Dopo le primarie, Letta in Parlamento per una nuova fiducia

Il Corriere della Sera: “Napolitano chiede un programma. Letta in Aula l’11 per la fiducia. Il Colle: discontinuità. Colloquio con il premier. Una nuova agenda per l’esecutivo dopo l’uscita di Forza Italia”. A centro pagina: “Città sott’acqua e onde anomale. Maltempo al centrosud, alluvione a Pescara”.

 

La Repubblica: “Debito, la Ue accusa l’Italia. Rehn: obiettivi non rispettati. Letta: la ripresa è a portata di mano. Intervista al Commissario europeo: ho il dovere di essere scettico, servono privatizzazioni e spending review. Imu, in dubbio le detrazioni”. A centro pagina, con foto: “Prato, la strage dei cinesi senza nome. La Procura:è un Far West, siamo impotenti”, con commento di Edoardo Nesi: “La mia città in ginocchio”. Sulla politica: “La fiducia l’11 dicembre, il premier non si dimetterà. La decisione in un incontro con Napolitano”.

 

Il Fatto quotidiano: “4 miliardi spediti in Cina, l’oro degli schiavisti di Prato. Dietro la strage del capannone il business dello sfruttamento che riporta i soldi verso Pechino. Delle 7 vittime solo una è stata identificata. Un’altra fabbrica-dormitorio sotto sequestro. Il Pm: Sicurezza da Far west’. Il governatore Rossi: ‘Scene che ricordano Auschwitz’”.

 

Il Giornale: “Napolitano fa lo gnorri. Commedia al Colle: né crisi né rimpasto per salvare Letta (e i ministri alfaniani). Pasticcio Imu: rischio stangata sulla benzina”.

 

La Stampa: “La corsa a ostacoli di Letta. Vertice con Napolitano. ‘Lavoro, Europa, tagli alla politica: fiducia l’11. Le Camere voteranno dopo le primarie Pd. Ancora scintille Renzi-Alfano. Oggi la Consulta decide sul Porcellum”.

 

Politica

 

Scrive Stefano Folli sul Sole 24 Ore che l’opposizione berlusconiana ha “colto un successo”, perché “il nuovo voto di fiducia l’11 dicembre segna una formale ‘discontinuità’, si dice così, tra l’esecutivo delle larghe intese e la nuova maggioranza più ristretta. Si è modificato il quadro e di fatto prende forma un altro governo. Si dirà che sono solo parole, visto che Letta non è dimissionario e la fiducia è scontata. Ma non è proprio così”, scrive il notista. C’è infatti il rischio che qualcuno (Renzi?) sollevi la questione di un gruppo, quello di Alfano, che oggi “risulta sovra-rappresentato rispetto alla sua forza parlamentare”: Letta andrà in Parlamento ad incassare la fiducia ma non intende toccare nulla circa la struttura del governo, anche perché -sottolinea Folli- un “rimpasto” finirebbe per essere punitivo verso Alfano. E’ necessario individuare con urgenza “un modus vivendi” con Renzi: il indaco sarà il leader del Pd il 9 novembre e, “dal 9 all’11 ci sono tre giorni in cui il ‘patto di un anno’ può essere negoziato e scritto. Pochi punti ben qualificati e caratterizzanti, dal costo del lavoro a quello della politica, agli indirizzi per ridurre la spesa pubblica. Renzi ha l’occasione per diventare in fretta l’anima del governo; Letta da parte sua ha la possibilità di restare a Palazzo Chigi non perché sopportato, ma sulla scorta di una trattativa andata a buon fine con il suo principale competitore”. Su La Repubblica: “Governo, asse premier-Napolitano, nuova fiducia senza dimissioni. Renzi: la voto se ci sono i 3 punti”. Dal confronto-chiave con Renzi -scrive La Repubblica- prenderà forma il programma definitivo con cui Letta affronterà la prova dell’aula, un “aggiornamento” che verterà su lavoro, riforme (ma resta il rebus della legge elettorale su cui sta per pronunciarsi la Consulta) e semestre europeo. Nella pagina di fianco: “Il premier vuole un patto trilaterale”, ovvero un “patto a tre Letta-Renzi-Alfano”: lunedì ci sarà un faccia a faccia con il sindaco di Firenze, poi quello con Alfano. Ma, dice Letta, “il mio compito finisce nel 2015”.

Sul Corriere della Sera: “Le condizioni di Renzi per la fiducia”, “già il 9 presenterà la squadra e riunirà i parlamentari: chiederò risposte”.

 

Il quirinalista del Corriere Marzio Breda spiega che “la chiave per fare sintesi” è un “buon compromesso” tra le richieste di Renzi e quelle di Alfano. Ed evoca due dossier “da inserire nel programma di governo”: “la questione carceraria, ma da coniugare con alcuni interventi sulla giustizia sui quali insiste il centrodestra” e “la questione immigrati, divenuta emergenza nazionale dopo i drammi di Lampedusa e prato”. Naturalmente, scrive Breda, la prima urgenza resta la riforma elettorale e un’intesa “chiara” sulle riforme.

Su L’Unità: “Il pressing di Alfano sul premier per arginare Renzi”. Secondo il quotidiano il nuovo centrodestra alfaniano starebbe lavorando su un patto sul modello “tedesco”: come nella grande coalizione tra Cdu ed Spd, dove sono state messe nero su bianco 500 pagine di programma. Certo, si tratterebbe di un piano meno ambizioso: ma che basti ad ancorare la mini-coalizione a traguardi chiari e perseguibili entro un anno-un anno e mezzo al massimo. Il quotidiano dà conto degli incoraggianti dati del sondaggio Demos, che colloca il Nuovo Centrodestra al 5 per cento. Ma sottolinea anche il punto di vista di Forza Italia, con Deborah Bergamini, fedelissima di Berlusconi, che dice: “Come farà Ncd a condizionare l’agenda del governo?”. E la risposta possibile è per l’appunto un accordo sui punti cardine: riforme, economia, giustizia, legge elettorale con clausola di salvaguardia del bipolarismo.

Su La Stampa: “Forza Italia, ora sarà guerriglia sulle riforme”. E si riferiscono le parole di Fitto: “Se Alfano fa il ruotino di scorta del governo, non pensi poi di allearsi con noi”.

Su Il Giornale: “C’è aria di rimpasto di governo. Alfaniani pronti alle barricate”, “gli esponenti del Nuovo Centrodestra temono che Renzi, dopo le primarie Pd, voglia ridurre la loro rappresentanza ministeriale: ‘Servono patti chiari’”.

La Repubblica intervista Gianni Cuperlo, candidato alle primarie Pd, che chiede in qualche modo a Letta un intervento per garantire l’unità del Pd: “Sarebbe utile una sua parola per dire al Partito Democratico che non si gioca con messaggi un giorno collaborativi e un giorno ultimativi”. Ce l’ha con Renzi? “Penso che non servano gli ultimatum né nascondere la polvere sotto il tappeto. Dire che non si temono le urne mentre Alfano rischia di finire asfaltato da Forza Italia diventa una sponda a Berlusconi. Così non si unisce il Pd ma lo si divide”.

Il Ministro delle riforme istituzionali Quagliariello, del Nuovo Centrodestra, in una intervista al Messaggero dice: “O nel patto di maggioranza per il 2014 si inserisce a pieno titolo la riforma elettorale e quello che ne consegue, oppure questo governo non ha più ragione di esistere”, “passato l’8 dicembre eletto il nuovo segretario Pd, la legge elettorale deve essere uno dei cardini del nuovo patto di maggioranza per il 2014. Dobbiamo essere in grado di dire agli italiani: entro dodici mesi modificheremo il bipolarismo, ridurremo il numero dei parlamentari e toglieremo di mezzo il Porcellum. Su questo ci giochiamo la faccia. La fiducia la deve dare una sola Camera”.

 

Italia, Europa

 

Il Commissario agli affari economico Oli Rehn viene intervistato da La Repubblica, che riassume così i contenuti della intervista: “Debito, l’accusa di Rehn all’Italia, ‘non state rispettando l’obiettivo, ora privatizzazioni e spending review’”. Dice Rehn: “Per quanto riguarda il deficit l’Italia è in linea, anche se di poco, con il criterio del 3 per cento. E questo ha consentito al Paese di uscire dalla procedura per deficit eccessivo che è importante per la sua credibilità sui mercati finanziari. Inoltre l’Italia deve rispettare un certo ritmo di riduzione del debito, e non lo sta rispettando. Per farlo, lo sforzo di aggiustamento strutturale avrebbe dovuto essere pari a mezzo punto del Pil, e invece è solo dello 0,1 per cento. Ed è per questo motivo che l’Italia non ha margini di manovra e non potrà invocare la clausola di flessibilità per gli investimenti.

Al giornalista che obietta che si continua a parlare soltanto del binomio rigore-austerità Rehn risponde: “No, le cose stanno cambiando”. Più avanti dice che “oggi l’Europa ha ritrovato più stabilità”, ma “all’inizio della crisi non avevamo credibilità e dunque non avevamo alternative. Se io facessi incubi, rivivrei l’angoscia del periodo tra agosto e novembre 2011, quando l’Italia era al centro della tempesta sui mercati finanziari”.

In chiusura di intervista Rehn conferma la sua intenzione di candidarsi come presidente della Commissione per i liberali europei, in competizione con l’ex premier belga Verhofstadt .

Se ne occupa anche Il Fatto: “Il guardiano del rigore lascia la Commissione Ue e si candida”. Probabilmente si dimetterà per condurre la campagna elettorale senza pastoie.

 

Ieri il ministro dell’Economia, a Washington per incontrare gli investitori Usa, ha concesso una intervista alla agenzia Bloomberg ed ha detto che il periodo di incertezza politica in Italia “è finito”. “Credo che il team al governo sia molto unito e fortemente impegnato”.

 

Prato

 

In una intervista a La Stampa il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ricorda che Prato “è sotto osservazione dal 2010, da quando è stato firmato un ‘Patto’da Prefettura, Comune, Provincia e Regione che coinvolge i soggetti impegnati nei controlli negli stabilimenti: polizia locale, Asl, Inps, ministero del Lavoro, agenzia delle entrate. In questo tipo di capannoni ci sono seri problemi di impiantistica, ma purtroppo non è solo un problema di quell’area e delle aziende gestite da cinesi. Non dimentichiamo che l’ultima tragedia del genere, a Barletta, coinvolse una piccola attività artigianale italiana”. Giovannini sottolinea come la crisi stia cambiando, “per certi versi rendendo più gravi le infrazioni registrate dagli ispettori”. E dice di aver convocato “i responsabili delle dieci zone a più alto rischio” per “ascoltare anche le loro idee e pianificare e rafforzare i controlli”. Prato è fra queste? Su cosa si basa la lista? Risponde Giovannini: “Sul numero di infrazioni registrate, ma anche su considerazioni di difficoltà ambientale. La prima provincia per irregolarità è Napoli, Prato è al decimo posto”.

La Repubblica intervista Alberto Forchielli, manager da anni in affari con Pechino, il primo straniero cui siano mai stati affidati fondi pubblici cinesi per centinaia di milioni di euro da investire in Europa. Sull’incendio del laboratorio in Toscana dice: “Nel grande come nel piccolo l’imprenditore cinese pubblico o privato ha una mente fondamentalmente criminale, perchè cresce in un ambiente privo di etica, fatto di rapporti, evasione e infrazioni”, “non osservano le regole in patria e ormai ritengono da essere così potenti da poterle ignorare anche fuori”, “per un cinese che fa impresa la vita umana non ha valore, dunque non merita spendere soldi per un idrante”.

Il Fatto ha un inviato a Prato, Enrico Fierro: scrive che “Chinatown è cresciuta come un tumore nel cuore della città. In dieci anni le imprese ‘ufficiali’ made in China sono passate dal 5 al 12 per cento. Mentre i cinesi ufficialmente residenti sono 13500. Ottomila i ‘soggiornanti temporanei’, almeno 20 mila i clandestini: totale 50 mila. Tutti arrivati grazie a un referente che paga il viaggio e fornisce il lavoro. Chi sgarra, denuncia, chiede condizioni di lavoro umane è fuori, out, nessun padrone cinese gli darà più un centesimo, un pasto, un letto fetente in un capannone. Chi viene scoperto, viene espulso con un foglio di via dalla inutile Bossi-Fini. Rientra nella clandestinità, un fantasma come tanti, e allora il ‘sistema’ penserà di nuovo a lui. A Prato ti raccontano del giro dei passaporti dei cinesi morti che vengono riciclati per i vivi da piazzare nella catena produttiva”.

 

Internazionale

 

Due pagine de La Stampa sono dedicate alla rivolta in corso in Ucraina. Si dà conto delle dichiarazioni del Presidente russo Putin, che ha detto: “non è una rivoluzione, è un pogrom”. Secondo Putin la rivolta è stata “preparata in anticipo” e animata “da gruppi di commandos preparati e addestrati”. Quanto al Presidente ucraino Yanukovich, ieri ha mandato segnali di distensioni telefonando al presidente della Commissione Ue Barroso per chiedergli di riaprire il negoziato sull’accordo di associazione con la Ue, che ieri Putin ha definito “molto duro” per l’Ucraina. Una delegazione di Kiev ripartirà per Bruxelles per avviare una “road map” che si concluda con la firma dell’accordo. E sarebbe drasticamente scesa la stima degli aiuti che l’Ucraina chiederebbe come compensazione per l’adattamento agli standard europei. Intanto, prosegue quello che il Corriere definisce un “assedio” ai “palazzi del potere”. I protestanti hanno occupato infatti il municipio di Kiev. Il premier Azarov ha parlato di “golpe”. Lancia l’allarme uno dei leader della opposizione, l’ex pugile Klitschko: “Pensavamo che il governo reagisse, ma è stata una violenza senza precedenti. Sappiamo che si è mosso l’esercito, abbiamo incontrato gli ambasciatori americano e giapponese, chiediamo l’attenzione del mondo, può finire molto male.

Torniamo a La Stampa per una intervista al ministro degli esteri polacco Sikorsky, da sempre molto impegnato sul fronte della attrazione dell’Ucraina nell’orbita Ue. La scelta dell’Ucraina di rompere con la Ue gli pare frutto del fatto che il Paese sia stato mal consigliato ed auspica che il Presidente Yanukovich trovi l’ispirazione per capire che, se fai bene, l’Europa è generosa. Quanto a Mosca, “deve onorare gli impegni” senza “trasformare un accordo commerciale in uno scontro geopolitico”. Da La Repubblica l’inviato Lombardozzi racconta “Kiev: nei Palazzi occupati dalla rivolta. Sangue, volantini e bandiere europee”. L’avvocato della leader dell’opposizione Tymoshenko, Sergej Vlasenko, intervistato dal quotidiano, chiede che l’Europa smetta subito di considerare il Presidente Yanukovich “un interlocutore accettabile” e di pretendere “una inchiesta vera sulle proteste di venerdì”. L’Europa, dice ancora, “dovrebbe aiutarci a smantellare il sistema di corruzione che domina l’Ucraina. Vogliamo entrare nella Ue proprio per farla finita con questo sistema”.

E’ in visita in Italia il Presidente croato Josipovic. Viene intervistato da La Stampa, che sintetizza le sue parole: Europa contro i populisti, più crescita e più scambi. Croazia-Italia, un modello”. Dice il Presidente: “C’è percezione che l’Europa e l’euro siano colpevoli della crisi. E’ vero il contrario. La Croazia è responsabile della sua situazione attuale, legata a problemi interni. L’euro non è una fonte di debolezza, e lo adotteremo quando avremo messo a posto il deficit. Ci vorranno dai tre ai cinque anni ma non mi aspetto obiezioni dalla gente che già vive con l’euro. L’80 per cento dei risparmi nelle nostre banche sono in euro. Sui rapporti con la Serbia il giornalista ricorda che un gruppo estremista croato ha ventilato l’ipotesi di un referendum contro i diritti della minoranza serba. Risponde Josipovic: “Sosteniamo l’ingresso in Europa di tutti i nostri vicini, la Serbia e gli altri, politicamente con la nostra esperienza. Non ci sarà nessun referendum contro i serbi in Croazia, perché abbiamo raggiunto un alto livello di tutela legale nei confronti della minoranza serba. Non sempre purtroppo la realtà lo rispecchia, ma è inaccettabile mettere anche solo in discussione i diritti.

 

E’ stato in visita in Italia anche il primo ministro israeliano Netanyahu, che ieri ha incontrato il nostro presidente del Consiglio. Su La Repubblica: “Letta: ‘La sicurezza di Israele non è negoziabile’. Al centro dell’incontro con il Papa, invece, secondo La Stampa, c’è stata la Siria e il conflitto in Medio Oriente. Papa Francesco nell’incontro ha raccomandato la “ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi” confidando nel dialogo per “una soluzione giusta e duratura nel rispetto dei diritti di ambedue le parti”. Un singolare omaggio ha offerto poi il premier israeliano al Papa: il libro scritto da suo padre sulla inquisizione spagnola.

 

Su Il Messaggero: “Il Papa a fine maggio in Terra Santa”, “il Vaticano vuole chiudere il negoziato con Gerusalemme su fisco e strutture cattoliche come il cenacolo di Gesù”.

 

Per restare alla Siria, peraltro, segnaliamo un articolo da La Stampa sul sequestro da parte degli islamisti ribelli del convento delle suore nella città di Maalula, uno degli ultimi villaggi al mondo in cui si parla ancora la lingua aramaica. E’ diventato uno dei bersagli preferiti dagli islamisti. Un simbolo ma anche un centro militare e strategico. I ribelli hanno conquistato il centro storico. Dodici suore sono state catturate. Due mesi fa le truppe regolari avevano ripreso Maalula, almeno il centro: ma erano scarse e male armate, per cui non controllavano le montagne che circondano la cittadina. I cecchini delle brigate jihadiste di Al Nusra hanno continuato a bersagliare gli assediati. Nelle scorse settimane poi sono arrivati anche elementi facenti parte dello “stato islamico dell’Iraq e del Levante”, acronimo in inglese ISIS.

 

Da La Repubblica segnaliamo un articolo di Raimondo Bultrini sulle rivolte in corso in Thailandia: “Tra i cyberguerrieri alla conquista di Bangkok”.

 

Su La Stampa e Il Messaggero si racconta la rivolta dei lavoratori dei fast food negli Usa. Giovedì prossimo i “giratori di hamburger”, scrive La Stampa, si asterranno dal lavoro. E’ un fenomeno che va avanti da oltre un anno, in verità, perché gli scioperanti chiedono il raddoppio della paga minima dei lavoratori Usa a 15 dollari l’ora. Il Messaggero spiega che nel labirinto dei piccoli esercizi di categoria c’è poco sindacato e non esiste una tariffa. L’unico punto di riferimento è la legge nazionale sul minimo della paga, che al momento è ferma a 7,25 dollari l’ora.

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