Delrio: non siamo andati a chiedere permessi a Merkel

La Repubblica: “Berlusconi, vietata la candidatura”, “Niente Europee, la Cassazione conferma i due anni di interdizione”. A centro pagina, foto del presidente russo sotto il titolo: “La sfida di Putin: la Crimea è nostra. L’Occidente esclude Mosca dal G8”.

E a centro pagina anche la spending review: “Tagli a sanità e pensioni, la scure sul ceto medio”.

 

Il Corriere della Sera: “Berlusconi, due anni di interdizione. Non può candidarsi alle Europee”. Ma il titolo più grande è: “Putin si annette la Crimea. Firmata a Mosca l’adesione della Penisola alla Russia. Scontri con l’esercito ucraino. Obama reagisce convocando i leader occidentali”.

 

Il Giornale: “Schiaffo a Berlusconi. Non può neanche votare. La Cassazione conferma i due anni di interdizione. Ma arrivano oltre 20 mila firme per candidarlo”.

 

La Stampa: “Tagli, si arriva a 5 miliardi”, “Cottarelli: statali, fino a 85 mila esuberi. Le pensioni? Scelta politica”. Sotto la testata: “Ucciso soldato ucraino. L’esercito di Kiev ordina di sparare a vista”, “Putin si annette la Crimea: nostra da sempre”.

A centro pagina: “La mafia non risparmia il bambino di 3 anni”, sulla strage di Taranto.

 

Il Fatto: “B. interdetto fino al 2016. Non può nemmeno votare”.

Sulla strage di Taranto, una foto illustrata dal titolo: “Domenico, tre anni, ucciso dalle belve”.

 

Il Sole 24 Ore: “Spending review, subito risparmi per 5 miliardi. La previsione per il 2014 del commissario Cottarelli, che avverte: dipende dalla politica. A rischio 85 mila statali. Squinzi: no al taglio dell’Ice”.

 

L’Unità: “Pensioni e statali, pericolo tagli”, dove si dà conto della risposta dei sindacati: “Non si fa cassa sul welfare”.

 

Spending review, economia

La Repubblica scrive che il piano dei risparmi su pensioni, assistenza e Irpef “penalizzerà il ceto medio”. Scrive Roberto Petrini: “altro che ‘pensioni d’oro’. L’eredità Cottarelli rotola sulle scrivanie di Matteo Renzi e Graziano Delrio con tagli che investono pensioni modeste, vedove, donne, invalidi, reduci di guerra. Nel mirino la carne viva del ceto medio-basso del Paese, colpito in quelle fasi particolari della vita quando si ha più bisogno di aiuto”. E prosegue: “la “’cura Cottarelli’, in procinto di trasferirsi a Palazzo Chigi per suggerire le sue ‘ricette’ si sintetizza così: 3,8 miliardi in tre anni da previdenza e assistenza. Un colpo per i redditi tra i 25 mila e 40 mila euro che dovranno stringere la cinghia, tra tagli delle indicizzazioni e interventi sul welfare, e non saranno nemmeno ricompensati dal bonus Irpef da 80 euro mensili che è destinato solo a chi guadagna meno dei fatidici 25 mila euro lordi l’anno”, e per quel che riguarda invalidità il piano prevede di recuperare 300 milioni in tre anni legando l’assegno di accompagnamento al reddito, cancellando l’indennità per chi ha redditi di 30 mila euro lordi oppure arriva a 45 mila sommando coniuge e figli. Più avanti si legge che “anche vedove e orfani di guerra dovranno pagare il loro ticket a Cottarelli”, poiché dalla revisione delle pensioni del Secondo conflitto mondiale, che oggi pesano sul bilancio per 1,5 miliardi, si cercherà di raccogliere 800 milioni in tre anni”.

La Stampa scrive che “la ricognizione è finita” e sono state accolte le richieste di Renzi: “il menu dei tagli possibili è pronto. Mancano solo le scelte”. Da dove cominciare? “Nelle tabelle di Cottarelli non si salva nessuna voce, Renzi gli ha chiesto di mettere pensioni (quelle più basse), sanità e scuola in fondo alla lista delle voci da tagliare. Riuscirà ad evitarlo, visto che quelle tre valgono da sole quattrocento degli ottocento e più miliardi di spesa del bilancio pubblico italiano?”.

Il Fatto: “Pensioni, sanità e statali: i soliti tagli, ma pochi per il cuneo”. Il quotidiano sottolinea che mancano 400 milioni per gli esodati della scuola e che sono pochi gli 80 euro in busta, “e 85 mila dipendenti pubblici tremano”.

Oggi il presidente del Consiglio riferisce alla Camera sul prossimo consiglio europeo di Bruxelles.

Il Corriere offre una ampia intervista al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio. Il titolo: “Avanti con la riduzione delle tasse. Il deficit del 2,6 per cento? Possiamo salire”. “Delrio: coperture anche da entrate straordinarie. Tagli forti sulla politica. ‘Sfrutteremo tutta la flessibilità sul debito prevista dal fiscal compact”. Delrio, dell’incontro di Renzi con Merkel, premette che “non siamo andati a chiedere permessi alla maestrina con la penna rossa pronta a darci voti”. “L’Italia ha dei conti che non sono da penna rossa: un rapporto deficit/pil pari al 2,6%, laddove Spagna e Francia sono al 5,8% e al 4% nel 2014. Il nostro deficit strutturale corretto con l’andamento del ciclo è -0,6% di gran lunga inferiore a tutti quelli dell’Eurozona e secondo solo a quello della Germania mentre Francia, Spagna e Inghilterra superano il 4%. L’Italia è un paese importante che ha dei numeri abbastanza in ordine tranne uno, grande che non va bene: il rapporto debito/Pil. Che però è fatto di due componenti: debito e Pil, appunto. Non ci si può concentrare solo su uno dei due fattori” . Quanto alla copertura delle promesse fatte da Renzi, “finanzieremo il taglio di tasse prima di tutto come hanno fatto tutti gli altri Paesi: ristrutturando la spesa. Noi lo faremo per 32 miliardi in tre anni, come nessuno ha mai osato”. E ancora: “il percorso di spending lo abbiamo accelerato moltissimo facendolo partire ad aprile, ma è presumibile che nei primi mesi non dia risparmi di spesa, nel primo anno e’ prevedibile che noi non avremo i sette miliardi previsti”. Dunque “se anche l’Italia finanziasse i primi otto mesi di tagli al cuneo attraverso quote importanti di spending, cioè 4/5 miliardi, più alcune entrate straordinarie, non sarebbe la fine del mondo. Questo non intaccherebbe la serietà del nostro progetto di riforma o la credibilità del Paese e neppure la discesa del debito pubblico. Dopodiché se in queste misure temporanee c’è da sfruttare anche un pezzo di flessibilità deficit/pil, lo tratteremo”. Dal 2,6% del Pil al 2,8? “Vediamo se ne avremo bisogno nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, lo tratteremo . Ma non è detto che ce ne sia bisogno, dipende dall’intensità con cui facciamo la spending”.

Sul Sole 24 Ore una intervista al ministro dello Sviluppo Guidi, che viene sollecitato su un tema caro a Confindustria, quello dei limiti di emissioni di Co2 in Europa. “La mia priorità è il rilancio del nostro manifatturiero”. “Ministro Guidi, il precedente governo non aveva neppure una posizione unitaria sulla questione delle emissioni…” Risposta: “Non guardo indietro. Dico che sulla conferenza clima-energia l’Europa non può procedere con un’assunzione di responsabilità unilaterale che non tenga conto di impegni di altre potenze come l’India, la Cina, gli Usa e di un contesto mondiale in cui la competitività si gioca anche su barriere tariffarie e disomogeneità regolamentari. Su tutto questo, ed è un altro punto condiviso nel vertice con la Germania, occorre un piano europeo per evitare di appesantirci di oneri impropri. Nel dettaglio a che cosa punta l’Italia? Possiamo accettare l’obiettivo di riduzione del 40 per cento di Co2, anche se riteniamo che sarebbe stato meglio contenerlo. Sul 27 per cento di quota delle rinnovabili, invece, ad ogni Paese deve essere consentito raggiungere il target in autonomia rispetto alle scelte tecnologiche”. Ma innanzittuto servono “riforme strutturali sul piano interno”. E dunque “semplificazione dell’accesso al mondo del lavoro”, “nuovo supporto al credito”, rilancio delgi investimenti. “E con la manovra Irpef-Irap abbiamo dato un segnale importante sul fisco”

“Ha visto le ipotesi della spending review sulla soppressione dell’Agenzia Ice per il commercio estero?”. Risposta: “Un’eventualità che non mi vede favorevole. Penso anzi che andrebbe potenziata”

“Il suo ministero si occupa anche di tv-tlc. Sa che qualcuno le attribuisce una vicinanza politica con Berlusconi e che su questi temi avrà tutti i fari puntati?”

“Sulla tv avrò un ruolo di coordinamento strategico dopodiché non entrerò direttamente in questi dossier che, come tutti gli altri del ministero, saranno seguiti nel dettaglio dai viceministri e sottosegretari ai quali a breve saranno ufficialmente conferite le deleghe. Ad ogni modo, non ho vicinanza con nessuno se non con la mia famiglia e inoltre non ho mai avuto né mai avrò una tessera di un partito in tasca”.

 

Berlusconi, Napolitano

“Si chiude ogni spiraglio per le europee. Resta solo il verdetto sui servizi sociali”, ricorda Dino Martirano sul Corriere della Sera. Berlusconi verrà privato per due anni del diritto di elettorato e di eleggibilità, di “ogni pubblico ufficio”, di “gradi e titoli accademici”, e anche di eventuali indennità, stipendi, pensioni o assegni “che siano a carico dello Stato”.

Berlusconi non potrà candidarsi, ma continuerà ad essere leader del suo partito, “perché i partiti sono associazioni private” Un altro articolo dello stesso autore ricorda che Berlusconi ora perde anche il titolo di Cavaliere, che la Cassazione ha emesso la sentenza dopo cinque ore di Camera di consiglio (“ma c’erano altre otto cause” da discutere) e dà conto del commento dell’avvocato Niccolò Ghedini: “Prendiamo atto con grande amarezza di questa decisione, come abbiamo detto in udienza avremmo ritenuto necessario quantomeno un approfondimento presso la Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo”.

Sul titolo di Cavaliere del Lavoro un ulteriore articolo sul Corriere: “E ora valuta di autosospendersi dai Cavalieri del Lavoro”. Dove si legge che oggi i Cavalieri del Lavoro avrebbero dovuto decidere di espellere l’ex premier, e che la sua scelta potrebbe precedere l’espulsione.

Secondo Il Giornale “Berlusconi snobba il verdetto: la data chiave resta il 10 aprile”, nel senso che la decisione che più conta è quella sull’affidamento ai servizi sociali, perché il tribunale dovrà decidere le modalità in cui l’ex premier dovrà scontare la pena: se arresti domiciliari o affidamento ai servizi sociali. Quanto alla politica, l’articolo de Il Giornale dà conto della smentita “in modo categorico” di ieri di Giovanni Toti alla ipotesi di un ingresso nel governo di Forza Italia, evocata ieri dal Corriere della Sera. Ma aggiunge che “se Renzi dovesse impantanarsi a causa di numeri risicati in Parlamento”, una “mano salvifica potrebbe arrivare proprio dal Cavaliere”.

In prima pagina su La Repubblica Massimo Giannini firma un editoriale dal titolo “Il Cavaliere è nudo”: “non c’è più tempo per gli alibi e per le provocazioni. Passo dopo passo, il destino del pregiudicato Silvio Berlusconi si compie”. Per Giannini il Cavaliere può riternersi un “miracolato”, visto che “ha ottenuto un posto al tavolo delle riforme, quando era già mestamente incamminato sul viale del tramonto. E’ stato rivestito di un ruolo di ‘padre costituente’ che non merita e non ha mai fatto nulla per meritare. Si accontenti di questo. È già tantissimo, dopo tutti i disastri che ha combinato”.

Il Fatto sottolinea che Berlusconi, “già decaduto dal Senato, non potrà nemmeno votare alle Europee”, per effetto della sentenza. E ricorda “la prossima puntata”: a Milano, il 10 aprile, il Tribunale di sorveglianza dovrà decidere se affidare Berlusconi ai sevizi sociali, come ha chiesto, o se metterlo agli arresti domiciliari per scontare l’anno residuo di pena principale

 

Ancora dal Corriere: “Napolitano: decido io su dimissioni e grazia. No a spinte e previsioni. ‘Su di me parole che non mi impegnano’”. L’articolo è firmato dal quirinalista Marzio Breda è riepiloga la nota fatta diffondere ieri da Napolitano: “Vengono in questi giorni liberamente sollevate nel dibattito pubblico varie questioni sulle quali peraltro ogni decisione spetta costituzionalmente, com’è noto, al Presidente della Repubblica. Il quale perciò non interviene né ad avvalorare né a smentire apprezzamenti, sollecitazioni o previsioni che impegnano semplicemente coloro che le esprimono, in qualsiasi forma, pubblicamente”. La nota dimostra di “non autorizzare e di non gradire supposizioni sul suo congedo”. Ma oltre che la questione delle dimissioni e della loro data, il messaggio “aveva come destinatari anche i propalatori di altri boatos politici”, e in particolare “quegli esponenti di Forza Italia che annunciano di voler recapitare presto al Quirinale una ‘valanga di firme’ per accompagnare l’ennesima richiesta di grazia per Silvio Berlusconi”. Una sollecitazione – scrive Breda – “che, anche per il suo plateale sapore propagandistico, non sembra avere chance di essere raccolta”.

Su L’Unità: “Dimissioni di Napolitano, stop alle indiscrezioni”.

Su Il Giornale, sotto il titolo “non può neanche votare”, Alessandro Sallusti scrive che Napolitano “non vuole neppure prendere in considerazione il boom del popolo di centrodestra che reclama l’agibilità politica del suo leader per le elezioni europee. Si tappa le orecchie, il Presidente, insultando così non solo il Cavaliere ma milioni di italiani dei quali dovrebbe essere presidente. Non tocca a me dire se può fare qualcosa, ma sicuramente deve rispettare anche noi. O almeno non mostrare insofferenza e disprezzo per voci libere e pacifiche che non vogliono sovvertire le istituzioni con la violenza o l’imbroglio ma avere giustizia”. Sallusti scrive che “ancor più del suo immobilismo mi colpisce il suo astio”, che le firme raccolte in questi giorni “non sono di cittadini di serie B”, e che non considerarle “vuol dire avallare la tesi che siamo in mano a un arbitro di parte, di un comunista non pentito, che vuole vendicarsi di essere stato sconfitto dalla storia”.

 

Ieri il Presidente Napolitano ha anche inviato una lettera all’Associazione Luca Coscioni, che organizzava una iniziativa sul tema del fine vita. Il Corriere della Sera: “Il Quirinale e le scelte del fine vita. ‘Il parlamento non ignori il problema’”. “Ritengo anche io che il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita, ed eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulla materia. Richiamerò su tale esigenza, anche attraverso la diffusione di questa mia lettera, l’attenzione del Parlamento”. L’iniziativa della Associazione, scrive il quotidiano milanese, vedeva schierati anche il figlio di Carlo Lizzani e la compagna di Mario Monicelli, “che hanno scelto di andarsene con suicidio”, insieme a Mina Welby, moglie di Piergiorgio, che nel 2006 ricevette risposta proprio da Napolitano sul diritto all’eutanasia.

Il quotidiano ricorda che un tentativo di fare una legge sul testamento biologico si fermò nella scorsa legislatura, e dà conto delle reazioni negative di Maurizio Gasparri di Forza Italia e di Eugenia Roccella del Nuovo Centrodestra.

 

L’Unità intervista sul tema Luciana Castellina. Anche la sua testimonianza sul tema è stata raccolta dalla Associazione Coscioni, e che – ricorda il quotidiano – “accompagnò, con gli altri compagni di una intera esistenza, gli ultimi tempi di Lucio Magri”. “Ciascuno deve scegliere il proprio destino”, il titolo.

 

Renzi-D’Alema

Ieri Matteo Renzi, a Roma, ha presentato il nuovo libro di Massimo D’Alema “Non solo euro”. La Repubblica ne riferisce così: “Renzi e D’Alema, gli amici ritrovati’. ‘Ora le riforme o nell’Ue sarà tsunami'”, “Il premier lancia l’ex segretario come commissario europeo”.

Il Fatto: “Il premier spinge D’Alema verso la Ue”, “I carissimi nemici uniti nell’Europa. ‘Il mio governo manderà gli uomini più forti che abbiamo nelle istituzioni di Bruxelles'”.

La Stampa: “Renzi, investitura per D’Alema”, “Ipotesi commissario Ue, ‘in Europa manderemo i migliori’. Ma il premier non si candiderà”. Con un’analisi di Federico Geremicca: “Massimo e Matteo. Il lento disgelo tra realismo e cinismo”, “ecco perché uno può servire all’altro”. Dove si legge che per Renzi “non sarebbe affatto male avere D’Alema come alleato in Italia e testa di ponte (oltre che consigliere) nella battaglia che intende condurre nei meandri per lui ancora oscuri del gotha politico europeo”.

Sul Corriere un commento di Michele Salvati si occupa della “sfida che Renzi si è proposto”, una sfida che “richiede un coraggio che rasenta l’azzardo. E una buona dose di fortuna”. Il primo compito che il premier deve assolvere è quello di “dare l’impressione di portare subito a casa risultati (meglio naturalmente se li porta a casa sul serio) che migliorino le condizioni di vita dei cittadini e li invoglino a votare a favore del governo e del partito di chi lo presiede”. Il secondo, che “si gioca su un periodo più lungo, ma non troppo lungo” è quello di fare “riforme radicali, che aumentino l’efficienza e riducano le spese del settore pubblico e la competitività di quello privato, che consentano misure di rilancio e di sostegno dei redditi le quali non aggravino il disavanzo”. Dunque “se il passaggio delle europee sarà benedetto dalla dea bendata, il difficile percorso successivo non potrà che essere sostenuto da un uso coraggioso del potere di minaccia”, quella di andare a nuove elezion assumendosi “la responsabilità di far tornare il Paese nel caos, con una legge maggioritaria alla Camera (nel frattempo sarà stata approvata) e una proporzionale al Senato, come risulta dalla sentenza della Corte Costituzionale”.

 

Crimea

Il Corriere dà conto dell’evoluzione della questione Crimea, ieri, con il discorso di Vladimir Putin, parlando davanti alle Camere riunite in sessione congiunta. “Tutto in Crimea è intriso dalla nostra storia e gloria”, ha detto Putin. “Sebastopoli è patria della flotta russa del mar Nero”. In Crimea le lingue ufficiali sono “russo, ucraino e tataro”. Quanto all’Ucraina, “noi vogliamo un’ Ucraina forte, stabile, pacifica, non vogliamo la sua scissione né ci servono altri territori”. Poi Putin ha firmato poi con i dirigenti della Crimea e di Sebastopoli l’accordo per il loro ingresso come nuovi soggetti nella Federazione russa. Che dovrà poi essere ratificato dal Parlamento, contestualmente ad una nuova legge. Putin nel suo discorso ha anche parlato del “nuovo assetto” dopo il “crollo del sistema bipolare” ed ha accusato gli Usa di usare la “legge del più forte” e di aver ignorato, in caso di necessità, le risoluzioni dell’Onu, ad esempio per i bombardamenti nel 1989 di Belgrado, seguiti da un vero intervento armato. Putin ha anche ricordato ‘Afghanistan, l’Iraq, la Libia, le “rivoluzioni colorate”, le primavere arabe, l’espansione della Nato a est e sottolineato come, in Ucraina, l’Occidente “ha varcato la linea” comportandosi “in modo irresponsabile”. “Sapevano che c’erano milioni di russi”. L’Ue ha annunciato che non riconoscerà l’annessione della Crimea, e il ministro degli esteri francese Fabius ha annunciato che “la Russia è fuori dal G8”. Anche Obama e Merkel, in un colloquio telefonico, hanno “condannato le mosse formali della Russia per l’annessione formale della Crimea” e “concordato di continuare a sottolineare con il presidente russo Vladimir Putin che c’è un chiaro percorso per risolvere la crisi con mezzi diplomatici”.

Intanto il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha deciso di fissare a mercoledì una riunione a porte aperte sull’Ucraina.

 

Su La Repubblica l’analisi di Bernardo Valli: “La Russia torna guerriera per cancellare l’onta dell’89 e l’incubo Nato ai confini”. Dove si legge che la defezione dell’Ucraina “ha azzoppato il disegno di una Unione euroasiatica”. E nelle parole di Putin c’è “un messaggio anche per i dissidenti: sono traditori che stanno dalla parte del nemico”.

 

Su La Stampa, un retroscena di Anna Zafesova: “Cliché sovietici e battutre hot. Lo zar solletica l’orso russo”, “‘Noi contro loro’ è la chiave del nazionalismo putiniano”. E l’analisi di Enzo Bettiza: “Imperialismo e competizione. Il doppio registro dello zar”

 

L’Unità intervista lo scrittore Predrag Matveevic: “Sull’Ucraina l’unica via è confederale. Ci sono radici comuni con la Russia”.

 

Sul Corriere della Sera Giuseppe Sarcina: “Una scommessa che alla Russia costerà miliardi”. Servono tra i 35 e i 50 miliardi per finanziare lo stanziamento degli oltre 60 mila soldati russi necessari, “quasi il doppio della spesa sostenuta per le olimpiadi di Sochi”. E un’altra uscita certa è la copertura del bilancio di Simferopoli. Insomma, conclude il Corriere: “Putin sta spingendo tutta l’economia russa nella scommessa più rischiosa degli ultimi venti anni”.

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