La verità di Genny

Le aperture

Il quotidiano napoletano Il Mattino intervista Gennaro de Tommaso, cioè “Genny ‘a carogna”.

Il Corriere della Sera: “Le tre condizioni degli ultrà. Le minacce del capo dei tifosi, i colloqui, poi il sì alla partita. Alfano: nessuna trattativa. Renzi: sono rimasto per non lasciare lo stadio ai violenti”.

 

La Repubblica: “Ecco il piano anti-ultrà, ‘Violenti fuori a vita, una legge in 15 giorni’”, “Alfano: ‘Non c’è stata nessuna trattativa’. Ma è polemica. Lo sparatore dell’Olimpico incastrato da un video”.

Di spalla a destra: “Aiutiamo Malala a liberare le 300 ragazze rapite in Nigeria”. Di Nicholas Christof.

In taglio basso: “Alitalia, una newco da un miliardo, ma con Etihad meno rotte brevi”.

Sulla crisi in Ucraina: “Battaglia a Odessa, l’ira della Nato. Parla Rasmussen: l’Europa si difenda”.

L’inchiesta del quotidiano richiamata in apertura: “Italia maglia nera Ue, centinaia di milioni bruciati dalle infrazioni”.

 

La Stampa: “Renzi: stadi, basta impunità”, “Colloquio dopo la follia dell’Olimpico: ‘Pronti a rompere con certo tifo organizzato’”.

In prima anche il richiamo all’intervista al ministro dell’Interno: “Alfano: i violenti fuori dagli stadi a vita”.

A centro pagina: “La Juventus fa festa anche senza scendere in campo”.

 

Il Fatto: “Renzi e Grasso umiliati mentre il mondo ride di noi”, “Il capo ultrà Genny impone la sua legge in diretta con 75 Paesi collegati mentre la tribuna autorità resta impotente anche di fronte ai fischi all’inno di Mameli. Il prefetto insiste: ‘Niente trattativa. La sparatoria? Non c’entra con il tifo’. La vedova Raciti: ‘Lo Stato si è arreso’”.

A centro pagina: “Crauti amari”, “Germania pro o contro: le elezioni europee si sono trasformate in un referendum sui tedeschi e su Angela Merkel. Ma è davvero colpa loro se stiamo così male?”.

 

L’Unità: “Lo Stato piegato all’Olimpico”. “La follia ultras è un caso. La Questura: nessuna trattativa. La vedova Raciti: offesa la sua memoria. Telefonata di Renzi. Genny ‘a carogna’ e ‘Gastone’ i capi dei violenti. Alfano: subito il Daspo a vita”. A centro pagina: “Poletti alla Cgil: confronto, ma senza stop”.

 

Il Giornale: “Lo Stato ostaggio del branco”. “Dai teppisti allo stadio ai No Tav, dai black bloc a picchiatori del web, comanda chi sfascia di più”. “Alfano nega la trattativa con gli ultrà, ma era in eurovisione”. Di spalla: “Parla Berlusconi: ‘Forza Italia al 25 per cento, e da grande farò il padre della patria. Il Colle mi ‘consigliò’ di dimettermi.

 

Trattativa

Sul Corriere il “retroscena” sui fatti dello Stato Olimpico è firmato da Fiorenza Sarzanini, che scrive che “erano tre le richieste fatte dai capi ultrà del Napoli per garantire il ‘controllo’ della curva e dunque il regolare svolgimento della finale di Coppa Italia. E i responsabili della sicurezza hanno accettato che i dirigenti della società e il capitano Marek Hamsik fornissero le rassicurazioni, tenendo però fermo un punto: si gioca in ogni caso, non ci sarà alcuna sospensione della partita. L’ordine della questura era perentorio e adesso è il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro a ribadirlo: ‘Una sospensione non è mai stata ipotizzata’”. Il “retroscena” scrive che ci sono state consultazioni tra le due opposte tifoserie, e quelli della fiorentina “alla fine lasciano la responsabilità della scelta finale agli ‘azzurri’ perché – specificano – ‘siete voi che avete i feriti’. I napoletani comunicano subito le proprie decisioni: non ci saranno cori e non saranno esposti striscioni, anche se poi la vittoria darà comunque il via ai festeggiamenti”. Quanto alle immagini viste in tv, “quando si decide di consentire ad Hamsik di informare la propria tifoseria di quanto è accaduto fuori, si stabilisce anche che il giocatore sarà accompagnato da alcuni dirigenti e da alcuni poliziotti. Dovrebbe essere una garanzia che tutto vada per il meglio, diventa l’immagine dello Stato che si piega ai violenti”.

 

Secondo La Stampa “ci sono ancora pochi interrogativi da chiarire” sulla dinamica dei fatti relativi a quanto accaduto in occasione della partita Napoli-Fiorentina. C’è un video, un testimone e ci sono riscontri scientifici. Un ultrà romanista, che è stato arrestato, ha aggredito con petardi e fumogeni un gruppo di tifosi napoletani e poi ha aperto il fuoco con una 7,65 con matricola abrasa colpendo tre napoletani, di cui uno è gravissimo. A sua volta l’aggressore romanista è stato sopraffatto dai napoletani con spranghe e bastoni che gli hanno provocato un trauma cranico e fratture alle gambe.

Si cercano quindi due possibili complici del romanista. Il quotidiano offre ai lettori un “colloquio” con il presidente del Consiglio: “Finito il campionato – dice – al lavoro per riportare le famiglie alle partite”, “ci vorranno educazione e coercizione”, “voglio far passare le elezioni perché è da sciacalli buttarsi su quello che è successo”, “in Inghilterra avevano problemi più gravi di noi, eppure ce l’hanno fatta”, “in un Paese civile Genny la carogna, con quella maglietta lì, non sta in curva, sta dentro”. Il riferimento è a Genny ‘a carogna, che sfoggiava una maglietta che chiedeva la liberazione di Speziale, killer dell’ispettore Fausto Raciti. Alle pagine seguenti, un’intervista al ministro dell’Interno: “Adesso i tifosi violenti fuori dagli stadi a vita”, “Il Daspo deve arrivare fino a quindici anni”. Smentisce poi che vi sia stata una trattativa tra il capo dei tifosi napoletani con i funzionari della polizia.

 

Su La Repubblica: “’Mai trattato con la curva’, Alfano: una legge sul calcio prima di fine campionato”, “Il questore: è stato il gesto di un folle, un video lo incastra”. Con un’intervista al prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, che dice: “Basta ricatti, avrei fatto giocare anche col morto”, “c’erano 55 mila tifosi per assistere a una partita e avevano il diritto di farlo. E ce n’erano 5mila che sostenevano di volerlo impedire. Se avessi ceduto al ricatto di quella minoranza, sarei venuto meno non solo al principio (quello secondo cui il diritto della maggioranza va tutelato, ndr.), ma il problema di ordine pubblico lo avrei creato io”.

Ancora su La Repubblica: “i dieci capi ultras padroni degli stadi tra camorra, affari e politica”.

Su Il Fatto: “Gruppo Carogna: tra camorra, botte e spaccio”.

Su La Stampa un “dossier sicurezza” spiega che gli ultrà costano 45 milioni all’anno. Ogni domenica vengono impiegati 6 mila uomini, “ma all’estero pagano le società sportive”: negli Usa, in Gran Bretagna e in Germania, i costi per la forza pubblica impiegata all’interno degli stadi, sono a carico delle società sportive che organizzano l’evento”.

Su Il Giornale: “Tutta apparenza. Era solo una chiacchierata tra amici. Il ministro alza la voce e annuncia ‘daspo a vita’. Anche il Questore di Roma, Massimo Mazza, si era già difeso dicendo che ‘non abbiamo mai pensato di non far giocare la partita’ e quella chiacchierata tra il capitano del Napoli e l’ultrà era solo per informare i tifosi delle condizioni di salute del tifoso ferito. Solo che in tanti replicano che la trattativa era lì, in diretta tv, ed è difficile smentirla. Daniela Santanchè replica al ministro: ‘Alfano ha problemi di vista e di udito. Non è che lo Stato non tratta: lo Stato ha trattato’. Questione di verbi. Nel discorso già dal mattino si inserisce con forza Grillo. Lo fa senza circoscrivere le responsabilità e, in sostanza, buttandola in campagna elettorale. ‘La Repubblica è morta’, È il titolo del post. ‘La Repubblica è morta, i suoi cittadini non hanno più rappresentanza, la pentola a pressione sta per saltare. All’Olimpico veniva da piangere, come a un funerale’, scrive. ‘Mi si è stretto il cuore vedere Alessandra Amoroso cantare l’inno d’Italia sommersa dai fischi in uno stadio sequestrato dagli ultrà con la Polizia impotente e i politici in tribuna d’onore, gente del calibro di Renzie’”.

 

Il Mattino dà conto della risposta di “Genny a carogna”, Gennario De Tommaso, che dice: “’State sbagliando: non è di me che dovete preoccuparvi, ma del ragazzo che è stato ferito’: Genny ’a carogna, o meglio Gennaro De Tommaso, parla pacato. Non si difende. Attacca. Trovarlo non è difficile: tra Forcella e piazza San Gaetano, dove è nato, lo conoscono tutti. Jeans e giubbino, mani in tasca e viso affranto, offre un’ immagine che non ti aspetti. A cominciare dal nome: non è suo, raccontano nei vicoli, lo ha ereditato dal padre, e non indica cattiveria, ma sfortuna. Non è vero, dice, che a suo carico sabato ci fosse un Daspo, una diffida con obbligo di firma: il provvedimento, spiegano quelli della curva A, è scaduto da tempo”. De Tommaso “esclude assolutamente ogni patto con la squadra e con le forze dell’ordine”, scrive il quotidiano napoletano. “Quelle che sono state scritte sono tutte sciocchezze. Hamsik è venuto da noi solo per rassicurarci sulle condizioni del nostro amico, per dirci che stava meglio, che poteva farcela. Lo stesso messaggio che ci hanno dato le forze dell’ordine. Noi abbiamo parlato con tutti con calma e rispetto, senza minacce o provocazioni. Non c’è stata alcuna trattativa tra la Digos e la curva partenopea sull’opportunità di giocare o meno la partita. Il resto sono invenzioni dei giornalisti”. Insomma: “non abbiamo minacciato nessuno e non abbiamo detto di non giocare. Né avremmo avuto il potere per farlo. Noi non possiamo decidere nulla”. La maglietta: “L’unica cosa importante di questa storia ormai è diventata la maglietta che io e gli altri tifosi indossiamo. ‘Speziale libero’ c’è scritto. Ma attenti: la maglietta è in onore di una città dove abbiamo tanti amici e nei confronti di un ragazzo che sta chiedendo attraverso i suoi legali la revisione del processo. È una richiesta di giustizia, non un’offesa contro una persona deceduta o contro i suoi”.

 

Su La Repubblica, anche “il racconto di Roberto Saviano” (“Lo Stato nel pallone salvato da Gomorra”): è Genny la carogna che “ha evitato una vera e propria rivolta dopo la sparatoria fuori dall’Olimpico. C’è tutta una parte di società civile e di istituzioni che è stata letteralmente salvata dalle decisioni di Genny ‘a carogna” e “d’improvviso ora ci si accorge che nelle tifoserie organizzate la camorra ha un ruolo importante”.

 

Lavoro

In vista del congresso della Cgil si sono tenute a Rimini le “giornate del Lavoro”, e ieri il confronto era con il ministro del Lavoro Poletti. Sul Corriere se ne occupa Enrico Marro, con un articolo titolato “La Cgil fa i conti con Renzi e le sfide del sindacato”. Su L’Unità ne scrive Bianca de Giovanni: “Poletti in casa Cgil: dialogo sulla delega”. Il ministro dice “niente stop, va data una scossa all’economia” ma “apre al confronto”. Sulle osservazioni dei tecnici del Senato, sui problemi di copertura sul decreto che contiene il bonus di 80 euro, il quotidiano dà conto della risposta del ministro Padoan, che ha detto che “non sono solide”.

Il decreto lavoro, che scade il 19 maggio, arriva in Aula al Senato domani. Inizia quella che è, secondo La Stampa, “una settimana di fuoco” per il governo sul fronte delle riforme.

La Repubblica intervista il segretario della Fiom Maurizio Landini: “La Cgil cambierà, leader scelti con le primarie e legge di rappresentanza”. Dice Landini, parlando dell’intenzione proclamata dal presidente del Consiglio di non farsi fermare dai veti sindacali: “Che ci sia la necessità di un cambiamento democratico del sindacato è fuori discussione. C’è un mercato del lavoro che è totalmente cambiato e ci sono milioni di lavoratori che non hanno rappresentanza”, “Renzi può fare una cosa per far sì che il sindacato di riformi: presentare una legge sulla rappresentanza e la democrazia sindacali”. Ma Renzi, ammette, sta facendo cose innovative: come per esempio “aver deciso di dare 80 euro a chi guadagna meno di 25 mila euro”, “io da sindacalista non sono mai riuscito ad ottenere un aumento di 80 euro in una sola volta”. Ma, aggiunge, “con 80 euro non si può mercificare tutto e trasformare in denaro qualsiasi diritto”. Si riferisce, con ogni evidenza, al decreto lavoro: “penso alla liberalizzazione dei contratti a termine, senza più causale, che li fa diventare la forma di assunzione normale. E addirittura al fatto che le eventuali violazioni dei limiti ai contratti a termine si traducano in una multa”.

Da segnalare anche, ancora sul Corriere, un bilancio dei “primi 70 giorni” del governo Renzi, in cui si mettono in rilievo i “ritardi” che si stanno accumulando rispetto alle promesse dell’esecutivo: “I primi settanta giorni del governo Renzi mettono in conto gli 80 euro in busta paga, ma solo per il 2014. E sono l’esempio di un percorso di provvedimenti annunciati che faticano ad arrivare in porto”. “Finora sono stati approvati dieci decreti e quattro disegni di legge. La decisione più importante è quella sul bonus, che da maggio andranno nelle tasche di 10 milioni di lavoratori dipendenti. Annunciata con la discussa conferenza stampa delle slides a marzo, la decisione è stata approvata in aprile”. Dice Marro che “molto dipenderà dalla capacità del governo di far capire alle famiglie che il bonus non è una tantum”, ma per ora il decreto del 18 aprile “copre il bonus solo per il 2014”.

Anche sul Sole oggi l’editoriale, firmato da Primo Ceppellini e Roberto Lugano, si sofferma sulle “promesse alla prova dei conti”, in cui si scrive tra l’altro che “si riduce l’Irap ma aumentano la Tasi e le altre imposte locali; migliora il beneficio Ace ma diminuisce la deduzione fiscale delle auto aziendali; spesso le norme prevedono benefici il cui effettivo ottenimento è rimandato al futuro e nel frattempo gli acconti continuano ad applicarsi senza considerare la riduzione e così via”. Insomma: “la politica ottiene l’effetto-annuncio di aver raggiunto un obiettivo ma le imprese non hanno effetti concreti in termini di minor esborso finanziario”.

 

Riforme

Ieri il leader di Forza Italia ha scritto una lettera al Corriere della Sera per ribadire il suo punto di vista sulle riforme istituzionale, e per rilanciare sulla riforma presidenzialista. Oggi il quotidiano milanese torna sulla questione, per dare conto della “apertura di Renzi a Berlusconi”: “’Il Presidenzialismo? Dopo il Senato possiamo parlarne’”. Sarebbe questa la linea del premier, fatta trapelare dal suo staff, anche se ieri Renzi ha detto che “tirare fuori ora questo argomento sa molto di trovata elettorale”.

Secondo La Repubblica, il presidente del Consiglio, in risposta, “gela” il leader di Forza Italia. “Tirare fuori l’argomento adesso – avrebbe detto – sa molto di trovata elettorale. In via di principio possiamo anche esser d’accordo, ma ora le priorità sono altre. Si approvino Senato e Titolo V e dopo, solo dopo, si può anche ragionare di presidenzialismo”. Secondo il quotidiano tutto nascerebbe da alcune indiscrezioni che sarebbero arrivate all’orecchio di Berlusconi, secondo cui il presidente del Consiglio, incassato il primo voto sulle riforme, avrebbe rilanciato proprio sul “boccone più grosso”, ovvero il presidenzialismo o un modello con poteri rafforzati del premier sotto lo slogan del sindaco d’Italia: si trattava allora di giocare d’anticipo, per non restare al traino su una battaglia storica del centrodestra. Il quotidiano intervista il senatore leghista Calderoli, co-relatore del testo di riforma del Senato: dice che “il presidenzialismo non è un tabù”, anche se crea problemi soprattutto al Pd, ma “a me interessa portare a casa le riforme. Se il presidenzialismo diventasse una pregiudiziale per qualcuno, mettiamolo da parte. Preferisco portare a casa quel pezzo di riforma che si può fare”, la proposta sul presidenzialismo “può essere la buccia di banana su cui scivola tutta la riforma”

 

Internazionale

Il reportage di Renato Caprile dall’Ucraina su La Repubblica racconta “la battaglia di Odessa”, con la folla all’assalto della polizia. Caprile si trova nella città di Kramatosk, nell’Est del Paese, dove l’esercito di Kiev sembra aver riconquistato la città.

Anna Zafesova su La Stampa parla della città di Odessa, “cosmopolita ed europea”: qui c’è lo scontro più feroce tra Kiev e filorussi: “la città delle arti nuovo fronte della crisi”. E le parole del premier ucraino Yatseniuk che dice: c’è un piano di Mosca per distruggerci. La Germania ha chiesto una seconda conferenza di Ginevra per uscire dallo stallo.

La Repubblica intervista il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen: “La Nato – dice – deve svegliarsi come per un campanello d’allarme davanti a quanto sta accadendo in Ucraina: i bilanci militari non vanno ulteriormente ridotti, investiamo di più nella Difesa”, “le vicende di queste settimane in Ucraina dimostrano che non si può abbassare la guardia”.

Da segnalare, di Silvio Pons, su L’Unità, un commento dal titolo “Ucraina, i fili da riannodare” per “evitare una pericolosa guerra civile”. Pons scrive che nella questione ucraina ci sono “due verità”: la prima è che la “maggior parte” popolazione ucraina vede il proprio futuro “nel rapporto con la Unione Europea, non con la Russia”, la seconda è che la Russia ha un “ovvio interesse strategico”, e la popolazione russa “non è minoranza nell’est del Paese”. “Nessuno è stato capace finora di indicare un compromesso”, scrive lo storico.

Sul Corriere, di Franco Venturini, un commento sulla Libia, che “sprofonda” tra “caos e milizie”. “E pagheremo anche noi”, scrive Venturini. Nel senso che l’Italia rischia per il gas e il petrolio che importa, e che da tempo è oggetto, da parte delle milizie che controllano il territorio, di blocchi, sia della produzione che della esportazione: del “milione e mezzo di barili di petrolio al giorno prodotti nel 2012”, “malgrado tutto”, quelli che sono usciti dal Paese sono meno di 250 mila barili al giorno. “E qualcosa di simile è successo con la produzione di gas”.

La Repubblica, con Nicholas Kristof, racconta come su Twitter dilaghino gli appelli del mondo per la liberazione delle studentesse nigeriano catturate dagli islamisti di Boko Haram: le 276 adolescenti, cristiane e musulmane, sarebbero state vendute come mogli ai jihadisti.

La Stampa torna sul volo della Nalaysia Airlines scomparso l’8 marzo scorso e scrive che sono stati arrestati 11 terroristi: sono stati fermati in Malaysia e apparterrebbero ad una cellula islamica collegata ad Al Qaeda. Si tratterebbe di studenti, uomini d’affari e impiegati.

 

E poi

“Il caso” raccontato in prima pagina su La Repubblica: “La rivoluzione delle botteghe. Aperte 24 ore su 24 grazie agli immigrati”. Di Maurizio Ricci.

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