I saggi, facilitatori a tempo

 

Il Corriere della Sera: “I giorni amari di Napolitano. Le riflessioni del capo dello Stato: ‘Sospetti assurdi su di me’. Il presidente parla di ‘fine surreale’ del mandato. Oggi l’incontro con le commissioni”. A centro pagina: “Il Pdl incalza sui saggi. ‘Qui la casa brucia’. Alfano: dimezzare i tempi, riprendere le consultazioni’”.

 

La Repubblica: “Saggi, il Pdl sfida il Quirinale. Oggi al Colle le due commissioni per l’economia e le riforme istituzionali. Divisioni nel Pd. Attesa per il responso delle Borse”. “Bocciati anche da Grillo. Napolitano: sospetti infondati, sono a tempo”. A centro pagina: “India, no al brevetto, schiaffo a Big Pharma.”. Ieri la Corte suprema indiana ha bocciato le richieste di Novartis, ed ha stabilito che il brevetto per un farmaco anticancro non ha valore in territorio indiano. “Medicinale antitumorale sarà venduto come generico”.

 

Il Fatto quotidiano: “Anche Napolitano scarica i 10 saggi dello scandalo”. “Dopo gli osanna del primo giorno tutti i partiti – tranne Monti e mezzo Pd – fanno a gara a dissociarsi dalla trovata del Colle. Alla fine il Presidente è costretto a precisare: ‘E’ una iniziativa informale e limitata nei tempi’”.

 

Il Foglio: “Quel sapore di salsa olandese per condire la nostra pagnotta tedesca”, dove si spiega “come funzionano le commissioni per ‘stabilire un piano minimo’ per un governo ‘germanico’ dell’economia”.

 

Il Giornale: “Occhio, ci rifilano Prodi. Pd e Grilli pronti alla intesa sull’ex premier al Quirinale. In alternativa spunta persino la Boccassini. Destra e sinistra contro i saggi. E Napolitano fa una mezza retromarcia: solo consulenti a tempo limitato”.

 

L’Unità: “Prima il Presidente, poi il governo. L’inversione fa infuriare il Pdl, che chiede nuove consultazioni. ‘Larghe intese o voto subito’”. A centro pagina: “Le inutili polemiche sui dieci ‘saggi’”.

 

Il Sole 24 Ore: “Il rischio-euro lancia la corsa ai bond Usa. Titoli di Stato americani ai minimi: Cipro e stallo politico italiano spingono verso la ‘qualità’- Trimestre nero per il debito dei Piigs. Faru sulla Bce”. Di spalla: “E’ polemica sui saggi. Il Colle: tempi limitati. Pdl: governo o voto”. A centro pagina: “Debiti Pa, 6 p 7 miliardi entro giugno. Ultime limature al decreto sull’allentamento del Patto di Stabilità nei Comuni. Atteso domani il via libera del Consiglio dei ministri”.

 

Libero: “Occhio al portafoglio. La nomina dei dieci saggi e la conferma di Monti fanno felice la Germania: ora è più facile quel prelievo sulla ricchezza delle famiglie che Berlino vuole imporci per ridurre il debito”.

 

Politica

 

Un lungo articolo del quirinalista del Corriere della Sera riassume “le riflessioni del presidente” Napolitano dopo le polemiche sulla nomina dei dieci “saggi”: “Dopo sette anni sto finendo il mio mandato in un modo surreale, trovandomi oggetto di assurde reazioni, di sospetto, di dietrologie incomprensibile tra il geniale e il demente”. Quello passato è stato “il momento peggiore del settennato”, perché “la sua idea di far decantare per un po’ l’aria di impazzimento generale attraverso il lavoro di un doppio comitato di specialisti” è stata “travisata e criticata in modo ingiusto e insolente. Giornali ed esponenti di partito – da destra ma anche da sinistra – hanno parlato di ‘commissariamento delle Camere, di ‘golpe’, di ‘ritorno della monarchia’, di ‘oligarchia alla corte di re Giorgio con sapore di inciucio’ di ‘anomalia’, di presidenzialismo di fatto’, di ‘badanti della democrazia’”. Sul comitato Napolitano fa notare di non aver mai pronunciato la parola “saggi”, anche perché “può far credere a un percorso di lavori di mesi, se non quasi permanente”. Sulle sue dimissioni, e sul perché non le ha date “Ha deciso di restare al suo posto per garantire un elemento di continuità, così come un elemento di certezza è per lui rappresentato dall’operatività del governo”.

Andrea Manzella, su La Repubblica, ricorda che non ci sarà alcun governo del Presidente per il semplice motivo che il governo del Presidente c’era già, ed è quello legittimamente in carica. Tre principi costituzionali sorreggono questa “tregua” dopo quelle che definisce “le elezioni dei veti incrociati”: il primo è quello della continuità degli organi costituzionali, perché la prorogatio non è una eccezione bensì “la regola della Costituzione per sottrarre le istituzioni ai vuoti della politica”, e al momento “non ci possono essere svolte politiche nell’indirizzo di governo”, ma possono essere legittimamente compiuti “tutti gli atti consequenziali a premesse politiche già poste”; il secondo principio costituzionale è la garanzia di funzionalità del Parlamento, e la prorogatio non riguarda le Camere, bensì il governo, “sarà sempre operante il rapporto istituzionale con il governo dimissionario in carica”; il terzo principio non riguarda solo la Costituzione italiana, ma quello che è il suo intreccio con l’ordinamento della Ue, ovvero il principio della “fiducia europea”, e l’attuale presidente del Consiglio non ha mai perso la fiducia del consiglio di capi di Stato e di governo dell’Unione.

 

L’ex presidente della Corte costituzionale Ugo De Siervo, intervistato da La Repubblica, dice che non si sta andando assolutamente oltre la Costituzione, “si va solo oltre le pur varie prassi che avevamo conosciuto nell’esperienza repubblicana”, e che non c’è alcun vulnus costituzionale: dice che “un tentativo del Presidente per richiamare la maggioranza delle forse parlamentari a un maggior senso di responsabilità è naturale”. Sulla precisazione del Colle relativa al fatto che siano gruppi informali e con limiti temporali, De Siervo sottolinea che “è importante soprattutto il riferimento ai tempi. Che potrebbero però coincidere o avvicinarsi enormemente al rinnovo del Presidente della Repubblica. Il passo di Napolitano può portare a un nuovo capo dello Stato nel pieno dei suoi poteri, e che “le dimissioni avrebbero esposto il Paese a rischi gravissimi sul piano della credibilità internazionale, con conseguenze devastanti anche sul piano politico”.

Non è una messa in mora del Parlamento? “Piuttosto potrebbe creare qualche problema nei gruppi dirigenti dei partiti. I parlamentari non sono mai stati consultati su questi temi, e già si ipotizza uno scioglimento”.

 

In un post sul suo blog Beppe Grillo ha commentato le decisioni di Napolitano: “Ha confermato le nostre posizioni su Parlamento e governo. In sostanza ha affermato che un governo (mai sfiduciato…) è in carica, sebbene limitato agli affari correnti, e sta operando in collaborazione con il Parlamento, anzi solo previo consenso del Parlamento. Ma allo stesso tempo Grillo ha voluto ribadire che “il Paese non ha bisogno di fantomatici negoziatori o facilitatori del calibro di Violante. Il gran maestro dell’inciucio, tanto per citarne uno, che operano come gruppi di saggi. Non ha bisogno di “badanti della democrazia”, ma di far funzionare meglio il Parlamento, e alla svelta”.

La Repubblica intervista il capogruppo 5 Stelle al Senato Vito Crimi che definisce il comitato degli esperti “un finto governo di larghe intese comandato dal Presidente della Repubblica” e dice che i cosiddetti “esterni” (Violante, Onida, Pitruzzella, Giovannini) “non sono certo nomi nuovi”. Poi, parlando delle consultazioni avute con il Quirinale, dice che “non c’è mai stato spazio per i nostri nomi”, e aggiunge “io i nomi ce li ho, li abbiamo sempre avuti, ma non aveva senso metterli sul bancone del macellaio per farli vivisezionare dai giornalisti”, “persone esterne a questo mondo, che però stimiamo”. Perché non avete fatto questa proposta né al capo dello Stato né al premier incaricato? “Bersani – risponde Crimi – non ha mai messo in discussione il suo ruolo di presidente del Consiglio, non ha mai concepito alcuna alternativa. Allo stesso modo Napolitano ci ha detto: o un governo politico, o niente”.

La Repubblica intervista Massimo Cacciari, secondo cui dopo la sconfitta Bersani avrebbe dovuto farsi da parte. Cacciari si dice sicuro del fatto che la scelta di Bersani sia stata dettata “dalla volontà di difendere la sua classe dirigente”. E aggiunge: “Se Bersani si fosse fatto da parte e avesse candidato una personalità come Stefano Rodotà, magari il Movimento 5 Stelle avrebbe reagito diversamente”. Quanto alla commissione costituita da Napolitano, Cacciari ritiene che lo scopo del Presidente “sia quello di ottenere che i saggi consegnino al prossimo capo dello Stato un possibile programma condiviso almeno da Pd e Pdl. Il Pd non può permettersi di appoggiare un governo Violante-Quagliariello. Se cadesse in questa trappola sarebbe morto. E si capisce benissimo allora perché il Pdl sia disposto ad appoggiare qualsiasi candidato del Pd pur di andare al governo”. Secondo Cacciari, è necessario “essere rigorosi sulla stesura del programma, e sperare che Grillo si sganci dall’immobilismo”. E’ convinto che se le cose non cambiano e se va ad elezioni “le vince ancora una volta Silvio Berlusconi”. Quanto a Grillo, se pensa “di prendere ancora più voti, se lo sogna”.

Su Il Giornale: “Partiti uniti dai saggi: nessuno li vuole”, “Pdl, Pd e grillini bocciano la squadra”.

 

Il Corriere della Sera intervista il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta, che dice: “Se stiamo in questa situazione, e lo dico con grande preoccupazione, lo dobbiamo alla irresponsabilità e all’avventurismo di Pier Luigi Bersani e dei suoi giovani turchi e anche di Sel perché fin dal primo momento hanno detto ‘mai con il Pdl, né ora né mai’”. Per Brunetta invece “la grande coalizione è l’unica soluzione possibile responsabile, tenuto conto del fatta che le elezioni del 24 e 25 febbraio hanno prodotto un sostanziale pareggio tra centrosinistra e centrodestra e con un forte consenso al partito dell’antipolitica mentre la lista Monti ha registrato un grande flop”. Sul rischio di dimissioni di Napolitano: “Il Capo dello Stato proprio per evitare che il Paese scivolasse in una situazione di grande pericolo ha ritenuto correttamente di soprassedere a questa ipotesi. E ha indicato la commissione dei saggi”. Sui dubbi del Pdl sui saggi: “Abbiamo sollevato alcuni interrogativi sul suo ruolo: istruttorio o propositivo? Con chi questa commissione avrebbe dovuto dialogare? Con il Presidente o con il Parlamento? Attenzione, se l’interlocutore fosse stato il Parlamento non si trattava pià di una commissione, ma questo soggetto avrebbe preso le vesti di una istituzione prevista dalla Costituzione: si sarebbe cioè chiamato governo. Sarebbe stato un governo senza fiducia, un governo fuori dalla Costituzione. Se era comprensibile, e anche lodevole che vi fosse un gruppo di saggi che riferisse al Capo dello Stato, sarebbe stato invece aberrante che lo stesso gruppo si trasformasse nel governo”. Positivo il “chiarimento” di ieri del Quirinale, ed è un bene “che si faccia un analogo chiarimento nei confronti del governo Monti”, nel senso che è “un esecutivo dimissionario, in carica per gli affari correnti, che non alcun rapporto con il Parlamento eletto il 24 e 25 febbraio. E questa, faccio notare, è una cosa mai successa nella storia repubblicana”.

 

Sull’Unità viene intervistato il capogruppo del Pd alla Camera, che dice che i due gruppi di lavoro creati dal capo dello Stato possono “creare le condizioni per l’avvio di un governo di cambiamento”. I saggi dovrebbero insomma produrre “un terreno condiviso per le riforme istituzionali, perché come noi abbiamo detto proponendo lo strumento della Convenzione questo Paese ha bisogno di una riforma profonda che porti al superamento del bicameralismo perfetto, a una Camera delle autonomie, a un dimezzamento del numero dei parlamentari. E poi auspico che l’operato di questi due gruppi di lavoro crei le condizioni per l’avvio di un governo di cambiamento che risponda alla profonda inquietudine emersa dal voto di febbraio”.

 

Mario Mauro, senatore di Scelta civica, formazione che fa capo a Mario Monti, oltre che membro della commissione dei saggi nominato da Napolitano, sottolinea la “enorme mancanza di fiducia” verso la commissione, e precisa: “il nostro compito sarà maieutico: far partorire le riforme possibili dai punti di intesa”. Per esempio: “Non c’è un solo partito che non dica che non debba essere modificato il titolo V della Costituzione, che debba esser precisata e rivista la ripartizione delle funzioni tra Stato ed Enti Locali”, “non si tratta di ripensare ex novo testi costituzionali, ma di trasformare in norma quel che è condiviso e che i veti incrociati hanno ostacolato”.

 

Secondo Vittorio Feltri, su Il Giornale, Bersani e Grillo convergerebbero sul nome di Romano Prodi per il Quirinale. “Il Professore piace al Pd perché ha battuto in due circostanze il Cavaliere: inoltre è un cattolico di provata fede e nessuno pertanto avrebbe facoltà di accusare gli ex marxisti di aver monopolizzato le istituzioni piazzando solo progressisti nei posti chiave: Montecitorio, Palazzo Madama e Quirinale. E’ un ragionamento capzioso, questo, poiché Prodi è una icona della sinistra, eppure regge formalmente: Romano è stato ed è con i rossi, ma rosso di suo non lo era né mai lo sarà”.

Per il Corriere della Sera: “Bersani, la carta di Prodi per evitare le larghe intese. Il segretario cerca di uscire dall’angolo e punta sull’ex premier per il nuovo Quirinale”.

 

Internazionale

 

Il Corriere si occupa di Bassem Youssef, cardiologo egiziano ma soprattutto comico di successo: la convinzione diffusa è che sia stato il Presidente Morsi in persona ad averne ordinato l’arresto al Procuratore Ibrahim, da lui nominato in novembre con un “golpe” che un tribunale ha peraltro appena decretato illegale. Youssef è accusato di offese alla religione e al Presidente, è stato arrestato e poi liberato su cauzione: il suo show “Bernameg”, nato dopo la caduta di Mubarak su Youtube, dove ha toccato i 15 milioni di visualizzazioni, è passato poi su una tv privata, diventando un appuntamento di culto per milioni di giovani liberal anche fuori dall’Egitto. Il Corriere spiega che il personaggio è “irriverente a 360 gradi, anche verso gli oppositori di cui fa parte”, ma predilige il fronte islamico, dai Fratelli musulmani al presidente Morsi, di cui è il massimo esponente, senza escludere i salafiti.

Sul Sole 24 Ore una sintesi dell’intervento di Gary Sick, già membro del consiglio della sicurezza nazionale Usa sotto le presidenze di Ford, Carter e Reagan, dedicato all’Iran. Il quotidiano ne sintetizza così il contenuto: “Il compromesso necessario con l’Iran. L’Occidente accetti il nucleare civile di Teheran in cambio di ispezioni e vincoli sull’uranio”. L’intervento è tratto dall’ultimo numero della rivista Aspenia dedicato a monarchie e teocrazie del mondo islamico a due anni dalle primavere arabe.

 

E poi

 

Ampio spazio sui quotidiani per una vicenda che riguarda la sconfitta di Big Pharma. La Repubblica riassume: la corte suprema indiana ha respinto il ricorso presentato da Novartis, gigante dei farmaci svizzero, che rivendicava il brevetto sul Glivec, un medicinale anticancro “copiato” dalle aziende farmaceutiche indiane e venduto ad un prezzo molto inferiore. Le leggi indiane prevedono he la durata del brevetto sia limitata a venti anni. Ma l’azienda svizzera aveva presentato già nel 2006 una versione “rinnovata” del farmaco in modo da poter sfruttare un altro ventennio di protezione. I giudizi hanno spiegato nella sentenza che è soprattutto umanitario il movente di questa decisione, che mira a permettere l’accesso ad un farmaco salvavita per casi di cancro curabili potenzialmente a decine di milioni di indiani che non potrebbero permettersi il costo di una sola scatola del prodotto, utilizzato soprattutto contro la leucemia e alcuni tipi di tumore intestinale. Il quotidiano intervista l’attivista Vandana Shiva, che esprime la sua gioia per questa decisione: “La legge dice che i brevetti si concedono per le invenzioni. E la Novartis voleva forzare l’articolo sulla durata massima dei brevetti, una norma che abbiamo ottenuto con un grande movimento di opinione popolare, dopo che il WTO aveva dato alle multinazionali la possibilità di brevettare tutto quello che si muove sotto il sole.

Anche sul Corriere: “India, sì ai farmaci senza brevetto”, “la Novartis perde la causa sull’anticancro. Via libera al ‘low cost’”. Il quotidiano scrive che la se4ntenza di ieri ha tutte le caratteristiche per costituire un punto di forza per il mercato interno, all’avanguardia nel settore dei generici. L’amministratore delegato di Novartis India si dice pessimista: “Non ci saranno nuove medicine e senza nuove medicine non ci saranno più generici. La prima sconfitta è per i pazienti che soffrono di grandi mali e non potranno contare su trattamenti nuovi”. La multinazionale ricorda inoltre che attraverso gli ampi programmi di donazione fornisce gratuitamente il 95% di Glivec prescritto ai malati indiani, circa 26 mila persone. Il restante 5% viene rimborsato perché coperto da un’assicurazione.

Sulla stessa pagina, segnaliamo anche un articolo che dà conto di un crollo del turismo femminile in India: dopo i ripetuti casi di violenza sessuale, il Paese viene considerato un luogo “a rischio molestie”. Il crollo del turismo al femminile si attesterebbe intorno al 35%, secondo le stime fornite dall’associazione delle Camere di Commercio indiane e frutto della comparazione con le statistiche dello stesso periodo dello scorso anno.

Infine, alle pagine R2 cultura de La Repubblica, anticipazioni dall’ultimo libro di Roberto Saviano, dal titolo “000”, una inchiesta sulla cocaina, la droga che fa girare il mondo. Ci sono molti angoli del mondo che vivono senza acqua, ospedali, web. Ma non senza questo “bene rifugio”, scrive Saviano.

 

 

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