Italicum, la fiducia c’è

Il Corriere della sera: “Italicum, sì alla prima fiducia. Si divide la minoranza Pd: 50 a favore, 38 non votano. Renzi: è la volta buona”. “Va avanti alla Camera il provvedimento. Quell’appello di Boldrini per evitare lo strappo”.
L’editoriale, firmato da Michele Ainis: “Le regole come atto di fede”.
A centro pagina: “Berlusconi, trattative su Milan e Mediaset”.
In evidenza anche – con foto – la “preghiera laica” di decine di studenti a Padova per gli studenti uccisi in Kenya.
A fondo pagina: “’Sono stufo, non disegno più Maometto’. Luz, vignettista che firmò la copertina di Charlie Hebdo dopo la strage da Parigi”.

La Repubblica: “Italicum, Renzi strappa la fiducia, non votano 38 pd, minoranza divisa”, “Il no di Bersani, Cuperlo, Letta e Bindi. Il premier: strada ancora lunga, facciamo il nostro dovere”.
In prima, con una foto di Silvio Berlusconi: “La Berlusconi Spa messa sul mercato. Il Milan a Nister Bee. Alleanza Premium-Sky”.
In prima anche il richiamo ad un’intervista del quotidiano al commissario Ue agli Affari economici: “Moscovici: ‘Il lavoro obiettivo dell’Ue. Il default greco è fuori dalla realtà’”.
A centro pagina: “Io, abusivo nell’Expo superblindato”, di Corrado Zunino. “L’ingresso da un varco lasciato aperto, poi nessun controllo. Domani l’inaugurazione”.
Di spalla a destra: “Bologna-Monaco, sul treno 188 proibito agli immigrati”, “Costretti a scendere dagli agenti perché austriaci e tedeschi non vogliono più altri profughi”, di Jenner Meletti.
A fondo pagina: “Campagna del Papa per le donne: ‘Scandaloso pagarle meno degli uomini’”.

La Stampa: “Legge elettorale, via libera a Renzi”, “’Grazie, è la volta buona’. 352 a favore dell’Italicum, 38 ribelli Pd escono dall’aula”, “Oggi gli ultimi due voti. Boschi: siamo in linea con le precedenti fiducie. Bersani: non ci sarà alcuna scissione”.
Sul tema, una lettera al quotidiano di Enrico Letta: “Non si vince sulle macerie”, “Si va lontano solo quando si va davvero insieme. Chi ha responsabilità di governo deve convincere”.
Su “le mosse di Berlusconi”: “Nell’impero del Biscione via il Milan e meno pay tv”, “Mentre stringe sulla vendita della squadra tratta con Sky per una fusione contro Netflix. La politica? Per il momento può attendere”.
A centro pagina, le proteste di Baltimora: “’Giuste quelle sberle, ma non in tv’”, “Baltimora, parla il ragazzo schiaffeggiato dalla madre durante le proteste”.
E a centro pagina anche le parole pronunciate davanti all’Europarlamento dal presidente della Commissione Ue: “Immigrati, Juncker: ‘Italia lasciata sola. Sì alle quote per Paese’”, “La Commissione Ue: stop a Mare Nostrum sbagliato”.

Il Fatto: “La fiducia dei tengo famiglia” è il titolo che campeggia in apertura sotto le foto di Maurizio Martina (“Ministro di Area riformista”), Francesco Boccia (“Da sempre vicino a Letta”), Cesare Damiano (“Area riformista”), Sandra Zampa (“Storica portavoce di Prodi”) e Paola De Micheli (“Lettiana di ferro e di governo”). E il quotidiano riassume la situazione così: “Primo via libera dell’aula della Camera all’Italicum. 90 tra bersaniani, lettiani e cuperliani mollano la Ditta e passano con Renzi. Nessuno dice No. Regna il terrore per le liste alle prossime elezioni. Il premier pronto a far risorgere il Patto del Nazareno con Berlusconi”.
A centro pagina, con foto di Silvio Berlusconi: “Piersilvio promosso a Mediaset, lo Squalo tratta col Caimano”, “E B. se ne va in Cina”.
Sul terremoto in Nepal: “Dal Nepal all’emergenza Ebola: il braccino corto dell’Italia solidale”, “Finora stanziati solamente 400 mila euro di aiuti”,“Le Ong hanno chiesto 200 mila euro. L’Onu ha chiesto di trovare 400 milioni di dollari. Gli Usa ne hanno offerti 10, tutta la Ue 3, quanti donati dalla sola Cei. A Kathmandu proteste per i soccorsi lenti. Superate le 5 mila vittime”.
Su Expo: “Expo: a 24 ore dal via non ci sono pavimenti e scala”.

Il Giornale: “Renzi rastrella i partigiani. Sono solo 38 i democratici che non votano la legge elettorale. Si squaglia la resistenza dei dissidenti Pd al ‘premier dittatore’”.
A centro pagina: “Milan, offerta da 550 milioni. Ore decisive. Mr Bee vuole il 51 per cento, incontro
positivo. E Murdoch vede il Cavaliere per Mediaset Premium”.
In evidenza, con foto, anche gli oggetti sequestrati a diversi giovani manifestanti a Milano, in vista dell’inaugurazione dell’Expo: “Qualcuno spieghi ai giudici che questi non sono giocattoli”.
Di spalla da segnalare un intervento di Giordano Bruno Guerri su una sentenza della Corte di giutizia dell’Unione europea: “Trasfusioni in Francia: la scelta saggia che pone un limite alla libertà gay”.
A fondo pagina: “La (discussa) rielezione di Nazarbayev in Kazakistan. Il presidente eterno che trasforma la steppa in oro”.

Il Sole 24 Ore: “La crescita Usa frena e affonda i mercati”. “Pil solo a + 0,2 per cento nel primo trimestre: il dollaro forte ha rallentato l’export, male anche i consumi”. “Piazza Affari – 2,3 per cento, cade Wall Street, rimbalza l’euro”.
Di spalla: “Italicum, sì alla fiducia. Minoranza Pd spaccata, a Renzi mancano 38 voti. Con il governo 50 della sinistra dem”.
A centro pagina: “Mediaset, il timone a Pier Silvio. Il figlio di Berlusconi sarà nominato oggi amministratore delegato del gruppo tv”, subentrando a Giuliano Andreani. “La svolta tra i rumor su Telecom e Vivendi. Andreani resta presidente di Publitalia”.
In evidenza anche la notizia che la Cina “taglia i dazi all’import di beni di lusso. Misura per stimolare la domanda interna, chance per l’Italia”.
In alto: “Arabia Saudita: re Salman ‘rivoluziona’ il vertice. Riad si prepara anche a un ruolo da potenza militare”.

Italicum

La Repubblica, pagina 2: “Italicum, fiducia con 352 sì ma Bersani e 37 pd non votano. Renzi: ‘Strada ancora lunga’”, “Guerini: ‘Non ci saranno espulsioni, ora confronto nel partito’. Minoranza divisa, in 50 col governo. I ribelli: ‘Niente scissioni’”. Ne scrive Claudio Tito, in un’analisi dal titolo: “Il destino di un partito”. Dove si sottolinea la “tara” che contraddistingue il Dna della sinistra e del centrosinistra, “che porta inevitabilmente alla divisione”. La minoranza democratica si è spaccata “in almeno tre parti”: erano un centinaio e si sono ritrovati in 38 e “come è avvenuto in questi anni, i ‘padri nobili’ hanno ammazzato politicamente i loro successori. In una sorta di delirio autodistruttivo la classe dirigente più anziana e in via di uscita ha divorato i suoi ‘figli’, a cominciare da Cuperlo e Speranza, dissipando le loro chances di leadership. Per di più Bersani, che aveva ‘nominato’ nel 2013 gli attuali gruppi parlamentari, si è ritrovato a capitanare solo un gruppo di fedelissimi”. Ora il premier sarà costretto a trovare una formula per tentare di ricucire un dialogo a sinistra, dovrà coinvolgerla nelle scelte e nella definizione di quel che sarà il Pd nei prossimi dieci anni.

“Deflagra la minoranza”, scrive su La Stampa Carlo Bertini, in riferimento alla corrente “Area riformista”, che fa capo a Roberto Speranza, ai bersaniani dissidenti (a non votare sono stati in venti, ai cuperliani (erano una decina) e ai “bindiani vari”. “Insomma – scrive Bertini – non un gran risultato per l’ex segretario” Bersani: “che però ora può fare pesare il suo dissenso al Senato, dove i suoi senatori pesano: la ventina di senatori capitanati da Miguel Gotor possono fare la differenza”.

Il Fatto, pagina 2: “Renzi vuole arrivare al 2017 (con i voti di Forza Italia)”, “L’Italicum ha la prima fiducia: 352 sì e 207 no. E ora il governo è pronto a trattare con bersaniani e berlusconiani sull’elettività dei senatori”. L’articolo di Wanda Marra sottolinea che, a differenza della Camera, al Senato i numeri sono risicatissimi: “E come si fa a governare con la minoranza di un partito che in realtà aspetta solo il momento per far fuori il suo segretario-premier?”. La risposta è “dietro l’angolo”: si citano le parole di un “deputato renzianissimo”, secondo cui la sicurezza potrebbe arrivare da Forza Italia. “Su 15 senatori di Forza Italia possiamo già contare”, avrebbe detto il deputato in questione, “e poi dopo le regionali, si spaccano e votano per noi”. Insomma, un nuovo Patto del Nazareno per andare avanti. Lo scoglio più forte sono le riforme costituzionali: per andare incontro alle richieste della minoranza dem e di Fi Renzi sarebbe pronto a concessioni sull’elettività dei senatori. L’articolo 2 non è più modificabile, ma si può agire attraverso le leggi attuative: i nuovi senatori potrebbero essere eletti con un listino affiancato alle liste per le regionali. In alternativa, verrebbero eletti senatori i consiglieri regionali che ottengono il maggior numero di preferenze.

La Stampa, pagina 3: “Un capogruppo e nuovo Senato. Il premio di Renzi ai ‘responsabili’”, “Dopo un mese di trattative il premier ha spaccato la minoranza”. Scrive Fabio Martini che Renzi aveva aperto dietro le quinte una trattativa politica e personale con l’area più dialogante della minoranza interna, un lavorìo tutto finalizzato alla nascita di una nuova e strutturata corrente “che non entrerà nell’area renziana, manterrà una connotazione di sinistra e che comunque alla sua nascita è già diventata l’area politica più forte del partito dopo quella renziana e quella di Franceschini. Dietro il ministro Martina, Enzo Amendola e Matteo Mauri cinquanta deputati e anche una decina di senatori”. Si tratterà ora di “blindare la nuova corrente. Gratificandola. Separandola definitivamente dai loro ex capi corrente Pierluigi Bersani, Roberto Speranza, Gianni Cuperlo”.

Su La Repubblica, il “retroscena” di Francesco Bei: “Il premier: ‘Ho forzato. Ma anche se non li ho tutti a bordo, adesso la nave va’”, “Il leader: ‘Meglio lo strappo che morire democristiano, per tenere tutti bastava Letta’”.

E su La Stampa, in una lettera, Enrico Letta spiega: “Non ho doppi fini, non mi candido. Ma è sbagliato vincere sulle macerie”, “La volontà di Renzi di approvare la legge contro tutti e in solitudine è un errore”, “Non c’è importante conquista della nostra storia raggiunta con forzature e personalismi”.
Sullo stesso quotidiano, un’intervista a Goffredo Bettini, tra i fondatori del Pd: “Gli oppositori di Matteo sono solo leader del passato”, “Più che contro la legge, mi pare siano contro il premier”, “Dal punto di vista del sistema politico, il Pd di Renzi, rispetto alla ‘ditta’ di Bersan, è più simile al Pd originario: un sistema a vocazione maggioritaria che tende al bipartitismo”.
Su La Stampa, un editoriale di Federico Geremicca, “L’incoerenza dei separati in casa del Pd”. Dove si sottolinea che “non è da ieri” che le minoranze interne al Pd contestano qualunque provvedimento proposto dal governo: dal Jobs Act alla riforma del bicameralismo, le accuse al premier sono andate da “populista” a “servo dei padroni”: secondo Geremicca è quindi “inspiegabile che si resti in un partito che non si sente più proprio”. A meno che il vero obiettivo non sia la rivincita congressuale: ma il congresso Pd è lontano due anni “e nessuno – si spera – punta a un Vietnam politico-parlamentare lungo 24 mesi”.

Il Corriere ricorda che tra lo scrutinio segreto sulle pregiudiziali e il primo voto di fiducia la maggioranza “perde ‘solo’ 42 voti potenziali e spazza via, senza fatica, il temuto incubo da imboscate sull’Italicum”. Una parte della minoranza interna, una cinquantina di deputati, hanno “fatto quadrato attorno al governo”, e Renzi li ha ringraziati “di cuore”. A questo punto, dopo gli altri due voti di fiducia previsti per oggi, “gli occhi sono puntati sul voto finale: solo allora si saprà sul merito della legge elettorale quanto è grande il dissenso”.
La cronaca del quotidiano milanese segnala anche che ieri il governo, al Senato, sul disegno di legge sulla pubblica amministrazione, ha “rischiato grosso” su un emendamento presentato dalla Lega e firmato anche da un parlamentare del Pd, che è stato votato “da una quindicina di senatori dem”. L’emendamento è stato respinto per un solo voto.
Sul Corriere, il “retroscena” di Francesco Verderami cita il premier ieri: “’Facciamo un po’ di conti. Sul jobs Act gli assenti della minoranza Pd furono 33. Rispetto ad allora sull’Italicum hanno espresso il loro dissenso un ex presidente del Consiglio, un ex presidente del partito e due ex segretari del partito. Bene: a quanti sono arrivati dopo questo annuncio? Quanto fa trentatre più quattro? Si può dire che messi tutti insieme, Letta, Bindi, Epifani e Bersani hanno aggiunto alla minoranza solo loro stessi’”. “Potevano almeno portarsi un’amica”, pare abbia detto un ministro, “suscitando l’ilarità dei colleghi”.
Il Corriere intervista Piero Fassino: “Questo è il quarto miglior risultato delle 17 fiducie chieste dal governo Renzi”, dice. Della legge elettorale dice che avremo i capilista indicati col nome sulle schede, e gli altri saranno scelti con le preferenze”, spiega che la battaglia della minoranza Pd per le preferenze “è in contraddizione con molte battaglie del centrosinistra”, e che “l’impressione è che una parte del partito faccia fatica ad accettare la leadership di Renzi”, “cosa incomprensibile, vista la sua vittoria alle primarie e poi il 40 per cento dei voti superato dal Pd alle elezioni europee”. Fassino dice di non credere ad una scissione, ed esclude “espulsioni”.

Sul Giornale, Mario Cervi ricorda – avendo vissuto “da giornalista e da cittadino” il “ruggente divampare di uno scontro” , il dibattito sulla “legge truffa” di De Gasperi: “De Gasperi non aveva truffato nessuno. Truffatori erano invece coloro che avevano coniato lo slogan”. Si ricorda che con quella legge il premio di maggioranza andava a chi superava il 50 per cento dei consensi.

Un piccolo “rendiconto” della sua direzione viene offerto oggi da Ferruccio de Bortoli sul Corriere della sera, che oggi lascia la direzione del quotidiano milanese. De Bortoli fa riferimento tra l’altro ai “non pochi” errori nella sua gestione. Per esempio: “I giornali dovrebbero tutelare di più le persone coinvolte in fatti di cronaca o inchieste. Non sono oggetti inanimati delle notizie o protagonisti involontari di una fiction”. Parla anche dei politici, e definisce anche “il giovane caudillo Renzi” “un maleducato di talento”, e dice di augurarsi che Mattarella non firmi la legge elettorale, “una legge sbagliata”.

“Ora si lavori per migliorare la riforma del Senato” è il titolo di una analisi di Paolo Pombeni, sul Sole 24 Ore, che cita le “aperture” fatte da Renzi in materia.

Forza Italia

Sul Giornale: “Fitto rientra nei ranghi: appello all’unità in Puglia. L’ex governatore cerca una tregua dell’ultimo minuto, ma Berlusconi avverte: Poli Bortone rimane la nostra candidata. Bocciato il ricorso dei ribelli sul simbolo di FI”. La soluzione, secondo il quotidiano, potrebbe essere “il ticket Poli Bortone Schittulli (in questo ordine), soluzione cui Forza Italia direbbe di sì”.

Sul Sole: “Berlusconi resta lontano dalla politica. Via libera alle candidatura dall’ufficio di presidenza presieduto dalla Rossi. Verdini assente”. “L’ex premier alle prese con i dossier Milan e Mediaset. In Puglia fallito il tentativo in extremis del centrodestra di avare un candidato unico”. Si legge che “il Cavaliere si è stufato delle beghe di partito e vuole attorno a sé, per dirla con Osvaldo Napoli, solo ‘fedelissimi e riconoscenti’. La liquidazione della vecchia FI è già in atto”.

Berlusconi-Mediaset

Il Corriere della sera: “Cessioni e allenza, Berlusconi ridisegna l’impero. Dal Milan alla partia delle torri televisive con il piano Mediaset-Rai Way. Il ruolo dei figli. L’ipotesi di cessione di Premium a Sky e gli intrecci con Telecom Italia e i francesi di Vivendi”. Un riepilogo delle trattative in corso, da quella sulla squadra di calcio, su cui mira il thailandese Bee, al canale a pagamento di Mediaset, i cui contenuti sono sul tavolo della trattiva con Sky. Un articolo di Aldo Grasso commenta: “L’anticomunista salvato dall’ex nemico”. Pare che sia stato lo stesso Cavaliere a dire: “Abbiamo toccato il fondo, ci tocca vendere ai comunisti”. Nel senso che se vende al thailandese Bee “vende anche alla China Citic Bank, istituto di credito legaot direttamente al governo cinese”. E “pare siano stati esponenti di primo piano del Partito comunista cinese a spendersi per far decollare il progetto”.

Il Giornale: “Sky e Vivendi a duello per Mediaset. Dopo le avance di Bolloré su Premium, Murdoch vede Berlusconi. Pier Silvio: ‘Il Biscione non è in vendita’. Il gruppo italiano fa gola per la sua pay tv e per i progetti nelle tlc”.

Il Sole 24 ore: “Mediaset, più potere a Pier Silvio. Il figlio di Berlusconi sarà nominato oggiamministratore delegato al posto di Andreani”. Ieri Pier Silvio ha dichiarato che non è in discussione il controllo ddi Mediaset, e che invece il tema è quello di un accordo sul canale premium. “Siamo al centro dei giochi, ma noi non siamo venditori. Semmai sempre aperti a partnership di minoranza”. Confalonieri ha precisato meglio: “In minoranza Murdoch non lo vedo neanche a giocare a scopa”

Expo

Sul Corriere, alla pagina dedicata ad Expo: “Ore 20.30, parte una sfida che durerà sei mesi. Oggi il concerto, domani l’inaugurazione”. “Nuovo blitz contro gli antagonisti. Alfano: ‘Rinforzi in arrivo’. Maroni: ‘Non nel sito, sarebbe Fort Apache'”.

Sul Giornale: “Mancano poche ore all’inizio di Expo ma soprattutto della sarabanda di manifestazioni dell’intero movimento antagonista europeo”. Il quotidiano spiega che martedì sono stati fermati in uno stabile occupato una ventina di stranieri attrezzati di mazze e bastoni, per i quali inutilmente la questura ha chiesto l’espulsione immediata. “Possono restare, hanno sentenziato i magistrati. E per tutto ringraziamento gli stessi si sono atti ribeccare il giorno dopo in un altro edificio occupato, ancora armati di tutto punto”. Un commento è titolato: “La violenza che i giudici non vedono”.

Made In

Sul Sole e sul Giornale ampio spazio al tema del “made in Italy”, perché il prossimo 6 maggio la proposta di regolamentazione che imporrebbe di indicare il Paese di fabbricazione dei prodotti non alimentari, votata dal Parlamento europeo, sarà discussa dalla Commissione europea: “Il Made in Italy in trincea contro l’euroburocrazia. Alcuni Paesi nordinci contrari a mettere sulle etichette dei prodotti non alimentari la nazione di provenienza. Tajani: ‘Ma la nostra qualità va difesa ad ogni costo'”, scrive Il Giornale.
Sul Sole: “Sul made in Italia in pressing. Il governo chiede formalmente a Juncker di non stralciare la questione”. E si intervista Antonio Tajani: “Il ritiro della propsota da una parte della Commissione o il ritorno a una etichettatura su base volontaria andrebbero contro gli interessi dei consumatori, delle imprese europee e alla posizione espressa dal Parlamento europeo con il so voto chiaramente a favore del Made In”, dice.

America

“L’America rallenta, tassi ancora fermi”, scrive il Corriere della sera dando conto della “brusca frenata dei consumi” negli Usa. “A marzo il Pil cresce solo dello 0,2 per cento”, “una frenata che preoccupa i mercati”. Si ricorda l’anno scorso, quando un inverno particolarmente rigido “paralizzò pparte dell’economia”, con crescita zero o addiritura negativa. Uno degli elementi del rallentamento di quest’anno è i dollaro forte, che fa calare le esportazioni. E poi il crollo degli investimenti in infrastrutture, dovuto al quasi dimezzamento del prezzo del petrolio.

Sul Sole: “Il Pil americano frena di colpo. Crescita quasi zero nei primi tre mesi. Si complica i lrialzo dei tassi”. Secondo Riccardo Sorrentino, che firma una analisi, “non è improbabile un rimbalzo nel secondo trimestre”, e quella di questo trimestre è una “battuta d’arresto temporanea”.
Alla pagina successiva: “I dati Usa affossano le Borse eurpee. Dopo il Pil americano i dollaro si indebolisce: l’euro torna sopra 1,11, ondata di vendite sui listini”.

Grecia

Sul Sole 24 ore: “Atene, pronta la lista di riforme. Oggi a Bruxelles il nuovo team con proposte su fisco e welfare. Moody’s taglia il rating. I negoziati con i creditori entrano in una fase decisiva. Il governo decide la riapertura della televisione di Stato”. La lista dovrebbe comprendere temi come le pensioni, i contratti di lavoro, l’Iva, le privatizzazioni. Atene potrebbe accettare di eliminare l’Iva agevolata nelle isole per i servizi del turismo, ma in cambio vorrebbe “obbligare i turisti sulle isole greche più popolari a utilizzare una carta di credito per tutte le operazioni superiori a 70 euro nel tentativo di reprimere l’evasione fiscale”. Atene potrebbe anche aumentare il canone per le tv, oggi quasi gratuito, e rinviare l’aumento del salario minimo, misura cui i creditori si oppongono. Il disegno di legge con i provvedimenti dovrebbe essere discusso oggi nel governo di Atene.

Sul Corriere si legge delle contestazioni da parte di anarchici nei confronti del ministro delle finanze greco Varoufakis. Come ha raccontato lui stesso “‘una trentina di giovani mi hanno tirato bottiglie di birra mentre cenavo con mia moglie in una taverna. E’ stata lei a difendermi mettendosi tra me e loro'”.

Arabia Saudita

Su La Repubblica: “Due falchi al potere in Arabia saudita, addio all’era dei re ottantenni”, “Salman nomina come erede il nipote Bin Nayef. Un conservatore da sempre critico verso gli Usa”. A scriverne è Alberto Stabile, secondo cui re Salman ha voluto regolare la successione per i decenni a venire, dando la presa alla propria fazione all’interno della casa reale, quella cosiddetta dei “Sette Sudairi”. Ora il primo e il secondo nella linea di successione sono due “falchi”, in tempi di tensioni per via del negoziato sul nucleare con l’Iran su cui Teheran sta trattando con Washington.

La Stampa, pagina 14: “Un nuovo erede anti Al Qaeda, la svolta del re saudita Salman”, “Designa il nipote Bin Nayef e annuncia: adesso le donne potranno votare”, di Maurizio Molinari.

Sul Sole: “Re Salman ‘rivoluziona’ la leadership saudita. Il nipote Nayef successore al trono. Nominato un nuovo ministro degli esteri. Il monarca prepara il Paese al nuovo ruolo di potenza anche militare”.
Il nuovo ministro degli esteri al posto di Saud al Faisal – che è stato per molti anni ministro degli esteri, avendo conosciuto 13 Segretari di Stato Usa – è l’attuale ambasciatore a Washington Adel Al Jubeir.

Francia, immigrazione

Su La Stampa: “Migranti, Juncker sta con l’Italia: ‘Sbagliato fermare Mare Nostrum’”, “Il 13 maggio le proposte della Commissione Ue: sì alle quote di rifugiati per Paese”. La corrispondenza da Bruxelles di Marco Zatterin dà conto della seduta che ieri il Parlamento europeo ha dedicato ai risultati del Consiglio europeo straordinario della scorsa settimana sul tema dell’immigrazione, alla luce dell’ultima strage di migranti nel Mediterraneo. La foto che correda l’articolo ha immortalato i cartelli che alcuni eurodeputati hanno deciso di collocare al posto di quello che normalmente indica i loro nomi: “Je suis un migrant”, “Io sono un migrante”. E su La Stampa, in un’analisi, Cesare Martinetti racconta “quel clima di un’Europa ‘lepenizzata’”: “dove sono ora Jean-Paul Sartre e Raymond Aron?”. Furono immortalati da una foto del 1979: il più imprevedibile e radicale dei filosofi gauchisti si recava mano nella mano all’Eliseo insieme al più liberale degli intellettuali della destra repubblicana francese, in nome della religione universale e umanistica dell’engagement, dell’impegno, perché ad unirli era la tragedia dei boat people dal Vietnam e dalla Cambogia. Nessun politico -scrive Martinetti- oggi è in grado di sostenere una politica che preveda anche la più piccola apertura agli stranieri, fosse anche per le più nobili ragioni umanitarie. Martinetti cita l’esempio di David Cameron, il politico più vicino alla scadenza elettorale. E “non affannatevi a fare previsioni” su chi vincerà le prossime elezioni in Francia, perché “le ha già vinte Marine Le Pen”.

Stefano Montefiori racconta sul Corriere della decisione del vignettista francese Luz, scampato di poco al massacro del 7 gennaio nella redazione di Charlie Hebdo, che ieri, in occasione di una intervista per presentare un suo libro, ha detto: “non disegnerò più il personaggio di Maometto, non mi interessa più. Mi ha stancato, proprio come quello di Sarkozy; Non passerò la mia vita a disegnare”.

E poi

Su La Repubblica, attenzione per il convegno promosso dalla Fondazione Intercultura dal titolo “Saper vivere insieme. Umanitarismo, riconciliazione, educazione alla convivenza”, che si terrà a Trento e Rovereto tra il 1 e il 3 maggio, nell’ambito dei festeggiamenti per il centenario della nascita di Afs (American Ambulance Field Service), nata in Francia nel 1915 come servizio di trasporto di feriti al fronte.

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