Candida Polverini

La Repubblica: “‘La Fiat resterà in Italia’. Parla Marchionne: risponderò al governo, ma ognuno faccia la sua parte”. Ezio Mauro intervista l’Amministratore Delegato Fiat. “L’ad del Lingotto replica alle critiche: vedo in giro troppi maestri d’automobile improvvisati.Guadagniamo all’estero per poter produrre qui”: A centro pagina la “drammatica riunione” del consiglio regionale del Lazio, ieri: “Scandalo Lazio, Regione nel caos. Polverini chiede scusa e vara i tagli”. Di spalla un articolo di Salman Rushdie: “Quando arrivò la fatwa pensai: sono morto”.

Il Corriere della Sera. “Marchionne torna tra le polemiche. Della Valle attacca in tv il manager e la famiglia Agnelli”. E poi: “La corsa a ‘La 7’: anche Sky ha chiesto di vedere i conti. Telecom non li dà a Mediaset”. In alto lo scandalo alla Regione Lazio: “Polverini: ‘E’ una catastrofe politica. Nell’inchiesta i prestanome di Fiorito”.

Libero: “Basta con la Fiat. Piangiamo per i cassintegrati dell’auto ma il problema del Paese sono gli 800 mila disoccupati dell’era Monti. Marchionne va via perché con balzelli e benzina record qui nessuno compra più nulla”.

Il Foglio: “La strategia attendista di Marchionne manda in tilt l’establishment. Il governo aspetta chiarimenti, ma tra strategie di mercato e vizietti un po’ stataliste la Fiat preferisce  aspettare”.

L’Unità: “Polverini si veste da Batman”.

Il Fatto quotidiano: “Polverini di quattrini. Una barca di milioni finita nelle tasche di consiglieri e affaristi. Ma ora la governatrice del Lazio cade dal pero. Minaccia fuoco e fiamme, ma un accordicchio le va bene”:

La Stampa apre con le parole di Angela Merkel: “L’Italia sta facendo bene’. Merkel: sul ricorso al salva Stati deciderà da sola”. Di spalla una intervista a Salman Rushdie: “La mia vita in fuga dall’islam”.

Il Giornale, dopo l’intervista con Berlusconi, spiega “come battere la sinistra. L’ipotesi di Berlusconi: un polo liberaldemocratico per scongiurare la vittoria del partito delle tasse. E Alfano lancia la sfida della sicurezza: ‘Hanno reso Milano una città pericolosa’”.

Il Sole 24 Ore: “Made in Italia bene all’estero. Il surplus sale a 4,5 miliardi. Le esportazioni italiane sono trainate dai Paesi extra Ue, mentre l’Europa resta stabile”.

Fiat

Intervistato da Ezio Mauro, l’amministratore delegato Fiat Marchionne, da Detroit, spiega la crisi del mercato dell’auto: “La Fiat sta accumulando perdite per 700 milioni in Europa, e sta reggendo questa perdita con i successi all’estero, Stati Uniti e Paesi emergenti. Questo sono le uniche due cose che contano. Se vogliamo confrontarci dobbiamo partire da qui: non si scappa”. Sugli investimenti in Italia: “se la sentirebbe di investire in un mercato tramortito dalla crisi, se avesse la certezza non soltanto di non guadagnare un euro ma addirittura – badi bene – di non recuperare i soldi investiti. Con nuovi modelli lanciate oggi spareremmo nell’acqua: un bel risultato. E questa sarebbe una strategia manageriale responsabile nei confronti dell’azienda, dei lavoratori, degli azionisti del Paese? Non scherziamo”. Marchionne si difende: “In questa situazione drammatica, io non ho parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andar via. Le assicuro che ci vuole una responsabilità molto elevata per fare queste scelte oggi”. Risponde poi alla domanda relativa al fatto che il governo lo sta cercando per un chiarimento: “Se mi cercano, li vedrò, certo. Immagino che incontrerò Passera, Fornero. Ma poi?”. E precisa: “Mi impegno, ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell’Italia. Io la mia parte la faccio, non solo parole. Quest’anno la Fiat guadagnerà più di tre miliardi e mezzo a livello operativo, tutti fuori Italia, netti di quasi 700 milioni che perderà nel nostro Paese”. Risponde poi alle accuse di Romiti: mi dispiace ma il mondo Fiat che abbiamo creato non è più quello di Romiti. E anche la parola cosmopolita non è una bestemmia, come sembra intendere qualcuno”.

Lazio

Ieri al Consiglio Regionale del Lazio un lungo intervento della governatrice Renata Polverini. Le “scuse” della Polverini, secondo la Repubblica: questa è “una catastrofe politica, ci siamo sfracellati come la Concordia”, in un discorso di 38 minuti. E poi: “Non ci sto a passare per la regione che riempie i giornali con ostriche e champagne”, “i tumori che stanno qui dentro, come nella mia gola, vanno estirpati oggi”. Poi ha elencato le sue misure “prendere o lasciare”: dimezzamento delle commissioni consiliari (erano 19, un record in Italia, diventeranno 8), via la metà del contributo fisso ai consiglieri per il rapporto eletto-elettore (da 4190 a 2095 euro al mese), taglio delle auto blu per i presidenti di commissione e scioglimento dei monogruppi, azzeramento dei contributi destinati alle attività dei gruppi.
Il Giornale titola: “Soldi spariti, il governatore sceglie di restare e lancia l’operazione pulizia: ‘meno auto blu e fondi ai partiti’, ma già c’è chi la considera vicina a Casini”.
Anche su Libero: “Lo show della governatora era un comizio elettorale. La rotta potrebbe essere il Campidoglio, dove potrebbe candidarla a ciò che nascerà sulle ceneri dell’Udc, assieme alla lista creata dalla governatrice del Lazio”.

Scrive Stefano Folli sul Sole 24 Ore: “A Roma la vicenda Fiorito non è un caso isolato in un ambiente sano. Al contrario, la scena mostra uno spettacolo quasi intollerabile in termini morali che suona come condanna definitiva di un sistema di governo costruito sul disprezzo dei cittadini. Sotto questo profilo, le parole a effetto della govenatrice Polverini non sono molto convincenti, perché lo scandalo in corso non è un fulmine a ciel sereno. Che il sistema fosse marcio era chiaro da tempo, e la Polverini avrebbe fatto bene ad accorgersene”.

Primarie, Pd

Le primarie del centrosinistra, scrive Il Sole 24 Ore, si faranno il 25 novembre e l’eventuale secondo turno la domenica successiva, 2 dicembre. La data verà proposta il 6 ottobre, quando l’assemblea nazionale del Pd votrà la deroga statutaria per permettere a più candidati del partito di partecipare alla competizione. Poi sarà il tavolo dei candidati a decidere le regole della votazione. Qui si profila uno scontro forte tra renziani e bersaniani: i secondi valutano l’ipotesi di costituire una anagrafe degli iscritti, per scongiurare il rischio di infiltrazioni da parte del centrodestra. E pensano ad una iscrizione da effettuarsi al momento della votazione. I renziani di albi e anagrafi non vogliono sentire parlare: vogliamo schedare i partecipanti? Così si allontana il voto di opinione, si allontanano le persone perbene che non se la sentono di iscriversi a un partito senza peraltro evitare il rischio di truppe cammellate del centrodestra, dice Roberto Reggi, responsabile della macchina organizzativa di Renzi.
Scrive Europa che il leader di Sel Nichi Vendola starebbe pensando di fare un passo indietro sulla candidatura alle primarie. Il governatore pugliese non vuole prender parte ad una sfida tutta interna al Pd che – a leggere i sondaggi – sembrerebbe relegarlo ad un poco ambito terzo posto. Soprattutto se una nuova legge elettorale rendesse inevitabile la convergenza dei candidati di Sel in un unico listone, sotto le insegne del Pd. Meglio, allora, trattare sin da subito le opportune quote, in cambio del sostegno a Bersani. Il Corriere riferisce le parole pronunciate da Vendola a SkyTg24: “Io non sono iscritto al Pd né ci voglio entrare. Se parliamo di primarie del Pd non sono interessato”. Quando scioglierà la riserva? “Se si tratta di primarie di coalizione io ci sarò”.
La Repubblica dà conto di un incontro di Vendola domenica notte, ad una festa della Fiom in Piemonte, e riferisce queste parole di Vendola: “Se corro è per vincere”, “le prossime due settimane sono decisive. Il 6 ottobre si definiscono le regole della competizione. Certamente non mi sfilo per convergere su Bersani”, “ma certo che se diventano il congresso del Pd, queste primarie non sono il mio posto”.  Poi aggiunge che se vince Renzi “sarà chiaro che quello è un progetto di destra sostanziale, e l’area della sinistra ne resterà tutta fuori. Se vince Bersani per governare avrà bisogno di noi, e sarà lì che noi porteremo sul tavolo la nostra agenda” (cambiare la riforma delle pensioni, ripristinare l’articolo 18, cambiare la legge 30 sul lavoro, abrogare la Bossi Fini, nuova legge sulla rappresentanza sindacale, nuova legge sul testamento biologico, riformare la legge 40 sulla fecondazione assistita, diritti delle coppie di fatto).
Il Giornale scrive che Vendola ha anticipato una possibile rinuncia a correre alle primarie, “ma è solo un trucco per garantire qualche voto in più al segretario insidiato da Renzi”.

Sul Corriere della Sera una lettera dei promotori dell’iniziativa 20 luglio “Il Pd e l’agenda Monti” (Ceccanti, Gentiloni, Ichino, Morando, Tonini, Vassallo e Mancina, tra gli altri) in cui si chiede al segretario Bersani di scegliere una riforma del governo in senso semipresidenziale, con doppio turno per l’elezione del Parlamento, e uno nuovo Senato con funzione di Camera per le autonomie.

Europa

Angela Merkel – scrive Il Sole 24 Ore – ha ieri ribadito di non aver discusso di richieste di aiuto all’Esm da parte dell’Italia. Il quotidiano dà conto della tradizionale conferenza stampa di fine estate che la Cancelliera tiene con la stampa estera a Berlino. “L’Italia prende da sola le decisioni che la riguardano e non mi esprimo quindi sulla proposta del presidente di Confindustria”. Squinzi aveva sollecitato l’Italia a fare ricorso all’Esm. Altra domanda su Berlusconi e la sua eventuale nuova candidatura: “Io sono una politica democratica, rispetto i risultati della elezioni in ogni Paeese e mi concentro sulla Germania e sui fatti concreti”. Il quotidiano spiega anche che “il vento della popolarità soffia a favore della Merkel. L’ultimo sondaggio, dell’istituto Emnid, dice che i cristiano sociali avrebbero oggi il 38 per cento dei consensi contro il 26 della Spd.

Internazionale

Ancora una giornata di tensione, ieri, per il film su Maometto “Innocence of Islam”, in Indonesia, Afghanistan, nordAfrica. In Tunisia Abu Iyad, capo dei “Partigiani della sharia”, ha predicato, come racconta il Corriere, nella centrale moschea di Al Fatah, tuonando contro il partito Ennahda, di ispirazione religiosa. E’ ricercato dalla polizia da venerdì scorso perché ispiratore degli attacchi, costati 4 morti, il leader salafita è stato protetto da una folla di seguaci, compresi donne e bambini. E’ quindi sfuggito all’arresto e si è trattato di una “beffa”, di questo imam, poiché è fuggito vestito da donna, come racconta un reportage de La Repubblica.  Si è infilato un nijab ed è uscito dalla porta riservata alle donne. A lui la polizia sta dando la caccia, considerandolo il responsabile delle violenze contro l’Ambasciata Usa (responsabilità che lui addossa invece al governo, che accusa di incompetenza e di fare ‘giochi politici sporchi’).
Il Corriere dà conto anche delle manifestazioni in Libano, dove decine di migliaia di persone hanno seguito il discorso del leader della formazione sciita Hezbollah, lo sceicco Hassan Nasrallah, le cui apparizioni sono rarissime. Parlando delle proteste contro il film considerato “blasfemo” Nasrallah ha detto: “non è un movimento passeggero ma l’inizio di una mobiltiazione seria, che deve attraversare l’intera nazione islamica in difesa del profeta”. Sullo stesso quotidiano segnaliamo una lunga analisi di Massimo Franco dedicato ai timori dei cristiani di fronte ad una progressiva radicalizzazione islamica, che spinge le minoranze a rimpiangere lo status quo dei dittatori. Il viaggio papale in Libano ha tentato di riempire un vuoto, ed il modello libanese rimane l’unico nel quale la consistente comunità cristiana riesce a pesare. Si cerca un patto con le nuove elite religiose al potere. Gran parte di questi timori vengono illustrati da interventi sulla rivista dei gesuiti “La civiltà cattolica”.

Da La Stampa una corrispondenza da New York riferisce dell’attacco del presidente Obama a quelle che definisce le “pratiche sleali” della Cina: gli incentivi a export e componenti, ha detto “violano le regole del WTO”. “Fermeremo gli aiuti illegali”, ha tuonato il presidente dall’Eden Park di Cincinnati, Ohio. Un annuncio mirato, visto che arriva a cinquanta giorni dal voto di novembre e nel cuore del Midwest, in uno degli stati indecisi a più alta concentrazione manifatturiera.

Chiudiamo la pagina internazionale con la segnalazione di alcuni articoli sulle tensioni in atto nel far east: la disputa territoriale sulle isole contese sta facendo salire la tensione tra Cina e Giappone. Il Sole 24 Ore spiega che la disputa ha investito anche le multinazionali nipponiche presenti in Cina. Honda, Panasonic e altre aziende hanno chiuso le fabbriche a rischio, e per la prima volta sono stati presi di mira i simboli del potere economiche giapponese.
Su La Stampa è Joseph S. Nye, professore ad Harvard, ad occuparsi di queste tensioni con una lunga analisi: “Scoppierà la guerra sui mari dell’Asia orientale? Dopo che i nazionalisti cinesi e giapponesi hanno fatto a gara per occupare le lande desolate che la Cina chiama isole Diaoyu e il Giappone isole Senkaku, dei manifestanti rabbiosi nella città sud-occidentale cinese di Chengdu hanno scandito: ‘Dobbiamo uccidere tutti i giapponesi'”, scrive Nye. La rinascita dell’ultranazionalsimo in Asia orientale non ha trovato nessun argine: a differenza dell’Europa, nessuna integrazione si è verificata in Asia. Il Partito comunista cinese “non è più davvero comunista. Fonda invece la sua legittimità su una rapida crescita economica e sul nazionalismo etnico Han”.

E poi

Esce oggi Pubblico, il nuovo quotidiano diretto da Luca Telese e fatto da un gruppo di ex giornalisti de Il Fatto. “Controvento” è il titolo dell’editoriale del direttore, che scrive: “Questo piccolo grande giornale, lo abbiamo fondato senza palazzinari alle spalle”. Telese intende rivolgersi ai “primi e agli ultimi”: ai primi per la religione del talento, poiché il quotidiano sarà “spietato nel demolire l’Italia babbiona che uccide il merito”. Ma sarà anche dalla parte degli ultimi, come i ragazzi dei call center, “schiavi del terzo millennio, che nei racconti dei media non hanno mai un volto”. E ai lavoratori del call center è dedicata la copertina: “Obtorto call”: “Chi prende per il collo le centraliste. Almaviva licenza a Roma e assume in Calabria per pochi euro (pubblici)”.

“Dove la sinistra europea”  è il titolo del dossier presente sulla rivista Reset. Si confrontano sul tema studiosi e politici britannici, francesi e italiani. Tra loro c’è Will Hutton, economista e presidente del Big innovation centre, vicino al Labour Party. La Repubblica riproduce un suo intervento, sotto il titolo: “Il senso del lavoro”, ovvero “così il capitalismo può riscoprire la virtù”. Hutton sottolinea che il neoliberismo ha teorizzato l’assenza di ogni responsabilità sociale per l’impresa. Il capitalismo – scrive Hutton – affonda le sue radici in due tradizioni: il protestantesimo individualistico della Riforma, e l’affermazione della ‘sfera pubblica’ di origine illuminista. Ma negli ultimi trenta anni si è assistito ad un sistematico tentativo, per iniziativa del neoconservatorismo americano, di negare il ruolo dell’illuminismo per concentrarsi esclusivamente nell’individualismo. Il profitto a breve termine è diventato l’unico metro di misura del successo. Il leader laburista Ed Miliband ha lanciato l’appello per un capitalismo responsabile, per trovare un equilibrio tra l’imperativo del profitto e la responsabilità sociale. Ha parlato di un capitalismo più virtuoso, tracciando una distinzione tra il “produttore”, il “predatore” e “l’assett stripper”, ovvero chi acquisisce una società per poi frazionarla a fini speculativi.

Tanto La Stampa che La Repubblica si occupano dello scrittore anglo-indiano Salman Rushdie, condannato da una fatwa dell’aytollah Khomeini a vivere per 13 anni sotto falso nome. Su quella esperienza oggi pubblica a Londra una memoria autobiografica: Joseph Anton, ovvero la falsa identità da lui scelta nella sua vita clandestina. La Stampa lo intervista: si è mai pentito di aver scritto i Versetti satanici? “Sono ventitre anni che rispondo allo stesso modo: no. Credo sia anzi uno dei migliori libri che ho fatto. La gente lo apprezza”. Oggi riuscirebbe a far accettare questo libro al mercato? “Probabilmente no, il lato negativo della primavera araba è stato che molti liberali occidentali si sono inchinati di fronte alla sensibilità dei musulmani più estremisti”. Chi era per lei Khomeini? “Nessuno, in verità. Un anziano signore. Certo, conoscevo la sua storia e lui era anche uno dei personaggi dei versi satanici, ma io ero indiano, venivo da un altro mondo, non avrei mai immaginato che le nostre strade si sarebbero incrociate”. La sua famiglia era musulmana? “E’ vero. Però ha sempre avuto un senso religioso molto blando, anche se mio padre era un grande studioso dell’islam”. In India hanno appena arrestato un vignettista satirico per aver disegnato il Parlamento come una cloaca. “In India è in atto un vero attacco alla libertà di espressione. Occuparsi di arte, cinema e letteratura negli ultimi anni è diventato pericoloso”.
La Repubblica riproduce e anticipa un brano del nuovo libro, in cui Rushdie rievoca la giornata in cui, il 14 febbraio 1989, apprese della fatwa emessa nei suoi confronti.

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