Il compleanno di Rodotà. E gli insulti di Grillo.

 

Il Corriere della Sera: “Grillo attacca anche Rodotà. Il professore, candidato dei Cinque Stelle al Quirinale, definito ‘ottuagenario miracolato dal web’. Ma nel Movimento è rivolta, si spaccano i parlamentari”. In alto: “Il governo vara i tagli ai partiti. Il Pd: cassa integrazione per 180”.

 

La Repubblica: “Attacco a Rodotà, tutti contro Grillo”. “Il leader M5S: ‘Non ci dia lezioni, è un ottuagenario miracolato dal web’. Il professore: non replico, ho un altro stile. La Rete si ribella all’ex comico”. Nel sottotitolo: “Renzi a Letta: ‘Serve una svolta, il governo non può vivacchiare’”.

 

La Stampa: “Sui soldi frenata dei partiti”. “Oggi il Cdm: stop al finanziamento pubblico, ma dal 2016. Il Pd: dipendenti a rischio cassa. Prorogati i bonus ristrutturazioni”.

 

Il Giornale: “Via i soldi ai partiti, e ora il Pd licenzia”. “Trovato l’accordo, addio finanziamento pubblico. E i democratici annunciano 180 esuberi”. “Sventata la trappola anti-Pdl nella bozza di legge sui rimborsi”.

 

Libero: “Pd in cassa integrazione. Letta toglie i contributi ai partiti? Subito il suo partito scarica sulle casse dello Stato 180 dpendenti. Una specie di gioco delle tre tavolette in cui a rimetterci sono solo i cittadini”.

 

Il Fatto quotidiano: “Meno soldi ai partiti, cassa integrazione al Pd”.

 

Il Sole 24 ore apre con una intervista al ministro dell’Economia Saccomanni: “’Il mio piano per la crescita, investimenti fuori dal patto”. “Liquidità alle imprese con la leva Bei e il Fondo di garanzia”. Di spalla: “Confindustria: all’Ilva continuità produttiva e gestione industriale. Il Pm risponde alle 10 domande del Sole: se vogliono fermarci, facciano una legge”.

 

Finanziamento pubblico

 

Oggi il Consiglio dei ministri dovrebbe varare la riforma del finanziamento pubblico ai partiti, e il disegno di legge – scrive La Stampa – “sarà un sudatissimo compromesso tra Letta e la sua maggioranza”, con il governo che, avendo preso degli impegni, intende fare una “bella figura” e i partiti, “alle prese con bilanci non proprio floridi”. “Addirittura i tesorieri” dei partiti sarebbero stati “lì lì per dimettersi, quando nella bozza del disegno di legge circolata ieri hanno scoperto di essere personalmente responsabili per tutte le spese di partito”. Questa norma “draconiana” sarebbe stata corretta, e alla fine l’esito è stato uno schema che non rovescia “l’impianto testardamente imposto dal premier”. “Lo ‘scheletro’ della normativa è che i partiti dovranno finanziarsi in futuro con i contributi privati. Lo Stato darà una mano importante, ma sempre su input dei cittadini. I quali avranno due vie per sostenere la politica: la prima consisterà in un 2 per mille del bilancio pubblico da destinare al proprio partito tramite la dichiarazione dei redditi”. La seconda via: donazioni dirette alle forze politiche incentivate attraverso detrazioni fiscali. Si potrà detrarre dalle proprie tasse fino al 52 per cento fino a regali di 5 mila euro, e il 26 per cento per donazioni fino a 10 mila. L’avvio effettivo della norma però – per la necessità di mettere a regime le novità ffiscali – non potrebbe partire prima delle dichiarazioni dei redditi del maggio 2015. E dunque i primi denari della nuova era arriveranno ai partiti non prima del 2016. E fino ad allora? Il taglio sarà graduale nei prossimi tre anni, e la nuova legge sarà a regime dal 2017. “L’ultimo braccio di ferro tra Letta e i partiti. L’addio al finanziamento pubblico a regime nel 2017, ma i tesorieri piangono miseria e ottengono modifiche”, sintetizza il quotidiano torinese nel titolo.

I quotidiani danno anche conto dei timori dei tesorieri. Ieri il tesoriere del Pd Misiani, scrive il direttore di Libero Belpietro, ha riunito i dipendenti annunciando la cattiva notizia: la situazione dei conti è drammatica e con la fine delle erogazioni a piogia di contributi statali sarà anche peggio. Risultato: non c’è altra via che mandare a casa il personale. Portavoce, segretarie, funzionari: sono tutti a rischio. Perché secondo l’uomo della cassa, se ci si dovrà affidare alla contribuzione volontaria, cioè alle donazioni dei militanti o simpatizzanti, ci sarà poco da scialare. I fondi che arriveranno con il nuovo meccanismo non copriranno mai il vuoto incolmabile lasciato dai soldi pubblici, e dunque liberi tutti. Il piano prevede il ricorso agli ammortizzatori sociali, cioè la cassa integrazione o i contratti di solidarietà”. Alle pagine interne Libero spiega che “la situazione non è certo migliore nel Pdl, dove sono a rischio i 200 dipendenti del partito. ‘Le associazioni non riconosciute non prevedono Cig in deroga, ci toccherà licenziare tutti”, avverte il tesoriere Bianconi. “Questo governo vuole uccidere partiti. Nelle prime bozze il disegno di legge non prevedeva neanche i segretari amministrativi e metteva limiti all’organizzazione interna. Io non ci sto”, aggiunge il tesoriere del Pdl.

Il Giornale scrive della giornata di ieri, caratterizzata da una “sequenza serrata di riunioni tecniche” e racconta di una “prima stesura” del disegno di legge che prevedeva “precondizioni rigide per avere accesso allo spettro delle detrazioni previste dalla nuova norma. Una sorta di riproposizione della proposta Finocchiaro-Zanda per l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, con il rischio di escludere dalla competizione elettorale i partiti privi di sufficiente democrazia interna, con il Movimento 5 Stelle e, sussurra qualcuno, anche con lo stesso Pdl”. Questo testo sarebbe stato corretto mano a mano, e alla fine il disegno di legge “prevederà alcune condizioni di accesso ai benefici, in termini di trasparenza e rispetto della democrazia interna. In nessun caso, però verrà limitata la possibilità di presentarsi al voto. Quindi Beppe Grillo non correrà alcun rischio. Dovrà, però, dotarsi di uno statuto per poter assicurare ai suoi finanziatori la fiscalità favorita”.

 

Grillo

 

Il Corriere della Sera dà conto della reazione di Beppe Grillo alla intervista concessa ieri dal professor Stefano Rodotà, che commentava le dichiarazioni dello stesso Grillo sulla sconfitta elettorale del M5S. “Non l’ha presa bene,Beppe Grillo, l’intervista di Stefano Rodotà al Corriere. Dopo aver letto le critiche, dure ma dettagliate, di uno dei politici più stimati dal Movimento, ha deciso di lanciare sul suo blog l’ennesimo anatema. E così il simbolo dei 5 Stelle finisce nela polvere. Con buona pace degli elettori del Movimento che lo avevano indicato come il miglior candidato al Quirinale. Ma anche di una parte dei parlamentari, che non si riconosce affatto nell’invettiva, e ammette di condividere le critiche di Rodotà. Che non replica: ‘Non commento, non è nel mio stile”.

Grillo aveva scritto dei “maestrini con la penna rossa”, “usciti dalle cantine e dai freezer dopo venti anni di batoste”, “In prima fila, con mio sincero stupore, vedo un ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi a cui auguriamo una grande carriera e di rifondare la sinistra”.

Adriano Zaccagnini, parlamentare del M5S, ha commentato: “Grande solidarietà a Rodotà, un grande costituzionalista trattato senza rispetto”, e verso cui “è stata lanciata una macchina di fango”.

 

Ieri il settimanale Left ha organizzato al Teatro Eliseo di Roma un convegno con Salvatore Settis, Fabrizio Barca, Renato Soru ed esponenti di Sel e 5 Stelle, per presentare “15 tesi per riattivare la politica, partendo dai Movimenti e dalla Costituzione”, come scrive L’Unità, che in un altro articolo definisce questo incontro come l’occasione per un “timido outing” dell’anima del Movimento 5 Stelle che guarda a Pd e Sel. “Grillini sconcertati in fuga, dalla Sicilia parte la scissione”. Alla assemblea del teatro Eliseo erano presenti infatti Adriano Zaccagnini e d altri cinque deputati. “L’ipotesi è quella di un intergruppo che guarda a sinistra, a Sel e a quella parte del Pd rappresentata da Civati”, scrive il quotidiano.

Anche su La Repubblica un “retroscena”: “I ribelli pronti alla svolta anti-Beppe. ‘Ora un intergruppo con Pd e Sel”.

Il Corriere intervista il nuovo capogruppo del M5S alla Camera, Nuti: “”I dissidenti? Forse sono nel posto sbagliato”. Di Tommaso Currò ed Adriano Zaccagnini dice rispettivamente: “Tommaso è uno che ha detto che il nostro Movimento deve diventare un partito. Libero di dirlo, ma deve anche chiedersi: sono finito nel posto giusto? Se non è così, non posso costringerlo a restare”. E se lui vuole restare? Espulsione? “Democrazia non è anarachia”. “Ce ne sono altri di ‘disinformati’? Si parla di una decina almeno. “Non lo so. Sulle posizioni di Currò c’è Adriano Zaccagnini”. E sono due: vi farebbero un favore ad andarsene? Anche perché c’è questa storia delle ‘merde’, come le chiama la Lombardi, che rivelano le vostre informazioni. “Non è detto che siano loro le merde”.

 

Pd

 

Ieri Matteo Renzi ha presentato il suo libro all’Ara Pacis di Roma. Da Il Giornale: “Questa che io voglia far cadere Letta è una barzelletta: prima mi arrabbiavo, adesso mi diverto. Un governo è serio se fa le cose e non vivacchia. Per fare una riforma costituzionale ci vuole più tempo ma si deve dare un segnale: si abbia il coraggio di fare il Senato federale”. Rivolto a Bersani: “Non dobbiamo avere paura, abbiamo sbagliato a dare l’immagine che la leadership sia di per sé di destra, espressione fascistoide si è detto durante la campagna elettorale”. “Non dobbiamo aver paura di

un’espressione che citavamo come negativa in campagna elettorale: ‘uomo solo al comando”’, ha detto Renzi.

“Non sapere distinguere tra leadership democratica e ‘uomo solo al comando’ mi sembra un bel problema, è come confondere la medicina con la malattia”, ha replicato Bersani.

Da L’Unità: “Renzi: Letta si muova. Bersani: sei confuso”.

 

La Repubblica intervista il ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini (“Noi lavoriamo anche con Matteo, la sua corsa non ha una scadenza”), mentre una pagina de La Stampa è dedicata ad un retroscena sul Pd: “Il Pd ora teme il rottamatore. ‘Si vuole candidare segretario’. Un fedelissimo del sindaco ammette: ‘E’ vero, ci sta pensando seriamente’”. Parla Angelo Rughetti, e dice: “Sono nervosi perché hanno capito che Matteo si potrebbe candidare al congresso”.

 

Conti

 

Il ministro dell’Economia Saccomani, intervistato dal Sole 24 Ore, parla dei conti pubblici italiani dopo la chiusura della procedura d’infrazione per deficit: “Sara’ possibile dedurre dal computo del deficit la quota nazionale di cofinanziamento dei fondi strutturali europei. Investimenti che

dovranno essere connessi all’attuazione delle riforme strutturali”, dice. “Puntiamo alla maggiore utilizzazione dei fondi della Bei, che potranno essere utilizzati sotto forma di finanziamenti

diretti alle banche perché si traducano in altrettanti prestiti alle piccole e medie imprese”. Quanto alle risorse: “Puntiamo sulla spending review e il taglio delle agevolazioni fiscali’”. Difficile ridurre ora il cuneo fiscale: “Per ora non ci sono grandi margini”, e sull’aumento Iva: “Stiamo valutando tutte le soluzioni, compresa quella di un intervento selettivo”. Saccomanni auspica anche un diverso rapporto tra i ministri: “Va cancellata la dicotomia tra i cosiddetti ministri di spesa e il ministro dell’Economia. Fermo restando che sono io ad autorizzare la spesa ho detto chiaramente ai ministri di contribuire a individuare le coperture in contropartita alle richieste che vengono avanzate,

cominciando ad esempio a ridurre gli sprechi. Penso poi a una vera e propria cogestione, in sede politica, che passi anche attraverso il pieno coinvolgimento delle commissioni Bilancio e

Finanze di Camera e Senato”.

 

Internazionale

 

Il presidente siriano Assad – scrive L’Unità – ieri ha rilasciato una intervista alla tv libanese di Hezbollah, Al Manar, ed ha annunciato che la Siria ha già ricevuto un primo carico di missili S300 dalla Russia. “In realtà – ha precisato una fonte del governo russo – gli S 300 non sono mai partiti e Damasco avrebbe ricevuto solo alcune componenti del sistema missilistico. Israele, dal canto suo, ha ribadito che ‘non vuole la guerra con la Siria’ ma agirà se le armi ricevute da Damasco cadranno nelle mani sbagliate”.

Lo stesso quotidiano parla dell’annuncio dato ieri dalla Coalizione nazionale siriana che ha fatto sapere che non parteciperà alla conferenza che di dovrebbe tenere a giugno. Inviati di Mosca, Washington e dell’Onu si vedranno il 5 a Ginevra per i primi preparativi, ma la CNS ha fatto sapere che “fino a quando dureranno i massacri” non intende partecipare. “Non ha alcun senso una conferenza per la ricerca di una soluzione politica se vi sono dei massacri in corso”, ha detto un portavoce della Coalizione riferendosi in particolare alla situazione del villaggio di Qusayr, dove dal 19 maggio 1500 combattenti di Hebzollah starebbero affiancando l’esercito di Assad contro i ribelli.

Su Il Foglio, in prima pagina, due articoli dedicati alla situazione. Il primo dà conto della presenza di Hezbollah in Siria che – secondo fonti vicine a Sheik Sobbhi Toufaily, ex segretario di Hezbollah contrario all’intervento in Siria – avrebbe portato 6000 soldati contro i ribelli, una “cifra superiore alla stima data dal ministro degli esteri francese Fabius”, che due giorni fa ha parlato di 3 o 4 mila persone. Quanto alle dichiarazioni di Assad sui missili russi, scrive Il Foglio che “fonti israeliane dubitano, ma dicono che se fosse vero allora ‘agirebbero’ con un bombardamento per distruggerli.

Un altro articolo (“Non perda tempo, ministro Bonino”) si sofferma sulla situazione diplomatica e – commentando le dichiarazioni del ministro degli esteri che aveva detto di attendere la conferenza di Ginevra e di evitare per ora di dare armi ai ribelli – dice: “Il tempo sta dalla parte di Damasco, non dei ribelli. Il tempo sta dalla parte della Russia, dell’Iran, di Hebzollah, non dei Paesi occidentali o di quelli che, nella regione, sostengono la lotta contro il regime. Il tanto atteso vertice di Ginevra della prossima settimana arriva a un anno quasi esatto da un altro vertice di Ginevra che era identico a questo per molti verso, soprattutto negli obiettivi”.

Su La Stampa, intervista Daniel Pipes, fondatore del Middle East Forum. Assad è davvero già in possesso dei missili S-300? “Ho molti dubbi al riguardo, ritengo che il regime abbia a disposizione dolo alcune parti degli S-300, e che la consegna da Mosca non sia ancora avvenuta. Inoltre prima che le forze lealiste possano utilizzare questi armamenti ci vorrà del tempo, si tratta di sistemi molto complessi, per i quali occorre un addestramento ad hoc che impone i suoi tempi”. Secondo Pipes in qualche modo Assad millanta di averli perché si tratta di un “deterrente per scoraggiare la creazione di una ‘no fly zone’ sul proprio Paese”. Sulla stessa pagina si riferisce dello scontro in corso tra il movimento sciita libanese Hezbollah, impegnato a sostegno di Assad, e i palestinesi di Hamas. Si ricorda che all’inizio della rivolta in Siria il leader di Hamas Meshas aveva lasciato Damasco, scegliendo il Qatar, sponsor dei ribelli siriani. Ora secondo alcune fonti Hezbollah avrebbe ordinato ai militanti di Hamas residenti in Libano di lasciare “immediatamente” il Paese.

E ancora su La Stampa’, attenzione per la decisione del presidente Obama di scegliere per la guida dell’Fbi un uomo di George W. Bush nella persona di James Comey. E’ stato viceministro della Giustizia nel 2004, è un repubblicano convinto, elettore di John McCain nel 2008 e di Mitt Romney nel 2012. Da procuratore, ai tempi dell’allora ministro della Giustizia Ashcroft, riuscì in Virginia a perseguire 14 responsabili dell’attentato terroristico del 1996 alle Khobar Towers in Arabia saudita. La Stampa scrive che l’assedio degli scandali -dalle intercettazioni dei reporter alle ispezioni fiscali sui Tea Party- ha portato Obama a scegliere Comey, evitando la nomina di una fedelissima come Lisa Monaco per scongiurare la guerra aperta con i Repubblicani al Congresso. Si ricorda poi il ruolo di Comey nell’opporsi alle indicazioni della presidenza Bush sul rinnovo di un regolamento segreto sulla sorveglianza interna: in nome della legge e malgrado il pressing dei consiglieri di Bush stesso.

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