I discepoli di Habermas sono diventati antieuropei?

Le notizie. Ultim’ora: è morto Gianroberto Casaleggio, fondatore, con Beppe Grillo, del M5S.

Ieri il presidente della Corte costituzionale Paolo Grossi, in conferenza stampa, ha detto che che sul referendum antitrivellazioni “si deve votare”, “credo che si debba partecipare al voto, perché significa essere pienamente cittadini”. Come è noto, il presidente del Consiglio Renzi ha invitato all’astensione. Ieri il Consiglio d’Europa ha accolto un ricorso della Cgil e altre associazioni italiane che hanno sostenuto l’esistenza di discriminazioni tra medici e operatori sanitari obiettori e non obiettori sulla legge 194 relativa all’aborto: le donne italiane, di conseguenza, secondo il Consiglio d’Europa, incontrano “notevoli difficoltà” nel ricorso all’interruzione di gravidanza.

Alla Camera ieri il presidente del Consiglio ha difeso la riforma costituzionale, il cosiddetto disegno di legge Boschi in un’aula semideserta, dopo che le opposizioni hanno deciso di disertare il dibattito. E nella giornata di ieri l’Austria ha iniziato a smontare i guard rail sull’autostrada del Brennero per costruire una barriera metallica che la possa dividere dall’Italia. Nella sede del ministero dell’Economia ieri viavai di rappresentanti di banche, Cassa Depositi e Prestiti e Bankitalia per dare il via al fondo “Atlante” per le banche in crisi.

Il Corriere della Sera: “Renzi e le riforme: ‘Mi gioco tutto sul referendum'”, “Il premier in Aula, le opposizioni abbandonano”.

Al referendum sulle riforme costituzionali è dedicato l’editoriale di Michele Ainis: “Le spine (e la rosa)”. E sulla strategia su questo fronte del presidente del Consiglio, di fianco, un commento di Massimo Franco: “Percorso difficile con sfida finale”.

La grande foto in prima è per i migranti al Brennero che mostrano rami d’ulivo innanzi ad un filo spinato: “Una barriera tra Austria e Italia”, “Vienna avvia i lavori. Il Papa: rimuovere i muri”.

Di spalla a destra: “Mossa d’anticipo per salvare le banche e convincere la Ue”, di Federico Fubini.

Più in basso, su una ricerca di “Nature”: “Così un Paese insegna ai suoi figli a non mentire”. Il tema è la corruzione. A firmare l’articolo è Giuseppe Remuzzi.

A fondo pagina, l’inchiesta petrolio: “Appalti e favori, dossier sull’ammiraglio”, “Plico anonimo al governo svela sprechi sulle navi. De Giorgi venerdì dai pm di Potenza”, di Fiorenza Sarzanini.

La Repubblica: “‘Il voto un dovere’. Sulle trivelle l’effetto Consulta”, “referendum, Mattarella andrà alle urne. Renzi, sfida sulle riforme: se perdo lascio. Opposizioni fuori dall’aula per protesta”.

L’editoriale è firmato dall’ex direttore Ezio Mauro: “L’abdicazione della politica”.

La fotonotizia è dedicata alla protesta pro-migranti al Brennero: “Migranti, dall’Austria schiaffo all’Italia. Via ai lavori per il muro del Brennero”. “Un simbolo inutile” è il titolo del commento di Andrea Bonanni.

A centro pagina: “Un fondo di sei miliardi per le banche in crisi”.

Sulla colonna a destra un intervento di Umberto Veronesi: “Perché difendo le donne e la 194”, “Aborto, la bocciatura del Consiglio d’Europa: troppi medici obiettori”.

A fondo pagina: “Da Netflix a Amazon, la tv ‘faccio da me'”, sulla “rivoluzione on demand”, di cui scrivono Jaime D’Alessandro e Antonio Dipollina.

Di fianco: “‘Salvate la carbonara dagli chef di Francia’”, “Rivolta dopo una videoricetta”. Di Corrado Augias e Antonio Scuteri.

La Stampa: “Un fondo da sei miliardi per salvare le banche. Pensioni, giallo nel def”, “Riforme in dirittura d’arrivo, opposizioni fuori. Renzi: ‘Non si sfugge al dibattito, mi gioco tutto'”.

“Via al conto alla rovescia per il premier” è il titolo dell’editoriale di Federico Geremicca.

Dedicato al tema banche è invece il commento di Alberto Mignardi: “Se lo Stato ritorna padrone”.

A destra, le interviste di oggi del quotidiano. Sulla battaglia delle tv via Internet, intervista al fondatore di Netflix Reed Hastings (“Vivendi-Mediaset non ci fa paura. Noi cresciamo e investiamo molto”); sulla guerra al Califfato, Martin Kobler, inviato Onu in Libia (“Spetta ai libici battere l’Isis, ma vanno evitate forzature”); sulle riforme costituzionali, l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta (“Giusto cambiare il bicameralismo. A ottobre voterò sì al referendum”); sulle primarie americane lo scrittore inventore del New Journalism, Tom Wolfe (“E’ radical ma non chic, ecco perché Sanders è così popolare”).

La foto in basso è per Jack Ma, il fondatore di Alibaba, la più grande piattaforma al mondo per l’e-commerce: “Jack Ma, il signore cinese del vino italiano”, “L’imprenditore a Vinitaly: ‘Faremo esplodere l’export delle vostre bottiglie sul mercato online'”.

Il Fatto apre con le parole del presidente della Corte costituzionale: “‘Votare è un dovere'”. A illustrare i titoli è una foto che lo ritrae insieme al capo dello Stato: “Colle e Consulta. Ripetizioni di educazione civica a Renzi”, “Il presidente della Corte costituzionale Grassi è netto: ‘Credo si debba partecipare al voto: significa essere pienamente cittadini’. E anche dal Quirinale fanno sapere che il capo dello Stato, come prassi, andrà al seggio”.

Poi, sul referendum sulle riforme costituzionali: “Il premier già pensa a ottobre: ‘Riforme, bastano pochi sì'”, “‘Vinco anche col 34%'”.

A centro pagina: “Impresentabili in lista, il Pd non vuole controlli: ‘Troppi nomi, poco tempo’”, “Antimafia. Domani riunione della Commissione presieduta da Bindi: scontro sul voto”, “Franco Mirabelli, che rappresenta i democratici nell’ufficio di presidenza, non vuole vedere un altro caso De Luca: ‘Già l’altra volta abbiamo verificato che non c’erano gli strumenti: non è riproponibile’. Dovrebbero vagliare circa 140 mila posizioni. Fava (SI): esaminiamo almeno i casi come Roma e i Comuni infiltrati”.

Di fianco, intervista al candidato Dem al Campidoglio, Roberto Giachetti: “Il giuramento di Giachetti: ‘Mai più soldi contanti e cene in stile Buzzi&C'”.

L’editoriale del direttore Marco Travaglio è dedicato alla riforma della normativa sulle intercettazioni: “La Potenza deve girare”.

Il Giornale: “Banche, cambia tutto”, “Ricapitalizzazioni, sofferenze, crediti alle aziende: in arrivo un maxi-fondo da 5 miliardi”, “Niente crescita, il governo si rimangia l’ottimismo”.

“Dalle belle parole alle brutte cifre” è il titolo dell’editoriale di Francesco Forte.

Sulle riforme costituzionali: “Renzi parla all’Aula semideserta per far passare la riforma inutile”, “Aventino alla Camera”, di Laura Cesaretti.

Di fianco, sul referendum trivellazioni: “La Consulta a gamba tesa”, “‘Al referendum si deve votare’. Toghe, nuova grana per Matteo”. di Anna Maria Greco.

A centro pagina: “L’Austria alza il muro al Brennero”, “Vienna ha iniziato ad innalzare barriere anti migranti ai confini con l’Italia”, “L’Europa ci taglia fuori”, scrive Lodovica Bulian.

Poi, con foto di Stalin: “documenti inediti”, “La biografia di Stalin che fa a pezzi il comunismo”, di Alessandro Gnocchi.

Sulla colonna a destra, sulla lotta alla mafia: “Se le madri fanno togliere i figli ai boss”, di Daniela Missaglia.

E un articolo di Gianpaolo Iacobini: “Il carabiniere convive? Non fa carriera”.

A fondo pagina, sull’ultima intervista di Zaha Hadid: “‘L’architettura non è (solo) un mestiere da uomini'”. Ne scrive Cesare Cunaccia.

Di fianco: “Leonardo tiene famiglia. trovati i suoi discendenti”, scrive Massimo M. Veronese.

Libero, in riferimento al candidato del centrosinistra a Milano: “Mr. Expo non paga i debiti”, “La società che ha gestito l’evento non salda i fornitori. Decine di aziende in crisi e c’è chi ha già chiuso. Spiazzato da Parisi, Sala si butta a sinistra: canta Bandiera rossa e racconta le sue canne”.

Più in basso la caricatura di Benny ritrae un Renzi con velo integrale, alla vigilia della partenza per l’Iran: “Il premier in Iran. Per evitare altri fischi gli conviene tornare col burqa”, “Contestato al Vinitaly”.

L’editoriale del direttore Maurizio Belpietro si occupa del referendum sulle trivellazioni: “Votare è un diritto. Ma anche restare a casa è un modo di votare”.

Sulla riforma costituzionale: “Renzi prima vittima della riforma Renzi”, “Chi di Costituzione ferisce…'”, di Davide Giacalone.

A centro pagina: “L’Austria parte con il muro anti-immigrati (e anti-Italia)”, “Contro i 300mila arrivi previsti”. Ne scrive Adriano Scianca.

Poi un articolo di Andrea Morigi: “I 500 minorenni che sono a rischio Isis”.

Sulla colonna a destra: “Il Giglio Magico ha lo sconto sull’obolo al Pd”, “Quanto versa l’onorevole”. Di Franco Bechis.

E più in basso: “I banchieri si fanno il salotto nuovo per salvarsi meglio”, “Il fondo pulisci-bilanci”. Di Francesco De Dominicis.

A fondo pagina: “Sorride e sarà libera la romena che uccise una ragazza in metrò”, “Doina Mattei già esce dal carcere”, scrive Stefano Re.

Di fianco, “l’accusa dell’Europa”: “Medici italiani anti-abortisti più per comodità che per scelta”.

Brennero

Su La Repubblica, pagina 2: “Brennero, via ai lavori del muro anti-profughi, ‘Uno sfregio all’Europa’”, “La svolta dell’Austria. Il capo della polizia tirolese annuncia: ‘Controlli al più presto’. Rabbia dell’Italia”. In basso, intervista al presidente della Provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher, che dice: “‘Siamo preoccupati, così finisce Schengen'”. A pagina 3 il retroscena di Tonia Mastrobuoni da Berlino sulla situazione politica in Austria: “Il governo ai minimi storici e l’ultradestra che vola, ecco perché Vienna accelera”, “Il 24 aprile si vota il nuovo presidente e i partiti di maggioranza (sono) indietro in tutti i sondaggi. Proteggere i confini resta l’ultima mossa elettorale”, “l’ex capo dei Verdi Alexander van der Bellen è tallonato dai ‘nipotini di Haider'”. Ma “per avviare i controlli ci vuole un ordine del ministero dell’Interno non ancora arrivato”.

Sul Corriere: “Austria, una barriera al Brennero”, “Iniziati i lavori al confine: cabine sull’autostrada, poi arriverà anche una rete di 250 metri. Obiettivo: impedire il temuto flusso di migranti in estate dall’Italia. Il Papa: via tutti i muri”.

Riforme costituzionali, referendum sulle riforme costituzionali, governo

La Repubblica: “Renzi e la sfida referendum: ‘Se perdo giusto lasciare’. L’opposizione diserta l’aula”, “Il premier: ‘Conta vincere, non importa con quanto. Sbaglia chi scappa’. Alla Camera pericolo ostruzionismo”.

E sulla stessa pagina un’intervista ad Alessandro Di Battista, del direttorio del M5S: “Il governo deve andarsene anche per mano della piazza, tifo Di Maio a Palazzo Chigi'”.

Di fianco, il retroscena di Goffredo De Marchis: “La tentazione renziana: ‘Può essere Napolitano a guidare i comitati del sì'” (ieri nel suo discorso il presidente del Consiglio ha ringraziato il presidente emerito Napolitano per il sostegno al percorso delle riforme istituzionali, ndr.).

La Stampa intervista l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta: “Voterò sì al referendum sulla Costituzione”, “trovo sia un fatto positivo che si stia arrivando al completamento della riforma del bicameralismo”, “ci sono tante cose che non condivido in quella riforma, ma i referendum sono sul merito e questo testo è comunque meglio della situazione esistente”.

Il Fatto, pagina 2: “Renzi smonta il plebiscito: ‘Riforme anche con il 34%'”, “Il premier parla alla Camera alla vigilia del voto finale sul ddl Boschi e torna sul referendum di ottobre: ‘Se perdo lascio’. Ma cita il precedente del 2001” (titolo V della Costituzione, ndr.).

Referendum anti-trivellazioni

Su La Repubblica: “Trivelle, scontro sul voto. Consulta: giusto andare. Mattarella parteciperà”, “Astensionisti mobilitati per far fallire il quorum. Il ministro dell’Ambiente Galletti si schiera per il No”.

E in basso un articolo di Annalisa Cuzzocrea racconta gli schieramenti: “Vescovi e Verdi uniti, partiti divisi, così si schierano sui tre fronti”. Per il s’ tanti attori e cantanti, il governatore Emiliano e il grosso della minoranza dem. Per il No Prodi, Bersani e D’Alema. Renziani per l’astensione anti-quorum.

E un’analisi di Antonio Cianciullo: “Petrolio, occupazione e difesa dell’ambiente, ecco la posta in gioco”, “Gli impianti danno l’1% del greggio e il 3% del gas. Ma dal Sì o No alla loro attività dipende quale rotta prenderà la politica energetica”.

Il Fatto, pagina 3: “Consulta e Colle, doppio colpo contro l’astensione”, “Il presidente della Corte Grossi: ‘Votare è un dovere’. E sulle trivelle Mattarella fa sapere che andrà alle urne”.

Banche, economia

Su La Stampa, pagina 3: “Atlante, ecco come il governo salva le banche”, “Nasce una Sgr fino a sei miliardi per crediti deteriorati e aumenti di capitale. Renzi: è privata”. Spiega Alessandro Barbera che si chiamerà Atlante come il titano che regge la sfera celeste, varrà fino a sei miliardi e avrà una missione: tamponare le falle del sistema bancario prima che qualche rivolo insidioso si trasformi in una drammatica esondazione. Ieri al ministero del Tesoro in tre riunioni si sono alternati i vertici di Unicredit, Intesa San Paolo, il numero uno delle Fondazioni bancarie Guzzett e poi Ubi, Bpm e Banco popolare, Credito valtellinese. E poi Cassa Depositi e Prestiti, Bankitalia. “La cornucopia che sta per nascere -scrive ancora Barbera- sarà una via di mezzo fra una bad bank per la gestione dei crediti deteriorati e un fondo di solidarietà per garantire gli aumenti di capitale delle banche stesse.

E si riferiscono le parole di Matteo Renzi: “Questa operazione privata è utile. In Italia esiste un mercato attivo e responsabile che sta affrontando i problemi con risorse proprie, senza chiedere soldi pubblici”. Il capitale del Fondo Atlante partirà con quattro miliardi e potrà salire fino a sei. In realtà -si legge ancora su La Stampa- sarà partecipato indirettamente anche dallo Stato attraverso Cassa Depositi e Prestiti. Atlante “slalomeggia” tra le regole europee che -sulla carta- vietano aiuti di Stato e impongono il principio del bail-in, il salvataggio interno.

Su questo tema, in basso, un ampio retroscena di Francesco Manacorda: “La mossa di credito, Cdp e Fondazione per scongiurare una ‘crisi di sistema’”, “Il nuovo soggetto potrà avere la maggioranza di istituti in difficoltà”.

Anche di questo argomento, ma più in generale del tema “ripubblicizzazione dell’economia italiana” si occupa un’analisi di Alberto Mingardi (“Se lo Stato diventa padrone”, che ricorda anche come Enel, su sollecitazione del governo, farà la propria rete telefonica in fibra; e oggi lo Stato è di nuovo proprietario della seconda assicurazione italiana, che non si chiama più Ina, ma Poste Vita.

Segnaliamo, a tal proposito, un’intervista su La Repubblica a Francesco Caio, ad di Poste Italiane: “Risparmio modello Poste, così attirerò le famiglie in cerca di prodotti sicuri”, “siamo pronti ad accrescere il nostro peso nella finanza ma non venderemo mai titoli rischiosi come i derivati”, “siamo sempre più forti nell’e-commerce e nel sistema dei pagamenti. E con l’identità digitale si apre un nuovo orizzonte per semplificare la vita dei cittadini”.

Alla pagina precedente: “Banche, nasce Atlante, il fondo a sostegno di aumenti e sofferenze”, “Creato da Quaestio capital management Sgr, avrà una dotazione finanziaria tra 4 e 6 miliardi”, scrivono Valentina Conte e Andrea Greco.

Panama Papers, Cameron, Brexit

Sul Sole 24 Ore Leonardo Maisano, da Londra, scrive dell’autodifesa ieri, davanti alla Camera dei Comuni, del premier britannico David Cameron: “Cameron: il fondo era tassato”. “Ho venduto le quote del fondo, che era tassato, prima di diventare primo ministro per evitare un conflitto di interessi, ha spiegato Cameron, che ha pubblicato le dichiarazioni dei redditi degli ultimi sei anni. Scrive Masiano che Cameron “ha marciato con disinvoltura sul margine, talvolta sottile, che divide evasione da elusione fiscale, ha difeso la memoria di suo padre architetto del fondo Blairmore Holdings con sede a Panama e Bahamas, ha annunciato la creazione di una task force per accelerare la lotta contro chi non paga le tasse, ha incoraggiato chi occupa la prima linea della politica a dichiarare i propri redditi, poi è stato interrotto da un roboante ‘Dodgy, Dave’. Il Davide sospetto di imbrogli è, ovviamente, lui, nella colorita espressione di Dennis Skinners, esponente dell’ultrasinistra laburista che è stato accompagnato alla porta della Camera dei Comuni per quella battuta offensiva. Siparietto con insulto a parte, il premier britannico è stato efficace nel ricostruire il suo rapporto personale con il fondo di investimento uscito da Panama Papers che gli avrebbe garantito 30mila sterline dall’eredità del padre e -forse, ma è solo un sospetto- parte dei 200 mila ottenuti come regalia dalla madre”. Ha sottolineato che “è opportuno differenziare fra chi in modo artificioso cerca di pagare meno tasse e la necessità di incoraggiare gli investimenti. La creazione di ricchezza e le ambizioni non sono parole offensive, sono strumenti per aumentare la prosperità e la crescita…vanno agevolate”. Il confine -scrive Maisano- è labile e soprattutto ideologico, come ha dimostrato il dibattito con il leader dell’opposizione Jeremy Corbyn che ha cercato -talvolta con successo, talvolta no- di smontare la linea di difesa del premier. Lui, David Cameron, ha rivendicato il coraggio di aver svelato i propri redditi e ha spinto il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne a fare altrettanto. Lo stesso hanno fatto Corbyn e il cancelliere ombra John Mc Donnell. Resiste il resto del Parlamento britannico, incerto se cedere alla trasparenza o tutelare la privacy.

Su La Repubblica: “Cameron, la ricchezza non è un male”, “il premier britannico davanti alla Camera dei Comuni: ‘Sui conti esteri di mio padre accuse false e ingiuriose’. Annuncia la lotta all’evasione. Corbyn lo attacca: ‘Maestro della diversione’. Pubblici i redditi di vari politici”.

Sulla stessa pagina, intervista di Enrico Franceschini ad Anthony Giddens, il sociologo teorico della Terza Via, che dice: “Ora il vero rischio è la vittoria della Brexit. sarebbe un danno per tutta l’Unione”, “per contrastare il fenomeno dei fondi offshore serve un welfare globale, con la tassazione dei capitali nascosti”, “la nuova era della connessione digitale facilita la possibilità di spostare denaro ma rende tutto rintracciabile online”. Il vero rischio, secondo Giddens, è che Cameron “esca da questa storia politicamente screditato al punto da non riuscire più a convincere il regno Unito a votare per restare nell’Unione europea nel referendum di giugno”, l’impatto dello scandalo Panama Papers può spingere gli elettori “a votare contro il premier e dunque contro la Ue”.

Su La Stampa: “Cameron: nessuna evasione fiscale. Arricchirsi non può essere una colpa”, “Il premier in Parlamento dopo i Panama Papers. Corbyn lo critica”. E si riferiscono le parole del leader laburista: “Il caso Panama dimostra che c’è una regola per i ricchi e una regola per tutti gli altri. E Cameron non capisce quanto la gente è arrabbiata”.

Europa, antieuropeismo

Da La Repubblica, alle pagine R2Cultura, segnaliamo un intervento di Angelo Bolaffi: “La deriva antieuropea dei ‘nipoti’ di Habermas”, “In Germania gli ex allievi sfidano il filosofo. In nome di un nazionalismo di sinistra”. Intellettuali e sociologi formatisi alla sua scuola, spiega Bolaffi, sono paradossalmente, radicalmente ostili dal punto di vista teorico e politico alla prospettiva europeista. Ad avversare Habermas, insomma, in questo caso non sono pensatori di destra, non i Thilo Sarrazin o quelli di AfD. Bolaffi ricorda che in una sua lectio magistralis del 2014 Habermas rifletteva su come e sia possibile la “affermazione di un processo decisionale politico comune in Europa2 pure in assenza di un “popolo europeo”, un “demos europeo”. Perché, in presenza, come ricorda Bolaffi, di una “sovranità bicefala” (da una parte il Consiglio europeo e dunque i governi nazionali, e dall’altra il Parlamento europeo, espressione dei cittadini europei, tendenzialmente federalista), secondo Habermas si potrebbe superare la contraddizione tra le due istanze con una riforma dell’Ue “ricostruita come il risultato del processo costituzionale messo in atto da un ‘doppio’ potere sovrano, quello dei cittadini dei singoli Stati e quello dei cittadini dell’Unione”. In tal modo si garantirebbe che nel processo di “transnazionalizzazione della democrazia” gli Stati nazionali continuino ad esistere quali garanti dei livelli raggiunti di giustizia sociale e libertà politica che impedirebbe un processo di gerarchizzazione come in un vero Stato federale. Anzi, “la confederazione deve essere costruita in modo tale che venga mantenuta la relazione eterarchica tra gli Stati membri e la federazione”. Un “federalismo corretto”, secondo Bolaffi, che tenga conto delle specificità storico-culturali dell’Europa, nella visione di Habermas. Bolaffi cita Wolfgang Streck, che ha apertamente attaccato la politica di accoglienza dei migranti della Merkel. Ed “”è difficile sottrarsi alla sensazione che questi “nipotini” di Habermas stiano combattendo -secondo Bolaffi- una battaglia di retroguardia contro fantasmi ideologici -l’unificazione tedesca, la vittoria del cosiddetto neoliberismo imposta dalla globalizzazione di cui l’unificazione europea sarebbe uno dei momenti decisivi a discapito degli Stati nazionali e dei sistemi di welfare- per esorcizzare il fallimento della loro biografia intellettuale decretato dalla storia. Che poi le loro tesi abbiano eco in settori del sindacalismo tedesco (e nordeuropeo) e della stessa Spd costituisce drammatica conferma della crisi spirituale e politica della sinistra europea”.

Il caso Regeni

Su La Repubblica: “Regeni, oggi il summit con l’ambasciatore (italiano, richiamato per consultazioni, ndr.). Ma Al Sisi rafforza l’intesa con la Francia”, scrive Vincenzo Nigro. Gentiloni riceverà l’ambasciatore Massari e c’è attesa per un segnale dal presidente francese.

In basso, intervista a Mona Seif, una delle più importanti attiviste per i diritti umani dell’Egitto: “‘Ora tutti sanno quello che accade in Egitto'”, dice a Francesca Caferri. E aggiunge che il Paese non è sicuro: “Un Paese che non è in grado di difendere uno straniero che cammina da solo non è sicuro”.

Su La Stampa: “Regeni, così l’inchiesta italiana ha ricostruito il suo omicidio”, “Il ruolo chiave della polizia e della Sicurezza statale nella morte del giovane sono ritenuti certi dai nostri inquirenti. Da qui la rottura con i negoziatori egiziani”. Ne scrive Francesca Paci, inviata al Cairo.

Sulla stessa pagina, intervista al tycoon egiziano Naguib Sawiris, che dice: “Anche noi egiziani vogliamo la verità. I rapporti con Roma vanno salvaguardati”. Oggi incontrerà il presidente della Commissione Esteri della Camera Fabrizio Cicchitto. Ha più volte dichiarato che l’Italia ha ragione nelle sue richieste alle autorità egiziane. E lo ribadisce: “la richiesta dell’Italia della verità sul caso Regeni è giusta al 100 per cento. Le dichiarazioni, le ricostruzioni, non è che non mi convincano ma di fatto non hanno portato a nulla. Non hanno portato ad alcuna verità oggi nonostante le varie storie e versioni sull’accaduto”.

Sul Corriere: “Regeni, rogatoria e pessimismo dei pm. L’egiziano Sawiris cerca di mediare”, “L’uomo più ricco del Cairo al Parlamento di Roma. Cresce la mobilitazione in Italia”, scrive Fulvio Fiano. Sawiris, presidente esecutivo della holding Orascom Telecom, egiziano di fede copta, è ora anche uno dei più influenti politici di opposizione in patri con il Partito dei Liberi egiziani da lui fondato.

Isis in Siria

Su La Repubblica il reportage da El Karyaten di Alberto Stabile: “Schiave, timbri e ricevute nel monastero dove l’Isis amministrava la guerra”, “Tra Damasco e Palmira, in mezzo ai resti della chiesa profanata dai miliziani che qui avevano stabilito il comando militare”, “Questa era una città dove cristiani e sunniti vivevano in pace prima dell’arrivo dello Stato islamico”.

Libia

La Stampa intervista Martin Kobler. inviato speciale Onu per la Libia: “Spetta ai libici battere l’Isis. Meglio evitare forzature”, “L’Italia ha già un ruolo di leadership ma ora la priorità è completare il processo istituzionale”, “La comunità internazionale non spingerà per azioni di forza. Vogliamo prima di tutto evitare nuove violenze. Ogni forzatura sarebbe pericolosa”.

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