Indecisi al voto: un italiano su tre

Il Corriere della Sera: “Elezioni, il peso degli incerti. Il 30 per cento ancora non ha deciso se votare o per chi”. “Nuove tensioni tra i leader. Draghi: l’economia reale in Europa non sta migliorando”. A centro pagina, con foto: “’Coprì gli abusi’. Il caso Mahony”. Si parla della petizione negli Usa contro il cardinale ed ex vescovo di Los Angeles Roger Mahony. A fondo pagina: “Carcere sovraffollato? Si rinvii la pena. Il Tribunale di Padova si rivolge alla Corte Costituzionale: altrimenti è tortura”. Si parla di una decisione del Tribunale di sorveglianza di Padova, che ha deciso di rivolgersi alla Corte Costituzionale.

 

La Repubblica: “Berlusconi, fuga dal duello tv. Il leader Pdl dice no anche alla Gruber e critica la Rai di Gubitosi. Ichino annuncia: in Lombardia voto Ambrosoli”. “Monti: nulla in comune con questa sinistra. Telecom: vendiamo La 7 a Cairo”. A centro pagina: “Sotto accusa l’americano Mahony. ‘Quel cardinale difese i pedofili, non può partecipare al Conclave’”. Ancora a centro pagina: “Finmeccanica a Mediobanca. ‘Aiutate la moglie di Grilli” “Richiesta di Pansa a Nagel. Nelle carte di indagine i rapporti tra Orsi e Maroni”.

 

Il Fatto quotidiano: “L’ad Pansa chiedeva soldi per l’ex moglie di Grilli. I carabinieri: Nagel (Mediobanca) conferma che l’allora direttore finanziario dell’azienda pubblica lo pregò di prestare 500 mila euro alla consorte del ministro del Tesoro. Il manager al Fatto: ‘Se lo scrivete mi dimetto. Anzi no, sono fatti privati’”.

A centro pagina: “Telecom regala La 7 a Cairo. Ora Berlusconi ha quattro tv”.

 

Il Sole 24 Ore: “Tagli fiscali, dai partiti un miraggio da 180 miliardi. Gli sgravi priorità per tutti ma le coperture sono spesso incerte”. “L’analisi dei programmi: fuoco incrociato sull’Imu, Berlusconi contro l’Irap ma anche Bersani vuole ridurre il cuneo”.

 

La Stampa: “’Ripresa lenta, servono più sforzi’. L’allarme di Draghi al Parlamento europeo: ‘Tasse troppo alte’. ‘L’economia reale non migliora’. E l’incertezza del risultato elettorale in Italia preoccupa gli investitori stranieri”. In alto, sulle elezioni: “Operazione Sicilia. Grillo può diventare decisivo in Senato. Nell’isola punta al premio di maggioranza”.

 

Il Foglio: “La marcetta su Roma di Grillo tra nevrosi e studi web-accademici”. In prima pagina si dà spazio anche all’editoriale di ieri sul Financial Times di Wolfgang Munchau (“Aspettatevi l’imprevisto dalle volatili elezioni italiane”), dove si sostiene che Monti arriverà quarto, e che il Movimento 5 Stelle è sottostimato. Munchau viene intervistato a lungo dal quotidiano di Ferrara.

 

Il Giornale: “L’Oscar delle balle”. “L’economista Zingales molla Giannino: ‘Altro che trasparenza, ha mentito sul suo titolo di studio’”.

 

Libero: “Il declino di Giannino. Il leader di ‘Fare’ sbugiardato da uno dei fondatori del suo partito. ‘Ha mentito sul curriculum’. Berlusconi gongola: si è fermato da solo. Per il centrodestra la vittoria in Lombardia è più vicina”. A centro pagina: “Il Cavaliere: abbiamo superato la sinistra. Botto alla Lega, poi l’abbraccio con Maroni”. Il Cavaliere, ieri in comizio a Milano, avrebbe prima “avvertito” il Carroccio (“Se ci saranno problemi faremo cadere le giunte al Nord”) e poi definito “alleato solido e fedele” Roberto Maroni.

 

L’Unità: “La falsa alleanza Pdl-Lega. Berlusconi: pronti a far cadere le giunte leghiste. Poi va sul palco a braccetto con Maroni”. A centro pagina: “La 7, no a Della Valle: via libera a Cairo”.

 

L’abbraccio tra i due è sulla prima pagina di Europa: “Il sorpasso è l’ultima promessa: vale le altre. Si dimentica di averlo già annunciato, non illude i suoi, minaccia la Lega. In vista del voto Monti alza i toni, Bersani corre fiducioso”.

 

Elezioni

 

Renato Mannheimer sul Corriere della Sera scrive che quasi un italiano su tre non ha ancora deciso se astenersi o quale lista sostenere. Nei mesi scorsi questa categoria di persone risultava ancora maggiore: a novembre-dicembre raggiungeva- in certi casi superava – la metà dell’elettorato. Poi è gradualmente diminuita, ma secondo le ultime rilevazioni la cifra resta ferma al 30 per cento. Mannheimer scrive che si tratta in larga misura di donne, meno giovani di età, con un titolo di studio relativamente basso, spesso residenti al sud, di professione casalinghe o pensionate, poco interessate alla politica. La gran parte di questi elettori indecisi decide quindi all’ultimo minuto, e per questo le battute finali della campagna elettorale saranno decisive. Ed è sempre il Corriere della Sera ad occuparsi del “fattore tempo”: poiché per il prossimo fine settimana sono previste forti precipitazioni al nord, anche il meteo diventa decisivo. E questo fattore potrebbe penalizzare soprattutto i partiti “tradizionali”, rispetto a forze politiche del cosiddetto “polo dello Stato nascente”, perché, secondo Nicola Piepoli, “l’elettorato movimentista è più giovane, più vivo, e quindi maggiormente disposto ad affrontare qualsiasi tipo di tempo”.

La Stampa si occupa della “operazione Sicilia”, ovvero la scommessa a cui Beppe Grillo lavora da settimane sottotraccia: piazzarsi primo al Senato, strappare il premio ai partiti maggiori e conquistare 14 dei 25 seggi per il Senato che vengono assegnati sull’isola. La novità maggiore che rilevano i sondaggisti è relativa all’elettorato del Movimento cinque stelle: a differenza di quanto accadeva ancora qualche mese fa, ad avvicinarsi a Grillo non sono solo giovani ma anche persone ormai di una certa età.

Scrive il quotidiano che il fenomeno si era intuito dalla osservazione delle piazze di Grillo: non pilo ragazzi e ragazze, ma elettori di ogni ceto ed ogni età. Quattro mesi fa, alle regionali, il Movimento 5 Stelle ottenne nell’isola il 18,2 per cento contro il 13 del Pd e il 12 del Pdl.

 

Sul Corriere della Sera si dà conto della intervista del ministro degli esteri tedeschi, il liberale Westerwelle, che, parlando delle elezioni italiane, ha detto: “Non siamo naturalmente parte in causa nella campagna elettorale, ma speriamo che chi guiderà il nuovo governo italiano prosegua in una linea pro-europea e porti avanti le riforme necessarie”. Analogo il giudizio del presidente della Commissione esteri del Parlamento tedesco, Ruprecht Polens, Cristiano Democratico, sullo stesso quotidiano: l’Italia ha bisogno di una leadership che le garantisca il futuro, e “questo qualcuno non è sicuramente Berlusconi”.

Su La Stampa il corrispondente da New York Maurizio Molinari raccoglie le preoccupazioni degli investitori a Wall Street per il rischio instabilità in Italia dopo il voto.

 

Sono Il Giornale e Libero a dedicare più spazio alla vicenda che ha visto coinvolto il leader della formazione Fare per per fermare il declino, il giornalista Oscar Giannino. Il professor Luigi Zingales, cofondatore del movimento, che insegna alla Università Chicago Booth, ha deciso di separare il suo destino da quello di Giannino. La questione nasce, ricorda L’Unità, il 5 febbraio scorso, quando Giannino, ospite di Repubblica tv, dice di aver ottenuto un master in quella stessa università. Il curriculum compariva anche sul sito dell’Istituto Bruno Leoni, dove si parlava di un diploma di Corporate finance e private finance presso quella università. Con un post su Facebook, Zingales ha denunciato: ha mentito in tv sulle sue credenziali accademiche. Questo è un fatto grave, soprattutto per un partito che predica la meritocrazia, la trasparenza, l’onestà. Zingales si aspettava una spiegazione di Giannino ai dirigenti del partito, invece Oscar si è rifiutato “nonostante io glielo abbia chiesto in ginocchio”. Secondo L’Unità avrebbe pregato per quattro giorni Giannino di spiegare il falso master, poi quando il gioranlsita ha risposto che a quattro giorni dal voto non sarebbe stato il caso, Zingales ha sbattuto la porta.

Sulla prima pagina de Il Giornale il direttore Alessandro Sallusti: “Usato e valorizzato da giornali e tv in chiave antiBerlusconi (la speranza è che Fare porti via voti al Pdl, così come fu con Fini al tempo del tradimento), ora anche il grande pubblico scopre che Giannino racconta balle”. Il Giornale ricorda peraltro anche un episodio risalente al marzo 2010 per cui la Digos di Lecco chiese l’arresto nei confronti di Giannino, sebbene poi il Gip abbia deciso l’archiviazione: il quotidiano riproduce le intercettazioni telefoniche di quei giorni, in cui Giannino insisteva sul governatore regionale Formigoni per la creazione di un canale tv a circuito chiuso di informazioni sanitarie (“Teleospedale”) di cui il giornalista avrebbe dovuto essere direttore.

Anche su Libero si descrive come un “assist” prezioso per Silvio Berlusconi l’infortunio di Giannino: “Che regalo per Silvio in Lombardia e Senato. Boccata d’ossigeno per il Cav nella regione dove Fermare il declino è più forte. E tra i sostenitori di Oscar monta la rabbia: rivogliamo i nostri soldi”.

 

Draghi

 

Ieri il Presidente della Bce Draghi, davanti alla Commissione sulle politiche economiche e monetarie del Parlamento Europeo, ha detto che l’economia reale ancora non vede segni di miglioramento. Scrive Il Foglio che il banchiere centrale ha “ribadito di avere già fatto molto, ora tocca ai governi aggiustare la rotta. Non abbandonare il rigore fiscale, ma riducendo il livello della spesa pubblica, visto che le tasse sono ‘già molto elevate’ nell’area dell’euro, e offrendo ai mercati maggiori ‘dettagli’ sui piani fiscali di medio periodo, così da renderli più certi e credibili”.

La Stampa: “’L’economia reale non migliora. Servono più sforzi’”. Draghi ha anche parlato della questione Mps, assicurando che resta “un caso isolato” perché “non è solo questione di gestione bancaria, ma anche di attività criminale”. Insomma, chiosa La Stampa, una mela marcia in un cestello di mele buone, poiché Draghi ha ribadito che le grandi banche nazionali “sono ben capitalizzate” anche se oggi mostrano “la loro esposizione alla prolungata recessione”.

La 7

La copertina dell’inserto Finanza e mercati del Sole 24 Ore è interamente dedicata al caso della Tv La 7, o meglio a Timedia, che comprende La 7, Telecom Italia media, Mtv italia ed Mtv pubblicità. Il consiglio di Telecom Italia ha deciso a maggioranza che si tratta in esclusiva con Urbano Cairo per la 7, con l’obiettivo di chiudere a inizio marzo. Scartata l’offerta di Clessidra, che voleva anche i tre multiplex digitali. Si tratta di tre frequenze della banda UHF, di cui il quotidiano ricorda quanto sia decisivo il valore. Fuori tempo massimo è stata giudicata la proposta dell’imprenditore della Tod’s Diego della Valle che, secondo il quotidiano, è per ora ancora allo stadio di manifestazione di interesse. Sulla vendita di Timedia il board ha esaminato le due offerte: quella di Clessidra per l’intero pacchetto (tv + multiplex) e quella di Cairo, per la sola emittente La 7. L’offerta di Cairo si traduce in un impegno a farsi carico della ristrutturazione in cronico rosso, e secondo il quotidiano la tv dovrebbe essergli consegnata ripulita dei debiti, che resterebbero pressoché tutti in capo a Timedia, e con le perdite ripianate. Secondo il quotidiano la proposta di Della Valle è stata giudicata troppo generica dal board per fermare il vaglio delle altre offerte che saebbero scadute oggi. Dunque, il patron della Tod’s potrà rientrare in gioco solo se la trattativa con Cairo non va in porto, o se i due si alleeranno. Il commento di Della Valle: volevamo tentare di costruire un modello nuovo di società di media che coinvolgesse un gruppo di investitori italiani, professionisti che lavorano attualmente a La 7 ed altri che sarebbero arrivati, per cercare di sviluppare con più determinazione un polo tv coerente con i principi della salvaguardia dell’indipendenza della informazione. Una analisi sulla stessa pagina del Sole ricorda come la partita di Della Valle sia intrecciata con quella su via Solferino (Corriere della Sera): la manifestazione di interesse per La7 viene considerata una sorpresa dal quotidiano, visto l’impegno profuso da Della Valle sulla partita editoriale Rcs, fronte su cui Della Valle aveva più volte manifestato l’intenzione di aumentare la presa. Ma evidentemente su TiMedia Della Valle “pensava di avere più tempo a disposizione per valutare il dossier”, scrive il quotidiano.

La Repubblica ha un retroscena decisamente allarmato sulla trattativa in esclusiva con Urbano Cairo: “La spunta l’allievo di Berlusconi, segnale a poche ore dalle elezioni”. Cairo -ricorda il quotidiano- è l’editore di periodici che ha iniziato la sua carriera professionale come assistente di Berlusconi.

Negli anni 90 Cairo acquistò la Giorgio Mondadori, ed ha sviluppato una casa editrice che fattura 320 milioni, e ne ha guadagnati 18 nel 2012.

Enrico Mentana, intervistato dal Corriere della Sera, dice: “Con tutto quello che si può dire di Cairo, e cioè che fu vicinissimo a Berlusconi, uno dei suoi più diretti collaboratori, è anche vero che in questo momento formalmente è uno dei pochi editori puri che esiste in Italia. IN altre parole prima di farli l’esame del sangue politico, consideriamo che ha formalmente un pedigree editoriale”.

Polemico anche Il Fatto: “La Cairo communication, da alcuni concessionaria di La 7 per la pubblicità, definirà dunque i dettagli per acquisire al prezzo simbolico di un euro il settimo canale televisivo nazionale, che gli verrà consegnato con una congrua dote finanziaria, pur di liberare Telecom italia da una incessante fonte di perdita”. “Cairo ha già promesso ai volti dell’informazione della tv, da Mentana a Santoro, la conferma”. Per Il Fatto si chiude così in modo sorprendente e beffardo una vicenca che è andata avanti nella totale indifferenza di partiti politici e sindacati: “la Telecom consegna all’ex assistente personale di Berlusconi la tv che negli ultimi due o tre anni era diventata una spina nel fianco di Mediaset”. Il Fatto ricorda che è stata la stessa Telecom Italia Media a denunciare nei verbali del suo cda che il cattivo andamento dei conti di La 7 è da attribuirsi principalmente a due cause: i comportamenti scorretti di Cairo nella raccolta della pubblicità, per i quali la stessa società è ricorsa in tribunale chiedendo la rescissione del contratto; le denunciate manipolazioni dei dati auditel, che hanno attribuito a La 7 un sospetto crollo degli ascolti nel 2012 rispetto al 2011.

Mps, Finmeccanica

 Nelle 148 pagine dell’informativa dei carabinieri del Noe consegnata nel novembre scorso alla procura di Busto Arsizio, che si sta occupando di Finmeccanica, è pesantemente chiamato in causa il nuovo amministratore delegato Alessandro Pansa. La Repubblica riassume così il senso degli ultimi sviluppi della inchiesta: “Finmeccanica chiese a Mediobanca di aiutare l’ex moglie di Grilli”, ministro dell’economia. Se ne occupa Il Fatto, scrivendo che Pansa nel 2007 avrebbe chiesto a Mediobanca di aiutare con mezzo milione di euro l’allora moglie di Grilli, che aveva una società indebitata. A dirlo ai magistrati sarebbe stato proprio l’Ad di Mediobanca, Alberto Nagel. Grilli, ricorda Il Fatto, oggi è il ministro del tesoro che, in quanto azionista di controllo, ha appena nominato Pansa alla guida di Finmeccanica. L’informativa del Noe recita: “Il 23 maggio 2012, nel corso di una cena a Roma, all’interno del ristorante “Da Rinaldo al Quirinale”, tra (l’allora presidente di Finmeccanica) Orsi e (l’allora presidento dello Ior, la banca del Vaticano) Gotti Tedeschi, veniva fatta una intercettazione ambientale. Orsi riferiva a Gotti di aver visto in Finmeccanica i contratti di consulenza a favore di Lisa Lovenstein, ex moglie dell’attuale ministro dell’economia Grilli, che aveva delle società in difficoltà economiche, e che sarebbero state risanate con i contratti di consulenza, fittizi, fatti da Finmeccanica a suo favore”. Il Fatto ricorda di aver pubblicato nel novembre scorso l’intercettazione del colloquio al ristorante, avvenuta il giorno prima della cacciata di Gotti dallo Ior, e scrive che in quella occasione Orsi parlò dei rapporti di Grilli con Pansa, allora direttore generale in Finmeccanica. Queste sarebbero state le parole di Orsi: “Grilli aveva una moglie americana (…) gli ha lasciato qualche casino in giro, di buchi”. Gotti chiede se questo renda ricattabile Grilli. E Orsi risponde: “No, gli ho sistemato la cosa (…) ho visto dei contratti che Finmeccanica ha fatto con la moglie di Grilli, per sistemare, tipo consulenze inutili”. Orsi dice nell’intercettazione: “A me l’ha detto Nagel”. Gotti sembra incredulo. “Nagel te l’ha detto. Ti fidi di Nagel?”. Orsi: “No! Però me lo ha detto. Due verifiche”.

Il Fatto riferisce che lo stesso Orsi, dopo la pubblicazione di questa intercettazione, ha chiesto al servizio audit interno una verifica sulle consulenze, e l’audit si è chiuso così: “Nel periodo oggetto di analisi nessuna società del gruppo Finmeccanica ha intrattenuto rapporti con la signora Lisa Lovenstein”, né con le società menzionate.

Il Fatto intervista Alessandro Pansa, che dice: “Se voi scrivete questa cosa, dovrò trarne delle conseguenze”. Nel senso che si dimette? “E secondo lei che cosa dovrei fare?”.

 

I quotidiani si occupano ampiamente anche della inchiesta di Siena su Mps. Corriere, pagina 10: “Mps, verifiche su un patto Pd-Pdl”. Coinvolgerebbe l’ex sindaco Ceccuzzi e il coordinatore del Pdl Verdini. Agli atti dell’indagine ci sarebbe la bozza di un patto datata 12 novembre 2008 che impegnava i due a concordare ogni mossa, ma soprattutto confermava per Andrea Pisaneschi la presidenza di Antonveneta. In calce, scrive il Corriere, ci sono i nomi dei due politici ma non le firme, e quindi i magistrati stanno sentendo come testimoni gli esponenti dei due schieramenti per varificare l’attendibilità del documento che sarebbe stato acquisito tramite l’attuale presidente del consiglio regionale Alberto Monaci.

La vicenda è alle pagine dell’economia sulla Repubblica: “Mps, si indaga su ipotesi spartizione Pd-Pdl”, “nel mirino dei Pm patto Verdini-Ceccuzzi”. “Vigni: Baldassarri mi fece nascondere i contratti”.

Mahony

La Repubblica parla di una “rivolta contro il cardinale Mahony”.E’ accusato di aver coperto decine di abusi sessuali sui minori, ma parteciperà al Conclave per l’elezione del nuovo Papa. Contro di lui, scrive La Stampa, infuria negli Usa la campagna di un gruppo cattolico di sinistra, “catholics united”. Il Washington Post scriveva ieri che Mahony “è fortunato a non essere in prigione”. Nelle parrocchie Usa si raccolgono firme per la sua esclusione dall’elezione pontificia. La rivista dei paolini “Famiglia cristiana” ha lanciato un appello a Mahony a restare a casa. La Repubblica scrive che il settimanale italiano ha pubblicato un ampio dossier, lanciando un sondaggio online, e chiedendo agli utenti di esprimere la propria opinione: Mahony al Conclave, sì o no? Secondo il quotidiano, nei sacri palazzi l’esclusione viene considerata “improponibile” e la Segreteria di Stato conferma che il porporato entrerà in Conclave. Occorre vedere ora se le pressioni che arrivano dagli Usa ma, pare, anche dal Vaticano, non facciano considerare a Mahony che il restare a casa per motivi di salute toglierebbe tutti d’impaccio. Una esclusione dall’alto di Mahony – tutta da vedere sotto il profilo del diritto canonico – potrebbe infatti rivelarsi un boomerang, perché ammesso e non concesso che possa decidere di fare un passo indietro, altri porporati che hanno riconosciuto le proprie responsabilità nei casi di pedofilia sono arrivo al Conclave. La Repubblica cita il primate irlandese Brady, e l’arcivescovo di Bruxelles Godfried Daneels.

La Repubblica ricorda anche che Mahony dovrà deporre il 23 febbraio alla corte superiore della Contea di Los Angeles e intervista il cardinale Velacio de Paolis, uno dei porporati che parteciperà al Conclave: “Spetta alle autorità giudiziarie Usa fare piena luce. In questi casi occorre applicare la Costituzione apostolica Universi dominici gregis, le norme varate da Giovanni Paolo II sulla elezione papale, che parlano del “diritto – dovere di ogni cardinale sotto gli 80 anni ad entrare in Conclave”. Mahony potrebbe essere consigliato a “non intervenire solo da un intervento riservato di qualcuno dotato di grandissima autorevolezza”. La prassi, dice de Paolis, “è il ricorso alla persuasione”. Ma, aggiunge, “va detto che Mahony a Los Angeles stava lavorando bene”.

La Stampa ricorda che nei giorni scorsi il Los Angeles Times ha scritto che Mahony tentò più volte senza successo di ottenere dalla Santa Sede la rimozione di sacerdoti pedofili, trovandosi spesso davanti al muro della burocrazia romana, riluttante ad affrontare un problema potenzialmente esplosivo.

 

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