Grecia, ricomincia la trattativa

La Repubblica: “Caos Grecia, linea dura Ue”, “Dalla Bce niente aiuti in più, le banche restano chiuse. Arrivano i soccorsi umanitari”, “Merkel e Hollande: facciano proposte serie o non ci sono termini per un negoziato”, “Tsipras prepara il suo piano e sacrifica Varoufakis in nome della trattativa”. E una grande foto campeggia sotto questi titoli: ritrae Varoufakis in moto con il suo successore, Euclid Tsakalotos.
“La tragedia europea in scena a Atene” è il titolo dell’editoriale del direttore Ezio Mauro.
A Varoufakis è dedicato il ritratto del personaggio tracciato dall’inviato ad Atene Ettore Livini: “Il ministro espiatorio, dalle gaffe all’addio”.
Da Bruxelles Alberto D’argenio racconta: “Partono i camion con farmaci e cibo”.
A centro pagina: “Cadono le Borse, sale lo spread. Milano la peggiore: meno 4%”.
E un’analisi di Lucio Caracciolo: “Se è solo Berlino a dettare legge”.
A fondo pagina, su un caso che riguarda Roma e che “finisce in Parlamento”: “Cemento armato per le colonne, ai Fori il restauro delle polemiche”.
In prima anche l’Iran: “La band suona senza strumenti, ‘Sfidiamo i divieti di Teheran’”, “proibito portare oggetti musicali in tv”. Di Federico Capitoni.

La Stampa, con la stessa foto di Varoufakis in moto con il successore Tsakalotos: “’Trenta miliardi per salvare Atene’”, “Tsipras fa dimettere Varoufakis e presenta il nuovo piano all’Ue. Bce conferma gli aiuti. Merkel e Hollande: aspettiamo le proposte, ma serve serietà. Borse, Milano crolla: -4%”, “Dopo il referendum, Francia e Usa spingono per cercare una mediazione, ma la Cancelliera per ora resta inflessibile”.
“E’ la stagione dei compromessi al ribasso”, scrive in un editoriale in prima Cesare Martinetti.
A centro pagina: “Chi esce”, “Il ministro star detestato dall’Ue ora lascia da eroe”, di Tonia Mastrobuoni. E “Chi entra”, “Euclide Tsakalotos, un comunista formato a Oxford”, di Stefano Lepri.
In prima il richiamo all’intervista all’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, che dice: “L’Italia si muova e giochi da protagonista”.
Sulla colonna a destra, le vicende della regione Puglia e del suo Presidente: “Emiliano apre la giunta pugliese a tre grilline ma riceve un no”.
Si tratta di una “mossa sterile con ambizioni romane”, secondo Andrea Malaguti.

Il Corriere della sera: “La trattativa segreta della Grecia. Tsipras annuncia altre proposte. Varoufakis lascia, arriva il ‘falco’ Tsakalotos. Le banche restano ancora chiuse. Giù le Borse”. “Merkel: lontani da un nuovo negoziato. Hollande: porte aperte a un piano serio. La Bce non alza i fondi”.
Di spalla un commento di Ernesto Galli della Logia: “Il grande errore dell’europeismo: sottovalutare gli Stati nazionali”.
A centro pagina una intervista a Paolo Gentiloni, ministro degli esteri: “Così ci impegneremo perché restino nell’euro”.
Accanto, la storia di Marta Giulia Sergio, ovvero Fatima, “la jihadista italiana ricercata per associazione con finalità di terrorismo”, intervistata via Skype dal quotidiano di via Solferino: “La ferocia di Fatima: decapitiamo gli infedeli”.

L’Unità: “Svegliati Europa”, “Varoufakis addio. Riapre la trattativa, le banche in Grecia però restano chiuse. Juncker lavora a un prestito ponte. Renzi: salvare Atene e rifare l’Unione”.
Con due interviste dedicate alla crisi greca. La prima è con l’economista Jean-Paul Fitoussi: “Adesso la Ue deve riuscire a cambiare verso”, “Serve rilanciare l’azione politica, la finanza non basta”. La seconda ad Alex Zanotelli: “Ma Tispras deve tagliare le spese militari”.
Su “negoziato e riforme”, da segnalare un intervento di Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei.
In prima una grande foto da Sana’a, capitale yemenita sotto bombardamenti: “Sana’a, c’è una città-capolavoro da salvare”.
A fondo pagina: “Burocrazia e fallimenti: i cantieri che sporcano l’Italia”, “1229 opere pubbliche costate 23 miliardi di euro ferme da 40 anni”.
In prima anche le riforme istituzionali: “Riforma Senato, contro lo stallo, nel Pd si tratta sull’elezione”, “Vertice tra Renzi, Boschi e i capigruppo Zanda e Rosato”.
L’inchiesta del quotidiano riguarda il volontariato: “Inchiesta sul volontariato. La rete solidale dell’Arci”, “La presidente Francesca Chiavacci: così cambia il nostro impegno”.

Libero: “Basta soldi a greci e Merkel. Il referendum ha detto che la Germania non può essere la padrona d’Europa. Renzi, escluso dal vertice franco-tedesco, deve capire che è l’occasione da cogliere per farla finita con austerità, fiscal compact, patto di stabilità e compiti a casa”.
A centro pagina, una caricatura del premier italiano: “Ma Matteo ha sbagliato tutto: nella Ue non tocca palla. Un premier che è solo tweet e distintivo”.

Il Sole 24 ore: “Il ‘no’ affonda la Borsa ma lo spread tiene a 162. Stretta Bce sulle garanzie di Atene, ma restano i fondi d’emergenza. Milano la peggiore con il 4 per cento, banche sotto tiro, il Btp contiene lo scossone. Tassi greci a due anni volano al 50 per cento”.
Di spalla: “Squinzi: ‘Non si può far saltare l’Europa per un’impuntatura’. Tornare al negoziato. Italia meno debole di altri Paesi”.
A centro pagina: “Tsipras prepara un nuovo piano. Merkel-Hollande: bene, ma sia serio. Varoufakis lascia, al suo posto Tsakalotos. Renzi: ora una Ue diversa”.

Grecia, Germania, negoziato

Su La Repubblica il direttore Ezio Mauro scrive: “Bisognava davvero arrivare fin qui, sulla soglia greca del finis terrae geografico e politico d’Europa, per vedere la crisi del nostro continente e della costruzione che si è dato nei sessant’anni del dopoguerra -istituzioni, diritti, democrazia- per proteggersi dalle tentazioni che sono nate qui e da qui hanno insanguinato il Novecento. Quel modello di Unione non funziona più. Lo stesso vertice di emergenza tra Merkel e Hollande, deciso subito dopo il plebiscito greco per il ‘no’, è una prova d’impotenza europea. Quale legittimità sovrana rappresentano i due leader? Un’auto-investitura”.
A pagina 7: “Merkel-Hollande anticipano il no Ue: ‘Non ci sono le basi per il negoziato’”. A scriverne è Andrea Bonanni, in vista del vertice europeo di oggi, mentre il Fondo Monetario Internazionale dice no a nuovi prestiti ai greci “fino a che non rimborsate i vecchi”.
La Stampa, pagina 3, “retroscena” di Tonia Mastrobuoni: “Hollande cerca la mediazione. Merkel va avanti sulla linea dura”, “Il Presidente francese: bisogna trovare l’intesa, non c’è più tempo. In Germania cresce la fronda contro l’ipotesi di un nuovo prestito”.

L’Unità: “Falchi e pontieri, la Grecia divide l’Europa”, “I leader aspettano le mosse di Atene. Merkel incontra Hollande: porta aperta ma serve serietà. Spaccati anche i socialisti europei”. Scrive Marco Mongiello che la Spd tedesca è allineata alla Merkel e il ministro dell’Economia e leader dei socialdemocratici Sigma Gabriel ha dichiarato che “il referendum è il rifiuto delle regole dell’eurozona” e che così Tsipras “ha tagliato gli ultimi ponti”. Un concetto simile a quello espresso dal presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, che, parlando di “aiuti umanitari” e ritorno alla dracma, ha scatenato le ire di molti eurodeputati Socialisti e Democratici a Strasburgo, schierati sulla linea francese del dialogo.
Il Corriere intervista Daniel Gros, economista, direttore del Centre for european policy studies. Dice che in Grecia “assistiamo alla nascita di un nuovo peronismo”, “pieno di tante promesse, fatto di orgoglio nazionale, speranze, autodeterminazione”. Dice di essere “molto scettico” sul vertice. “Molto dipende dal conflitto in corso tra Angela Merkel e Wolfgang Schauble”.

La Repubblica, pagina 2: “Atene, banche chiuse e prestiti Bce al palo. Draghi: difesa euro a ogni costo”, “Francoforte non aumenta la liquidità e chiede anzi più garanzie. ‘Useremo tutti gli strumenti per la stabilità’”.

La Stampa, pagina 2: “Atene presenta il nuovo piano: ‘Dateci 30 miliardi per non fallire’”. Scrive il corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin che Merkel e Tsipras si sono parlati: il premier greco avrebbe promesso alla cancelliera di presentare nuove proposte per un accordo. Si parla di una rilettura della richiesta condizionata di un prestito da 30 miliardi del fondo salvaStati Esm. I creditori -Fmi, Bce, Ue- sono fermi ma disponibili.
La Repubblica scrive che l’Europa prepara un piano di aiuti umanitari per la Grecia e che i funzionari europei che a Bruxelles ci stanno lavorando sono “sotto choc”: “Cibo e farmaci ao greci, aiuti umanitari, prima volta nella Ue”, “Operazione choc della Commissione europea. E spunta l’ipotesi di un prestito ponte”. I fondi per gli aiuti umanitari proverrebbero dai fondi strutturali. Quanto al prestito ponte, si ragiona su un’ipotesi minimale: qualche miliardo reperito dal bilancio della Commissione Ue e forse i profitti realizzati dalla Bce sui bond ellenici (meno di una decina di miliardi per arrivare a fine mese nonostante le banche al collasso e il default che al più tardi scatterà il 20 luglio).
La Stampa, pagina 3: “Draghi resiste al pressing tedesco. La Bce non chiude ancora i rubinetti”.

Sul Corriere il corrispondente da Berlino Danilo Taino racconta che il vertice dei capi di governo dell’area euro previsto per oggi si terrà “tra sospetti e sfiducia”. Una giornata che “sarà importante non solo per il vertice dei governi ma anche per capire come evolve la situazione delle banche elleniche, che rimangono chiuse nonostante Syriza avesse promesso di riaprirle oggi. La banca centrale europea non ha dato altra liquidità agli istituti di credito greci e li ha lasciati con pochi o zero margini di manovra futuri, cioè senza garanzie da offrire in cambio di altra liquidità. Nel giro di giorni o ore rimarranno senza denaro”. Dunque dal vertice di oggi dovranno venire “risposte non generiche e urgenti”. Il vicecancelliere tedesco Gabriel ha detto che “dare ‘diritti speciali’ alla Grecia’”, ovvero “permetterle di non rispettare i patti”, sarebbe “la fine dell’eurozona”.
Sul Corriere Federico Fubini scrive di una “carta segreta” che Tsipras si appresterebbe a scoprire: il premier greco avrebbe “il mandato” a proporre oggi a Bruxelles “qualcosa di simile al piano di riforme per la Grecia pubblicato giorni a dal presidente della Commissione Juncker, con modifiche che valgono circa un miliardo di sacrifici in meno”. A sostenere il piano ci sarebbero, con gli alleati di governo, “tutti i partiti democratici e il 61 per cento dei greci che ha votato no al referendum. Quel programma dunque dovrebbe poi essere messo in pratica con i voti di tutti in parlamento”. Se la cancelliera tedesca Merkel “accettasse di negoziare su questa base”, scrive Fubini, “la vittoria per Tsipras sarebbe evidente”. Se invece rifiutasse “la chiusura della Germania non sarebbe riservata più solo al leader populista ma all’intero arco costituzionale greco e a milioni di elettori”.

Sul Sole: “Nuovo piano Tsipras al vertice europeo. Hollande-Merkel: questa volta sia credibile”. “Atene preme per un prestito ponte”.

La Stampa intervista Jacek Sarysz-Wolski, eurodeputato polacco di Piattaforma civica (il partito di Donald Tusk): “I polacchi non vogliono pagare più il conto. Le pensioni greche sono il triplo delle nostre”.

L’Unità intervista padre Alex Zanotelli, che dice: “Le spese militari devono essere tagliate, è una regola di sinistra”. Il giornalista gli chiede se non sia una scelta imposta dai partner di maggioranza come il partito nazionalista di destra Anel di Panos Kamennos, cui Tsipras ha dovuto concedere il ministero della Difesa. Zanotelli: “Quella può essere una ragione. Come anche la paura di Obama che la Grecia di Tipras ceda alle lusinghe della Russia e diventi il tallone d’Achille dell’Europa e della Nato”.

Per tornare al Sole, una analisi firmata da Antonella Scott si sofferma sui rapporti tra Atene e Mosca. Si dà conto di una telefonata ieri tra Tsipras e Putin, “per iniziativa della parte greca” come ha detto il Cremlino, per discutere di “questioni relative allo sviluppo della cooperazioone tra Russia e Grecia”. Nel resconto ufficiale appare anche la parola “appoggio” del leader russo al “popolo greco”.

Sul Corriere un contributo di Wolfgang Munchau: “Perché Angela Merkel dovrebbe accettare di tagliare il debito”. “Lo sfacelo della linea finora adottata si manifesta in modo duplice: come perdita economica e sconfitta politica. L’unica via d’uscita è trattare”.

Su L’Unità il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi scrive che per uscire dall’impasse greca serve “una terza via” europea, che “vada oltre i nazionalismi e la miope tecnocrazia”. Il referendum di Atene, scrive Gozi, “va infatti a colmare un vuoto che si è creato in Europa: il deficit di democrazia con cui è nata l’Europa, costruita troppo dai governi e troppo poco dai popoli”. Ora “la palla è nel campo di Tsipras”, “sta a lui presentare una proposta”. Deve “ripartire il dialogo”, scrive Gozi ed è necessario per tutti impegnarsi di più: significa spingere per un accordo che unisca le riforme nazionali greche, necessarie per fare ripartire il Paese, a misure concrete di solidarietà europea per investimenti a favore della crescita e dell’occupazione. Un esempio? Il pacchetto da 35 miliardi proposto dalla Commissione Ue a fine giugno per aiutare il rilancio dell’economia greca”.
Sullo stesso quotidiano, l’economista Jean-Paul Fitoussi, dice che dalla Grecia arriva una lezione: “basta con l’austerità”, e che l’Europa deve “cambiare verso”, deve “tornare a contare la politica, non il deficit”.

Grecia, Italia, Europa

La Stampa: “Renzi cerca una sponda europea per tendere la mano a Tsipras”, “Troppo rischioso muoversi da soli: il premier punta al sostegno della Francia”.
E ancora su La Stampa, intervista all’ex premier Enrico Letta: “Il governo giochi da protagonista. L’Italia rischia una deriva anti-europea”, “Se salta l’intesa con la Grecia, contagio politico in Spagna e da noi”.

Sul Sole una intervista ad Antonio Patuelli, presidente dell’Abi: “‘Da Atene nessun problema per le nostre banche”. “L’esposizione sulla Grecia è minima. Avanti con la bad bank per i crediti deteriorati”. Sul referendum dice: “Si è trattato di un evento molto bizantino. E’ stato sottoposto a referendum un quesito giuridicamente superato che è stato caricato dei significati più diversi”.

Sul Corriere viene intervistato il ministro degli esteri Gentiloni: “La situazione non si è risolta con la vittoria dei No al referendum greco. Capisco gli elettori di Syriza che festeggiano, un po’ meno i tifosi italiani. Il voto ha stabilito che Tsipras governa col sostegno della maggioranza dei greeci. Ma questa non è la soluzione. Ora Grecia e Ue si pongano un obiettivo politico: evitare l’uscita di Atene con un piano sostenibile di riforme e di rientro dal debito”. Dice che se la Grecia è fuori dai parametri Ue non è “per colpa dei tedeschi cattivi ma per responsabilità delle leadership che si sono succedute ad Atene negli ultimi 15-20 anni”. Dice che la prospettiva di una Grexit va considerata non solo dal punto di vista “contabile” ma anche “da quello strategico”, perchè “che rimanga Paese Ue e Nato non può essere elemento secondario”. Sulla Germania: “Non possiamo lamentare un eccesso di ruolo della Germania e poi invocarne una maggiore leadership. L’Europa è un grande progetto, di cui Berlino è parte importante”. Gentiloni critica anche il vertice bilaterale franco tedesco di ieri: “le decisioni in Europa si prendono oggi, non nei vertici bilaterali”.

Su Libero, Maurizio Belpietro scrive che “si può essere d’accordo o meno con la politica di Alexis Tsipras (e noi come è noto non lo siamo, perché i debiti si pagano e il comunismo non resuscita) ma un dato di fatto gli va riconosciuto. Con la cocciutaggine della disperazione egli è andato a testa bassa contro la Cancelliera di ferro e le sta facendo perdere l’equilibrio”. Più avanti: “La Merkel è la vera sconfitta del voto di domenica”. Quanto all’Italia, visto che le soluzioni di cui si parla (sconto sul debito greco o introduzione della dracma accanto all’euro, con la Grecia a due monete parallele) comportano comunque che “l’Italia ci rimetterà quattrini”, forse “sarebbe ora” che Renzi “si decidesse a dire qualcosa”. Secondo Belpietro l’Italia dovrebbe dire che “altri soldi per i compagni greci non li tireremo fuori” e “addio fiscal compact, stop al patto di stabilità che impedisce alle amministrazioni pubbliche di investire, fine dei compiti a casa”.
Qualche pagina più avanti, un commento di Mario Giordano: “Il popolo greco ha fatto quello che tanti sognano”, il titolo.

Il futuro dell’Europa

Sulla prima del Messaggero (“Se Ulisse acceca ancora Polifemo”) Francesco Grillo torna ai “toni omerici” evocati da Mario Draghi a proposito della vicenda greca. Grillo scrive che “hanno (parzialmente) ragione Mariana Mazzuccato e Paul Krugman: la diagnosi sulla crisi del debito fu sbagliata” e anche le ricette per uscirne, fino ad ora, non erano proprio quelle giuste: “dalla crisi greca, ad esempio, si esce puntando sugli investimenti che possono portare più e non meno fatturato e occupazione all’industria turistica, aumentando, dunque, per questa via (nonché quella di una forte semplificazione del sistema fiscale in maniera da scoraggiare l’evasione) la entrate tributarie”. Grillo scrive anche che gli investimenti devono anche essere “intelligenti”. Più avanti: occorre abbandonare “l’idea che ‘l’Europa è una cosa troppo complicata per essere spiegata alla gente’. È così che ci siamo persi un progetto che ha entusiasmato altre generazioni. Ed è incredibile – lo dico da europeista convinto e da convinto liberista – con quanto disprezzo sia stata accolta questa mossa – senz’altro azzardata, forse disperata – di Alexis Tsipras di tenere un referendum per chiedere ai cittadini greci se la sentivano di pagare il conto che la Commissione Europea chiedeva per estendere il piano di salvataggio o, al contrario, tuffarsi nel mare blu della crisi di liquidità. È verissimo che un pescatore di Patrasso non aveva alcuna possibilità di capire (in una settimana) cosa voglia dire il Fondo Monetario Internazionale con l’analisi sulla sostenibilità del debito del suo Paese; ma non è altresì più accettabile che si facciano trattati europei con l’obiettivo (a volte, persino, dichiarato) di non farsi capire da nessuno di quelli la cui vita sarà pesantemente condizionata da quei trattati”.

Sul Corriere, Ernesto Galli della Loggia scrive della “pochezza delle classi dirigenti europee” che “hanno creduto di poter fare a meno del consenso dei popoli”. “Una unione mediocre risveglia lee nazioni”, il titolo del suo commento.

Sul Sole Carlo Bastasin invoca la riapertura del dialogo in Europa non solo sui temi economici, perché “la politica on è solo competitività”: “I problemi greci sono di debolezza istituzionale – come in Italia – e l’ingerenza europea è utile a risolverli. Tsipras dimostri di condividere i fondamenti della civilizzazione europea coinvolgendo le istituzioni europee nella responsabilità comune di cambiare il Paese e non solo di trasferire aiuti finanziari senza controllo”. Anche i Paesi europei devono avere “una dose equivalente di umiltà” perché occorre “riconoscere la debolezza istituzionale europea, che deve essere risolta di pari passo con quella greca”.
Ancora sul Sole, il contributo di Alberto Quadrio Curzio: “Se è solidale l’Ue diventa più forte”.

Varoufakis

La Stampa: “Il narciso Varoufakis fallisce ma lascia la scena da eroe”, “Mal tollerato in Europa. I greci però gli hanno perdonato tutto”. A raccontarlo è Tonia Mastrobuoni, molto critica con il personaggio (“domenica notte se n’è andato in maglietta, a cavalcioni della sua Yamaha, lasciandosi alle spalle le banche al collasso e le finanza pubbliche alla deriva, dopo cinque mesi in cui documenti interni del ministero attestano che il 605 delle sue firme sono finite sotto a permessi per le missioni all’estero dei dipendenti. Ma, a ben vedere, il ministero della paralisi è stato condannato al fallimento innanzitutto da chi lo ha scelto, Alexis Tsipras”. Lo stesso Varoufakis, nel suo annuncio di dimissioni sul blog, ha ammesso che è stato il premier a chiedere il suo passo indietro per favorire il negoziato: “calato a gennaio come un marziano in un partito lacerato da lotte di potere, scelto per il suo curriculum internazionale da ‘esterno’, da tecnico, il primo sgambetto lo ha fatto a Yanis Dragasakis. Esponente dell’ala moderata di Syriza, studiava da anni per diventare ministro: come premio di consolazione, Tsipras gli ha dato il posto da vicepremier e successivamente, da supervisore, quando Varoufakis è stato commissariato”.
Sulla stessa pagina, si racconta chi è il nuovo ministro: “Tsakalòtos, il comunista che sa accordarsi col nemico”, “Studi a Oxford, vuole restare nell’euro e cambiare le regole”.

Su La Repubblica viene raccontato “il cambio della guardia” dopo le dimissioni di Varoufakis da Ettore Livini, da Atene: “Quei 162 giorni di tweet e crisi di nervi, il ministro ‘contro’ ora diventa un brand”, “Per cinque mesi ha mostrato il pugno alla Troika. Ha accusato l’Europa di essere ‘marcia’ e ‘traditrice’. Fino alle dimissioni che lo trasformano nel paladino del fronte anti-austerity”. E “tocca al ‘clone soft’ Tsakalotos”: la “troika”, scrive Livini, aveva già caldeggiato la staffetta qualche mese fa, ottenendo però solo la nomina di Tsakalotos a capo negoziatore e l’esilio ad Atene per Varoufakis.
A Varoufakis è riservata anche una pagina intera del Messaggero, con tanto di foto d’annata, e un articolo firmato da Maria Laura Rodotà sul Corriere, con le possibili vite alternative che l’ex ministro (“il signor V”) ha davanti. Da segnalare su tutti lo “scenario Bernard-Henri Lévy”.

Politica interna

Libero: “Riforme a singhiozzo. Matteo fa i conti: s’allontana il nuovo Senato. La Boschi sperava nell’ok ad inizio agosto, ma la rivolta di 25 Pd obbliga a un cambio di programma: forse settembre”.

Sul Sole: “Riforme, Renzi frena sui tempi. Ancora Lontana la mediazione nel Pd, destinato a slittare il via libera al Senato. Il premier: c’è tempo per discutere, iniziando a votare in commissione a fine agosto”.

Il Corriere: Senato, rebus numeri: si slitta a settembre. Il capo del governo è pronto a mediare con le minoranze. Il capogruppo Rosato: ma senza diritti di veto. Oggi il via in commissione, con la maggioranza in difficoltà. No del presidente Grasso a cambi in corsa”.

E poi

Sul Corriere il “colloquio via Skype dal Califfato” con Fatima, jihadista italiana, ovvero Maria Giulia Sergio, nata a Torre del Greco, 27 anni, sposata dal settembre 2014 con il jiadhista Aldo Kobuzi, partita con lui per la Siria. La sua famiglia è stata arrestata. “Noi quando decapitiamo qualcuno, dicono noi perché anche io faccio parte dello Stato islamico, quando facciamo una azione del genere stiamo obbedendo alla sharia”. Cita Guantanamo, dice “lo Stato Islamico non tortura nessun prigioniero, ok?”. Sul fatto che i suoi genitori e la sorella siano finiti in carcere dopo le sue telefonate dice che “non erano di incitamento al jihad, noi parlavamo di come i miei genitori avrebbero potuto fare una buona vita qui, nello Stato islamico”.

Sul Sole: “Iran, stretta finale sull’accordo. Necessità reciproche: la prima ha bisogno di un alleato anti-Isis, la seconda vuole uscire dall’isolamento”. “Trattative a oltranza a Vienna per arrivare nei prossimi giorni al compromesso sul nucleare”. “Il Dipartimento di Stato vuol chiudere al massimo entro domani per presentare l’intesa finale al Congresso prima della pausa estiva”.

Su Libero si dà conto di una visita a Gerusalemme che il principe saudita Al Walid Bin Talal starebbe preparando. Non ha alcun incarico pubblico, vive a Londra, ma “gode di ottimi contatti” con chi detiene il potere nel suo Paese. Potrebbe recarsi a Gerusalemme e pregare nella moschea di Al Aqsa. Il titolo: “Terrorismo, petrolio e Iran. Israele e Arabia quasi alleati. Il principe Al Walid prepara una visita a Gerusalemme che apra la strada ad accordi. Riad vuole anche evitare la concorrenza dei giacimenti scoperti nello Stato ebraico”.

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