Hillary: tradita dal fattore “W” o vittima dello spirito di “Occupy Wall Street”?

Il Corriere della Sera: “Un primo passo per le unioni civili”, “Diritto. Respinto l’emendamento per fermare la legge, decisivo il M5S. Pd, tensione sulla libertà di coscienza. Slitta il voto sul testo”, “Il Senato si pronuncia con una maggioranza ampia. Intesa per limitare gli scrutini segreti”.

Al tema è dedicato l’editoriale di Pierluigi Battista: “Adozioni e amnesie”.

La foto a centro pagina è per Hillary Clinton: “Hillary Clinton e quel femminismo che non funziona”, di Maria Laura Rodotà. “In New Hampshire volano Sanders e Trump”.

Sull’approvazione ieri al consiglio dei ministri del decreto che contiene la riforma delle Banche di credito cooperativo: “Garanzie sui crediti e Bcc: la riforma delle banche”, “I rimborsi ai risparmiatori non sono nel decreto”.

Il quotidiano ha poi in prima il richiamo all’intervista a Stefano Parisi, candidato del centrodestra a Milano: “Parisi e la sfida per Milano: tutto il centrodestra con me”.

A fondo pagina: “Analfabeti dei numeri. Per sempre?”, “L’Ocse boccia ancora gli studenti italiani: gravi carenze in matematica. Da dove ripartire”. Di Paolo Giordano.

Di fianco, con foto di Diego Piacentini: “Il manager digitale arriva da Amazon”, “Piacentini nominato commissario a Palazzo Chigi”. E’ stato nominato commissario di governo per il digitale e l’innovazione. Lavorerà gratis per due anni, scrivono Leonard Berberi e Martina Pennisi.

La Repubblica: “Unioni civili, battaglia nel Pd sul voto segreto”, “Superato il primo test al Senato. Ma la legge rinviata a martedì”. “La linea sottile sulle adozioni” è il titolo dell’analisi di Stefano Folli.

Di fianco, la lettera di Matteo Renzi al quotidiano: “Renzi: ‘L’Europa sbaglia, di soli austerity si muore’”, “Ministro unico del Tesoro, il premier risponde a Scalfari. Padoan dice sì”.

Due le interviste sul tema richiamate in prima. La prima è con Lars Feld, consigliere economico di Angela Markel, che dice: “Adesso basta flessibilità, da Roma richieste sfacciate”. La seconda è con l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta: “Dobbiamo salvare l’euro, serve una super-poltrona”.

La grande foto è per Hillary Clinton dopo le primarie nel New Hampshire: “La rivincita di Sanders e Trump. Hillary, in crisi il metodo Clinton”.

Anche “la storia” dell’inserto R2 rimanda agli Usa: “Campus Usa troppo cari, e gli studenti emigrano”.

A fondo pagina, “la polemica”: “Napolitano: onorevoli dovete lavorare di più”.

La Stampa: “La Fed frena e le Borse corrono”, “La Yellen: economia più incerta, si allontana il previsto rialzo dei tassi Usa. I mercati festeggiano, Milano +5%”, “Banche, via alla riforma del credito cooperativo. Piacentini (Amazon) zar del digitale”.

“A cosa serve l’euroministro delle finanze” è il titolo dell’editoriale di Andrea Montanino.

Il quotidiano ha poi in prima l’intervista al manager Nikhil Srinivasan, a capo degli investimenti del gruppo Generali nel mondo, che dice: “Ma le azioni restano a rischio. Meglio i Btp”.

Sulle unioni civili: “Primo sì del Senato, Grasso non concede il voto segreto. Libertà di coscienza: lite nel Pd”, “Ma l’iter per l’approvazione del testo slitta a martedì. Il premier punta a chiudere prima delle comunali”.

A centro pagina, foto dei sostenitori di Trump e Sanders in New Hampshire: “Trump-Sanders, è l’America degli outsiders”, “Il socialista batte Hillary, il magnate sbaraglia gli avversari: così diventano i protagonisti delle primarie”.

IL Fatto: “L’AirForceRenzi è tutto segreto”, “Quanto costa? Palazzo Chigi blinda i contenuti dell’accordo con Etihad”, “Nessuna gara d’appalto e nessuna informazione per il leasing del mega Airbus voluto dal premier. E i documenti collegati sono classificati come riservati, accessibili solo ai pm”.

Sotto la testata: “Le tessere in bianco del Pd valgono 3 anni in vista del congresso”, “a Matera incredibile boom di iscrizioni online”.

E sul documentario di Canal Plus su Ustica: “Ustica e Gheddafi, l’ultima battaglia sulla pista francese”.

Sulle unioni civili: “Unioni civili, i Dem perdono il controllo dei senatori”.

Sul decreto banche varato ieri: “Crac banche, niente rimborsi. Immobili: rischio svalutazioni”, “Rinviati gli indennizzi, cattive sorprese dal piano Bad Bank”, “Gli obbligazionisti danneggiati dal decreto ‘Salvabanche’ di novembre devono attendere ancora. La Borsa rimbalza (+5%) e il Consigliod ei ministri avvia la riforma degli istituti di credito cooperativo”.

Poi, con foto, su Poste Italiane: “Poste col trucco: il governo sapeva tutto, ecco le prove”, “Il ministero dello Sviluppo economico era al corrente nell’aprile del 2014 che l’azienda intercettava le ‘lettere civetta’ per mostrare un servizio efficiente”.

Sulle primarie Usa: “Sanders e Trump vincono, Bloomberg gode”, scrive Giampiero Gramaglia.

Il Giornale: “Banche, Renzi non paga”, “Nessun rimborso per gli obbligazionisti che hanno perso tutto nel crac dei quattro istituti di credito”, “Tregua sui mercati, la Borsa rimbalza: +5%”.

Sulla scelta di molti artisti al festival di Sanremo di sfoggiare un nastrino a sostegno della legge sulle unioni civili: “Artisti e Rai vanno dove tira il nastrino”. Di Tony Damascelli.

E sull’iter del ddl unioni civili al Senato: “Il Pd si spacca sulle unioni civili”, “Passa il primo voto, ma i democratici litigano sui prossimi scrutini segreti”, scrive Laura Cesaretti.

E la rubrica “il dubbio” di Piero Ostellino: “Quanta ipocrisia per una legge inutile”.

In apertura a sinistra, le elezioni amministrative: “Parisi scioglie le riserve. ‘In campo a Milano per sconfiggere Sala’”.

Su Parisi e Sala interviene il direttore Alessandro Sallusti con il suo editoriale: “Pari non sono”.

Sulla colonna a destra, “Il giorno del ricordo”, celebrato ieri per ricordare le vittime delle foibe: “Orrore senza fine, scoperta una nuova foiba: centinaia i corpi”. Si troverebbe in provincia di Udine e a scriverne è Fausto Biloslavo.

Delle primarie negli Stati Uniti scrive Paolo Guzzanti: “Socialismo americano”, “Sanders, l’ultimo dei compagni a stelle e strisce”.

Libero: “Il Pd divorzia per le nozze gay”, “Scontro sulla libertà di coscienza”, “Una parte del partito si ribella: molti non vogliono votare gli articoli che permettono agli omosessuali di comprarsi un figlio all’estero con l’utero in affitto. Come ha fatto il senatore che ha scritto la legge”.

Il riferimento è al senatore Pd Sergio Lo Giudice, come si legge nell’editoriale del direttore Maurizio Belpietro.

Sulle elezioni amministrative: “A Roma il centrodestra gioca a moscacieca”, “Salvini contro Meloni, bruciato un altro candidato”. “Ma a Milano l’intesa c’è: corre Parisi”.

Più in basso, “La folle idea del ministro unico del Tesoro europeo (non eletto)”, “Ci vogliono così: crucchi o morti”, scrive Mario Giordano.

“Ma Deutsche Bank spaventa la Merkel”, sottolinea Ugo Bertone.

 

Usa, primarie

La Stampa dedica le pagine 6 e 7 a quelle che definisce “le primarie degli ousiders”. Sul fronte democratico: “Sanders batte Hillary e cerca il voto dei neri”, “Il socialista prima trionfa in New Hampshire poi va a New York dal reverendo Al Sharpton”. E’ Francesco Semprini dal New Hampshire a dar conto del “trionfo alle primarie” di Bernie Sanders, con il suo 60% dei voti ottenuto nel “Granite State”, contro il 38% di Hillary Clinton. Sanders “ha fatto incetta di voti in ogni sacca elettorale, tra i giovani, nonostante i suoi 74 anni, gli operai, i colletti bianchi, scoraggiati e indecisi, e donne. Quel ‘tradimento rosa’ che Hillary temeva alla vigilia”.

Vittorio Zucconi, su La Repubblica, a proposito di quella che definisce la “disastrosa campagna nel New Hamspshire” di Hillary Clinton: “Troppi soldi e falsità, la coppia ‘Billary’ non funziona più”.

“E’ il ‘big money’, è Wall Street, obiettivo comune degli opposti populismi di Trump e Sanders, quello che sta affondando Hillary”, e la coppia più potente d’America, scrive Zucconi. I Clinton “sono vittime del loro successo. Quei 21 milioni incassati da lei per tenere discorsi a società come la Goldman Sachs (250 mila a serata), incarnazione di tutto il male nell’immaginazione popolare, quei 163 milioni già versati nei suoi forzieri dai Super Pac, dovevano essere le ali per il volo della Prima Signora Presidente. Sono diventati la macina da mulino che il suo avversario e il disgusto popolare per la finanza rapace le ha appeso al collo”. Bill, il marito, “è furioso” con lei perché la accusa di aver ripetuto gli stessi errori del 2008, quando sottovalutò sprezzantemente l’insidia del giovane afroamericano Obama. Lui è “invadente”, logorroico e paternalistico.

Sul Corriere della Sera, in prima, Maria Laura Rodotà: “Hillary Clinton e quel femminismo che non funziona”. “Perché le ragazze del Nwe Hampshire non hanno votato per Hillary Clinton? Basta fargli due conti in tasca. Lavorano troppo, pagare poco, piuttosto che votare una donna, hanno preferito mandare un segnale anti-establishment”, scrive la Rodotà.

A pagina 11, “Voto di donna”. Con le intervista alla scrittrice femminista Erica Jong, 73 anni, che dice: “Hillary la migliore. Ridicole le giovani che le danno contro”, “Queste ragazze non conoscono la sua storia, tutto quello che ha fatto per promuovere l’emancipazione delle donne”. E di fianco, di opposto parere, Sarah Leonard, 27 anni, autrice di saggi su politica e femminismo sulle riviste ‘Dissent Magazine’ e ‘The New Inquiry’, che dice: “Politica senza anima. Si dice femminista ma è solo per calcolo”, “Parla alle ricche. Come mi ha detto una sindacalista: vorrei avere una donna presidente, ma non posso permettermi Clinton”.

Su La Repubblica: “La vittoria di Bernie, il socialdemocratico che parla ai cuori”. Ne scrive Federico Rampini, sottolineando che “in New Hampshire ha stracciato la rivale”. Sanders “resuscita lo spirito di Occupy Wall Street”, “fa presa sui giovani e sui tanti feriti dalla crisi”. Nella serata del trionfo in New Hampshire il senatore del Vermont ha illustrato la sua “ricetta” e la prima lezione che ha voluto sottolineare è la seguente: “I progressisti vincono quando c’è un’alta affluenza alle urne, i conservatori vincono quando la gente è demoralizzata e non vota”. Ora per Hillary diventano cruciali gli appuntamenti nel Nevada e nel South Carolina: là c’è un elettorato più variegato e la saggezza del clan Clinton dice che a Sud e a Ovest si gioca in casa grazie a neri e ispanici. Ma quel modo di calcolare a freddo il peso delle varie constituency storicamente legate ai Clinton, secondo Rampini non fa i conti con la capacità di Sanders di creare un movimento, un’emozione nuova, facendo salire a livelli record l’affluenza alle urne. I giovani ispanici e neri “potrebbero votare seguendo una mobilitazione generazionale, ‘l’insurrezione dal basso’ che resuscita lo spirito di Occupy Wall Street. Quel movimento fu breve, effimero, ma la crisi che lo scatenò non è dimenticata”.

Sul Corriere: “Bernie sfata un tabù: è il primo ebreo a vincere le primarie”, scrive Massimo Gaggi.

Su La Repubblica: “Repubblicani frantumati, Trump vola”, “Sommando i voti dell’opposizione al miliardario arriva al 60%, ma nessun nome emerge”, scrive Alberto Flores D’Arcais. Che sottolinea, a proposito dei risultati nel New Hampshire: “Per Donald Trump hanno rappresentato la ‘tempesta perfetta’, per l’establishment del Grand Old Party, alla disperata ricerca di una seria alternativa al candidato-miliardario, i risultati del New Hamshire non potevano essere peggiori. Perché invece di ridurre il lotto dei candidati possibili, lo ha addirittura allargato: facendo emergere un inaspettato ‘numero2’ come il governatore dell’Ohio John Kasich (15,7% dei voti: qualche giorno fa proprio a lui era andato l’endorsement del New York Times), rilanciando le (scarse) possibilità di Jeb Bush (11%), mantenendo in piena corsa il campione dei Tea Party Ted Cruz (11,7%) e ridimensionando il senatore della Florida Marco Rubio (10,5%), travolto dagli attacchi degli altri e dalla sua pessima performance nell’ultimo dibattito televisivo prima del voto. Sommando tutti i loro voti l’opposizione a Trump supera il 60 per cento (un dato simile vale anche a livello nazionale) eppure, al momento, la sua marcia appare quasi inarrestabile”.

Su La Stampa ne scrive Paolo Mastrolilli: “Trump, il ciclone che travolge i rivali”, “Il magnate con il 35% surclassa Rubio e Crzu. ‘Sarò il più grande presidente mai creato’”. E, sulla stessa pagina: “Bllomberg, Biden e Romney, i ‘presentabili’ che potrebbero sbloccare la corsa”, “I democratici in cerca di un candidato di consenso guardano all’ex sindaco di New York e al vicepresidente. E a destra rispunta il nome del rivale di Obama del 2012”. Qualche giorno fa l’importante finanziatore del partito democratico Bill Barthman -scrive Mastrolilli- ha chiesto ai colleghi di tenersi pronti a dare soldi al vicepresidente Biden, che andrebbe precettato se la campagna di Hillary implodesse.

Su Il Fatto: “Fra un Sanders e un Trump il più contento è Bllomberg”, scrive Giampiero Gramaglia.

 

Il caso Regeni in Egitto

Sul Corriere: “Regeni, l’allarme dei servizi era partito la notte del sequestro”, “Ispezioni a casa di Giulio prima della scomparsa”. L’inviata al Cairo è Virginia Piccolillo: “’Sono venuti qui due o tre giorni prima che quel ragazzo sparisse. Non hanno cercato lui. Io non c’ero, ma hanno chiesto documenti, hanno guardato in giro. Sembravano poliziotti. Ma state attenti’. Al piano di sotto dell’appartamento scrostato dove viveva Giulio Regeni un impiegato di un’agenzia di comunicazioni aggiunge un elemento al mistero che avvolge il prima e il dopo la scomparsa”. Mona Seif, sorella di un blogger arrestato, denuncia su Facebook che “il detective incaricato del caso ha avuto una condanna” dalla corte di Alessandria per aver torturato fino alla morte un uomo.

Su Il Fatto si legge che Mona Seif si riferisce al generale Khaled Shalabi, funzionario della procura di Giza, condannato per falsificazione di rapporti di polizia e per aver provocato la morte di un uomo per torture. E’ lo stesso -scrive Valeria Pacelli- che la sera del ritrovamento del corpo di Regeni parlò di incidente stradale.

Su La Repubblica: “Nel palazzo dove viveva Giulio, ‘La polizia qui tre giorni prima’”, “Dal quarto piano di un edificio ultra popolare alla fermata della metro: gli ultimi cento passi nel quartiere El Dokki del ricercatore ucciso”, “’Gli agenti volevano sapere i nomi di chi abitava nello stabile’”, “Si rafforza l’ipotesi che la sera della scomparsa qualcuno lo stesse aspettando vicino a casa”.

E sulla stessa pagina, un articolo di Carlo Bonini: “L’Italia in pressing, il ministro egiziano si negò”. Ci si riferisce al ministro dell’Interno Abdel Ghaffar, che ha sostenuto di essere stato informato del caso dopo due giorni. Ma “le carte lo smentiscono”, scrive Bonini. Fu informato dal nostro ambasciatore al Cairo Maurizio Massari della scomparsa di Regeni non “dopo due giorni”, ma nel giro di poco più di 12 ore, nel primo pomeriggio del 26 gennaio. Ancora il 27 gennaio, nonostante le insistenze del nostro ambasciatore che gli chiedeva un incontro urgente, ritenne di non doversi rendere disponibile.

Il Fatto: “Toh, il rais è feroce: l’ipocrisia degli scopritori d’acqua calda”, “Non serviva il caso Regeni per capire che l’Egitto è il regno di tortura e desaparecidos”, scrive Massimo Fini sottolineando che “l’intero Occidente, e non solo l’irrilevante Renzi, appoggia il criminale Al Sisi”.

 

Eurozona, superministri, austerity

Su La Repubblica, a pagina 2: “Rimbalzo in Borsa: +5%. Padoan: ‘Diciamo sì al ministro dell’euro’”, “Mattarella: ‘Le primarie per il presidente della Commissione Ue? Iniziativa interessante”.

In basso, intervista a Lars Feld, consigliere della cancelliera tedesca Angela Merkel: “Basta flessibilità all’Italia. Invece di ridurre il debito Roma fa richieste sfacciate”.

A pagina 3 la lettera del presidente del Consiglio al quotidiano: “Renzi: ‘La Ue sbaglia strada, di sola austerity si muore, ora vogliamo una svolta’”, “Il premier scrive a ‘Repubblica’ e risponde a Scalfari sulla proposta di un superministro delle Finanze per l’eurozona: ‘Il problema non è la leadership ma la scelta della politica economica’”. Scrive Renzi che “i Paesi che sono cresciuti in Europa lo hanno fatto soltanto perché hanno violato in modo macroscopico le regole del deficit: penso al Regno Unito di Cameron che ha finanziato il taglio delle tasse portando il deficit al 5% o alla Spagna di Rajoy che ha accompagnato la crescita con un deficit medio di quasi il 6%”.

A pagina 4: “La Fe allontana il rialzo dei tassi. Yellen: nuovi rischi per l’economia’”. E si riferiscono le parole della presidente della Federal Reserve: “Sale l’occupazione Usa, ma i pericoli vengono dalla crisi della Cina e dall’inflazione bassa”.

Sulla stessa pagina, intervista ad Enrico Letta sulla idea di un ministro europeo del Tesoro: “Al superministro Ue un budget per la crescita”, “deve avere il potere di bloccare i bilanci dei Paesi con deficit eccessivi”, “questa figura può essere il primo passo verso un’Europa a due cerchi, con una zona euro più integrata”.

 

Unioni civili

La Repubblica, pagina 6: “Unioni civili, il primo sì, ma il Pd si spacca, la rivolta dei cattodem”, “Scontro sulla libertà di coscienza. Il presidente del Senato nega il voto segreto. E ora tutto slitta a martedì”.

E “il retroscena” di Goffredo De Marchis: “E il premier frena i dissidenti: ‘Questa legge va approvata con o senza la stepchild’”, “il leader ha chiesto ai suoi uomini di fare scouting e trovare altri senatori pronti ad approvare il testo”.

Il Corriere della Sera, pagina 2: “Unioni civili, 195 no allo stop. Ma al Senato il Pd prende tempo”, “Respinto (a scrutinio palese) l’emendamento per bloccare la legge. Slittano a martedì i voti sul testo. I cattodem protestano con Zanda (capogruppo Pd, ndr.) per i paletti sulla libertà di coscienza. E scompare l’ipotesi di affido rafforzato” (è contenuto nell’emendamento sottoscritto dai 30 senatori cattodem e trasforma l’adozione in affido rafforzato, potrebbe essere falcidiato insieme a molte altre proposte emendative se viene approvato il cosiddetto “emendamento canguro”, ndr.)

Sulla stessa pagina un’analisi di Maria Teresa Meli: “Napolitano e il fronte degli ex pci contrari alla stepchild adoption”. Le speranze della senatrice Fattorini, che sulle unioni civili ha molti dubbi, scrive Meli, si appuntano sul senatore Giorgio Napolitano che -dice- “è il nostro monsignor Ruini. Non gli piace la stepchild adoption e sta lavorando per cambiarla”, “e potrebbero seguirlo in diversi”.

Su La Stampa il “taccuino” di Marcello Sorgi: “Verso il via libera ma senza le adozioni”. La tendenza è chiara, scrive Sorgi: “al Senato, più che i contenuti controversi della legge, continuano a pesare i timori di destabilizzare il quadro politico e mettere a rischio la prosecuzione della legislatura”. E la dichiarazione di Renzi contro l’utero in affitto “è stata interpretata da tutti come il preavviso, se non di una vera e propria rinuncia alle adozioni, di un compromesso di fatto” che si concluderebbe con un sì alle unioni civili e un no alla stepchild adoption.

Il Fatto: “Unioni civili: trattative tutte aperte, Pd nel caos”, “La Lega minaccia 70 voti segreti, resta sul tavolo il super-canguro”. Il ddl ha superato il primo voto, per respingere la richiesta di non passaggio agli articoli e per far tornare il testo in commissione: “votano assieme al Pd sia i Cinque stelle che Ala (senatori verdiniani, ndr.), contro Ncd”.

Su La Stampa scrive Carlo Bertini che Renzi punta a fare votare il “canguro” anche ai cattolici Pd. L’obiettivo è approvare la legge prima delle comunali.

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