avere presto i risultati”.
Alle pagine R2 de La Repubblica uno speciale sullo Yemen firmato da Patrick Cockburn, copyright The Independent, con intervista alla premio Nobel per la Pace Tawakkol Karman. “Il fattore Yemen. L’intesa tra Usa e Iran sul nucleare non è bastata. Ora è l’Arabia Saudita a mettere a repentaglio i già fragili equilibri del Medio Oriente guidando una serie di sanguinosi raid contro i ribelli Houthi. E da settimane Sanaa è tornata in guerra”.

E poi

Avvenire intervista il cardinal Angelo Scola. “Impressiona l’imponenza dell’impresa. Ma mi auguro che emergano i contenuti proposti dal bel titolo”, ha detto Scola visitando il cantiere del sito di Rho-Pero. La Chiesa ha deciso di partecipare ad Expo (“Siamo figli di un Dio incarnato. Perciò ci interssano tutte le manifestazioni dell’umano”). Sui tempi: “Anzitutto la sensazione che si tratta di un fenomeno tutti italiano. Siamo sempre in ritardo ma alla fine ce la facciamo”.
Su Il Fatto quotidiano una intervista a Nicolò Bozzo: “‘Conoscevamo da prima la prigione di Moro'”. L’intervista è stata rilasciata a Sandro Provvisionato e Stefania Limiti ed è uscita in un libro – da oggi in libreria – sul caso Moro. “Conoscevamo da prima la prigione di Moro”. Bozzo racconta che seppe qualche mese prima del sequestro di Moro che si stava facendo un lavoro di muratura – probabilmente la costruzione di una cella in un appartamento a via Montalcini, e che informò il capo di Stato maggiore dei Carabinieri, che però “sottovalutò quella notizia”.
Il Giornale intervista Fabio Tortosa, l’agente che via Facebook aveva difeso l’operato del suo reparto alla scuola Diaz durante il G8 del 2001 a Genova. “‘Io vittima sacrificale del partito anti-agenti'”. “Non sono un torturatore, pago la strumentalizzazione politica”. Ricorda che “solo noi del VII nucleo eravamo indentificabili, essendo stati mandati lì in servizio, ma c’era una pletora di soggetti non identificabili”. Parla del “sangue ovunque”, delle persone sanguinanti, del via vai di ambulanze. Il blitz fatto dal VII reparto, dice, è stato “rapido”, “c’è stata qualche resistenza subito dopo l’ingresso, nessun eccesso di violenza

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *