La guerra, una famiglia, una vendetta
Intrigo, il nuovo romanzo di Eric Salerno

Da Reset-Dialogues on Civilizations

“Intrigo” è un libro a metà tra il romanzo e il saggio storico. Eric Salerno suggerisce al lettore di aver consapevolmente adottato questa impostazione nella citazione anonima che fa precedere al libro: “Se non hai le prove, scrivi un romanzo”: quasi il testo fosse stato dettato dall’urgenza di riportare la storia singolare nella quale era incappato rovistando tra gli archivi di mezzo mondo – e, sicuramente, di Australia, Israele, Europa e Stati Uniti – senza per altro voler appesantire il volume con laboriose note, che lo avrebbero sovraccaricato, né volere aspirare all’ambiziosa stesura di un saggio.

“Intrigo” si colloca, dunque, a metà tra il genere romanzesco e il romanzo storico: scritto da un professionista della penna, si apre con uno omicidio che lascia il lettore stupefatto, perché rovescia l’ottica consuetudinaria con la quale si guarda alla Seconda guerra mondiale: gli ebrei vittime e i tedeschi loro carnefici. Qui, invece, è la Brigata Golani, corpo d’élite delle Forze difensive israeliane anche note come Tsahal, a fare fuoco su un insediamento tedesco in Palestina (Waldheim). Il lettore è così calato immediatamente nella complessa trama della storia perché costretto a fare i conti con un omicidio efferato da parte di soldati israeliani che poi si rivelerà nascondere una realtà molto più complessa: quella della presenza in Palestina di un gruppo religioso tedesco, i circa 3.000 Templari, che negli anni ’30 divennero a maggioranza filo-nazisti o simpatizzanti del Terzo Reich.

Il gruppo, per quanto di origine medievale, risaliva al 1858 e si ispirava a tale Christoph Hoffman, fondatore e ideologo del movimento nel sud della Germania, in rotta con la Chiesa luterana e determinato a fondare una comunità di eletti in Terra Santa ispirata ai valori delle comunità cristiane d’origine. Perché rappresentanti dei Templari siano uccisi da soldati israeliani a tre anni dalla fine della guerra, si chiarirà, invece, nel corso del libro, quando Salerno ripercorrerà attraverso le vicende biografiche di alcuni protagonisti le loro crescenti simpatie per il Terzo Reich negli anni ’30, ma anche gli incarichi di rilievo che alcuni tra loro ricoprirono nella macchina dello sterminio.

Tuttavia, resta ancora fuori da questo “intrigo”, così difficile da ripercorrere nello spazio di una recensione, il perché la vicenda che il libro narra si svolga principalmente in Australia: un continente sconosciuto ai più in Europa e, proprio per questo, considerato ai margini delle vicende belliche e delle campagne razziste della Seconda guerra mondiale. Erroneamente, come ci spiega Salerno, denunciando con un tocco di penna magistrale il proverbiale eurocentrismo che ancora ci contraddistingue come accademici, scrittori e lettori. Si apprende, così, non solo che anche l’Australia fu profondamente razzista – e non solo nei confronti dei poveri popoli nativi o aborigeni -, ma anche nei confronti degli ebrei, considerati – durante la Seconda guerra mondiale e nel periodo ad essa immediatamente successivo – “diversi” ed “inferiori” alla razza bianca, ma anche più pragmaticamente disprezzati in quanto poveri. Così come oggi – potremmo aggiungere, con uno sguardo al presente -, lo resta nei confronti del suo testardo rifiuto di accogliere migranti, arrestando i pochi che riescono a raggiungere le sue coste o detenendoli in massa nel campo dell’isola di Nauru.

Vi è anche un’altra storia che riguarda l’Australia e corre parallela a quella dei Templari: l’immigrazione ebraica di vittime sopravvissute alla Shoah, soprattutto originarie dell’Europa dell’est, dell’ex Impero Russo e dei Paesi baltici, che desideravano mettere la massima distanza tra loro e il Vecchio mondo, ma che, una volta giunte in quello nuovo, si ritrovano vittime di vecchi stereotipi e dell’imminente Guerra Fredda, finendo per essere additati all’opinione pubblica come ferventi comunisti ed elementi antipatriottici. Perché, come ricorda Salerno, anche l’Australia fu protagonista di una sviscerata ondata anticomunista e di una sorta di “caccia alle streghe”, in cui gli ebrei apparivano ai più come pericolosi sobillatori marxisti e i tedeschi come i “buoni” che avevano combattuto i sovietici a Stalingrado.

Il libro si presenta allora effettivamente come un “intrigo” che coinvolge molti piani: vari Paesi (la Lituania, la Polonia, la Russia, Israele, l’Australia, la Germania tra gli altri), varie comunità (Templari tedeschi, Tedeschi di Germania, ebrei di vari continenti, Israeliani, Australiani di varie origini), mescolando al contempo molte vicende, epoche storiche e movimenti politici (sionismo, nazismo, comunismo, ondata migratoria ebraica dopoguerra in Australia e seconda generazione di immigrati ebrei) e restituendo un quadro davvero complesso delle relazioni che si sono avute tra gruppi nazionali e Paesi nel secondo dopoguerra. Perché l’Australia abbia offerto lo spazio per tutti questi incontri è ben esplicitato da una frase contenuta nel libro: “La lontananza era, ed è ancora oggi, il valore aggiunto dell’Australia. Quel valore aggiunto – distanza, isolamento, poca memoria o voglia di ricordare – era piaciuto anche a molti nazisti.”

Infine vi è il piano più propriamente romanzesco, che narra la storia intima di una famiglia ebraica dilaniata dalla Shoah, in cui la seconda generazione, rappresentata dalla figlia, è divisa tra l’angoscia esistenziale del padre e il silenzio della madre, dai quali vuole sfuggire (“La figlia dell’orologiaio si sentiva prigioniera intorno a quel tavolo di formica beige rotondo che, più del salotto ampio e accogliente, costituiva il cuore della vita casalinga”), e il desiderio sempre più urgente, diventando adulta e assistendo alla loro morte, di comprendere a fondo la storia di cui i suoi genitori sono stati parte integrante. Il rigetto di ricordi dolorosi che non ci appartengono direttamente e la curiosità e la strana percezione di farne parte malgrado la nostra volontà sono i due estremi attraverso i quali oscilla la figlia dell’orologiaio, vera protagonista del romanzo perché implicita destinataria del racconto e testimone dello scioglimento finale di molti suoi nodi.

La storia, per Eric Salerno, è “maestra di vita”? Sicuramente è composta da una serie di eventi singoli solo apparentemente slegati tra loro, ma tutti parte di un flusso o di un movimento tellurico molto più profondo. Tuttavia, la concezione della storia di Salerno è forse meglio condensata proprio nelle parole del personaggio di Felix, l’orologiaio e padre della protagonista, che si ripete “Se uno non crede in Dio, deve per forza capire le debolezze dell’uomo, spiegare la violenza, dare un senso ai dieci comandamenti ed alla loro violazione da parte di tanta umanità”. La storia non ha lezioni di vita pronte, ma ha, invece, molto da insegnare sull’animo umano, sulla sua controversa profondità, sul suo agire spesso contraddittorio e sulla sua difficoltà a far emergere le vere ragioni che spingono le persone ad optare per un lato o l’altro nelle grandi scelte morali che contraddistinguono ogni epoca.

Il libro di Eric Salerno verrà presentato il 16 marzo 2016 a Roma presso la libreria Feltrinelli della Galleria Alberto Sordi 

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Titolo: Intrigo Romanzo Il Saggiatore, Milano, 2016, 275 pagg.

Autore: Eric Salerno

Editore: Il Saggiatore

Pagine: 275

Prezzo: 19 euro €

Anno di pubblicazione: 2016



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