Accordo in extremis sul debito Usa. Il Gop ostaggio dei Tea Party.

Corriere della Sera: “Accordo negli Usa contro il crac”, “Patto al Congresso: nella notte il voto per sbloccare i fondi del governo. E Wall Street vola”, “Italia, spread sotto 230. Visco: ripresa entro fine anno”.

A centro pagina: “Meno spesa pubblica o lo sconto fiscale scenderà dal 19 al 18%”.

 

La Repubblica: “In busta paga 14 euro in più”, “Sindacati: sarà sciopero. Sì dei mercati, crolla lo spread. Il Pdl si spacca”.

Di spalla: “Accordo in extremis sul debito Usa. Vola Wall Street”.

 

Il Sole 24 Ore: “Buste paga e casa, ecco tutte le novità”, “Stangata sulle accise per 10 mld in tre anni (riducibile se calerà la spesa). Taglio alle agevolazioni retroattivo”.

Di spalla le parole del presidente di Confindustria: “Squinzi: la direzione è giusta ma ci vuole più coraggio”. E la reazione dei sindacati: “Critiche da Cgil, Cisl e Uil pronte alla protesta”.

In taglio basso: “Tre ‘incompiute’ sul bilancio”, “Rinvio di fatto per le misure sui capitali all’estero, spending review e agevolazioni fiscali”.

 

La Stampa: “La manovra della discordia”, “I falchi del Pdl: aumento di tasse camuffato. Il malumore di renziani e Monti. Camusso: ‘Risultati al di sotto degli annunci’. Ma lo spread scende a 229”.

Sotto la testata: “Berlino gela l’Italia: la sepoltura di Priebke è un problema vostro”.

A centro pagina: “Usa, accordo in extremis per evitare il default” (illustrato dalla foto di un carrello di pizze in arrivo per lo speaker repubblicano John Boemer e il suo staff durante il negoziato).

 

Il Giornale: “14 euro per (quasi) tutti”, “Aumenti ridicoli in busta paga e rischio nuove tasse sulla casa: i buchi neri della manovra”, “Partiti e categorie delusi: il governo prende solo tempo”.

La foto a centro pagina è quella del presidente della corte feriale della Cassazione Esposito: “Il giudice Esposito la fa franca”, “Il Csm non lo punirà”.

 

Libero: “Le tasse nascoste nella manovra”, “A parte la botta sulle seconde case, nella legge di stabilità previste coperture non credibili: i buchi saranno ripianati da clausole di salvaguardia, cioè nuove imposte. E dove sono i tagli agli sprechi?”, “E domani il governo ci rifila pure l’aumento delle sigarette: minimo 40 centesimi a pacchetto”.

A centro pagina: “La moglie di Grillo furbetta dell’Imu”, “Fa passare la seconda casa come prima e risparmia 10mila euro”.

 

L’Unità: “Crisi, mezzo Pdl ci riprova”, “Critiche alla legge di Stabilità da Squinzi e Camusso. Epifani: correzioni necessarie”.

A centro pagina, foto sull’anniversario dei rastrellamenti del ghetto di Roma, ieri: “Napolitano in sinagoga: ricordare è un dovere”.

E attenzione per i grillini: “I parlamentari M5S dicono no a Grillo”, “Salta il confronto dopo il diktat sulla clandestinità”, “’Venga in Partlamento, non andiamo in un resort’”, “Il leader incassa e parla di elezioni europee”.

 

Il Fatto: “B. minaccia i suoi ministri: ‘O con me o con i carnefici’. Poi attenzione per il M5S: “Grillo e Casaleggio: ‘Niente incontro con gli eletti M5S’”, “Salta il vertice dopo la rivolta interna sul reato di clandestinità, I senatori: ‘Un altro autogol’”.

In taglio basso: “Le trappole della manovra: quanto ci costa e chi la paga”

 

Manovra

 

Il Corriere della Sera scrive che se non calerà la spesa ci saranno tagli agli sconti fiscali: si fa riferimento ad una clausola di salvaguardia che prefigura una riduzione delle detrazioni Irpef del 19 per cento già con la dichiarazione dei redditi del prossimo giugno. Il testo, se confermato, prevede infatti entro il prossimo 31 gennaio una profonda razionalizzazione delle detrazioni Irpef del 19 per cento, che riguardano spese sanitarie e veterinarie, interessi sui mutui, spese scolastiche, universitarie. Un nutrito elenco di sconti che vale oltre 4 miliardi di euro (la detrazione sulle spese mediche costa allo Stato 2,3 miliardi, quella sui mutui 1,3), dal quale dovranno uscire entro fine gennaio parecchi risparmi. Se non dovessero uscir fuori queste centinaia di milioni, forse 500, da questa “razionalizzazione” scatterà un taglio lineare: meno 1 per cento delle detrazioni per tutte le spese citate.

Il Sole 24 Ore scrive che ci sono tre ‘incompiute’ nella legge di bilancio, perché la ‘fase due’ della legge di stabilità è “tutta da scrivere”: la prima riguarda l’emersione dei capitali all’estero (“conti svizzeri, il ‘dividendo’ della trasparenza”, “per l’emersione nessun nuovo ‘scudo’, ma la sinergia tra le norme italiane e svizzere”); la seconda, le accise e sconti fiscali, anche qui il menù è ancora da decidere (tasse su fumo e benzina, l’aumento scatterà nel 2015, a meno che non abbiano successo i tagli di spesa); la terza riguarda riguarda la spending review, per cui il nuovo Commissario straordinario Cottarelli ha un anno per presentare il piano (dai tagli della spending review dovranno arrivare almeno 1 miliardo nel 2015 e 1,2 nel 2016).

Sul Corriere della Sera un colloquio con Lucia Quaglino, dell’Istituto Bruno Leoni, sui possibili risparmi nella sanità “senza tagliare”. Per cure rimborsabili di 1000 euro un ospedale privato spende 935 euro, una struttura arriva a 1289: questo scrive il quotidiano, spiegando che si tratta di dati elaborati dalla Regione Lombardia. Dice la Quaglino facendo riferimento, per esempio, al San Raffaele di Milano, finito sull’orlo di un crack da 1,5 miliardi: “Per don Verzè ai conti doveva pensarci la provvidenza, per i vertici degli ospedali pubblici è compito dello Stato, per i manager della sanità privata è una questione di sopravvivenza.

 

Scrive il Corriere della Sera che la legge di stabilità divide le anime della maggioranza ed è stata bocciata dalle parti sociali. Ma il caso più forte è dentro il Pdl, dove si riapre il “rodeo” contro il governo Letta da parte dei falchi, che parlano di “tasse camuffate”. Il coordinatore del partito e capo dei “duri”, Sandro Bondi, ha detto: “Di questa stabilità l’Italia può morire. Il provvedimento contiene molte tasse abilmente camuffate”. Gli alfaniani, scrive il Corriere, hanno subito risposto difendendo la manovra, con Fabrizio Cicchitto che se l’è presa con chi “usa toni da ultima spiaggia che tradiscono solo l’ossessione di riproporre ad ogni occasione la caduta di questo governo”.

“Per il Pdl è invotabile”, scrive in prima pagina su Libero Franco Bechis:”L’ultimo scherzetto è un taglio ai crediti di imposta per 1,5 miliardi in due anni. Non basta: lo Stato riduce i rimborsi a chi ha pagato più tasse del dovuto. Cosa c’entrano queste e altre furbate con il programma del centrodestra?”. E più avanti nella foliazione del quotidiano: “Le tasse di Letta fanno ripartire la faida nel Pdl”, “i lealisti, guidati da Fitto, attaccano il provvedimento per indebolire Alfano: ‘Troppe imposte, in Parlamento serviranno correzioni’. Ma i governativi si difendono. Lupi: ‘Interesse del Paese viene prima di quello del partito’”.

 

Lo sciopero non è escluso, dicono i sindacati. L’Unità riferisce le parole pronunciate dalla segretario Cgil Camusso: “Il governo ha promesso che avrebbe agito per il lavoro, ma l’intervento è assolutamente insufficiente a determinare il cambiamento. Bisognava fare delle scelte sulle rendite, sui patrimoni, sulla spesa pubblica, in particolare per quel che riguarda le consulenze. Luigi Angeletti, segretario Uil: “Questa legge di stabilità ha avuto il solo effetto di stabilizzare il governo, ma gli effetti sulla economia sono vicini allo zero. Si era detto che il problema dell’Italia è la bassa crescita, e che bisognava agire soprattutto sulle tasse sul lavoro, come leva per agire sull’economia, i consumi interni, e quindi l’occupazione. Da questo punto di vista la scelta del governo è stata quasi una finzione.

Raffaele Bonanni, segretario Cisl, ha una posizione più sfumata, perché già mercoledì sera aveva commentato positivamente quella che considera una inversione di tendenza, come il taglio delle tasse sui lavoratori. Ma ieri ha invitato il governo Letta ad avere più coraggio: “I lavoratori ed i pensionati giustamente vogliono di più”, “o si sconfigge il partito della spesa pubblica improduttiva, o le tasse non si abbasseranno mai”.

 

Priebke, negazionismo

 

Spiega Il Fatto che un blitz nel cuore della notte, al monastero San Pio X di Albano, in provincia di Roma, ha sottratto la salma di Erich Priebke all’annunciato raduno di centinaia di neonazisti che si erano dati appuntamento. Ieri la bara è rimasta nell’area dell’aeroporto di Pratica di Mare, luogo protetto ed inaccessibile e, per un qualche destino, ultima mèta di tragedie italiane. Lì è infatti custodito anche quanto resta del Dc9 di Ustica. La salma poco dopo le 23 ha lasciato l’aeroporto per destinazione ignota. I contatti informali tra il prefetto di Roma Pecoraro e l’ambasciatore tedesco non hanno dato l’esito sperato: da Berlino il portavoce del ministero degli Esteri, Martin Schaefer, ha fatto sapere che la sepoltura di Priebke non è problema loro. Ha spiegato infatti che “la cura dei morti tocca allo Stato dove una persona è mota, non c’è una responsabilità o un ruolo del governo federale tedesco, non dipende da noi trovare una soluzione e nessuna richiesta è stata avanzata dai familiari”. Poi ha spiegato: “Ogni tedesco ha diritto ad essere seppellito in Germania. Lo Stato fornisce assistenza consolare ma non ha l’onere di sostituirsi ai parenti”, è un problema della famiglia anche se la Germania ha grande interesse a che Priebke venga seppellito senza riaprire discussioni sulla sua vita”. Il Fatto ricorda che la famiglia non vive in Germania da oltre mezzo secolo e non possiede una tomba nella città natale di Priebke. Il quotidiano, peraltro, ha in prima pagina titoli molto duri nei confronti del prefetto di Roma Pecoraro, che ha revocato il divieto ai funerali creando un ennesimo “pasticcio”, dopo il caso della moglie del dissidente kazako (caso Shalabaeva). “Dal caso Alma Shalabaeva agli scontri ad Albano, carriera e guai dell’amico di Bisignani e Rotondi”.

L’Unità: “Al funerale 100 invitati. Con il sì del prefetto”, “la cerimonia di Albano non era per pochi intimi. La lista dei partecipanti, per lo più di estrema destra, sottoposta alle autorità”.

 

Le pagine R2 Diario de La Repubblica sono dedicate alla discussione nata intorno alla questione Priebke: “Il corpo del nemico”, “Seppellire i carnefici senza dimenticare”. Ne scrivono :Adriano Sofri, Giovanni De Luna e Giuseppe Marcenaro. Sofri ricorda che per anni il vecchio nazista ha vissuto e camminato per le strade di un quartiere romano senza subire alcun tipo di offese o di azioni violente. E che c’erano i mezzi per impedire che questa vicenda divenisse occasione di richiamo e visibilità per tutti quelli che difendono l’infamia. Giovanni De Luna scrive che alle Fosse Ardeatine Kappler pretese che ognuno dei suoi ufficiali sparasse il ‘suo’ colpo alla nuca: un modo per renderli tutti complici di un’azione che già si sapeva sarebbe stata condannata. Giuseppe Marcenaro sottolinea che a Gonards, non lontano da Versailles, sono conservate le spoglie dei condannati alla ghigliottina. Tra questi, l’assassino seriale Landru, sotto pseudonimo per tenere lontani eventuali emuli disturbati.

La Stampa intervista Pierpaolo Petrucci, il superiore dei lefevriani in Italia, che dice di aver celebrato le esequie: mercoledì scorso alle 22,30, nella Camera ardente allestita nei locali della Fraternità San Pio X di Albano, Priebke si era confessato ed aveva ricevuto i sacramenti.

 

Ieri intanto si sono accese polemiche sul reato di negazionismo, introdotto da una legge del Senato: ma il gruppo 5 Stelle, secondo La Repubblica, ha bloccato il provvedimento: i parlamentari pentastellati si sono infatti opposti alla sede deliberante per il disegno di legge, che quindi dovrà passare per l’aula del Senato. Era stato lo stesso presidente di Palazzo Madama Piero Grasso a chiedere che il disegno di legge venisse assegnato alla commissione in sede deliberante: “Un’occasione persa, volevo solo accelerare i tempi”, ha detto Grasso dopo il no dei grillini. Qualche ora prima, il capo dello Stato aveva parlato dell’introduzione del reato di negazionismo in occasione della cerimonia per il settantesimo anniversario del rastrellamento nel ghetto ebraico di Roma: “è un merito del Parlamento italiano che dà anche un esempio ai Parlamenti stranieri. Sono convinto che sarà presto completato l’iter parlamentare”. Poi, lo stop al Senato.

 

Ricorda il Corriere che la commissione giustizia aveva votato il testo anche con il voto dei 5 Stelle in sede referente. Ma dopo la richiesta del Capo dello Stato di accelerare l’iter, il presidente del Senato Grasso aveva chiesto ieri mattina la sede deliberante, cui i 5 Stelle hanno opposto il veto. Spiegano: “Sarebbe assurdo proprio oggi, anniversario del rastrellamento nazifascista nel Ghetto di Roma, liquidare in maniera tanto veloce un argomento che merita una risposta di tutto il Parlamento”. E il deputato 5 Stelle Giarrusso precisa: “Erano le due, stavo mangiando, e il presidente ci dice che si vota mezz’ora dopo. Ma si può? Vogliono fare propaganda con le vittime del nazismo. Ci vuole serietà. Intendiamoci: noi siamo pronti a votarlo subito il testo, in Aula. Ma mi chiedo: abbiamo chiesto di calendarizzare d’urgenza il decreto su Berlusconi, il voto palese e no, due pesi e due misure. Tutta questa fretta per un reato che non verrà quasi applicato e per un testo che giaceva da mesi?” Il Corriere ricorda che sul testo ci sono dubbi che non riguardano solo i tempi, perché si teme la negazione della libertà di pensiero. Prevede una pena fino a 5 anni per chi “nega l’esistenza di crimini di guerra o di genocidio contro l’umanità”. Felice Casson, Pd, aveva proposto due emendamenti: il fatto che la negazione fosse “pubblica” e il dolo specifico, cioè la volontà di proselitismo o incitamento. Un modo per escludere gli studiosi. E anche i 5 Stelle avevano sollevato dubbi: non sulla shoah, ma facendo gli esempi del genocidio armeno e di quello del Ruanda.

 

Su Libero Martino Cervo scrive che il reato di negazionismo “è follia”: “a rischio cella pure Napolitano”. Su Il Giornale Fiamma Nirenstein: “Negare la Shoah è da infami. Ma non è reato”.

 

Internazionale

 

La Stampa dà conto della “intesa dell’ultima ora per evitare il default” in America. E’ stato alzato il tetto del debito per quattro mesi, con ritocchi minimi alla sanità. Il governo americano riprenderà, almeno sino al 15 gennaio, le attività ordinarie di gestione della Pubblica Amministrazione dopo 16 giorni di shutdown, e l’erogazione di salari e stipendi degli 800 mila dipendenti.

Scrive il quotidiano che, per quel che riguarda i Repubblicani, “non ha funzionato il bluff sul debito per bloccare l’Obamacare”. I volti della disfatta di un partito sempre più diviso sono quelli di John Bohener (lo speaker della Camera che ha cercato di tenere unite le fazioni senza riuscirci), di Ted Cruz (il senatore nuovo volto dei Tea Party che ha portato tutti sulla linea oltranzista) e di John McCain (che ha ondeggiato tra le due linee e alla fine ha ammesso di aver sbagliato, allorché ha detto ‘abbiamo perso questa battaglia perché nelle ultime due settimane abbiamo chiesto ciò che non si poteva ottenere’, ovvero il blocco della riforma della sanità ormai in vigore, con tanto di avallo della Corte Suprema). Sulla stessa pagina, intervista al decano dei politologi americani Bill Schneider: “’Dai tea party una linea suicida. Nel 2016 il partito si spaccherà’. Il politologo Schneider: a febbraio ci sarà un altro psicodramma”. Ricorda Schneider: “Finora avevamo alzato il tetto oltre 70 volte, senza problemi. Veniva inserito in qualche altra legge, per nasconderlo alla gente, scontenta di vedere che alziamo il fido della ‘carta di credito’ federale dopo aver speso tutto, In genere il partito del Presidente votava a favore e l’opposizione contro. I senatori Obama, Biden, Clinton, Kerry bocciarono tutti la richiesta di alzare il tetto del debito avanzata da Bush, ma alla fine passò, perché era una consuetudine automatica. Ora c’è una fazione fondamentalista del Gop, il Tea Party, che ha deciso di usare questa prassi come arma di ricatto. Loro ritengono che avere debiti sia peccato e spendere sia diabolico, e sono disposti a far fallire lo Stato, perché così non avrà più soldi da usare. Sono anche felici che la reputazione degli Usa crolli nel mondo, perché se gli altri Paesi smetteranno di investire nei nostri titoli, il governo non avrà più le risorse per spendere”.

“Quella credibilità persa agli occhi del mondo”,è il titolo di una analisi di Timothy Garton Ash: “Lunedì gli uffici statali a Washington sono rimasti chiusi per celebrare il Columbus day. Peccato che in gran parte fossero già chiusi per lo shutdown”. “L’America dovrebbe comportarsi come un Colombo alla rovescia: al mondo non interessa più scoprire l’America, ma l’America ha urgente bisogno di scoprire come il mondo la vede. Dall’esterno infatti si osserva che il potere americano subisce una erosione più rapida del previsto – mentre i politici a Washington incrociano le corna come cervi in lotta”.

Su tutti i quotidiani troverete notizia della espulsione in Francia di una quindicenne kosovara, prelevata dai funzionari di polizia da un bus scolastico in gita, e portata via in lacrime davanti ai compagni di classe: la maggioranza da settimane si divide sulle politiche e le affermazioni “muscolari” di Manuel Valls, il ministro degli interni che grazie alla sua inflessibilità sulla questione della immigrazione è anche, come scrive L’Unità, l’unico della compagine socialista a godere dell’apprezzamento dei sondaggi. Almeno fino a ieri, perché questo affaire ha creato una vera e propria bufera ed è stata aperta una inchiesta.

Su La Repubblica: “Ragazza rom espulsa durante una gita. Bufera su Valls. La gauche si divide”. La quindicenne frequentava un liceo francese con ottimi risultati da tre anni. Il ministro sostiene che la richiesta di asilo della famiglia era stata respinta e non c’erano più ricorsi possibili.

La Stampa scrive che la famiglia, in Francia da anni, si trova nella condizione di immigrazione irregolare, e che il padre era già stato espulso, per cui adesso toccava al resto della famiglia. La ragazza non parla neanche albanese.

 

E poi

 

L’inserto R2 de La Repubblica è dedicato ai 6 bambini scampati ai naufragi del canale di Sicilia. Ora si trovano a Menfi, provincia di Agrigento, “l’orfanotrofio del mare”. I minori non accompagnati sbarcati sulle cose siciliane nel 2013 sono 3319 e il loro nemico è la burocrazia che rischia di trasformarli in fantasmi. A volte aspettano mesi la nomina di un tutore. Molte persone hanno già chiesto di averli in affido, ma l’iter è molto complicato. Su La Stampa: “Quando Ellis Island era la nostra Lampedusa”. Il progetto voluto dalla libreria del Congresso Usa per raccogliere tutte le memorie fotografiche e documentali sulla storia degli italiani, si chiama “Trovare l’America”. Comprende anche un ricordo del regista italo-americano Martin Scorsese, sulla sua infanzia a Little Italy. La Statua del Lincoln Memorial a Washington fu realizzata dallo studio Piccirilli, il più rinomato laboratorio di scultura del tempo.

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