Sinodo, la dottrina evolve
Non è solo un cambio di stile

Questo commento è stato precedentemente pubblicato su la Repubblica del 20 ottobre 2014.  

È difficile sottovalutarne la portata. È il messaggio di una chiesa «che cerca» (Enzo Bianchi), è l’indicazione di un «work in progress» (secondo l’espressione del portavoce in inglese del Sinodo, Thomas Rosica di Toronto). Questo significa che le affermazioni contenute nel documento non hanno valore di magistero, non sono ancora dottrina, ma mostrano di poterlo diventare nel seguito del «lavoro da compiere», cui si riferisce, sollecitante, Papa Francesco, che ieri ha insistito sulla «sinodalità e la collegialità» della Chiesa e sulla necessità di non perdere il contatto con «le mutate condizioni della società». Quello cui assistiamo appare come l’opera in corso di un organismo bimillenario che mostra, dal vivo e con sofferenza, come i suoi approdi nella prassi e nella dottrina si sottopongano ai segni dei tempi, accettino esplicitamente di collocarsi nella storia, esponendosi ai venti del mondo e alle mutazioni cui questo la costringe.

Le dimissioni di Benedetto XVI erano già un atto che faceva irrompere la mondanità e umanità del pontefice dentro la sacralità del ruolo, in modo anche più dirompente, di quanto non avesse già fatto la esposizione ai media della decadenza fisica e della malattia di Giovanni Paolo II. Con il Sinodo ora si è manifestato il carattere mutevole, evolutivo, aperto al nuovo, in una parola “storico”, della dottrina teologica. È una ricerca, quella della Chiesa, che si presenta come indirizzata ad un modo “migliore” di interpretare “la fedeltà ai vangeli”. Come sempre quando viene sfidata la ortodossia dei letteralisti (qui pronti a sfoderare San Paolo e le sue parole sulle relazioni «contro natura»), in qualunque religione c’è chi grida al «tradimento», come ieri il cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier: inammissibile per lui presentare le unioni gay «come se fossero qualche cosa di positivo».

Eppure il tema della “natura” come norma dei rapporti sessuali è stato cancellato dal documento conclusivo, mentre l’approccio al problema del divorzio non intacca certo il principio dell’indissolubilità del matrimonio, ma sposta lo sguardo sulla misericordia di Dio capace di offrire un viatico a chi ha sbagliato. Dopo il Sinodo ce ne sarà un altro — dice Francesco fiducioso nei lavori in corso — come chi guida un organismo politico che ha i suoi tempi di reazione, le sue maggioranze e minoranze, le alleanze e le ostilità interne.

I tradizionalisti si erano mossi per tempo con un libro-manifesto contro ogni apertura a gay e divorziati. L’avevano sottoscritto cinque cardinali, Müller, Burke, Caffarra, Brandmüller e De Paolis. E l’arcivescovo di Milano, Scola aveva preso posizione dalla loro parte. Il fronte dell’opposizione ha cercato l’appoggio di Benedetto XVI dal suo ritiro, ma il pontefice dimissionario, come ha rivelato ieri Claudio Tito su queste pagine, si è sottratto alla richiesta con determinazione, chiudendo a ogni possibilità di aprire una divaricazione che avrebbe avuto clamorose conseguenze sul Sinodo. Le “animate discussioni” e il “movimento degli spiriti”, caro alla concezione gesuitica della Chiesa di Bergoglio, non si spingerà dunque fino a un duello tra leader. L’omosessualità esce dalla condizione dottrinaria di “disordine morale”, anche se la nuova dottrina non è ancora scritta e aspetta di trovare un numero di voti sufficiente per diventarlo, nel corso del processo deliberativo che prosegue fino al prossimo appuntamento assembleare, da qui a un anno.

La dottrina e la teologia della Chiesa mostrano di poter cambiare, manifestandosi come un fatto nel tempo, così come nel diritto la scuola giusnaturalistica un giorno ha lasciato il passo alla scuola storica. Non è d’altra parte una novità per una entità che ha visto concili, guidati da imperatori come Costantino o Giustiniano, scrivere il Credo e anatemizzare eresie. Non sappiamo ancora se sia prematuro spingere il paragone fin là. Certo è un segno eloquente della svolta, il commento di un cardinale come il filippino Luis Antonio Tagle, giovane di grande spicco, e finora molto cauto, secondo il quale «è tornato a soffiare lo spirito del Concilio».

Credits photo: @josemarimayoral/Twitter

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