In memoria di un intellettuale vero

Il giorno di Capodanno, all’età di settant’anni, è mancato il sociologo Ulrich Beck, stroncato da un infarto. Nel corso di più di quarant’anni di attività scientifica, da ultimo presso l’università di Monaco e la London School of Economics, Beck ha elaborato, con linguaggio preciso e pregnante, nuove categorie analitiche per la comprensione del presente.

Il testo più spesso associato al suo nome è La società del rischio, un libro di straordinario impatto sulla cultura contemporanea, tradotto in trentacinque lingue. Beck comprende la società industriale avanzata come un contesto di “irresponsabilità organizzata”, in cui la produzione sociale di ricchezza comporta anche la produzione di rischi, con nuovi conflitti che si aggiungono a quelli distributivi. La modernità della società del rischio è una modernità riflessiva, in cui all’ingenua fiducia in una crescita economica infinita si sostituisce l’allarme per i suoi effetti collaterali.

Ma la diagnosi della modernità non si limita a questo. Essa comprende anche l’erosione dei grandi collettivi (chiese, partiti, sindacati) e il nuovo profilo di una società post-tradizionale che si manifesta soprattutto nelle sue spinte individualizzanti. Beck è stato uno dei maggiori teorici contemporanei dell’individualizzazione. Ha mostrato come pochi altri i rischi di frammentazione sociale insiti nell’affrancamento dei singoli dalle tradizionali appartenenze, ma non ha mai dimenticato di sottolineare anche i potenziali di libertà e di autorealizzazione insiti nei processi di individualizzazione. Il suo è stato un pensiero positivo, che, accanto all’analisi delle patologie sociali del presente, si è sforzato sempre di indicare anche possibili orizzonti di emancipazione.

A dispetto delle letture che hanno creduto di vedere nel tema dell’individualizzazione i segni di una svalutazione del sociale, Beck è stato sempre un pensatore critico e spiccatamente politico. L’esempio forse più chiaro di questo approccio è la sua teoria della globalizzazione, una delle migliori mai prodotte (si veda il volume, tradotto di recente, su Potere e contropotere nell’età globale).

Anche Beck, come tutti i grandi teorici del nostro tempo, sapeva che la sfida mortale lanciata dal capitalismo globale alla democrazia può essere vinta solo se la politica riacquista il proprio primato sull’economia costruendo nuove istanze di potere legittimo sovranazionale. Da qui gli studi degli ultimi due decenni dedicati al cosmopolitismo politico (delle istituzioni) e alla costruzione dell’Europa.

Oltre che uno studioso, Beck è stato anche un vero intellettuale, nella migliore tradizione del novecento. La novità è che la sfera pubblica in cui egli operava non era più quella tedesca, ma quella europea, come dimostrano i suoi frequenti interventi politici pubblicati contemporaneamente su giornali tedeschi, francesi o italiani. La sua ultima sua battaglia è stata quella contro la spoliticizzazione dei contenuti della crisi finanziaria europea da parte del governo Merkel.

La sua voce ci mancherà.
 

A questo autore che a Reset prestò idee e parole, dedichiamo un dossier, contenente alcuni suoi testi del passato.

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