La Francia a caccia dei complici

Il Corriere della Sera: “Violati i computer del comando Usa. ‘Combattiamo per l’Isis e il cyber Califfato’. Massima allerta in Italia sui luoghi del culto ebraico”.
“In Francia caccia a 6 complici mentre ‘Charlie’ torna in edicola. La fidanzata del killer in un video a Istanbul”.
A centro pagina, con foto: “Hayat col velo al check-in. Una fuga lunga sette giorni”.
L’editoriale, firmato da Massimo Gaggi: “Il confine tra diritti e sicurezza”.
E poi la politica intera: annunciate per domani le dimissioni, “Così Napolitano prepara l’addio al Quirinale”, scrive Marzio Breda.
Accanto: “Il rilancio della Fiat al Sud: 1500 nuove assunzioni”. “Effetto Renegade e 500X. L’annuncio di Marchionne”.
A fondo pagina: “La commozione di Bonino: ho il cancro. Annuncio in diretta. ‘Non divento la mia malattia’. Pannella: dobbiamo avere coraggio”.

La Repubblica: “Caccia ai complici del terrore. Charlie, nuova satira sull’Islam”, “Al Qaeda: colpiremo ancora Parigi. Obama si scusa per l’assenza alla marcia”. In evidenza, la foto di Hayat Boumedienne, la compagna del terrorista Amedy Coulibay, nei video di sorveglianza dell’aeroporto di Istanbul.
In apertura a sinistra: “Napolitano, domani le dimissioni”, “Ultimo incontro con Renzi sulle riforme”, “Liguria, caos nel Pd dopo le primarie”.
A centro pagina: “Melfi, Fiat torna ad assumere con il Jobs Act 1500 posti”.
In taglio basso, l’annuncio di Emma Bonino e il commento di Umberto Veronesi: “Il coraggio di Emma: ho un tumore”.

La Stampa: “La Francia schiera i soldati. Caccia a 6 complici dei killer”, “La Casa Bianca si scusa per l’assenza al corteo di Parigi”.
Di spalla a destra: “Fca, a Melfi 1500 nuovi posti di lavoro”, “Marchionne: 5 milioni di auto nel 2015”.
Sulle primarie Pd in Liguria: “Cofferati: ‘Snaturate le primarie’”, “Voto convalidato. La vincitrice Paita: ‘Solo 6 casi sospetti’”.
In taglio basso: “Emma Bonino. Una lezione di trasparenza”, “’Ho un tumore’”. di Mattia Feltri.

Il Fatto, pubblicando una foto del corteo dei leader a Parigi di domenica scorsa: “Trova l’intruso”, “Charlie Hebdo: nella sfilata dell’ipocrisia a Parigi dietro i big europei c’erano 20 leader (dalla Turchia alla Russia alla Giordania) che nei loro Paesi calpestano la libertà di stampa. Domani sul settimanale nuove vignette di Maometto. Caccia al complice di Coulibaly, allerta nelle 717 scuole ebraiche”.
E il quotidiano annuncia: “Domani allegato al Fatto il nuovo Charlie Hebdo”.
In taglio basso: “Re Giorgio, ancora 24 ore. Renzi in un mare di guai”, “Vigilia delle dimissioni. Il premier al minimo nei sondaggi”, “Le mosse per la partita del Colle. Il rottamatore ha perso 13 punti percentuali da settembre, senza la copertura di Napolitano riforme in salita”.
Sulle primarie in Liguria: “Il Pd e i voti cinesi pagati 2 euro: primarie scandalo”.
In taglio basso: “L’ultima di Farinetti e quelle fiduciarie che piacciono ai boss”.
E il caso Bonino: “Emma Bonino svela alla radio: ‘Ho un tumore, ora meno impegni”.

Il Giornale: “Basta coi finti Charlie. La sinistra si appropria dei simboli di ciò che ha sempre combattuto. Terrorismo, il Comune di Milano tutela due sigle da lista nera”.
In prima anche la copertina del numero di Charlie Hebdo che uscirà domani, con l’immagine di Maometto che mostra la scritta “je suis Charlie”.
A fianco: “Lettera a Emma Bonino”, di Vittorio Feltri: “Hai lottato per i diritti. Ora contro il cancro lottiamo insieme a te”.
A fondo pagina: “Mille assunti Fiat contro i gufi del posto fisso. Se gli operai servono i ‘padroni’ li prendono. Alla faccia dei sindacati”.

Il Sole 24 Ore: “Una Nuova Europa contro il Nuovo Terrorismo”. “Siamo tutti europei”. “Ognuno dei 28 Paesi dell’Unione lo ripete nella sua lingua… La macchina dell’Europa ha bisogno della benzina della politica e non basta un’emozionante passeggiata a braccetto per le strade di Parigi per assicurarla”.
Di spalla: “Fca, stop alla Cassa e oltre mille nuovi posti nell’impianto di Melfi. Per Renegade e 500 X. Sindacati: buona notizia”. “Marchionne: un segnale per il Paese. Elkann: dimostra il nostro sucesso”.

Charlie, le indagini

Alle pagine 2 e 3 de La Repubblica: “Francia, caccia a sei terroristi, nuove minacce di Al Qaeda, 10 mila soldati nelle strade”. L’inviato a Parigi Marco Mensurati scrive che gli inquirenti sospettano che sia stata un’intera organizzazione ad aiutare gli autori delle stragi: in quei giorni ci sarebbero stati infatti altri due attentati. Il primo è avvenuto mercoledì scorso alle 20, al parco di Fontenay-aux-Roses: un uomo che faceva jogging è stato affrontato da un individuo che gli ha sparato contro con una pistola automatica. Sul posto gli agenti hanno rinvenuto delle pallottole compatibili con un’arma trovata in seguito a Coulibaly, il terrorista del supermercato kosher. L’uomo, prima di entrare in coma, è riuscito a fornire una descrizione dell’assalitore che non risponde all’identikit di Coulibaly: e questo farebbe pensare ad un altro terrorista ancora in giro. Si tratta di colui che ha postato il video domenica mattina su Daily motion? L’altro attentato, sarebbe legato all’esplosione di un’autobomba a Villejuif, periferia Sud di Parigi, giovedì scorso, dopo la sparatoria di Montrouge. Nel video della rivendicazione si fa riferimento ad “una macchina fatta esplodere a Parigi”. E ieri la televisione turca ha trasmesso il video dell’arrivo all’aeroporto di Istanbul di Hayat Boumedienne, la compagna di Coulibaly: si riferirebbero al 2 gennaio. Nelle immagini la donna è accompagnata da un ragazzo, di cui si vede il volto, che i servizi francesi identificano con Belhoucine Sabri, francese, 23 anni, le cui frequentazioni erano note agli inquirenti. L’altro inviato a Parigi, Paolo Berizzi, scrive che in Francia sarebbero 1.400 i “sedotti dalla jihad”: due anni fa erano appena una trentina, per Parigi sarebbe il “primo vivaio di combattenti in Europa”.

Su La Stampa, pagina 2: “”’Ancora sei terroristi in fuga’. Parigi schiera 10 mila soldati”. E un “retroscena” firmato dall’inviato Alberto Mattioli: “Così l’intelligence francese ha perso di vista i Kouachi”, “I fratelli si sono mossi indisturbati. Un video conferma: Boumedienne passò da Istanbul”(anche qui si precisa che il video risalirebbe al 2 gennaio. L’8 gennaio sarebbe passata poi in Siria, ha confermato il ministro degli Esteri turco Cavusoglu). Per quel che riguarda gli autori delle stragi, scrive Mattioli che, ad esempio, Coulibaly era schedato solo per reati comuni (rapine, spaccio) e non come radicale religioso. Inoltre, la documentazione su di lui non era aggiornata: quando la Direzione generale sicurezza interna ha comunicato i suoi indirizzi noti, si è scoperto che erano tutti sbagliati. Anche sui Kouachi, gli attentatori di Charlie, gli sbagli sono stati parecchi: indirizzi che appartenevano ad omonimi, intercettazioni iniziate nel 2011 e poi interrotte. Ma il ministro degli Interni ha spiegato che le intercettazioni, per legge, devono essere riautorizzate ogni 4 mesi. E la Commissione nazionale che avrebbe dovuto farlo, in mancanza di prove, le ha negate.

Su Il Fatto: “Il Patriot Act alla francese e la sindrome sicurezza”, “Giro di vite sui fermi per terrorismo e controlli a tappeto. I media protestano”. Due, secondo l’inviato Alessandro Mantovani, sarebbero i piani su cui si concentrerebbe il governo: l’ampliamento delle intercettazioni fuori dal controllo della magistratura, e l’isolamento carcerario dei detenuti condannati o accusati di terrorismo.

Sul Corriere un articolo racconta della violazione da parte di presunti simpatizzanti dell’Isis dei profili di Youtube, Twitter e di Facebook del Comando centrale Usa. “Chiunque sia l’hacker per alcuni minuti semina elenchi telefonici, nominativi di alti ufficiali sulla Cina e la Corea del nord. A suo dire materiale riservato, informazioni top secret sottratte durante l’incursione nell’archivio digitale”. Il Pentagono in serata ammette che “non è una bella cosa” quella che è accaduta, ma nega che i file rilanciati in rete siano segreti.

Charlie: Israele ed Usa

La Repubblica torna ad occuparsi della reazione della comunità ebraica di Francia con due intere pagine: “Soldati davanti alle scuole, una comunità in ostaggio. ‘Ora abbiamo paura, tentati dalla fuga in Israele’”, ma il premier Valls “prova a rassicurare: ‘Questo Paese è la vostra patria’. Cecchini sui tetti per la visita di Netanyahu al supermarket kosher”. Scrive Mastrogiacomo che la comunità ebraica è lacerata una minoranza, sempre più consistente, vuole partire. La maggioranza lo esclude in modo categorico ed è decisa a resistere. Il quotidiano riproduce un intervento su Le Monde a Claude Lanzmann, regista e scrittore nato a Parigi da una famiglia ebrea, secondo cui ha ragione il premier Manuel Valls quando dice che la Francia senza gli ebrei non sarà più la Francia: “Non regaliamo a Hitler questa vittoria postuma”, dice Lanzmann.
Sulla pagina precedente, un’intervista allo scrittore israeliano Aharon Appelfeld, che dice: “I giornalisti sono stati assassinati perché giornalisti e gli ebrei uccisi perché ebrei. Esattamente come succedeva durante il nazismo. La comunità internazionale non dovrebbe permettere questo, gli ebrei vanno protetti”.

Su Il Giornale, Fiamma Nirenstein racconta “la fuga degli ebrei d’Europa. In Israele per salvarsi dall’odio. Il record in Francia: in 4 mila sono già partiti l’anno scorso e si prevede che quest’anno arrivino a 20 mila. Tutta colpa dell’antisemitismo”. Si legge che anche dall’Italia circa 300 ebrei residenti nel 2014 hanno deciso di partire per Israele.

Il Corriere dedica una pagina alla visita di Netanyhau al supermercato kosher parigino. Il governo francese “non ha apprezzato l’appello di Netanyahu agli ebrei francesi (‘Emigrate, ricordatevi che Israele non è soltanto il luogo dove tornate per pregare, è la vostra casa’) e l’annuncio di aver organizzato un comitato che aiuti e favorisca il trasferimento”. Ieri il telegiornale del primo canale israeliano aveva rivelato che Hollande aveva chiesto a Netnayhau e ad Abu Mazen di non andare a Parigi, “il capo dello Stato francese voleva evitare che il conflitto israeliano-palestinese” togliesse la scena alla dimostrazione di solidarietà. Netanyhau avrebbe accettato di rinunciare, ma ci avrebbe ripensato quando ha saputo che due ministri del suo governo ma suoi avversari alle prossime elezioni (Lieberman e Bennet) avrebbero partecipato.
Qualche pagina più avanti si parla del dibattito negli Usa: “L’America si scusa: ‘Alla marcia dovevamo esserci, con un profilo più alto'”.

Sul Sole 24 Ore: “Se per Obama Parigi non vale una marcia. La mancata partecipazione del presidente americano, del suo vice Biden o del segretario Kerry tradisce forse una clamorosa sottovalutazione politica”. “Soltanto ieri sera il portavoce della Casa Bianca ha ammesso che sarebbe stato più opportuno mandare a Parigi ‘qualcuno di più alto profilo'”.

Su La Stampa, un’analisi di Maurizio Molinari: “L’ultimo passo falso di Obama”. “L’assenza di Barack Obama dalla manifestazione di Parigi contro il terrorismo jihadista – si legge – ha evidenziato la carenza di leadership americana nella coalizione internazionale impegnata a combattere contro la vecchia e nuova Al Qaeda. La Casa Bianca aveva molte opzioni per Place de la République: avrebbe potuto mandare il presidente, la first lady, il vicepresidente Biden, il segretario di Stato Kerry o il ministro della Giustizia Holder, che era proprio a Parigi.

Charlie: il dibattito sul terrorismo e l’Islam

Il Fatto riproduce, con copyright Mediapart, una intervista a Olivier Roy, autore de “L’Islam globalizzato”, che non condivide il raffronto tra gli attentati di Parigi e l’11 settembre: “In termini di gravità mi sembra una cosa completamente diversa. A New York ci sono stati 3.000 morti, un’operazione preparata minuziosamente, diretta dall’esterno e che segnava il passaggio alla minaccia strategica globale da parte di Al Qaeda. Qui in Francia parliamo di due crimini commessi da tre piccoli sfaccendati. Inoltre sono leggermente sorpreso dall’intensità dell’impatto simbolico ed emotivo, considerato che non vedo molte differenze con gli omicidi commessi da Mohamed Merah (il franco-algerino che assalì la scuola ebraica di Toulouse, ndr.)”. L’antisemitismo è un elemento costitutivo del jihad? “Non nella strategia degli stati maggiori del jihad. Per loro il conflitto israelo-palestinese non è la matrice di tutti i conflitti: il nemico è l’Occidente per primo, e gli ‘eretici’, cioè a dire gli sciiti, per il secondo. In compenso, per i giovani radicali islamisti mobilitati in Occidente, l’antisemitismo è una dimensione fondamentale, ma che fa parte di una cultura condivisa anche da molti altri. “. Perché questa ideologia seduce questi giovani parigini? “È la commistione tra identità musulmana, da una parte, e cultura della violenza dall’altra, cultura del risentimento, della fascinazione nichilista per un eroismo malsano, negativo e suicidario, quello, per intenderci, degli assassini di Columbine”, “il jihad globalizzato è praticamente la sola ideologia globale disponibile oggi sul mercato, così come la rivoluzione era l’ideologia dei giovani contestatori degli anni 70”.

“Non uccidiamo la speranza dei musulmani che vivono in Occidente”, scrive su La Repubblica lo scrittore turco Orhan Pamuk: ricorda che nei Paesi in cui la libertà di espressione è in pericolo, c’è una forte tradizione di riviste satiriche. Fa il caso del proprio Paese e cita la pressione esercitata su queste riviste: “Dobbiamo ergerci a difendere la libertà di parola, non importa quale. Sarebbe un grave errore collegare l’ultimo romanzo di Houellebecq, dove si parla di un immaginario presidente musulmano nella Francia del 2022, con questo evento. Naturalmente dobbiamo difendere il diritto di Houellebecq di esprimersi, ma mi sembra evidente che i problemi sono separati e che l’ostilità verso Charlie Hebdo ha una lunga tradizione”.
E lo stesso Houellebecq viene intervistato da Canal +; La Repubblica riproduce il testo: “Nessuna islamofobia nel mio ultimo libro. Per me conta solo la libertà di parola”, “non voglio che mi si dica ‘siete liberi’ e poi mi si parli di responsabilità”.

Tanto La Repubblica che La Stampa e Il Fatto hanno inviato un cronista alla redazione di Charlie Hebdo. Domani il settimanale sarà in edicola in Francia e sarà diffuso in allegato da Il Fatto.

E Il Fatto intervista Gérard Biard, il caporedattore che lavora a Charlie da 22 anni: “La banda di Charlie sfida ancora. ‘Abbiamo diritto alla blasfemia’”, “I sopravvissuti tornano in edicola con Maometto in copertina. Previste 3 milioni di copie”. Il disegno che ci sarà in copertina ricorderà i fatti del 7 gennaio? “Certo. Ma non ci sarà sangue. Né sarà un numero necrologico. Però i nostri morti saranno ricordati con i loro lavori. Abbiamo trovato disegni inediti”.

Su La Repubblica: “’Je sui s Charlie’, Maometto torna in copertina: ‘Non possiamo cedere’”, “Tra i superstiti del settimanale satirico decimato dall’attentato: tre milioni di copie per il prossimo numero. E sul Profeta la scritta: ‘Tutto perdonato’”.

Charlie: i Libri

Interessante sul Sole 24 Ore l’articolo di Karima Moual dal titolo “Il jihadista che non sapeva l’arabo”: “Coulibaly era analfabeta della lingua sacra del suo Dio. È impressionante seguire quei pochi minuti del suo ultimo video, per metà in lingua francese e per l’altra in arabo. Un francese impeccabile”, mentre “l’arabo classico” viene “invece balbettato, con errori grammaticali e di pronuncia, che il carnefice cerca come un bambino alle sue prime letture di correggere”. Si ricordano i dati dell’Organizzazione araba per l’educazione e la scienza, che hanno stabilito che il tasso di analfabetismo nei Paesi arabi ha superato il 19 per cento e riguarda circa 97 milioni di persone. Spesso dunque i movimenti fondamentalisti – come Boko Haram – sono analfabeti della lingua di Allah.

Sul Corriere da segnalare un intervento di Giuseppe Laras, che è stato rabbino capo a Milano e che è presidente del tribunale rabbinico del centro nord Italia dal 2003: “La Bibbia messa ai margini e la crisi del cristianesimo”. Si legge tra l’altro che “l’erosione della conoscenza della Bibbia” è “uno dei fatti più inquietanti per drammatici per il nostro futuro sia religioso, sia culturale”, sia “in termini economici e politici”.
Ancora sul Corriere viene ripubblicato un articolo di Tiziano Terzani dell’ottobre 2001. Inviato in Pakistan, nei dintorni di Peshawar, raccontava “le scuole dove si insegna il fanatismo”.

Charlie: Schengen e muri

Il Sole 24 Ore: “Merkel: Schengen non di discute. No di Germania e Italia a modificare il trattato sulla libera circolazione delle persone”. “Frena anche la Commissione. ‘Prima di cambiare è necessario applicare pienamente le regole che già permettono i controlli alle frontiere”.
Sullo stesso quotidiano Vittorio Emanuele Parsi firma una analisi dedicata alla questione, in cui si ripropone la contrapposizione tra euroscettici ed europeisti. Parsi ricorda come “siamo molto lontani dalla struttura federale degli Usa”, ma “muoversi tra la Francia e l’Italia come tra Arizona e Utah ha regalato a milioni di cittadini europei la sensazione di essere davvero parte di un’europa unita”. Si tratta dunque di “dare piena applicazione” a Schengen, non facendone “l’alibi della nostra debolezza”.

Sul Corriere. “Merkel sfida i cortei xenofobi. E avverte: Schengen non si tocca”. “La Cancelliera: ‘L’islam appartiene alla Germania’. Oggi sfilerà con i musulmani”.

Sul Messaggero Francesco Grillo (“Chiuderci in difesa non ci aiuterà a battere i fanatici”) si sofferma sul legame tra terrorismo ed economia citando Alan Krueger, “il professore di Princeton che presiede il Council dei consulenti economici di Barack Obama”, il quale ha sottolineato come non sia vero che il terrorismo cresce con il diminuire del tasso di crescita dell’economia. Più che la crescita globale forse conta la “diseguaglianza che non è mai stata così grande: secondo un recente studio del Credit Suisse l’8,6% della popolazione mondiale detiene l’85,3% della ricchezza del mondo”, che non divide il mondo in Paesi ricchi e Paesi poveri ma mostra le divisioni all’interno dei Paesi. “Più precisamente ciò che genera terrorismo è la disintegrazione di una Società in pezzi che non riescono più a comunicare, a regolare i conflitti attraverso ciò che chiamiamo democrazia”. E “dunque, una società aperta diventa meno vulnerabile solo se riesce ad aprirsi di più e con maggiore intelligenza”, se riesce “ad essere più mobile, il contrario di ciò che suggerisce chi vorrebbe più muri”.

Quirinale, Bonino

Sul Sole 24 Ore: “Napolitano, domani la lettera d’addio. Faccia a faccia con Renzi: per la successione ipotizzata una figura che possa avere forza in Europa. Intorno alle 11 il Capo dello Stato firmerà le dimissioni. Marra porterà la missiva a Camera, Senato e Palazzo Chigi”.

Il Giornale: “Scatoloni già pronti. È l’ultimo giorno di Re Giorgio al Colle. Dimissioni attese per domani, si avvicina il trasloco a Palazzo Giustiniani. Gli incontri col premier Renzi e la Boschi”. Si cita un sondaggio Ixè fatto per la trasmissione Agorà, secondo cui l’86 per cento degli italiani approva la decisione di Napolitano. “Dopo l’entusiasmo di qualche anno fa la sua popolarità è scesa al 39 per cento”, scrive il quotidiano.

Sul Corriere Marzio Breda scrive che Napolitano e Renzi, nel loro incontro, hanno parlato sicuramente del terrorismo jihadista ma “sembra inevitabile che in un passaggio di consegne come questo i due abbiano almeno accennato al profilo ideale del futuro inquilino del Colle e al metodo migliore per eleggerlo”.

Un altro articolo de Il Giornale si sofferma sulle “manovre” per scegliere il successore: “Cordate al lavoro, ecco i preferiti di lobby e pm. I giuristi puntano su Amato, Finocchiaro e Grasso. Agli economisti piacciono Draghi e Padoan”. Ma si citano anche Cassese, Bassanini, Mattarella, Rodotà, Marcegaglia, Elena Cattaneo, Fassino, Delrio ed Emma Bonino.

Su Bonino oggi tutti i quotidiani si soffermano sulla dichiarazione in diretta a Radio Radicale. Il Giornale: “Bonino, la lotta come missione. ‘Combatterò anche il tumore’. E’ lei stessa a raccontare la sua battaglia a Radio Radicale e a lanciare una sfida in stile Fallaci: ‘Io non sono la mia malattia’. Ma lo stop forzato la taglia fuori dalla corsa al Quirinale”.
Il Corriere: “In radio la commozione di Bonino. ‘Ho un tumore, devo curarmi'”. Sotto il quotidiano offre un “colloquio” con Marco Pannella: “Serve coraggio, come mi disse il Papa”.

Due intere pagine de La Repubblica sono dedicate ad Emma Bonino: “Emma Bonino in diretta alla radio: ‘Ho un tumore ma lotterò. Voglio essere libera fino alla fine’”, “Annuncio dell’ex ministro. La scoperta nei giorni di Natale in Indonesia. A chi soffre: ‘Non siamo la nostra malattia’. Non lascerà l’attività politica”. E alla pagina seguente il commento di Umberto Veronesi: “Perché il coraggio dell’outing è già una prima vittoria”.

Su La Stampa: “L’annuncio di Emma Bonino: ‘Ho un tumore al polmone’, ‘Non lascio la politica, ma la priorità sarà curarmi’”, “Spero che l’affetto di tutti si traduca in iscrizioni ai radicali’”.

La Repubblica: “Napolitano lascia domani, ultimo appello al premier: ‘Le mie dimissioni non blocchino le riforme’”, “Ieri vertice prima del discorso di fine semestre a Strasburgo. L’impegno di Renzi: Italicum e nuovo Senato entro gennaio”. E sulla successione a Napolitano: “Il metodo Renzi per il Colle: ‘Farò un nome solo, senza rose, e sarà uno di noi, del Pd’”. Ma – scrive Goffredo De Marchis – “la sfida del premier non esclude un incontro con Berlusconi. Il primo obiettivo è compattare il partito. Venerdì la Direzione”. Il quotidiano intervista Ugo Sposetti, senatore della sinistra Dem: “Il segretario non faccia il furbo, niente candidati dell’ultima ora’”.

Su La Stampa: “Renzi avvia la conta nel Pd per la partita del Quirinale”, “Vuole l’ok alle riforme per fine gennaio, giovedì vedrà i senatori per stoppare la fronda sull’Italicum. Venerdì riunisce la Direzione”.

Ancora sui nomi, Maria Teresa Meli sul Corriere racconta “la doppia sfida di Renzi”, e scrive del “timore” che “minoranza Pd, grillini, Sel e fittiani si mettano d’accordo per votare Prodi sin dal primo scrutinio”. In questo caso, giunti al quarto scrutinio “sarebbe difficile non sposare il nome del fondatore dell’Ulivo”, che “non verrebbe comunque eletto”, ma sulla sua candidatura “si infrangerebbero” sia il patto del Nazareno che la “stabilità della maggioranza”.

Primarie Pd

Corriere della Sera: “Liguria, la vittoria di Paita appesa al verdetto dei garanti Pd. Non c’è ancora la proclamazione. Domani la decisione sui ricorsi”.

Il Corriere intervista Lorenzo Guerini, vicesegretario del partito. “Quando la partecipazione è bassa si parla di flop e quando è alta si dice che c’è stato un eccesso di votanti”. “I fenomeni segnalati da Cofferati sono contenuti, ma andranno approfonditi”. In ogni caso “le primarie vanno usate bene”, “se usate male si rischia di mettere in discussione uno strumento di partecipazione importante”. In futuro andranno rese “ancor più impermeabili a eventuali episodi di inquinamento”. Ma non limitandole ai solo iscritti, perché “non sarebbero primarie”. E’ uno strumento, “si può decidere se usarlo o no”. “Chiamparino è stato scelto senza primarie”.

Secondo Il Giornale “dai verbali ufficiali emergono schede fotografate e voti organizzati degli immigrati”. Si tratta di indiscrezioni “tutte da provare”, e la vincitrice delle primarie respinge le accuse, ricordando che il voto era aperto a tutti, immigrati compresi.

Il Corriere della Sera offre la testimonianza del segretario Pd di Savona, Fulvio Briano, che dice: “Ci sono arrivate segnalazioni che parlano di persone che avrebbero guidato al voto alcuni stranieri extracomunitari. Mi sono stati riferiti anche scambi di denaro e foto scattate ai seggi. Se è vero siamo al voto di scambio, roba da codice penale”. L’ex sindaco (leghista) della città Rosy Guarnieri “conferma”: “Marocchini, cingalesi e indiani, tantissimi. Mi hanno avvertito, sono andata e ho visto in piazza Trinchieri alcune persone che rimborsavano i 2 euro del voto al alcuni stranieri”.

Di “primarie al tramonto” parla Antonio Polito, che firma un commento sul quotidiano milanese. “Nate come strumento di trasparenza” queste consultazioni per scegliere i candidati “sembrano una replica grottesca della vecchia politica”.

Fiat

Il Corriere: “Fca torna ad assumere, 1500 a Melfi. L’annuncio di Marchionne a Detroit: obiettivo 5 milioni di auto. Il ringraziamento di Renzi. Lo stabilimento lucano primo sito produttivo in Italia. Camusso: ‘Inversione di tendenza’”.
Un commento di Daniele Manca si sofferma sul “successo” di due modelli Fca, la Renegade e la 500 X, il primo già in vendita e il secondo con molti ordinativi. Le vetture prodotte a Melfi saranno vendute su un centinaio di mercati.

Sul Sole: “Fiat assume mille dipendenti a Melfi. Al Salone di Detroit l’amministratore delegato annuncia un piano di assunzioni per far fronte alle richieste del mercato per Renegade e 500 X. Marchionne: lo avremmo fatto anche senza Jobs Act, ma così c’eè la rete per le contrazioni di mercato”.
E sotto: “Le reazioni. Camusso: decisivo il lancio dei nuovi modeli. Fassino: ancora aperta la partita di Mirafiori. ‘Un primo segnale da incoraggiare'”.

E poi

Il Corriere offre una intervista a George Papandreou, ex primo ministro greco, uscito dal Partito socialista per creare un nuovo partito, To Kinima: “L’apertura di Papandreou a Tsipras. ‘Dialogo sì ma sulle riforme’. ‘La Grecia ha bisogno di recuperare credibilità prima di risanare i conti pubblici'”. Dice che la Grecia ha “bisogno di negoziare qualche sconto sul debito, margini temporali più ampi sui rientri, compresa la clausola che se c’è più crescita paghiamo di più”, ma “servono misure urgenti per lo sviluppo”, e un “programma radicale di riforme” per sanità, pubblica amministrazione, giustizia, fisco”, anche da sottoporre a referendum. “Su questa base possiamo negoziare con Syriza”.

Oggi Matteo Renzi chiude a Strasburgo il semestre di presidenza italiana dell’Unione.

Su Il Sole: “‘L’Europa non è solo economia’. L’orgoglio per aver imposto il tema flessibilità”. Le prime due pagine del quotidiano di Confindustria sono dedicate all’Europa, compreso un articolo dedicato alle misure che oggi la Commissione annuncerà per sostenere il rilancio dell’economia in Europa.

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