Il ritorno di B.

La Repubblica: “Berlusconi show, attacco a Napolitano: ‘Doveva graziarmi’”, “La rabbia della Merkel per le frasi sui lager tedeschi”, “’Parole assurde, non meritano di essere commentate’”.

A centro pagina, foto di Matteo Renzi e Cesare Prandelli immortalati mentre mangiano una banana, sotto il titolo: “La banana antirazzista, ‘Siamo tutti scimmie’”.

La Stampa: “Merkel contro Berlusconi”, “Le battute sui lager irritano la Cancelliera: affermazioni assurde. Il Cavaliere: Napolitano aveva il dovere morale di darmi la grazia”.

A centro pagina, una carrellata di foto dal web: “Una banana per battere il razzismo”.

 

L’Unità: “L’Europa rottama Berlusconi”. “Rivolta in Germania dopo le frasi sull’Olocausto.Merkel: ‘E’ incommentabile’. Jumker: ‘Provo disgusto’”. E poi: “L’ex Cav attacca Napolitano: ‘Doveva darmi la grazia’”. A centro pagina: “Riforma Senato, il Pd ritrova l’accordo”.

Il Fatto: “Berlusconi, a lui la grazia l’ha fatta il cardinale Scola”, “L’affidamento morbido del pregiudicato al centro anziani di Cesano Boscone deciso con l’approvazione dell’arcivescovo di Milano. Scatenato in campagna elettorale, il leader di Forza Italia attacca il Quirinale: ‘La clemenza doveva darmela il Presidente motu proprio’. Lager, sulle accuse alla Germania Junker e Merkel furibondi: ‘Parole nauseanti’”.

A centro pagina, “Big Pharma”: “Regali, cene e fatture: la truffa dei venditori di medicine”.
Il Giornale: “Napolitano e Renzi. Le verità di Berlusconi”. Il commento di Angelo Allegri: “Il Ppe attacca ma senza Forza Italia non può vincere”.

Il Corriere della sera: “’La burocrazia frena l’Italia’”. “Ecco il rapporto Ue: male per investimenti e produttività.

In alto un titolo sulle riforme: “Boschi: noi rispetteremo il patto di Forza Italia Chiti? No ai personalismi”. Al centro la fotonotizia: “Banane & ironia anti razzismo”. Sempre al centro: “Berlusconi contro Napolitano. L’irritazione di Merkel per l’attacco alla Germania”. Da segnalare anche il richiamo ad una intervista al ministro dell’Istruzione Giannini in cui preannuncia: “Potremmo abolire il test di medicina” e preferire “il modello francese, un primo anno aperto a tutti con sbarramento finale: se passi gli esami ti iscrivi al secondo anno, altrimenti sei fuori”.

E poi l’Ucraina: “Le sanzioni Usa colpiscono Sechin il grande capo del petrolio russo”.

Il Sole 24 Ore: “Il bonus arriva a maggio: pronte le regole del Fisco”. Taglio alto: “Ue e Usa rafforzano le sanzioni. Colpiti i big del ‘sistema Putin’”.

Di spalla: “Berlusconi: Napolitano doveva darmi la grazia. Scoppia il caso Shoah”. Sempre di spalla: “Riforme, il premier apre alle modifiche. Senatori scelti con i Consigli regionali”.

 

B. e Napolitano

La Repubblica scrive che per Berlusconi “l’assedio al Quirinale presenta anche un’utilità per la campagna elettorale, non è soltanto il frutto della rabbia del Condannato. Serve a contendere a Beppe Grillo i due bersagli della caccia grossa scatenata per le Europee: la Merkel e Napolitano”. E tra i “proiettili” che Berlusconi potrebbe usare per riconquistare gli elettori del centrodestra c’è la teoria del “complotto” ordito dal capo dello Stato per “buttar giù l’ultimo premier eletto dai cittadini”, come dice spesso: “in cottura” ci sarebbe un saggio del capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, dedicato alle conversazioni che Napolitano avrebbe tenuto con Gianfranco Fini (la scorsa settimana Berlusconi aveva parlato di dodici testimoni del progetto che, nel 2010, avrebbe dovuto portare a Palazzo Chigi Fini con la regia occulta di Napolitano, ndr.).

Il Fatto riferisce di quanto scritto da Beppe Grillo sul suo blog: “Se M5S sarà il primo partito alle europee, il capo dello Stato si ritiri a Cesano Boscone” (dove Silvio Berlusconi sconterà i servizi sociali).

Su La Stampa, Luigi La Spina ricorda che “la grazia è impossibile senza una richiesta”. “È impossibile, infatti, per un capo dello Stato della Repubblica italiana concedere la grazia a un condannato in via definitiva, senza che sia arrivata al Quirinale l’obbligata domanda”, scrive La Spina spiegando che “il motivo è ovvio: se il Presidente la decidesse spontaneamente, sconfesserebbe in modo clamoroso la magistratura e stabilirebbe un quarto grado di giudizio nel procedimento giudiziario. La grazia, inoltre, viene concessa dopo che si siano manifestati chiari e ripetuti gesti che la rendano possibile” (cosa che non è avvenuta, per via dei ripetuti attacchi ai magistrati). Peraltro una eventuale grazia, senza alcuna richiesta del condannato, avrebbe aperto uno scontro istituzionale tra Presidente e Parlamento: “l’ex premier, infatti, non è un condannato comune, ma un membro delle Camere espulso da quelle assemblee con un voto”.

 

B. e il complotto di Fini

Il Giornale parla di un “Cavaliere che soprattutto nella prima parte d’intervista (ieri a Piazza Pulita, ndr) non risparmia affondi” e di un “Berlusconi ancora una volta durissimo nei confronti di Giorgio Napolitano, perché ‘aveva il dovere morale di assegnarmi la grazia motu proprio’. Chiederla sarebbe infatti equivalso ad una ‘ammissione di colpevolezza’ per un reato che l’ex presidente del Consiglio continua a ripetere di non aver ‘mai commesso’. Il Cavaliere torna anche sullo strappo di Gianfranco Fini e punta nuovamente il dito contro il Quirinale. ‘Nel 2010 – dice – si fece parte attiva affinché Fini spostasse una parte dei suoi parlamentari a sinistra, formando una nuova maggioranza rispetto a quella eletta dagli italiani e dando vita a un governo di cui lui avrebbe avuto l’incarico’. E non solo Berlusconi ripete di ‘avere le prove’ e conoscere ‘testimoni al corrente’. Ma aggiunge anche di essere pronto a ‘fare i nomi’ se ‘dovesse uscire una necessità giurisdizionale’”.

È sempre Il Giornale a dare spazio al “testimone del Golpe Fini”, che dice: “Presto usciranno le prove”. È un “misterioso testimone” che “alla Zanzara ha raccontato la telefonata tra Napolitano e Fini, nel 2010, messa in viva voce dal leader Fli davanti a dodici persone”, l’episodio raccontato da Berlusconi. “Ex finiani, tra cui alcune primissime file del partito, confermano che il rapporto tra Fini e Napolitano era molto stretto in quei mesi del 2010, ma non riconoscono l’identità di quella voce, né di essere tra i presenti alla telefonata di cui parla Berlusconi”. Il quotidiano scrive che uno dei pochi che hanno parlato esplicitamente di questa vicenda è Amedeo Laboccetta. “In una intervista al Tempo l’ex deputato di An, molto vicino a Fini prima della rottura con Berlusconi, ha raccontato il retroscena in presa diretta: ‘Gianfranco mi disse che Berlusconi andava politicamente eliminato, e che Napolitano era della partita. Aggiunse che presto si sarebbero create le condizioni per un ribaltone e che aveva notizie certe che la magistratura avrebbe massacrato il Cavaliere. Come premio per il killeraggio del premier sarebbe nato un governo da lui presieduto, con la benedizione del Colle’”.

 

B. e il PPE

La Repubblica parla del “fronte anti-Silvio nel Ppe” che sarebbe pronto alla procedura di espulsione dopo il 25 maggio. Si riferiscono quindi le parole pronunciate da Volker Kauder, capogruppo al Bundestag della Cdu, il partito di Angela Merkel: “Di Berlusconi parlerò con i colleghi del Partito popolare europeo, le sue parole sono semplicemente inaccettabili”. Un deputato vicino alla Cancelliera dice: “Non ora, in questo momento non possiamo rinunciare ai voti dei berlusconiani, ma dopo le elezioni tutto potrà essere regolato con grande precisione”.

La Stampa: “Il Cavaliere non arretra: ‘Gli attacchi a Berlino mi ridanno popolarità’”. E, alle pagine seguenti: “Due giorni di imbarazzo nel Ppe. Decisivo il pressing della Merkel”: la polemica in Germania è scoppiata dopo che i socialisti hanno contestato “lo scandaloso” silenzio della Merkel, per cui la cancelliera ha rotto gli indugi e ha chiesto a Junker, candidato Ppe alla guida della Commissione, di condannare le parole del Cavaliere. Avrebbe frenato invece Joseph Daul, presidente francese del Ppe, che avrebbe chiamato il vicepresidente della Commissione, l’italiano Antonio Tajani, per capire la portata delle dichiarazioni di Berlusconi. Daul sa che gli ultimi sondaggi attribuiscono un margine di vantaggio di 10-15 seggi sui rivali socialisti nella lotta per la conquista della maggioranza relativa nell’emiciclo di Strasburgo: una forbice inferiore rispetto al numero di scranni che le rilevazioni attribuiscono a Forza Italia. Insomma, il Ppe è consapevole che senza i voti di Forza Italia si rischia di perdere la corsa europea sul filo di lana.

 

Ue-Italia

Il Corriere dedica l’apertura al rapporto della Commissione Ue dedicato ai programmi economici dei Paesi membri, e parla delle prossime “pagelle economiche” che l’Unione “distribuirà ai governi nei prossimi giorni”. Sull’Italia, dice l’ultimo rapporto del Direttorato per gli affari economici e monetari della Commissione, “molti studi hanno legato la scarsa produttività di un Paese alla qualità deteriorata delle sue istituzioni”, e “la qualità delle istituzioni, così come misurata dagli indicatori della Banca Mondiale, è stata davvero bassa nelle economie dell’Eurozona con bassa produttività. Questo sembra in particolare il caso dell’Italia”. E ancora: “Il Tfp dell’Italia (Total factor productivity, il fattore che calcola il peso dei vari fattori sulla produttività di un Paese, dal governo e la burocrazia alle tecnologia) si è allontanato significativamente da quello del resto dell’Eurozona, nel decennio che ha preceduto la crisi, anche se la stessa Italia non era fra le nazioni che cercavano di inseguire quelle più progredite”. Tra cifre e grafici si legge, a proposito di “qualità dei servizi pubblici ma anche indipendenza dalle pressioni politiche”, che “l’efficienza del governo italiano, calcolata intorno a quota 0,7 nel 1996, sfocia in un percorso del Tfp dal 1996 al 2007 che resta sotto lo zero (circa -0,2%) mentre la Finlandia arriva a quota 1,7%, l’Austria a 1,2%, e così via”, scrive il quotidiano milanese.

Sulla tassazione: “nel 1994 l’Italia ha una tassazione media vicina al 47%, e fra il 1994 e il 2007 non riesce a far crescere il suo Tfp dell’1%, mentre la Finlandia supera nello stesso periodo l’1,5%. Cioè: non stavano male come il Portogallo o la Grecia, ma ad un certo punto abbiamo perso lo stesso il contatto con le locomotive di testa, a cominciare da quella tedesca”.

E ancora, sugli scarsi investimenti: “Nella maggior parte delle nazioni dell’euro, il contributo alla crescita fornito dal capitale delle industrie ad alta tecnologia è andato sempre più deteriorandosi negli ultimi anni del periodo pre-crisi (2004-2007) specialmente nei Paesi il cui il fattore Tfp declinava, la Spagna, il Portogallo e l’Italia”. Viceversa: “I Paesi che spendono di più nella ricerca e nello sviluppo tendono a esibire più alti tassi di crescita nel loro Tfp. Quelli che invece hanno speso nella ricerca una parte minore del proprio Pil (ad esempio Spagna, Portogallo, Italia), hanno anche avuto un minore tasso medio di crescita durante il periodo che ha preceduto la crisi”.

Sul Sole 24 Ore, Beda Romano scrive del prossimo vertice Ecofin: “’Il Consiglio – si legge in una prima stesura del documento finale – concorda con la Commissione che squilibri eccessivi esistono in tre paesi (Croazia, Italia e Slovenia) e con l’intenzione della stessa Commissione di valutare sia le recenti misure di politica economica che quelle specificate nel Piano nazionale di riforme e nel Programma di stabilità di questi paesi membri, con l’obiettivo di capire se la strategia è adeguata alla luce delle sfide e dei rischi legati a questi squilibri’. Fino a quest’anno, lo squilibrio italiano non era considerato eccessivo”. Quanto alle misure annunciate dall’Italia, “non è ancora possibile fare previsioni su come l’esecutivo comunitario valuterà le misure presentate in queste settimane dal governo Renzi”, scrive il quotidiano di Confindustria.

 

Riforme

Sul Corriere intervista al ministro per le riforme Maria Elena Boschi: “Berlusconi ha ribadito il sostegno alle riforme e noi siamo abituati a rispettare i patti. Cambiare le regole con una maggioranza che includa l’opposizione è un plusvalore che va preservato”. Il dialogo con l’ex premier non vi imbarazza, dopo l’uscita sui lager e l’attacco a Napolitano? “Le dichiarazioni di Berlusconi sono inaccettabili”. Il compromesso sul Senato elettivo reggerà alla prova dell’Aula? “Stiamo discutendo delle modalità con cui si individuano sindaci e consiglieri regionali. Poi penseremo alle tecnicalità con cui alcuni di loro andranno a fare anche i senatori, senza indennità”. La commissione adotterà il suo testo, è una vittoria del governo Renzi? “Non è una vittoria di Renzi, ma del Pd e di tutti i partiti che hanno siglato questo accordo, compresa Forza Italia. Il fatto che l’esecutivo abbia mantenuto l’impegno di presentare una proposta entro marzo, che per venti giorni è stata sottoposta alla discussione pubblica, è un risultato per tutti i cittadini”. Sottoposta al fuoco amico… “No. Abbiamo scelto una modalità nuova per arrivare al testo, raccogliendo le osservazioni di parlamentari, cittadini, professori. La proposta da cui siamo partiti è quella che gli elettori hanno votato alle primarie e lì siamo rimasti, con coerenza. È normale che ci possano essere delle modifiche, ma l’impianto non può essere snaturato”. Il testo è blindato? “Nessuno lo ha detto. C’è una disponibilità a introdurre delle modifiche che non tocchino i punti qualificanti”.

 

Il Giornale ricorda che oggi il premier incontra i senatori del suo partito, e che “continuerà a ripetere che di elezione diretta dei nuovi senatori non se ne parla. Siano semmai i consiglieri regionali ad ‘indicare chi tra loro deve sedere a Palazzo Madama’. Ma le pressioni per ottenere almeno una ‘elezione contestuale’ resta alta, anche se gli stessi fautori ammettono che ‘tecnicamente è un gran pasticcio’. Sul resto il premier è pronto a trattare, e già ha accolto numerose proposte di modifica: la proporzionalità della rappresentanza regionale, in base agli abitanti, e la soppressione o ampia riduzione dei 21 membri di nomina presidenziale. Un’ipotesi su cui molti si sono stracciati le vesti e su cui lo stesso Napolitano ha arricciato il naso, ma che in realtà è stata infilata nel ddl del governo con l’unico scopo di farne oggetto di trattativa e poi di concessione agli oppositori”.

La Stampa: “Senato, il premier apre e avvisa i dissidenti: ‘È la mia ultima offerta’”. Oltre alla disponibilità già annunciata a non incassare il voto dell’aula ma solo della commissione prima del 25 maggio, secondo il quotidiano “l’approdo possibile” è comunque quello di votare i consiglieri regionali indicando già quali di loro faranno anche i senatori.

Il Fatto: “Schiaffi in arrivo per Renzi: sul Senato l’accordo non c’è”. Oggi il premier si presenterà all’assemblea dei senatori Pd al Senato con un atteggiamento “pragmatico” che, secondo il quotidiano, si traduce in un ennesimo slittamento dei tempi e all’accettazione di qualche compromesso: il più gettonato prevede che i cittadini indichino tra i consiglieri regionali che vanno ad eleggere, quelli che saranno senatori. Anche La Repubblica accredita questa ipotesi e commenta: “È una forma di elezione diretta che Renzi fatica ad accettare” ma che, secondo i mediatori, “è l’unica strada per blindare la riforma”. Ma “non è detto che basti”, se oggi Renzi punta a ricompattare il Pd.

 

Internazionale

“Usa, nuove sanzioni agli amici di Putin. Attentato a un sindaco”, titola La Repubblica spiegando che nel mirino è finito il patron del colosso energetico Rosneft, ovvero Igor Sechin. È, come spiega Federico Rampini, il presidente dell’ente statale petrolifero, considerato uomo-chiave nel sistema di potere di Putin. Si tratta quindi di una “operazione chirurgia” per colpire l’economia di Mosca. Ma, come scrive La Stampa, la British Petroleum ha subito fatto sapere: “restiamo impegnati nel nostro investimento in Rosneft e puntiamo a restare un investitore di successo di lungo termine in Russia”.

Da La Repubblica segnaliamo anche un’intervista al segretario generale dell’Osce Lamberto Zannier che, a proposito degli ispettori dell’organizzazione sequestrati, dice che “sono in pericolo” e “non sappiamo ancora chi li tiene in ostaggio”. Nell’est dell’Ucraina “è il caos”, spiega Zannier aggiungendo che “è difficile capire con chi trattare per la loro liberazione”. Ma “Mosca sta dando un segnale chiaro per la risoluzione della crisi” e “ci aspettiamo che questo sostegno si materializzi sul terreno e sia compreso anche dai ribelli filorussi a Sloviansk”.

È La Repubblica il quotidiano che si occupa più estesamente della condanna a morte comminata in Egitto nei confronti di settecento sospetti sostenitori della Fratellanza musulmana per terrorismo e complotto contro lo Stato. Ad emetterla è stato un giudice del tribunale di Minya, nell’alto Egitto.

Fra i condannati a morte c’è anche Bertrand Badie, la guida spirituale, il ‘murshid’, veterinario settantenne che è in carcere con tutta la leadership, compreso il deposto presidente Morsi. Per Renzo Guolo, che commenta questa vicenda, l’Egitto è “un Paese che guarda al passato”. Guolo ricorda, a proposito della condanna a morte della Guida suprema Badie, che “forse non è chiaro in Occidente l’impatto che può avere una simile decisione. Si tratta di una linea rossa che non può essere varcata senza conseguenze. Per i Fratelli Musulmani l’organizzazione religiosa è intoccabile e va preservata a ogni costo, mentre la possibilità che la loro espressione politica, nel caso il partito Libertà e Giustizia, possa essere sciolta, fa parte del gioco. È questa distinzione che ha permesso di rendere latente il conflitto tra generali e islamisti neotradizionalisti anche negli anni più duri della repressione. Mandare alla forca Badie può innescare il passaggio al campo del jihad dei militanti non ancora incarcerati”.

Contemporaneamente, ricorda il quotidiano, un altro giudice al Cairo ha ordinato la dissoluzione del Movimento 6 aprile per spionaggio e diffamazione dello Stato. Ordinanza che i due leader del movimento, Ahmed Maher e Mohamed Adel, hanno ricevuto in cella, dove da dicembre scontano una condanna a tre anni per violazione del divieto di manifestare.

 

Da Il Fatto segnaliamo l’attenzione dedicata alle elezioni europee in Gran Bretagna: “Dal foklore alla Ue, il terremoto Farage rivolta l’Inghilterra”, “Il partito nazionalista Ukip dato in testa nei sondaggi grazie a iscrizioni online e assemblee di quartiere”. Di Andrea Valdambrini. Nella pagina di fianco, ci si occupa invece di Spagna e in particolare del “PartitoX”: “gli indignados ora vogliono l’Europa”. Con un’intervista a Hervé Falciani, la “talpa-antievasori”, che ha deciso di candidarsi alle elezioni europee in questo partito come capolista.

 

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