La vittoria di Tsipras 2.0

Il Corriere della sera: “Vittoria di Tsipras ma vota solo metà della Grecia. Sfiorata la maggioranza assoluta, ora una coalizione”. Federico Fubini firma un articolo dedicato alla “nuova vita del premier” e al suo “nuovo programma”. “La sfiducia di Atene” è il titolo di un articolo di Marco Imarisio.
L’editoriale, firmato dal direttore Luciano Fontana, è dedicato a “veti e riforme”: “Il percorso per cambiare le regole”.
Due foto in prima pagina per il viaggio del Papa a Cuba (una delle due è la stretta di mano con Fidel Castro): “Il Papa conquista la piazza. E parla di teologia con Fidel”.
E poi: “Funzionari pubblici corrotti: spariti tre miliardi in sei mesi”. “Sulla spending review tensione tra gli esperti del governo”.

La Repubblica: “Il riscatto di Tsipras, la Grecia è con lui, ‘Noi duri a morire’”, “Syriza vince col 35%, Alba dorata terzo partito. Dissidenti fuori. Astensione da record. Verso un governo con i nazionalisti”.
A destra, una grande foto dell’incontro tra il Papa e Fidel Castro: “Cuba, Francesco abbraccia Fidel, ‘Servire le persone non le ideologie’”.
Sulla politica italiana, a centro pagina: “Senato, ultimatum di Renzi ai ribelli”, “Voto in Direzione Pd: basta rilanci o niente accordo. Bersani: manca poco”.

La Stampa: “Tsipras rivince, ‘Farò un governo con i nazionalisti’”, “’Una vittoria del nostro popolo’. Ma metà dei greci non ha votato”, “Syriza oltre il 35%, Alba dorata terzo partito”.
Anche qui, a destra, foto dell’incontro del Papa con Fidel Castro: “Mezzo milione per il Papa che poi va a trovare Fidel”.
“E salta l’incontro con i dissidenti”, scrive l’inviato a L’Avana Paolo Mastrolilli.
In prima anche il richiamo all’intervista di Alberto Mattioli all’ex presidente uruguaiano Pepe Mujica: “Mujica: i migranti sono la soluzione, non il problema”.

Il Fatto: “Tsipras uccide la sinistra”, “Syriza primo partito in Grecia, i suoi dissidenti fuori dal Parlamento”.
In prima un intervento del costituzionalista Alessandro Pace: “Il Senato va eletto dal popolo, e questo non si può cambiare”.
E una vicenda che riguarda Renato Soru: “Le 50 (nuove) ville di Soru sulla costa della Sardegna”, “La Regione ha dato l’ok al leader locale del Pd”.
A centro pagina, la “storia di copertina” su Albenga: “Là dove finiscono i preti pedofili” (viene definita il loro “buon ritiro” e si ricorda che il Papa ha commissariato la diocesi).

Il Giornale: “Il metodo Renzi: non pagare. Il governo non salda i debiti e non onora gli impegni con lavoratori, polizia, pensionati. Governo senza vergogna”. E poi: “Berlusconi ai moderati: crociata della democrazia”.
Di spalla: “Il Papa tra la croce e il Che: le ideologie non servono”. E un commento di Vittorio Feltri: “Francesco parla come la sinistra o la sinistra parla come Francesco?”.
A centro pagina: “La truffa dei dipendenti pubblici. Tra sprechi e corruzione perdiamo 5,7 miliardi”.
E poi: “I greci ci cascano ancora. Verso un governo di coalizione tra Syriza e la destra di Anel. Tsipras vince le elezioni”.

Il Sole 24 ore nella sua edizione del lunedì oggi dedica il titolo di apertura alle tasse: “Più tasse per una impresa su due. L’analisi del Sole 24 ore su dati Infocamere evidenzia una crescita del ‘tax rate’ nel triennio 2012-2014. Nella manifattura record di aumenti. Penalizzati anche servizi, sanità e costruzioni”.
“La riforma del fisco è ciò che serve alla ripresa” è il titolo dell’editoriale, firmato da Salvatore Padula.

Grecia

Su La Stampa: “Tsipras vince la scommessa: è primo. ‘Governerò ancora con i nazionalisti’”, “Stesso risultato di gennaio, mancata di poco la soglia per la maggioranza assoluta. Alba dorata cresce ancora. Il premier in piazza: lotteremo per un altro domani”. L’inviata ad Atene Tonia Mastrobuoni scrive che “gli hanno perdonato le esitazioni, lo scarto folle del referendum, la firma dell’accordo con gli odiati rappresentanti dell’austerità, insomma la svolta pragmatica dopo le promesse roboanti di gennaio: con oltre il 35 per cento dei voti, Alexis Tsipras ha stravinto le elezioni, contro tutti i pronostici. I greci lo hanno seguito nelle sue giravolte con l’Europa e la strategia elettorale del partito di puntare tutto su di lui ha premiato. Certo, dovrà fare i conti con un’astensione paurosa, che ha raggiunto il 46 per cento. E un partito neonazista che arriva terzo, supera il 7% e continua a crescere nei consensi. Ma lo sgangherato eroe della sinistra greca è ormai lui (e il presidente del Parlamento Ue Martin Schulz si è subito congratulato)”. Mastrobuoni ricorda che i sondaggi ipotizzavano un testa a tesa tra Syriza e i conservatori di Nea Demokratia, che invece si sono fermati sette punti sotto: ma “soprattutto, i greci non hanno creduto negli scissionisti di Syriza, nell’anti-Tsipras della sinistra del partito, Panagiotis Lafazanis: la sua Unità popolare non ha superato lo sbarramento del 3 per cento”. Molti militanti e simpatizzanti di Syriza sono rimasti lontani dalle urne perché accusano Tsipras di “tradimento” per esser sceso a patti con la trojka. E Tsipras, per mantenere almeno la promessa di non scendere a patti con la vecchia partitocrazia -ovvero con il Pasok- e con movimenti che ha sempre additato come espressione dell’oligarchia come To Potami, alle sette di sera aveva già chiamato il leader di Anel, Panos Kamennos, per riconfermare l’alleanza con la destra nazionalista. Anche in questo caso, sottolinea Mastrbuoni, i sondaggi avevano sbagliato, perché pensavano che l’ex ministro della Difesa non sarebbe entrato in Parlamento: invece porta in dote a Tsipras dieci seggi, abbastanza per garantire a Syriza -che dovrebbe averne presi 145- una maggioranza in Parlamento. Ma è “risicata”. E la strada è ancora dura, come ha twittato lo stesso Tsipras.
Sulla stessa pagina, intervista a Danai Dasopoulou, analista politica del quotidiano “Protothema”, che dice: “Adesso dovrà dimostrare stabilità e rispettare gli accordi con la Troika”, “Ma il vero vincitore è l’astensionismo”, “Il popolo greco è deluso dalle false promesse, non credo si farà più illudere sulla fine dell’austerità”.

Su Il Giornale: “Tsipras vince ancora: vecchia maggioranza possibile per pochi seggi”. “Più netta del previsto la sconfitta dei conservatori. Terzi i neonazisti”. Il quotidiano ricorda che il record è stato degli astenuti, quasi il 50 per cento. Spiega poi che in base alle proiezioni e alle prime dichiarazioni di ieri sera Syriza (che ha conquistato 145 seggi) potrebbe tornare a formare un governo con il partito con cui era alleata prima del voto, Anel, che conta 10 deputati. Alba Dorata, che dichiara di ispirarsi alla Lega Nord di Salvini e al FN di Marine Le Pen, è il terzo partito del Paese nonostante il leader Nikolas Mikalioliakos sia sotto processo e agli arresti domiciliari. “Si sciolgono invece i Varoufakis boys ovvero la pattuglia prodracma di Unità Popolare” che aveva provocato la crisi di governo. Il giornalista Thedorakis “dimezza i consensi” della sua formazione “Il fiume” ma – secondo Il Giornale – “rischia ugualmente di essere della compagine di governo” se Tsipras vorrà “blindare la maggioranza”.

Sul Messaggero Teodoro Andreadis Synghellakis scrive che in Syriza è considerato quasi “un miracolo” il distacco di sette punti con Nuova Democrazia, ferma al 28 per cento, un “chiaro successo personale” di Tsipras e segnala che molti istituti di sondaggi non avevano previsto un risultato per il partito Anel superiore al 3 per cento. I suoi 10 parlamentari consentono a Tsipras di governare con una maggioranza “non amplissima” ma in grado di garantire “la stabilità richiesta”.

Su La Repubblica: “’Siamo duri a morire’. Tsipras batte la destra. Astensione da record ma Syriza governerà”. È Ettore Livini a firmare il reportage da Atene: “Alle elezioni Nea Demokratia non è riuscita a rimontare. Sarà un esecutivo fotocopia di quello uscente, con i nazionalisti di Anel. ‘Non ci dovremo preoccupare del fuoco amico dei traditori di Unità popolare’”. Livini sottolinea che “dopo sette mesi di scontro con Bruxelles, si è sciolto il fronte anti-memorandum” e “l’endorsement di Varoufakis per i ‘ribelli’ è stato il bacio della morte”. I partiti “pro-euro” hanno conquistato, insomma, il 70 per cento e il voto di protesta si è materializzato in un’astensione-monstre e nella crescita di Alba dorata che, “sull’onda del dramma dei rifugiati e malgrado i guai giudiziari, è risalita oltre il 7% confermandosi terza forza nazionale, prima tra i disoccupati”.
Alla pagina seguente, in un’intervista, il portavoce (e numero due) di Alba dorata, Ilias Kasadiaris, dice che “Tsipras ha vinto perché i greci non hanno ancora capito quanto gli costerà il nuovo memorandum. Se si fosse votato tra due settimane, dopo la scadenza della nuova tassa sulla casa, i risultati sarebbero stati diversi”, “Siamo davvero gli unici contrari alla dittatura finanziaria tedesca. Gli unici che lottano contro l’invasione degli stranieri. Ma ci hanno emarginati dalla tv pubblica”, “Syriza fallirà tra pochi mesi”, “Siamo i primi tra i disoccupati e i secondi tra i giovani sotto i 24 anni”.

Su Il Fatto: “Tsipras-2: ‘La Grecia sono io’”, “Syriza ottiene la maggioranza e ripropone l’alleanza con i nazionalisti di Anel per governare. Flop dei fuoriusciti dal partito della sinistra, da Varoufakis a Lafazanis”, “Déjù vu ellenico. Da oggi l’ex premier di nuovo vincitore deve riprendere le trattative con la troika”. E sulla stessa pagina, a firma di Roberta Zunini, sull’astensionismo: “Uno su due astenuto e scontento” (l’astensionismo “è il vero vincitore”, chi ha votato lo ha fatto per dovere, la vittoria di Syriza è in realtà “il successo del suo leader”).

In prima su La Stampa Stefano Lepri descrive “il tracollo del fronte anti-euro”, a proposito degli scissionisti che avevano abbandonato Syriza: “ma gli elettori sono andati nella direzione opposta. Hanno apprezzato la scelta responsabile di Tsipras: restare nell’euro anche a prezzo di nuovi sacrifici”. E “la forza politica degli anti-euro, che un anno fa pareva emergere in molte parti d’Europa talora con un volto di estrema sinistra, talvolta di destra, talvolta non si sa come il Movimento 5 Stelle, è ora in rapida caduta”. Tuttavia nel partito Syriza ci sono ancora “massimalisti” che potrebbero rifiutarsi di votare alcune misure. E la popolarità di Syriza “poggia assai più sul discredito dei governanti in carica ad Atene negli anni scorsi che sulla credibilità delle sue proposte (vaghissime peraltro in questa campagna elettorale)”.

Su La Repubblica, Stefano Folli: “Da Atene a Roma la via dei plebisciti”. Dove si legge come Tsipras, nonostante giravolte e contraddizioni, sia uscito vincitore anche riuscendo a “trasformare il carosello elettorale in un plebiscito su se stesso”. E Folli coglie alcune analogie con il centrosinistra italiano: “Come Tsipras, anche Renzi sta costruendo le condizioni del plebiscito su di sé. Il greco ci è riuscito perché ha messo fuori gioco gli antagonisti: o troppo legati al passato ovvero poco credibili e confusionari. E’ quello che sta facendo Renzi su questa sponda del Mediterraneo; “Tsipras ha ottenuto il suo successo personale con uno slalom tra l’ideologia e la prassi. Renzi persegue lo stesso obiettivo attraverso il referendum confermativo che chiuderà il percorso della riforma costituzionale”.

Sul Messaggero una intervista a Nicolas Veron, economista francese e co-fondatore del think tank Bruegel. “Il voto dimostra che piegarsi alla Troika costa molto meno degli effetti della crisi”. Dice che se si osservano gli altri PAesi “costretti a passare attraverso i piani di austerità” e vicini alle elezioni, come Spagna e Portogallo, si nota che anche lì non si prevedono sconfitte dei partiti che governano. “Si potrebbe dire che accettare un piano della Troika è alla fine meno peggio elettoralmente di quanto siano gli effetti della crisi economica”.

Sul Corriere viene intervistato l’ex ministro Hardouvelis, il predecessore di Yanis Voroufakis. Dice che “non c’è via d’uscita dal memorandum che è stato firmato”, che gli elettori per ora hanno premiato ancora Tsipras perché “non sentono ancora nelle tasche l’effetto delle misure restrittive”, che si cominceranno a sentire con la tassazione sugli immobili e saranno ridotte le pensioni.
Federico Fubini sul Corriere, in un commento titolato “Le due vite del premier”, dà conto di una vignetta uscita ieri sul quotidiano greco Khatimerini: Tsipras si sveglia tutto sudato e confessa alla moglie di aver avuto un incubo, sognava che vinceva un’altra volta. Ha vinto, scrive Fubini, non perché abbia dimostrato di saper governare ma perché “ha capito un segreto delle democrazie europee di questo secolo: a volte gli elettori stabiliscono un rapporto personale con i leader più che un rapporto politico con il loro programma”. Aveva fatto campagna per la fine dei sacrifici ma dovrà gestire l’aumento delle tasse sugli immobili e sulle imprese, maggiori prelievi sulle pensioni e rinvio dell’età pensionabile, aliquote più alte. Aveva promesso guerra agli oligarchi “ma ha portato la famiglia in vacanza nella villa di un grande armatore a Capo Sunio”, aveva giurato lotta alla corruzione eppure il suo ministro e “mentore” Flabourakis è coinvolto in uno scandalo con la sua impresa di costruzioni. Ha cancellato il partito nato alla sua sinistra, che non riesce ad entrare in Parlamento, “ma dentro Syriza sopravvive un ‘gruppo dei 53’ assolutamente avverso alle misure che servono alla Grecia per mantenere aperta la linea di credito con l’Europa”.

Su Il Giornale viene intervistato Thanos Veremis, docente univesitario e fondatore dell’Istituto ellenico per la politica estera ed europea, che ha votato To Potami e confidava in una grande coalizione. Dice che dei 145 deputati presi da Syriza almeno 52 “voteranno contro gli impegni presi da Tsipras stesso con la Ue e il Fmi”. “Alcuni di loro, a urne chiuse, hanno già dichiarato che voteranno contro il terzo megaprestito. Mi creda: non basterà il piccolo drappello dei Greci indipendenti a impedire che il governo cada in poco tempo”.

Cuba, Papa

La Stampa, pagina 2: “La sferzata del Papa all’Avana, ‘No a slogan e ideologie. Siate servitori degli uomini’”, “L’omelia sotto il ritratto di Che Guevara davanti a mezzo milione di persone”. A scriverne è il vaticanista Andrea Tornielli, inviato a L’Avana. Il Papa ha ricordato che “il servizio non è mai ideologico, non serve idee, ma persone”, invitando allo stesso tempo i cubani a non lasciarsi attrarre da “progetti che possono apparire seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi ti sta accanto”. Quello di Bergoglio, scrive Tornielli, non è un discorso politico, ma un’omelia sul passo evangelico nel quale Gesùspiega ai suoi discepoli: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.

La Repubblica: “Franceso incontra Fidel. E a piazza della Revoluciòn: ‘Bisogna servire le persone, non le ideologie’”, “Per quaranta minuti il pontefice e il Comandante si sono parlati e stretti la mano ‘in un clima informale e familiare’. Come doni uno scambio di libri. Ad applaudire il pomtefice mezzo milione di persone. Appello per la Colombia: ‘Mettiamo fine alla violenza’”. E’ Marco Ansaldo ad occuparsene, dando conto di quella che è stata descritta come una conversazione fluida e senza interpreti su tutto: dalla politica all’ambiente, dalla letteratura alla religione.
Paolo Rodari intervista il cardinale Georges Cottier, che vede nell’arrivo del Papa a Cuba “la conferma che la Chiesa, nella sua guida spirituale, sa cambiare la storia grazie alla diplomazia discreta ed efficace”. E sottolinea che bisognerà fare molta attenzione al discorso che il Papa pronuncerà all’Assemblea generale all’Onu nei prossimi giorni.
Alla pagina seguente, dell’incontro Fidel-Bergoglio si occupa Vittorio Zucconi: “Il Papa e il Lìder, tra Jorge e Fidel l’abbraccio di due rivoluzioni”, “Nel vuoto della fine dei Castro e della frantumazione del socialismo è la Chiesa l’unica rete di sicurezza per i più deboli nella transizione”, “Il messaggio di libertà ed equità sociale del pontefice inquieta il grande vicino del Nord”.
Su La Stampa, un “retroscena” da L’Avana di Paolo Mastrolilli: “Faccia a faccia con Fidel. Ma il regime ferma i dissidenti”, “Incontro privato e scambio di doni a casa del Lìder Maximo. Le Damas de Blanco: noi arrestate per impedirci di vederlo”. Le mogli, sorelle, madri dei prigionieri politici si erano avvicinate alla nunziatura e fonti autorevoli dicono che avessero avuto un segnale sulla possibilità di incontrare il Papa: invece sono state arrestate, forse per un malinteso. Per quel che riguarda l’incontro con Fidel, si sarebbe spaziato da temi sul futuro dell’umanità alle violenze in Medio Oriente, Fidel aveva fatto sapere di essere interessato alla spiritualità e il Papa gli ha portato in dono alcuni libri e le sue due ultime Encicliche. Le questioni più prettamente politiche sono invece state discusse nell’incontro che il Papa ha avuto con il presidente Raùl: di sicuro si è parlato dell’embargo americano, perché L’Avana spera che il Papa sollevi la questione durante la prossima tappa a Washington, aiutando Obama a convincere il Congresso che è venuto il momento di toglierlo.
Sul Giornale: “Il Papa tra la croce e il Che: ‘Le ideologie non servono’. Mezzo milione di cubani alla messa di Francesco in piazza della Rivoluzione. Poi l’incontro a casa di Fidel Castro: ‘Le persone sono più importanti di tutto'”. “In prima fila anche il presidente Raul Castro” e la presidente argentina Kirchner, a Cuba in questi giorni (“Non le dispiace una photo-opportunity con il Papa in vista delle elezioni” di fine ottobre nel suo Paese). Il quotidiano milanese dà conto anche della notizia di alcuni arresti durante la messa, di attivisti che distribuivano volantini con “propaganda anti-regime”.
Su Il Fatto: “Francisco ai Castro: ‘Sì alle persone, no alle ideologie’”, “Messa in piazza della Revolucion. Poi incontro ‘familiare’ con Fidel. All’Onu possibile vertice a tre Obama-pontefice-Raul”.Di Diego Lòpez.
E sulla stessa pagina, un’analisi di Maurizio Chierici dedicata a “L’altra America”: “E il continente triste resta a guardare”, “il vento è cambiato. Dall’Argentina al Messico leader appannati da scandali e il ritorno della crisi”.

“Parla Francesco a casa di Fidel” è il titolo dell’articolo di Gian Guido Vecchi, sul Corriere. “Quaranta minuti a conversare senza interpreti”, un colloquio “molto familiare e informale” alla presenza dei familiari di Castro. Il Papa ha regalato a Fidel un Cd con le predice di padre Llorente, tutore del giovane Castro. Il comandante ha regalato al Papa un libro dal titolo “Fidel e la religione”. Fidel è stato allievo gesuita e “il primo Papa gesuita della storia si trova davanti l’allievo forse più ribelle della storia della Compagnia”.
Sul Corriere una intervista allo scrittore cubano Leonardo Padura Fuentes. Spiega come il ruolo della religione sia progressivamente cresciuto negli ultimi venti anni (l’ateismo di Stato è stato abolito nel 1992) , dice che “oggi si celebra il ruolo che la Chiesa cattolica ha avuto sul piano diplomatico” per la pacificazione con gli Usa ma anche il Papa Francesco “che ha principi etici e sociali molto progressisti”. Dice che sarebbe bene che la Chiesa sia lasciata libera di fare le sue “opere sociali” nell’isola, che abbia “più spazio pubblico per portare avanti queste opere”, perché Il governo deve invece occuparsi del “piano economico, completare il piano di riforme e uscire dalla crisi”.

Sul Messaggero Franca Giansoldati spiega invece qual’è il senso della missione di Bergoglio: “recuperare i fedeli sudamericani in fuga”. Si citano i dati di una ricerca del Pew Research Centre secondo cui dal 1970 al 2014 in America Latina i cattolici sono passati dal 92 per cento al 69 mentre la percentuale dei pentecostali è passata dal 4 al 19 per cento della popolazione.

Sul Foglio un commento di Giuliano Ferrara: “Auguriamoci un Papa americano scandaloso, sennò è un film già visto”.

Pd, riforma Senato

Oggi si riunisce la Direzione Pd, all’ordine del giorno la riforma della Costituzione. “Senato, nel Pd il giorno della conta” è il titolo di un articolo del Corriere della sera.

La Repubblica: “Senato, Bersani apre. Boschi: ‘Se falliamo l’Italia va a M5S e Lega”, “L’ex segretario: per l’intesa basta un millimetro. Oggi lo scontro finale alla direzione del Pd”.
E il quotidiano intervista il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini che, sul Senato dice: “L’elezione diretta non è possibile. Sul resto si tratta”, “Se si vuole, le soluzioni tecniche ci sono. Ma una cosa deve essere chiara. Quel che è stato oggetto di doppia lettura conforme non è modificabile. Assunto questo, se si vuole, ci sono gli spazi per discutere”.
E il “retroscena” di Goffredo De Marchis, sulla direzione Pd che si terrà oggi e su Bersani: “L’ultimatum di Renzi a Pierluigi: ‘Ora ci contiamo, stop ai rilanci”. Lo schema della direzione -scrive De Marchis – è quello meno gradito alla sinistra Pd: “’il voto finale è sicuro’, dice Matteo Renzi ai suoi fedelissimi. Come è successo sul Jobs Act e sulla legge elettorale, creando un vincolo di maggioranza alle scelte parlamentari in Aula”.

Su La Stampa: “Boschi: se falliamo noi arrivano Movimento cinque stelle o Lega”, “Il ministro intima alla minoranza Pd: ‘Basta veti’. Poi sferza con sarcasmo: ‘Trovino una pizzeria, si mangino una pizza, ma poi decidano cosa fare’”.
E il “retroscena” di Fabio Martini: “Compromesso a portata di mano ma Renzi vuole uscire vincitore”, “Il Pd lavora all’ipotesi Chiti, consiglieri regionali-senatori. Minoranza divisa. Bersani: manca un millimetro per un’intesa”.

Su Il Fatto: “Riforme, Renzi tira dritto, la minoranza non si sposta”, “La senatrice dissenziente Lo Moro: ‘Siamo in 31’. Oggi direzione al Nazareno”, “Veline. Il premier fa filtrare un: ‘Ora basta con cavilli o lasciamo il Paese ai populisti’”.

E da Il Fatto segnaliamo a pagina 2 un intervento del costituzionalista Alessandro Pace: “Il Senato è eletto dal popolo e la Carta non si cambia così”, “Il costituzionalista spiega il trucco dell’elezione indiretta di Palazzo Madama voluta dal disegno di legge Boschi: è un falso, altro che Bundesrat”.

Su La Stampa: “Fi punta allo scontro perché spera di riaprire la partita dell’Italicum”, “Berlusconi: ‘La riforma del Senato sottrae il diritto di votare ai cittadini. Renzi non è mai stato eletto’”
Su Il Giornale: “Finita la tregua nel Pd. Frondisti all’attacco di Renzi e nuovo Senato. La minoranza torna a chiedere l’elettività diretta. Ma il governo: ‘No a veti, si chiude il 15′”. Il quotidiano scrive che “la pace interna è durata lo spazio di 48 ore. Adesso rivolano gli stracci, anche se le frasi di Bersani vanno rilette in controluce”. Bersani è stato intervistato ieri dal Corriere della sera ed ha detto di non volere la rottura. Poi, in serata, ha aggiunto che “se e vero che c’è la disponibilità sull’articolo 2 per riuscire ad affermare che decidono gli elettori, allora per trovare l’accordo allora basta un millimetro”. La via maestra- forse condivisa – è quella di un intervento sull’articolo 2 al comma 5. “L’unico possibile compromesso è modificare soltanto il comma 5 del suddetto articolo 2, l’unico che non ha avuto finora una doppia votazione conforme. Si tratterebbe di una soluzione onorevole per tutti”, dice Cesare Damiano. “Le tre minoranze e la sindrome da resa in Direzione. ‘Ma stavolta’. Dalle aperture di Cuperlo alla ostilità di D’Attorre”, si legge sul Corriere in un articolo di Fabrizio Roncone.

Sul Corriere il direttore Luciano Fontana parla delle riforme in discussione in Parlamento e scrive che “alzare sempre la posta, rilanciare in continuazione per costringere gli avversari all’inseguimento è lo stile di governo di Matteo Renzi dal primo giorno della sua avventura”. Un “atteggiamento, politico e psicologico” che sicuramente “ha prodotto a volte strappi salutari”. E poi elenca tre punti su cui il governo dovrebbe riflettere. Il primo: è un bene che sulla riforma costituzionale “si avvii una riflessione e un dialogo” perché “è sempre un errore (valeva quando l’iniziativa era del centrodestra, vale oggi per Renzi) modificare la Costituzione e le istituzioni senza la più larga maggioranza possibile” e dunque è sbagliato che siano relegate al dibattito tra maggioranza e minoranza Pd. Sicuramente è un bene superare il bicameralismo per “aiutare la rapidità del processo legislativo (che pure è molto migliorata), permettere al governo un’azione più spedita ed efficace” ma “arrivarci con la promozione di una classe dirigente regionale che ha dato finora pessime prove, senza una forma di investitura popolare, è davvero poco comprensibile”. Infine le elezioni anticipate, “un’arma che Renzi sta usando soprattutto contro la minoranza interna ma che serve anche a tenere a bada i tanti parlamentari che sarebbero certamente esclusi dalle prossime liste elettorali”. E tuttavia “non penso che il tema del voto sia all’ordine del giorno” anche perché lo stesso Renzi “ha tutto l’interesse a proseguire nella sua azione di governo” e soprattutto per “occuparsi delle vere priorità e votare una riforma costituzionale all’altezza di una moderna democrazia”.

Lega, Berlusconi

Su Il Giornale: “Berlusconi chiama i moderati alla crociata della democrazia. Il Cavaliere al telefono per la festa azzurra di Bologna attacca Renzi: ‘Una disillusione’. E guarda al futuro della coalizione. Brunetta avverte: ‘Serve Lega forte ma non egemone'”. Sul quotidiano si ricorda che il primo test è il voto amministrativo di primavera. “A Bologna Fi mette in campo Galeazzo Bignami che per il Cav ‘è talmente forte che potrebbe fare pure le primarie’ e per Renato Brunetta avrà l’appoggio della Lega. ‘L’accordo con Salvini si fa – ha spiegato il presidente del deputati di Fi – Negli anni scorsi avevamo Bossi, con slogan e battaglie storiche, eppure Berlusconi riuscì a governarci insieme per 10 anni. Matteo ha salvato la Lega da una crisi nerissima. Ed io sono felice, perché una Lega forte rende il centrodestra più forte’. Però attenzione, ‘altra cosa è avere una Lega egemone, la nostra coalizione non potrà mai essere a trazione lepenista, altrimenti ci teniamo Renzi per i prossimi vent’anni. Solo se guarderà al centro, al ceto medio, può vincere'”.

Sul Corriere una intervista a Matteo Salvini: “Con Silvio l’accordo si può fare”. Dice di non avere incontri in programma con il leader di Forza Italia, dice che prima o poi si incontreranno, che “in Forza Italia qualcuno che vuole disinnescare me e la Lega c’è” ma “la mia sensazione è che con Silvio Berlusconi si ragioni senza problemi” mentre “nel suo partito ci sono vecchie cariatidi attaccate alla poltrona che si agitano e fanno l’occhiolino a Renzi”. Preannuncia che l’iniziativa dell’8 novembre promossa dalla Lega sarà “una delle più grandi manifestazioni del centrodestra”, “non sarà un blocco del Paese stile sciopero della Cgil” ma “una manifestazione contro Renzi e per il made in Italy”

E poi

Sul Corriere Fiorenza Sarzanini si sofferma sul rapporto della Guardia di Finanza sui danni erariali contestati a dipendenti pubblici nel primo semestre del 2015, secondo il quale “sono 4.835 dipendenti pubblici che hanno rubato o sperperato i soldi della collettività. Funzionari, medici, politici, impiegati di primo livello: tutti citati adesso in giudizio dalla Corte dei conti, chiamati a restituire il maltolto”. Un dato su tutti “fa impressione”: “più di un miliardo di euro è stato perso con la cattiva gestione del patrimonio immobiliare. Case concesse in affitto a prezzi stracciati, terreni mai utilizzati, edifici svenduti rappresentano la voce più consistente della relazione”. Altro settore su cui la Guardia di Finanza ha aperto oltre 200 pratiche è quello della sanità, dove “2.325 sono le persone denunciate o arrestate. Un accertamento svolto in 18 Regioni dal ‘Nucleo speciale spesa pubblica’ della Finanza ha consentito di individuare 83 dirigenti medici che hanno provocato un danno al servizio sanitario di 6 milioni di euro”.

Sul Sole si parla dei giudici di pace, uffici che i Comuni non vogliono abolire come prevede la riorganizzazione degli uffici giudiziari voluta dal governo due anni fa. “Sono 273 i Comuni che si sono fatti avanti per mantenere a proprie spese i servizi dei magistrati onorari. E così le 667 sedi di giudice di pace di cui la riforma aveva previsto di disfarsi, in realtà si riducono a 394”.

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