Genealogia dell’europeismo, tra Francia e Italia

Il libro di Tommaso Visone è un’interessante opera prima che propone uno studio sistematico – incentrando l’attenzione sul dibattito italo-francese – dello sviluppo dell’idea di Europa negli anni Trenta, ovvero in un periodo che si colloca a metà strada tra i dibattiti degli anni Venti e la pubblicazione, ad opera di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, del Manifesto di Ventotene che, non senza ragioni, può considerarsi il documento di apertura dell’europeismo successivo alla seconda guerra mondiale. Per chi, come chi scrive, si interessa alle vicende degli anni trenta più sul terreno del pensiero filosofico-politico che su quello della prassi e delle vicende storiche, il lavoro di Tommaso Visone offre un’approfondita riflessione teorica in cui – attraverso l’esame delle posizioni di pensatori come Raymond Aron e Benedetto Croce, ma anche Julien Benda e Giovanni Gentile – l’idea di Europa degli anni trenta è posta in confronto con l’idea di progresso, con la tradizione illuministica e con l’idea di Stato-nazione.

Ma è soprattutto un prezioso compendio di storia e di storia delle idee, che aiuta a meglio comprendere scelte di primaria rilevanza tanto sul terreno della teoria quanto su quello della pratica politica, a essere offerto al lettore. Pur nella complessità di alcuni passaggi, il libro risulta fruibile anche a un pubblico colto, ma non necessariamente specialista, che voglia documentarsi sull’origine dell’assetto europeo vista da una prospettiva certo non comune.

La tesi di fondo – ampiamente e ben dimostrata – è che gli anni trenta non rappresentino, come si è soliti ritenere, un periodo di latenza o di latitanza del pensiero europeista, ma, anzi, si rivelino – pur nella frattura generata dall’insorgere e dal rafforzarsi dei totalitarismi fascisti e comunisti – una sorta di prosecuzione di quanto sul tema si era già venuto affermando nei primi decenni del secolo scorso. Questa la tesi dichiarata dall’autore, ve n’è, però, un’altra che emerge con forza tra le righe: parlare di europeismo negli anni trenta non è del tutto corretto, meglio è parlare di europeismi e declinare, così, l’idea di Europa al plurale, sottolineando l’atteggiamento non sempre disinteressato dei partecipanti al dibattito.

Gli anni trenta sono, come è noto, gli anni della crisi economica mondiale, in cui si pensa di difendersi con l’innalzamento di barriere doganali, ma anche gli anni in cui giunge a maturazione la rottura con un sistema politico e teorico di stampo ottocentesco – che affonda le sue radici già nella pace di Westfalia – e che ancora costituiva la forma mentis dei protagonisti della prima guerra mondiale. E proprio nella violazione dello jus publicum europaeum durante la grande guerra sono da rintracciare le basi di quello stato di “guerra civile internazionale” che secondo Eric Hobsbawm, grande storico del secolo breve, caratterizzava la situazione europea negli anni trenta, fino a fare di essa e, in particolare, della guerra civile spagnola il punto nevralgico del mondo.

Concentrandosi ora sull’ambito italiano e francese bisogna notare come gli anni trenta si caratterizzino per una crescita di consenso nei confronti del regime fascista in Italia, accompagnata dall’affacciarsi del corporativismo, e dall’accelerazione verso una soluzione totalitaria a partire dalla fondazione dell’impero (p. 54). In Francia, invece, si assiste a uno dei momenti più cupi della terza repubblica, segnata da scandali, instabilità politica ed economica (p. 59), che condurranno alla passiva accettazione del riarmo tedesco (p. 67).
Ciò che è interessante notare è che, in questa situazione, la crisi e il nascente totalitarismo fascista finiscono per fungere da volano al dibattito europeo, sia in chiave negativa che positiva. Cominciando dal secondo aspetto, ben nota è la pretesa del fascismo di proporsi come il promotore di una nuova civiltà pensata in chiave anticomunista. Forse meno evidente è il respiro europeo di questo proposito, ben messo, invece, in luce da Visone. Si gettavano così le basi per un «nomos europeo nel segno del primato italiano» (p. 104).

Esponenti di questa linea sono Asvero Gravelli, Francesco Coppola, Delio Cantimori che, pur nella diversità delle soluzioni proposte e nella considerazione più o meno positiva dell’opportunità per l’Italia di rimanere all’interno della Società delle Nazioni, erano accomunati nella convinzione che la peculiarità italiana dovesse esprimersi attraverso l’assunzione di una leadership morale in ambito europeo, rivendicando un ruolo pedagogico basato sul primato di Roma e dello spirito sulla tecnica. L’idea di un’Europa a primato fascista è stata espressa solo in Italia, pure, non bisogna pensare che non trovasse sostenitori all’estero. È il caso di Pierre Drieu la Rochelle che, perlomeno a partire dal 1934 credette «di vedere nel fascismo la possibilità storica di superare, allo stesso tempo, i suoi limiti soggettivi e quelli, oggettivi, della borghesia in cui si identificava» (p. 135), fino a fondare una nuova civiltà e un uomo nuovo che avrebbero trovato la loro espressione in una patria europea a carattere federale.

L’idea di Europa in ambito antifascista è stata, senza dubbio, maggiormente battuta, mostrandosi al contempo più variegata e più feconda. Anche in questo caso, però, il tragico sviluppo della politica successiva alla grande guerra costituisce il punto di riferimento. Ne costituisce un esempio evidente la posizione di Silvio Trentin che, nell’idea di Europa vedeva immediatamente l’antifascismo, dal momento che questo si era posto come anti-Europa. Ma anche la prospettiva di Gramsci che, pur restando formalmente estraneo ai temi dell’europeismo, andava maturando un’idea di Europa come «spazio politico all’interno del quale trasformare gli effetti del fordismo in un “sistema di vita” originale» (p. 147), o di Turati, che al problema fascismo riconosceva una dimensione continentale, destinata a opporsi alla formazione di un nuovo ordine europeo (p. 150). Fino a giungere alla più compiuta formulazione di Rosselli che – evidenziato come il fascismo diventi, con Hitler «una cosa seria» e si trasformi realmente nell’anti-Europa, e ammessa, sia pure in via non esplicita, una crisi dei principi su scala continentale – evidenzia la responsabilità dello Stato nazionale nello scoppio di conflitti armati, e si spinge fino ad individuare nella guerra, in quanto dissolutrice della forma Stato, il punto di partenza per giungere agli Stati Uniti d’Europa, contrastando su questo punto con Andrea Caffi, che, invece, vedeva nella confederazione europea proprio uno strumento per evitare il conflitto (cfr. pp. 166-168).

Accanto a quello dei fascisti e a quello degli antifascisti trova poi luogo un terzo gruppo di pensatori: quello dei non conformisti, che, pur prendendo molto sul serio il problema fascismo non lo combattono in via esclusiva, pronunciandosi al contempo contro liberalismo, democraticismo e comunismo, intesi non come avversari da sconfiggere, ma come Weltanschauung da superare. Ad essere al centro dell’attenzione è, così, la difesa della libertà e del primato della persona, attraverso l’eliminazione dello Stato-nazione (p.188) e la costituzione di un federalismo europeo a base personalista (p. 190 e sgg.).
In conclusione, bisogna notare come il problema del nomos europeo sia, negli anni trenta, inseparabile da quelle degli assetti ideologici in cui – o contro cui – si va sviluppando.

L’Europa diviene, in certa misura, il terreno su cui promuovere la propria visione del mondo. Vi è, però, un altro aspetto che viene ben messo in luce dall’autore: esaurito – dopo la prima guerra mondiale e dopo la grande depressione – il solco della tradizione ottocentesca, il problema, negli anni trenta, è quello di far nascere un mondo nuovo. È in parte anche per questo che l’idea di Europa finisce per complicarsi. Ciò che è, però, ancor più importante notare, e la cui messa in evidenza costituisce uno dei meriti del libro, è che la riflessione sul nomos europeo non subisce assolutamente un blocco nell’età dei nazionalismo, ma, anzi del nazionalismo e dell’antinazionalismo si rivela una protagonista non secondaria.

Titolo: L’idea di Europa nell’età delle ideologie (1929-1939). Il dibattito francese e italiano

Autore: Tommaso Visone

Editore: Chemins de tr@verse

Pagine: 306

Prezzo: Il cartaceo 37 e il pdf 17,99 €

Anno di pubblicazione: 2012



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