Pop filosofia? No grazie

La pop-philosophy? Per Nicla Vassallo si radica «su confusioni e facilonerie, cose estranee alla bella filosofia, a quella filosofia dove a contare permangono metodo rigoroso e contenuti definiti esplicitamente»: quella filosofia «in cui prevale la consapevolezza e la complessità dei problemi». E’ un piccolo libro tutt’altro che accademico, ma che prende le distanze dalla voga “popolare” del momento, questo che nasce dalle conversazioni di una tra le nostre maggiori filosofe e Anna Longo, giornalista culturale del giornale Radio Rai. Il testo affonda le sue radici in una lunga collaborazione, che ha messo la giornalista e la filosofa fianco a fianco in diverse occasioni radiofoniche. Ne emerge un dialogo sincero e serrato, dedicato a un pubblico di non soli specialisti della materia, in cui entrambe le autrici si assegnano con disinvoltura precisi ruoli – quello di chi cerca la domanda e quello di chi tenta la risposta – e, con altrettanta disinvoltura, li trasgrediscono.

Accompagnato dalle illustrazioni di Francesca Biasetton, il libro si articola in cinque conversazioni, dedicate a temi di significativa rilevanza per il dibattito culturale dei nostri giorni, e soprattutto per la riflessione personale di Nicla Vassallo.

Un testo che possiamo idealmente dividere in due metà, di cui la prima, costituita dalle prime tre Conversazioni, è dedicata all’identità disciplinare della filosofia, nonché alle implicazioni deontologiche della professione del pensatore. Qui emerge l’aspetto più accademico e rigoroso del lavoro di Vassallo, che non accetta il ridimensionamento della filosofia a intrattenimento culturale e che, di conseguenza, rifiuta appunto il compromesso con la cosiddetta pop-philosophy. Un atteggiamento, tuttavia, non rigidamente rinchiuso in una riflessione accademica, ma che, al contrario, consegna costantemente il pensare al suo ruolo etico e politico.

La seconda parte del volume – piccante, intelligentemente provocatoria e costituita dalle ultime due Conversazioni (Donne, uomini e stereotipi e Sessualità) – affronta viceversa la questione del rapporto tra identità personale e sessuale, ponendo in rilievo l’aspetto della riflessione di Vassallo più legato all’impegno civile della studiosa; non senza sollevare, tuttavia, delicate problematiche filosofiche, e fornendo altrettanto controverse soluzioni.

Per Vassallo, «per quanto lo stereotipo di donna abbia subito importanti variazioni durante i secoli e per quanto donne d’eccezione lo abbiano snobbato, l’essere donna viaggia in parallelo con l’essere femmina, cosicché le caratteristiche di una donna devono adeguarsi al femminile, un femminile carico di superstizioni». Insomma, «Donne-madonne da sposare, con cui generare figliolanza, e donne-maddalene che seducono […]», in un dualismo per cui «le prime rimangono, nell’immaginario collettivo, donne che corrispondono a un qualche destino di tipo biologico, mentre alle seconde lo sterotipo concede leggerezza, incoscienza, nefandezza, tradimento. […] Donne, comunque, necessariamente emotive, incapaci di determinate azioni e capaci di altre per codardia, con uomini necessariamente razionali, capaci di determinate azioni e incapaci di altre per coraggio» (p. 53).

E qui Nicla Vassallo entra in uno storico dibattito, quello sull’identità femminile. Perché questo insieme di codici comportamentali presuppongono, a parere della filosofa, un errore: quello di «affermare che sei soltanto una donna […], perché hai molte altre posizioni/appartenze: affettive, amorose, etniche, culturali, fisiche, sociali, professionali, religiose». La classificazione stessa di un essere umano «in quanto “donna”» comporta d’altronde, per Vassallo, che lo si stereotipizzi, «dimenticando l’individuo, la sua singolarità, che dovrebbe superare ogni stereotipo», incapaci di cogliere «la bellezza e la bontà di questa individualità» (p. 54).

In fin dei conti, sostiene Vassallo, «confondiamo i maschi con gli uomini, nonché le femmine con le donne, quando “maschio” e “femmina” intendono riferirsi a categorie biologiche, mentre “uomo” e “donna” a costruzioni socio-culturali», ma meno che mai «disponiamo di buone ragioni per credere nell’essenza di maschio/uomo, in quella di femmina/donna, nonché nella radicale differenza tra le due essenze. Vantiamo, al contrario, buone ragioni per credere che si debba a mere costrizioni sociali l’attribuzione alle femmine/donne di alcune caratteristiche e ai maschi/uomini di tutt’altra ma, proprio in quanto costrizioni, l’essere umano consapevole e responsabile dovrebbe liberarsene» (Ibid).

L’impraticabilità dello stabilire un solido abbinamento tra maschi-uomini e femmine-donne non è quindi, per la filosofa ligure, neppure la declinazione corporea e biologica della sessualità: «non si dà, da una parte, il corpo maschile cui corrisponde la psiche maschile, e, dall’altra il corpo femminile cui corrisponde la psiche femminile»; in tal modo né il differente grado di forza fisica né il dirimente rapporto con la maternità possono garantire la “classica” ripartizione di uomini e donne. D’altronde non è questa una ripartizione sempre meno vera? «Laddove effettivamente si verifica […] una differenza in termini di forza, tra donne e uomini, ci condiziona ormai ben poco, e, grazie ai costanti progressi tecnologici ci condizionerà sempre meno» osserva la filosofa.

E venendo alla gravidanza, tradizionalmente considerata come l’evento-chiave per l’attribuzione di un’identità sessuale ad un soggetto, ecco come Nicla Vassallo aggiorna la questione: «Con i progressi scientifici e tecnologici, si prospetteranno scenari in cui essa consisterà in misura sempre minore in un peculiarità femminile, cosicché in questo caso le differenze andranno man mano a scemare. In ogni caso, se nel corso della gravidanza, i corpi “femminili” si trasformano in modo notevole, e lo stesso vale per alcuni aspetti della psiche, non tutti i corpi, né tutte le psiche si trasformano nel medesimo modo». Va inoltre sottolineato «che la possibilità di gestazione non implica la sua necessità, e quanto tradizionalmente ne segue, ovvero lo stereotipo della donna materna» e che, piuttosto che su una semplice determinazione biologica, la distinzione in base alla maternità si appoggia su un desiderio e su una vocazione: «alcuni individui (donne e uomini) desiderano figliolanza, altri non la desiderano; c’è chi presenta vocazione alla maternità e chi no; alcuni uomini si attestano più materni di alcune donne; alcune donne si attestano più paterne di alcuni uomini; altri non dispongono di vocazioni e capacità né materne né paterne; in un medesimo individuo posso convivere entrambe le vocazioni e capacità» (pp. 56-57).

E lo “stereotipo” entra perciò in gioco nella vita quotidiana giacché si considera la condizione di donne e omosessuali nella società – specialmente italiana: donne che, secondo Vassallo, si ritrovano costrette nei panni di “femmine” e impossibilitate, per questo, a una serie di comportamenti – compresi quelli più violenti o antimaterni – e che introiettano acriticamente «stereotipi da inseguire», forniti loro dai media e dalla comunicazione di massa. E omosessuali, che vedono lesa la loro eguaglianza rispetto agli altri cittadini là dove vengono privati della possibilità di congiungersi in matrimonio e di costituire una differente forma di famiglia.

Si dovrà quindi declinare al plurale la questione della sessualità e dell’identità sessuale, nonché quella del suo rapporto con l’amore, da una parte, e con l’erotismo, dall’altra.

Su questi temi Vassallo ha posizioni piuttosto radicali, spesso convergenti direttamente con la riflessione biopolitica di Foucault: «le proprie sessualità» – e il plurale non è un caso – sono per la filosofa «parte integrante della […] identità personale, benché, occorre tenere presente che non la esauriscono». Nelle sessualità, infatti, «ci si esprime in diversi modi, si esperiscono gli altri e il mondo che ci circonda, e ognuno di noi vive queste sessualità con pluralità, senza meccanicità, conservando la propria unicità. Si va oltre il determinismo biologico del “devi riprodurti”, per conoscere se stessi, gli altri, il mondo, in tutta la nostra e la loro complessità» (p. 76). Ma «i rapporti d’amore e la sessualità subiscono sempre il controllo e la sorveglianza della religione, dalla politica, addirittura delle scienze. Si dovrebbe, invece, concedere a ogni essere umano la libertà di vivere i propri amori, custodirli, coltivarli senza obblighi e pregiudizi imposti dall’alto. Altri equilibri, rispetto a quelli nostri attuali, ci sono già stati offerti dalla storia e da altre culture, e ci testimoniano che la famiglia, cosiddetta “naturale”, basata sulla monogamia eterosessuale, di naturale non contiene nulla: si tratta, piuttosto, di una costruzione del tutto sociale, giuridicamente regolata».

Al contrario i «molti» si adeguano, secondo Vassallo, allo status quo: «affrontare il rischio, infrangere esplicitamente le norme imposte è volontà di pochi tra noi, se riusciamo, quando riusciamo. Per molti, rimane preferibile e comodo rifugiarsi dietro la facciata del modello egemonico di famiglia etero-tradizional-popolare, relegando i propri desideri a esperienze sessuali extramatrimoniali, o di puro consumo o a pagamento». (p. 77).

Ciò anche perché, dietro ai comportamenti sessuali,si cela, per la filosofa, un ricco catalogo di sessualità, sempre intrinsecamente plurali, che «investono in più di un modo la nostra identità personale, il nostro modo di relazionarci con gli altri, il nostro modo di guardare il mondo. Racchiudono in sé conflitti e contraddizioni, proprio in quanto interessano quella nostra identità che rimane conflittuale e contraddittoria, perlomeno in alcune sue parti. […] Le sessualità contengono soprattutto fluidità, fluidità tra l’altro variabili, a seconda dei luoghi e dei tempi in cui viviamo, fluidità che, rispetto al comportamento, rimangono più difficili da cogliere, da osservare per un occhio esterno, e, di conseguenza, da normare».

Titolo: Conversazioni

Autore: Nicla Vassallo intervistata da Anna Longo

Editore: Mimesis

Pagine: 100

Prezzo: 10 €

Anno di pubblicazione: 2012



  1. Rispetto all I Conversazione osservo che il filosofo accademico benchè specialista in esegesi testuali,dirette,comparate e critica degli stessi,non perciò è pensatore.
    Se oggi siamo esposti al robotismo universale e probabilmente a vivere come da film “Elysium” è perchè sono state fatte scelte di matrice ossia dotate di certe serie di effetti anzichè di altri.
    Quali siano tali ragioni matriciali è compito del vero filosofo appurare altrimenti si continuerà in eterno a lavorare per la polvere di biblioteca.

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