Grecia, lacrime ed haircut

La Repubblica: “Grecia, piano da 12 miliardi, le Borse credono all’accordo”, “Tsipras presenta il programma: Atene punta a vendere Pireo e aeroporti”.
Con il richiamo ad un’intervista al ministro dell’Economia francese Macron, che dice: “No al Grexit oppure l’euro si dissolverà”.
In apertura a sinistra: “Sì alla riforma, ma la scuola spacca il Pd”, “Proteste in aula, 29 dem si sfilano”, “Tolti i vitalizi a Berlusconi e altri 17”.
A centro pagina, il viaggio del Papa in Sudamerica, con una foto che lo ritrae insieme al presidente boliviano: Morales gli offre in dono una falce e martello con sopra un crocifisso: “Il dono al Papa: falce, martello e crocifisso”, “Il regalo-provocazione di Morales”.
A fondo pagina, le notizie su quanto accaduto ieri in una fermata metro di Roma: “La morte del bimbo nel metrò”, “Roma, precipita dall’ascensore bloccato. Errore di un addetto”.

La Stampa: “La riforma della scuola è legge. Subito assunti 45.000 precari”, “Altri 55.000 saranno di ruolo nel 2016. I sindacati contestano i poteri ai presidi”, “Il testo approvato alla Camera con il voto dei ‘verdiniani’, mentre il Pd si spacca”.
Sulla colonna di apertura a sinistra, la Grecia: “Riforma dell’Iva e tassa sulla casa, ecco la proposta di Tispras all’Ue”, “Manovra da 12 miliardi”.
E sul tema dell’integrazione europea, da segnalare un intervento del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: “La sfida che attende l’Europa”.
A centro pagina, foto del Papa in Bolivia, dove ha incontrato anche precari, migrati, contadini “sem terra” e indigeni: “Il grido del Papa: ‘Questa economia è ingiusta’”, “Il presidente della Bolivia gli regala un crocifisso montato sul simbolo della falce e martello”.
A fondo pagina: “L’assurda morte a quattro anni in metrò”, “Roma, Marco era bloccato in ascensore con la mamma ed è precipitato nella tromba”.

Il Messaggero dedica il titolo di apertura al fatto di cronaca che si è verificato ieri nella Capitale: “Cade nella metro, muore a 4 anni. Tragedia a Roma, bimbo precipita nella tromba dell’ascensore guasto davanti alla madre. L’errore di un addetto che aveva tentato un trasbordo su un montacarichi. Contestato Marino”.
Su Roma, sempre in prima sul Messaggero: “Mafia Capitale. Scontro tra il relazioni dei prefetti. E il segretario generale si dimette”.
A centro pagina in evidenza il “via libera all Camera” della legge sulla scuola: “Scuola, la riforma diventa legge. Il Pd si spacca, pronti i ricorsi”.
Accanto: “Grecia, la Ue apre sul debito. Piano Tsipras da 13 miliardi”.

L’Unità: “Promossa la Buona Scuola”, “Subito 100mila assunzioni e concorso per altre 60mila. 4 miliardi di investimenti. Il Parlamento approva una riforma storica. Le opposizioni contestano”.
Con un intervento del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini: “Il diritto allo studio”.
A centro pagina, la foto del dono di Morales al Papa: “Bolivia, la falce e martello che fa sorridere il Papa”.
Sulla crisi greca: “Spiragli per la Grecia. Piano da 12 miliardi”, “Pronte le proposte di Tsipras. Tusk: ora realismo, basta danza mortale”.
A fondo pagina: “Unioni civili, il Pd accelera. Legge entro l’estate”, “L’annuncio del premier alla segreteria democratica, ‘Ora basta stop’”.
E il quotidiano annuncia che domani Renzi risponderà ai lettori, perché ogni sabato il quotidiano ospiterà la rubrica di “lettere al segretario”.
Sulla vicenda giudiziaria per la “compravendita di senatori” che ha portato alla condanna a tre anni per corruzione di Silvio Berlusconi, L’Unità intervista Arturo Parisi: “Sfido Berlusconi, rinunci alla prescrizione”, “L’ex ministro racconta i giorni della caduta del governo di Prodi”.
Il Giornale: “Da rottamatore a rottamato. La parabola di Renzi. Passa la riforma della scuola ma c’è chi pensa di cambiare governo”. L’editoriale di Alessandro Sallusti: “Il premier ha perso l’agenda del Paese”.
Di spalla: “Hacker, è allarme rosso. Sicurezza nazionale a rischio. ‘Situazione fuori controllo’. La guerra dei pirati informatici”. E poi: Siamo prigionieri di una rete bucata”, di Vittorio Macioce.
A centro pagina: “Ancora una tragedia nelal capitale. Roma allo sbando, bimbo muore in metro. Il piccolo, 4 anni, è precipitato nella tromba dell’ascensore in una stazione. Marino contestato”.
A fondo pagina un commento di Renato Farina sul croficisso con falce e martello donato dal presidente boliviano Morales al Papa: “Quel Cristo inchiodato a um simbolo di morte e orrore”. “Il Papa e il Crocifisso con la falce e martello”.

Avvenire dedica il titolo di apertura alla visita del Papa in Bolivia: “Grande folla di fedeli per la prima Messa nel Paese. Francesco: basta con lo scarto. La pedagogia di Dio: il coraggio della compassione”. “’Prima i popoli’’”. “L’economia sia al servizio di tutti. No alle nuove forme di colonialismo”.
A centro pagina, con foto: “Il Piano Tsipras c’è. E torna l’ottimismo. Operazione da 12 miliardi. Su le Borse. Padoan: Italia forte”.
E poi: “Autonomia e più prof. Così cambia la scuola”.

Il Sole 24 ore: “Borse, torna la fiducia: in rialzo azioni e bond. Piazza Affari a + 3,5 per cento, lo spread Btp scende a 144. Gli spiragli nel negoziato Ue-Atene e la stabilizzazione in Asia spingono tutte le piazze finanziarie”.
Di spalla: “Approvata la riforma della scuola: presidi più forti, 100 mila assunzioni. Renzi: ‘Ora merito e autonomia’. Dal 2016 valutazione dei docenti”.
A centro pagina: “Tsipras presenta un piano da 13 miliardi. Tusk non esclude manovre sul debito”.
Oggi sono in sciopero i poligrafici di Rcs. Niente Corriere in edicola.

Grecia, le proposte

Il Sole 24 Ore, con un articolo firmato dal corrispondente da Bruxelles Beda Romano e dall’inviato ad Atene Vittorio Da Rold, scrive che “saranno tre giorni di negoziati molto intensi” i prossimi. “Le istituzioni creditizie e i partner europei dovranno valutare se il debito greco è sostenibile sulla base delle riforme promesse da Atene e decidere nel contempo se concedere una qualche forma di alleggerimento come ha esortato ieri il presidente del consiglio europeo Tusk”, che ha evocato la possibilità di una qualche forma di ristrutturazione del debito. Ieri sera le autorità comunitarie hanno ricevuto le nuove proposte greche. Alcune delle misure in esse previste saranno sottoposte già oggi all’approvazione del Parlamento greco “come segnale di buona volontà”.
La lista di misure verrà studiata nel dettaglio dai rappresentanti di Bce, Commissione e Fmi. Insieme dovranno valutarle, e analizzare la sostenibilità del debito e proporre se un terzo memorandum potrà essere negoziato o no. Poi toccherà ai Paesi della zona euro. Si cita un alto responsabile europeo, che ieri diceva che un accordo è possibile al 25 per cento. Il Sole ricorda anche che ieri il ministro delle finanze tedesco Schauble ha “ribadito che una ristrutturazione del debito greco violerebbe il Trattato europeo perché si tradurrebbe in un salvataggio sovrano”, ma aggiunge che lo stesso Schauble “ha confermato che la Germania è aperta a una qualche forma di alleggerimento del debito greco, oggi al 180 per cento del prodotto interno lordo”.
La Stampa, pagina 4: “Le proposte di Tsipras alla Ue in una manovra da 12 miliardi”, “Riforma dell’Iva, tasse su casa e lusso, lotta all’evasione, via le pensioni baby”. A scriverne è l’inviata ad Atene Tonia Mastrobuoni.
Il piano è stato inviato all’Eurogruppo ieri sera, intorno alle 22.00, due ore prima della scadenza prevista: per questa ragione i dettagli sui quotidiani sono ancora vaghi.
Le informazioni arrivate in seguito sono le seguenti: via lo sconto Iva alle isole entro il 2016; aliquota al 23% per ristoranti e catering, mentre per gli alberghi sarà del 13%; i tagli alla Difesa salgono a 300 milioni entro la fine del 2016; aumento delle tasse sugli armatori, delle tasse sui beni di lusso (dal 10 al 13%), aumento delle tasse alle imprese (dal 26 al 28%), aumento del contributo di solidarietà sul reddito; se necessario, anche della tassa sugli immobili; taglio progressivo delle baby pensioni attraverso disincentivi; innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni entro il 2022; complessivamente risparmi sulle pensioni nel 2015 (0,25-0,50 % del pil) e dell’1% dal 2016: abolizione progressiva del contributo di solidarietà per i pensionati più poveri (Ekas) entro il 2019; aumento del contributo sanitario per pensionati dal 4 al 6%, esteso a quelle supplementari; abolizione delle agevolazioni sulla benzina per gli agricoltori; aliquota Iva per i medicinali al 6%.
Questo il piano inviato per ricevere in cambio il nuovo piano di aiuti: il Parlamento greco si dovrà pronunciare oggi su queste proposte. Dovrà pronunciarsi allo stesso tempo la troika (Bce, Fmi, Commissione Ue), poi la proposta verrà esaminata dai ministri delle Finanze dell’Eurozona e, infine dal vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dei 28 Paesi dell’Ue (domenica). Il governo procederà entro ottobre con le privatizzazioni degli aeroporti regionali, del porto del Pireo e degli scali di Salonicco e Hellinikon; introdurrà una tassa sugli spazi pubblicitari in tv.
Su La Repubblica, pagina 6: “Iva e pensioni, si accelera, vendesi Pireo e aeroporti e sul debito niente haircut, ma nuovi tassi e scadenze”. Dove si legge che la manovra da 12 miliardi del governo greco “si avvicina moltissimo alle richieste dell’ultima bozza Juncker del 26 giugno”: “un boccone amarissimo per la base di Syriza e una parte del suo gruppo dirigente”, “addolcito dallo zuccherino di un possibile primo spiraglio sulla ristrutturazione del debito: non taglio, ma nuovi tassi e scadenze”.
La Stampa, pagina 5, articolo del corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin: “Il Fondo monetario in pressing: ‘Serve la ristrutturazione del debito’”. Si legge che il capo economista del Fmi Olivier Blanchard “punta a un taglio” e si riferiscono le parole di una “fonte” a Bruxelles: “dicono che se chiediamo troppo non avremo nulla”. E secondo Zatterin anche il team del presidente della Commissione Juncker sarebbe convinto che si debba concedere qualcosa sul debito.
Sulla stessa pagina, Tonia Mastrobuoni scrive che il ministro delle Finanze tedesco Scaeuble sarebbe “irritato per l’ingerenza Usa”, ma “apre alla discussione sulle scadenze”. Per la prima volta Schaeuble, pur confermando che “l’Unione europea non consente un taglio del debito”, ha aggiunto che non è escluso che si possano “ridefinire le scadenze”, anche se “i margini” di trattativa “sono molto stretti”.
La Repubblica, pagine 2 e 3: “Le Borse credono al nuovo piano Tsipras, posizioni vicine sul debito”, “Atene presenta un piano di riforme da 12 miliardi in due anni, che riprende con alcune modifiche l’ultima offerta di Juncker prima del referendum”. Scrive Andrea Bonanni da Bruxelles che “tra le file delle colombe si è schierato anche il presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk: ‘La proposta realistica della Grecia dovrà trovare sponda in una proposta altrettanto realistica sulla sostenibilità. Solo così si arriverà ad un accordo conveniente per tutti”.
L’Unità: “Pronte le riforme di Tsipras. L’Europa apre”, “Il premier greco disponibile a interventi per 12 miliardi, annunciate misure su pensioni e fisco. Tusk: serve realismo anche da parte dei creditori”.
Sul Sole Adriana Cerretelli parla di “alibi morale”, ovvero il principio che i Paesi virtuosi non sono tenuti a pagare i debiti altri, quello che i Paesi europei starebbero preparandosi per fornire “la giustificazione della cacciata della Grecia e la sua inevitabile discesa negli inferi”. “A meno che un piano credibile di riforme del governo Tsipras, le dissuasive pressioni americane e lo scoppio della bolla cinese con i rischi di contagio globale che si porta dietro non facciano il miracolo di riportare l’Europa alla ragione convincendola a non farsi del male da sola”.

Grecia, i nodi interni

Su La Repubblica il “retroscena” di Alberto D’Argenio, inviato ad Atene (compare anche con un richiamo in prima con il titolo “L’impronta tedesca sul dossier di Alexis”): “Riforme già concordate ma ora la vera incognita è il voto dei duri di Syriza”: il premier greco avrebbe “lottato fino a tarda serata con i suoi per evitare la scissione del partito”. I punti più contestati dai “duri e puri” erano il taglio ai sussidi agricoli e l’Iva sui medicinali. Problemi anche con Kamennos, leader di Anel, sui tagli alla Difesa. Cosa farà Tsipras se i quaranta parlamentari duri e puri di Syriza sabato non voteranno il testo? Secondo D’Argenio sarebbe orientato ad accettare il soccorso dell’opposizione di To Potami, Nea Demokratia e Pasok.

Sul Messaggero ci si sofferma anche sui “nodi interni” a Syriza. “Alexis Tsipras si sta avvicinando al compromesso – scrive Teodoro Andreadis Synghellakis – ma in Grecia si pensa a come si esprimerà il Parlamento “in merito al probabile accordo con i creditori”. Si legge che Tsipras, dopo la vittoria del no, ha “pensato di rafforzarsi sul piano interno” incontrando ripetutamente l’opposizione. I socialisti del Pasok, il centrodestra di Nuova Democrazia e la nuovo formazione centrista del Fiume hanno ribadito di appoggiare gli sforzi del governo. Contibuti importanti visto che la minoranza interna di Syriza, la cosiddetta Piattaforma di Sinistra” potrebbero porre problemi. Il titolo: “L’ala dura si Syriza dice ‘no’ ad una nuova austerità”.
Sul Messaggero viene intervista James Galbraith, l’economista americano che da cinque mesi, assieme al suo amico Yannis Varoufakis, sta seguendo le trattative. Dice che “una simile apparenza di buona volontà” sulla possibilità di un accordo l’ha già vista “in occasione della scadenza del 25 giugno, quando la proposta di rinegoziazione fatta dal governo greco era stata accolta con toni incoraggianti. Poi quel testo è stato riscritto con i soliti rigidi parametri di richieste che non erano ricevibili per Atene e alla fine si è anche tentato di addossare loro la colpa del fallimento”. Dice che “Alexis (Tsipras ndr) ha rischiato molto. Quando ha indetto il referendum era convinto che l’avrebbe perso e che il voto avrebbe suggellato la caduta del suo governo. Invece la consultazione popolare gli ha restituito un alto livello di consenso ma anche l’obbligo di negoziare con molta fermezza. A questo punto l’unico vero rischio per lui sarebbe firmare un accordo che né il suo partito né il popolo greco sarebbero disposti ad accettare”.
Sul Sole Carlo Bastasin scrive che “la consultazione popolare non serviva a Tsipras a rafforzarsi nei confronti degli interlocutori europei bensì di quelli interni”. E non a caso “la base della trattativa con i partner è tornata ad essere il documento della Commissione europea della scorsa settimana”, “come se il referendum non avesse inciso in nulla”. Tsipras tra l’altro, prima di mandare la proposta di Atene a Bruxelles, l’ha inviata all’opposizione europeista in Parlamento.

Grecia, le interviste e le analisi

Su La Repubblica, in un’intervista che ha il copyright El Pais-LENA (Leading european Newspaper Alliance), il ministro dell’Economia francese Emmanuel Macron, dice: “L’eurozona in dieci anni sparirà se ora non siamo capaci di agire”, “Per l’Europa è il momento della verità. La crisi greca è il sintomo di un problema molto più profondo”, “Con Atene ci vuole un compromesso: riforme ambiziose ma senza distruggere l’economia del Paese”, “L’Ue non ha creato quei meccanismi di solidarietà che devono accompagnare un’unione monetaria”.
Ancora su La Repubblica, un’analisi di Timothy Garton Ash: “Quel conflitto tra democrazie che ancora divide l’Europa”, “L’Ue è sull’orlo della Grexit non a causa di leader inadeguati, ma per difetti strutturali. A partire da un’unione economica e monetaria che non è mai andata di pari passo con quella politica”, “Se i capi di governo non trovano una via d’uscita, il progetto di integrazione vecchio di 70 anni potrebbe disfarsi”, “Per me i primi due responsabili della crisi ci sono Mitterrand e Andreotti che costrinsero Kohl ad accettare il piano” (“furono loro due che -scrive Garton Ash-subito dopo la caduta del Muro di Berlino, costrinsero il cancelliere Helmut Kohl ad accettare il programma che avrebbe portato all’unione monetaria europea, offrendo in cambio, obtorto collo, il sostegno all’unificazione tedesca, ma senza accettare l’unione fiscale necessaria al funzionamento della moneta unica”), “La realtà della democrazia del vecchio continente resta nazionale. La sfera pubblica non è cresciuta in 40 anni”.
Su L’Unità Pietro Reichlin scrive che “Per Tsipras e per l’Europa è il momento della verità”. Reichlin torna al discorso di Tsipras due giorni fa all’Europarlamento: ha affermato che il denaro dei due salvataggi del 2010-2012 è servito solo a salvare le banche, senza alcun beneficio per il popolo greco, “narrazione” che contiene “spunti di verità” ma anche “molta retorica”, perché -ricorda- gli economisti Bulow e Rogoff hanno dimostrato che dal 2010 al 2013 la Grecia ha beneficiato di un flusso netto di fondi positivo, pari a circa 91 miliardi di euro. Questo flusso diviene poi negativo tra il 2014 e il 2015 per circa 19 miliardi, “ma bisogna tenere conto che il 2015 è l’anno in cui matura una parte importante dello stock di debito e che una buona parte di questi pagamenti sarebbe stata rifinanziata con soldi europei in caso di accordo con i creditori. E’ vero, piuttosto, che una buona parte dei fondi europei sono arrivati alle banche greche. Senza questi aiuti il sistema creditizio del Paese sarebbe completamente saltato nel 2012”. Tsipras ha poi rivendicato il diritto di gestire le politiche di consolidamento fiscale senza interferenze esterne: “afferma cioè un principio di autonomia nazionale”, mostrando forti reticenze di fronte alla richiesta dei creditori di produrre documenti vincolanti. Ma “nessuno dei capi di governo riuniti a Bruxelles potrà mai sostenere uno schema in base al quale i Paesi che ricorrono al salvataggio delle istituzioni hanno la possibilità di scegliersi le politiche economiche che vogliono senza un accordo preventivo”. Più avanti, poi, Reichlin sottolinea che, per la Grecia, non si tratta di superare “una crisi economica passeggera e limitata nel tempo”, perché l’economia greca “ha bisogno di riforme ambiziose e un piano a lungo termine”, “chiedere la fine dell’austerità, come ha fatto Tsipras al Parlamento europeo, è certamente utile per contribuire al dibattito e per rinsaldare le fila dei movimenti progressisti, ma non serve a superare la crisi drammatica in cui si trova la Grecia in questi giorni”.
Su La Stampa il ministro degli Esteri Gentiloni scrivendo del futuro dell’Europa, che “limiti ed errori hanno accompagnato i decenni che abbiamo alle spalle: si è fatto poco, troppo poco per rafforzare la dimensione politica, radicare una democrazia in grado di offrire poteri certi e riconosciuti”, “la cessione di poteri e prerogative nazionali e andata a rilento, spesso contrastata da pressioni e interessi organizzati”.
Il Giornale intervista Marine Le Pen: “A Bruxelles sono sicuri: dopo Atene tocca a Roma”. “Il leader del Front National: ‘Della Grecia se ne fregano, vogliono soltanto salvare l’euro. Se uscisse dalla moneta inizierebbe il contagio’”. Secondo Le Pen le trattative su Atene finiranno “che le istituzioni europee saranno ancora obbligate a prestare a un Paese che sappiamo che non rimborserà perché non può rimborsare. E saranno altri costi esorbitanti per noi contribuenti europei”. Dice che vorrebbe una uscita della Grecia dalla moneta unica senza espulsione dalla Ue, “servirebbe il ritorno di Atene alla moneta nazionale che è la sola possibilità per creare una crescita e tornare competitivi”. Chiede “un referendum come nel Regno Unito” in cui si voti sul “ritorno alla sovranità dei singoli Paesi”, legislativa, economica, territoriale. Nell’intervista parla anche dei contrasti con il padre e attribuisce a “gelosia politica” le tensioni: “Non vedo altra spiegazione. Quando si è creato e diretto un movimento per quarant’anni e si vede il proprio successore migliorare in maniera evidente i risultati, si dovrebbe essere contanti. E invece lui non ha fatto altro che denigrare e contrastare la strategia che ho messo in atto io. Sì, è una forma di gelosia”.
Su Avvenire una intervista al parlamentare del Movimento 5 Stelle Alessandro Di Battista. Dice che la Grecia, se tornasse alla dracma, attraverserebbe momenti difficili “ma tutto quello che si teme” sta già “avvenendo con l’euro” “La Grecia e l’Italia, avendo abbandonato le loro rispettive monete, sono state indebolite dalla Germania”. Sulla proposta di un referendum per uscire dall’euro: “Non molleremo di un centimetro perché quella in cui ci troviamo oggi è un’Europa lontana anni luce dal progetto dei nostri padri fondatori. Trovo assurdo che ci si scandalizzi di più dell’idea di rivedere trattati firmati senza il placet dei cittadini piuttosto che delle condizioni di povertà assoluta che ci sono in Grecia ma anche in molte zone d’Italia, specie al sud”.

Scuola e governo Renzi

277 i voti favorevoli e 173 i voti contrari, con 4 astenuti: con questi numeri ieri l’Aula della Camera ha approvato in via definitiva la riforma della scuola.
Il Messaggero, oltre ad elencare le principali novità della legge, i sofferma sulla “spaccatura” nel gruppo Pd, che ha visto cinque deputati votare contro ed altri 24 non prendere parte al voto. Quattro voti favorevoli sono invece venuti da altrettanti deputati di Forza Italia vicini al senatore Verdini.
Il Giornale: “Scuola, passa la legge tra fischi e proteste: nel Pd si sfilano in 29. La minoranza si è defilata e quattro verdiniani aiutano il governo. Studenti e insegnanti minacciano: ‘Ogni istituto sarà una Stalingrado’”. La dichiarazione è stata fatta dal sindacato Gilda.
Per tornare al Messaggero, in particolare sulla questione delle assunzioni: “Istituti, è corsa contro il tempo, si rischia una valanga di ricorsi. I primi 36 mila docenti stabilizzati immessi in ruolo entro metà agosto, 11 mila a settembre. Già annunciate migliaia di contestazioni di chi chiede l’inserimento nelle graduatorio”. Secondo il quotidiano i primi ricorsi – tra coloro che sono esclusi dalla stabilizzazione, coloro che non potranno fare i supplenti quest’anno perché hanno superato i tre anni consentiti per i contratti a tempo determinato, gli idonei ai precedenti concorsi che sono rimasti esclusi, quelli che saranno costretti a trasferirsi in altre regioni – sono almeno cinquantamila. “A questi si aggiungerebbero quelli per assegnazioni e posizioni nell’inevitabile confronto e scontro tra le nomine dei primi e dei secondi assunti, che paradossalmente potrebbero privilegiare gli ultimi arrivati, scelti per curriculum”.
La Stampa, pagina 2: “La Buona Scuola è legge, sindacati contro”, “Renzi incassa il sì alla Camera. Verdiniani favorevoli, ma la minoranza Pd non vota”. 277 i sì, 173 no e 4 astenuti: “cento voti di distacco, ma una quarantina sotto la soglia di maggioranza”, scrive Francesco Maesano. Cinque deputati Pd, tra i quali Alfredo D’attorre, hanno votato no, mentre altri 24 esponenti della minoranza non hanno partecipato al voto. Tra loro: Roberto Speranza, Gianni Cuperlo e Pierluigi Bersani. Ma se ci sono voti “che mancano”, ci sono anche quelli che “si aggiungono”: quattro deputati che fanno riferimento a Denis Verdini hanno votato sì, “ed è la prima volta che accade”.
Sulla stessa pagina, intervista al sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone (“Adesso aumenteremo le paghe ai professori”, “Abbiamo tolto poteri al Miur per darli ai singoli istituti”). E, di fianco, intervista a Stefano D’Errico, segretario nazionale del sindacato Unicobas (“I nuovi assunti moriranno di supplentite. Bloccheremo gli istituti”). A pagina 3: “sfida e timori, così i presidi vedono i loro nuovi poteri”, “La critica più diffusa: non sappiamo quali criteri usare”.
Su La Repubblica, pagina 10: “Scuola, la riforma diventa legge ma il Pd si spacca”, “La minoranza esce dall’aula, sì dei verdiniani. EÈla meno votata tra le riforme. Il premier: 100mila assunzioni, più merito, più autonomia. Ora P.A. E fisco”. E il “retroscena” di Goffredo de Marchis: “Renzi però canta vittoria: ‘Obiettivo raggiunto. Sempre meno i dissidenti’” (“partivano da 40 e ora sono 24. Si assottigliano invece di crescere. Fossi in loro non sarei contento”, si scrive sintetizzando il pensiero di Renzi). A pagina 11 un’intervista a Davide Zoggia, esponente della minoranza dem, che dice: “Il nostro no servirà almeno a dialogare con gli scontenti”, “Quello della scuola è sempre stato un nostro mondo, ora tutti sono contro la riforma”. E, sul fronte delle riforme istituzionali: “non puntiamo a far saltare il banco ma a ragionare insieme su alcune modifiche. E vedo che anche all’interno della maggioranza del partito, dall’elezione diretta (del Senato, ndr.) fino all’Italicum, i dubbi crescono”.
Secondo Adalberto Signore, che firma un “retroscena” sul Giornale, “il premier vacilla” perché sarebbe “all’ordine del giorno” “non solo nei corridoi più riservati del Palazzo ma pure nei salotti buoni dell’economia e dell’imprenditoria” il piano di “rottamare” Renzi. Si cita l’uscita di qualche giorno fa di Diego Della valle, che ha chiesto a Mattarella di “prendere atto” che l’esperienza del governo Renzi è arrivata alla fine. Si cita il duro scontro tra il presidente dei senatori Pd e il presidente del Senato sulla gestione dell’Aula durante il dibattito sul ddl Scuola. Si scrive dell’ultimo sondaggio Euromedia che “non fa che confermare una lenta ma inesorabile presa di distanza degli italiani dal leader Pd”.
Da segnalare sul Sole un articolo di Roberto D’Alimonte. Il politologo spiega che sono pronti i collegi dell’Italicum la nuova legge elettorale per la Camera. Una commissione di 10 esperti, statistici, demografi, politologi, geografi e giustisti ha lavorato a predisporre uno schema di decreto legislativo che è stato approvato dal governo la scorsa settimana. “Italicum, in media sei eletti a collegio. Gli elettori sono cierca 470 mila in ognuna delle entità territoriali. Pronta la nuova geografia. In maggioranza hanno piccole dimensioni. Più facile la caccia alle preferenze.
Sull’argomento da segnalare il titolo di apertura de Il Messaggero Veneto: “Italicum, rivolta per il Friuli diviso. I parlamentari chiederanno di modificare i due collegi previsti dalla legge elettorale. Imbarazzo nel Pd. Non da 44 comuni che dovrebbero votare con Trieste. ‘Così si lede l’autonomia’”.

De Gregorio

Sul Giornale due intere pagine sono dedicate ad un approfondimento di quello che viene chiamato “verdetto choc”, la condanna in primo grado per Berlusconi e Lavitola per la vicenda della cosiddetta compravendita dei senatori. Un articolo di Luca Fazzo sottolinea che “i buchi sono tanti” nelle dichiarazioni di Sergio De Gregorio. A partire dai rapporti con il mondo della criminalità organizzata. “I due miliardi in contanti che dice di aver ricevuto da Forza Italia avrebbero altra strada, altra storia, che se venisse fuori causerebbe all’ex senatore guai ben maggiori dei 20 mesi che ha patteggiato”. Nel processo, scrive ancora il quotidiano, sarebbero inoltre state “ignorati i testimoni” che smentivano De Gregorio. Alla pagina successiva viene intervistato Clemente Mastella che ricorda che il governo Prodi non cadde “per colpa di Mastella né tantomeno per De Gregorio, che non ebbe nessun ruolo politico”. “De Gregorio non c’entra nulla con la crisi del governo prodi. Molti dimenticano che lui passa dalla maggioranza al centrodestra subito dopo essere eletto, nelle prime settimane della legislatura, due anni prima che cadesse il governo!. E nessuno di quelli che hanno votato la sfiducia a Prodi, sai senatori di estrema sinistra Rossi e Turigliatto a quelli di Dini al professor Fisichella e men che meno noi dell’Udeur furono influenzati da De Gregorio, che non contava nulla, non aveva rapporti, non aveva nessuna credibilità nel centrosinistra che l’aveva messo al bando come voltagabbana”.

Roma

Su La Repubblica, due intere pagine dedicate alla situazione di Roma. Si sintetizza nei titoli il punto di vista del prefetto Franco Gabrielli, che ha consegnato al ministro dell’Interno una relazione: “’Roma devastata dalla corruzione. Marino sottovalutò il problema’”, “La relazione Gabrielli: ‘No allo scioglimento del Comune, ma la discontinuità con Alemanno è stata tardiva’. Si dimette il segretario del Campidoglio”. È un lungo articolo di Carlo Bonini, che così inizia: “Come in certe sentenze di assoluzione per insufficienza di prove, che finiscono con l’essere peggiori di una condanna, la relazione Gabrielli al ministro dell’Interno Alfano che esclude l’ipotesi di scioglimento del Consiglio comunale di Roma consegna all’opinione pubblica un sindaco e una giunta ancora più fragili”. Nelle 103 pagine del documento, scrive ancora Bonini, il sindaco Marino appare ora “inconsapevole” ora oggettivamente “inerme”.
Anche una intera pagina del Messaggero è dedicata a Roma: “’Il Campidoglio va sciolto’. Scontro tra le due relazioni. Il testo della commissione prefettizia non esclude il commissariamento. Gabrielli invece salva il sindaco pur parlando di ‘condizionamento mafioso’.
Dalla relazione del prefetto Gabrielli si legge che “è innegabile come potendo fidare su un nutrito pacchetto di dipendenti capitolini compiacenti o corrotti e su consolidati rapporti con un numero significativo di membri degli organi elettivi (di maggioranza e minoranza) ‘ereditati’ dalla precedente consiliatura, Mafia Capitale abbia continuato a sviluppare i suoi traffici illeciti anche durante la nuova amministrazione’”. Prima della sua relazione la Commissione di accesso aveva “descritto la città in maniera ancora più dura”, parlando di “amministrazione inquinata, connotata da una profonda malagestione, il cui condizionamento mafioso produce una pesante deviazione del canone di legalità della funzione di indirizzo politico, sotto l’influenza di dirigenti collegati a Mafia Capitale”.
Sotto: “Il segretario generale del Comune si dimette”. Liborio Iudicello si è dimesso “dopo un pressing durato tutta la giornata”. Non è tra gli indagati nella inchiesta ma è citato nella relazione del prefetto, insieme ad altri, come Mattia Stella, capo della segreteria del sindaco Marino.
Da giorni Roma è nel caos per uno “sciopero bianco” indetto dal personale della metropolitana. La ragione sarebbe per avversare alcune norme che non condividono previste nel nuovo contratto di lavoro. Su Avvenire l’editoriale, firmato da Marco Olivetti, si sofferma sulle caratteristiche dello “sciopero bianco”, che non essendo codificato non garantisce neppure i minimi di erogazione del servizio pubblico previsti dalla legge sul diritto di sciopero nei servizi essenziali. Anche sul Sole un commento dedicato al fatto di cronaca di ieri (un bambimbo morto nel vano ascensore di una fermata della metropolitana) ma anche ai disservizi e al “sistema fuori controllo” della mobilità pubblica a Roma.

Il Papa (e il crocifisso)

Su La Stampa il reportage del vaticanista Andrea Tornielli sulla visita di Papa Francesco in Sudamerica: “Il Papa incendia la sua America: ‘Questa economia va cambiata’”, “In Bolivia l’incontro con i movimenti della Teologia della liberazione”. La strada indicata da Papa Francesco, si legge, è quella di “mettere l’economia al servizio dei popoli”. Perché, ha detto ancora Bergoglio, un’economia giusta “deve creare le condizioni affinché ogni persona possa godere di un’infanzia senza privazioni, sviluppare i propri talenti nella giovinezza, lavorare con pieni diritti durante gli anni di attività e accedere a una pensione dignitosa nell’anzianità”. Non è “un’utopia” ma “una prospettiva estremamente realistica”. L’equa distribuzione dei frutti della Terra e del lavoro “non è filantropia” ma “un dovere morale” e, per i cristiani, un “comandamento”.
Su Il Giornale: “Fa il giro del mondo la foto del presidente boliviano Morales che dona a Francesco un crocifisso con la falce e martello”. La foto, con il volto quasi sorridente del Papa e il presidente boliviano che porge il crocifisso. Scrive Renato Farina: “Ho provato a immaginare i sentimenti di Bergoglio in quel momento. Di certo avrebbe sbranato quel briccone di Morales, presidente guerrigliero svalvolato, che la posto dinanzi al fatto compiuti. In effetti una prima immagine – dinanzi all’offerta scostumata del del leader boliviano – ne mostra il volto contrariato, come si chi è incerto sul da farsi”. Poi però “ha mutato la durezza del volto in benevolenza”. Scrive Farina che “aspetto che qualche giornalista, in aereo, gli chieda ragione del suo farsi concavo dinanzi a una bestemmia da propaganda triviale”.
Avvenire mostra il fotogramma precedente del Papa, quello meno sorridente: “La foto dell’espressione stupita (e, secondo alcuni, perplessa) del Papa nel ricevere il dono ha fatto il giro del mondo. E in serata è arrivata la precisazione del direttore della Sala stampa Vaticana. Il regalo di Morales – ha detto padre Federico Lombardi – rimanda a un’opera, forse un disegno, di Padre Luis Espinal, il gesuita assassinato dai paramilitari nel 1980 cui Francesco ha reso omaggio fermandosi a pregare nel luogo in cui fu trovato morto. Quando ha visto il regalo – ha aggiunto Lombadi- il Pontefice non era a conoscenza che l’oggetto fosse legato al nome del religioso”. Lombardi ha detto di non sapere cosa Espinal volesse esprimere con quel disegno, “né se pensasse,cosa comunque plausibile, a una immagine di incontro tra culture”. Resta il fatto, ha aggiunto Lombardi, che “falce e martello evocano una ideologia in nome della quale è stato sparso troppo sangue nel mondo e sono state compiute – e vengono ancora compiute – stragi e persecuzioni anche dei cristiani in ari Paesi”.
Ancora su Avvenire la notizia che per la Messa presieduta ieri dal Papa nella piazza del Cristo Redentore a Santa Cruz, in Bolivia, il Papa, insieme a vescovi e sacerdoti, ha utilizzato un fast food della catena Burger King per indossare i paramenti sacri. Un gruppo di operai ha coperto con dei pannelli le cucine ed è stato rimosso il cartellone del ristorante che era accanto all’altare. Il direttore Alfredo Troche ha detto che Burger King ha messo a disposizione della Chiesa 2 mila metri quadrati. “Nelle prossime settimane metteremo una targa commemorativa di questo storico evento”.
L’omelia pronunciata dal Papa a Santa Cruz viene pubblicata sotto il titolo: “Il papa: basta con gli scarti. Non escludiamo nessuno. ‘Nella logica di Gesù è inaccettabile una visione che taglia sempre il filo ai più deboli e bisognosi’”.

Iran

Su Avvenire: “Iran, l’intesa va ai supplementari. Via ai colloqui notturni, ‘restano nodi irrisolti’. Kerry: no a rinvii, decisioni da prendere subito”. “Gli Usa hanno interesse a chiudere entro la scadenza della mezzanotte. Se si va oltre, Obama dovrà sottoporre il testo dell’accordo sul nucleare a una revisione più lunga da parte del Congresso, che potrebbe bocciarlo”.
Sul Sole. “Iran, l’accordo sfugge ancora. Putin incontra Rohani a margine del vertice dei Brics: revocare l’embargo sulle armi. Saltate tutte le scadenze, a Vienna si continua a trattare ma gli Usa avvertono: non rimarremo per sempre”.

Srebrenica

Da La Stampa segnaliamo un’intervista a Emma Bonino, in occasione dell’undicesimo anniversario della strage di Srebrenica: nel 1995 era Commissario Ue agli Aiuti umanitari. Ricorda: “Mancavano uomini e ragazzi. Così mi accorsi di Srebrenica”. Volò a Tuzla quando si seppe che stavano arrivando in un campo di profughi: “mi accorgo di aver visto solo donne, vecchi e bambini”, “denunciai, ma nessuno mi ascoltò”.

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