“Probabilmente mi sono persa”: Ponte 33 porta in Italia la letteratura iraniana

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Una devastazione post-alcolica; il telefono che squilla e nessuna voglia di rispondere; un occhio nero e alcun ricordo della sera precedente e del piccolo Samiar. Dov’è? Sarà a scuola? E se sì, chi ce l’ha portato? Inizia così il romanzo di Sara Salar, in Italia in questi giorni proprio per la presentazione di “Probabilmente mi sono”. Forse titolo e il nome dell’autrice potrebbero ingannare, così come la sua ambientazione. Atmosfere inquiete e a tratti buie; il contatto continuo con lo psicanalista; flash back di un rapporto morboso con la migliore amica del liceo e dell’università, Gandom; atteggiamenti maliziosi con gli uomini e un matrimonio forse non troppo felice che rappresenta, però, una salda ancora di salvezza sociale. Siamo a Parigi? A New York? In una di quelle province annoiate che ci raccontano le series americane?

Potrebbe sembrare. Invece, siamo in Iran, fra la capitale Teheran, una capitale così com’è, piena di traffico e di cartelloni pubblicitari, in cui l’automobile è fondamentale per muoversi, e Zahedan , la cittadina del Baluchistan in cui alcuni anni prima hanno preso vita i fantasmi che la protagonista ci restituisce durate le sue sedute di psicoterapia.

Probabilmente mi sono persa è un viaggio fra il dentro e il fuori; un racconto lungo 24 ore, quanto un viaggio in macchina; una sorta di flusso coscienza tutto interiore e un viaggio in un Iran che non tutti conoscono e si immaginano: quell’Iran contemporaneo che forse abbiamo imparato ad apprezzare nelle pellicole di Asghar Farhadi e che tratteggiano un Paese dalle molte  vite che, almeno nelle sue zone più urbanizzate, non sono tanto distanti dalle nostre.

Il caso di Ponte 33

A portare qui da noi questo Iran è la casa editrice italiana Ponte33 che dal 2010 si pone come obiettivo quello di diffondere  in Italia la letteratura contemporanea in lingua persiana, prodotta non solo in Iran, ma anche in quei Paesi in cui si parla e scrive in farsi, come l’Afghanistan e il Tagikistan. Gli autori però provengono anche dall’Europa e dagli Stati Uniti, tutti quei luoghi in cui si sono trasferiti  molti autori iraniani.

Dal 2010 ad oggi sono sei i libri pubblicati. Non molti, è vero, ma c’è da considerare l’enorme lavoro fatto da una piccola casa editrice, con grande una cura nella scelta dei titoli e nelle traduzioni. Ponte 33 nasce infatti dalla passione per l’Iran e per la cultura persiana di due studiose italiane che si sono conosciute a Teheran, nel 2008.

Felicetta Ferraro era allora l’addetto culturale dell’ambasciata italiana e Bianca Maria Filippini una giovane ricercatrice alle prese con la sua tesi di dottorato. In realtà, in nomi importanti in questa avventura sono tre se si considera anche quello di un’antropologa italiana, anche lei a Teheran per ragioni di studio, che ha partecipato alla genesi dell’idea. Una cura e un’attenzione declinate al femminile, dunque, che si rispecchiano nell’anima della sua produzione editoriale.

Da Fariba Vasi che ha inaugurato l’attività della casa editrice, nel maggio 2010, con “Come un uccello in volo” , a Nahid Tabatabai di “A quarant’anni”, a Soheila Beski, autrice di “Particelle”, fino alla scoperta di questi mesi, Sara Salar, Felicetta Ferraro e Bianca Maria Filippini ci restituiscono un universo femminile completo e complesso che va molto al di là degli stereotipi che vorrebbero le donne iraniane semplicemente ingabbiate in un roosari o un chador nero. Le protagoniste dei romanzi tradotti da Ponte 33 si fanno domande, cercano risposte e provano a prendere in mano il proprio destino; sono madri, figlie, moglie con i dubbi, le incertezze e la forza che accomuna tutte le latitudini. Mano diversa, quella di Mostafa Mastur, ma tenore simile anche per il suo pluripremiato “Osso di maiale e mani di lebbroso”, pubblicato nel maggio 2011 e vincitore del premio come miglior romanzo al Festival di Isfahan nel 2005: una panoramica all’interno di un condominio di Teheran in cui consuma un’umanità palpitante che condensa le contraddizioni irrisolte di un’intera società. Caso a sé rappresenta invece “I fichi rossi di Mazar-e Sharif” di Mohammad Hossein Mohammadi, una breve antologia di racconti che ci trasporta negli orrori di una guerra che ha segnato e segna ancora l’Afghanistan.

La volontà, sin dall’inizio, è stata quella di “colmare un vuoto e restituire attraverso la letteratura quel fermento che caratterizza la società iraniana”, spiega a Reset Bianca Maria Filippini. “Del resto, tutti sappiamo che c’è dell’altro oltre al chador e  noi siamo convinte che la letteratura sia uno dei mezzi migliori per avvicinare e far conoscere. Per farlo – prosegue Bianca Maria Filippini – ci siamo rivolte anche a un grafico iraniano, Iman Raad, che elabora copertine ad hoc, che rispecchiano l’anima di ogni libro”. Copertine caratteristiche che ricordano quei tratti tipici della tradizione calligrafica persiana e che incuriosiscono, a volte, anche prima ancora del titolo. Del resto, trattandosi di una piccola casa editrice indipendente e avendo difficoltà ad accedere ai grandi circuiti di distribuzione (“Ci autodistribuiamo”, confessa Bianca Maria Filippina) ogni elemento va studiato con attenzione.  Come il nome. Il ponte, naturalmente, richiama lo strumento che unisce, che collega, ma in questo caso ha anche un altro significato.

“Il nome Ponte33 richiama il persiano Si-o-se pol (ponte dei 33 archi, ndr), il ponte monumentale di Isfahan che è da sempre un luogo di ritrovo di giovani e meno giovani che fanno cultura, che s’incontrano, leggono libri, recitano versi. Un’immagine che ci piaceva molto”.

Vai a www.resetdoc.org

Titolo: Probabilmente mi sono persa

Autore: Sara Salar

Editore: Ponte 33

Pagine: 120

Prezzo: 14 €

Anno di pubblicazione: 2014



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