Pasquale e Totò, o del principio di realtà

La prima reazione potrebbe essere quella di Totò, quando se la ride di chi lo schiaffeggia chiamandolo Pasquale. In effetti nessuno di noi si chiama Pasquale, e per giunta la presenza del Psi nella coalizione di centrosinistra non è stata granché valorizzata. Ma Totò ugualmente si era slogata la mascella.

La seconda reazione potrebbe essere quella dell’Espresso, che commentando il flop dei radicali nelle elezioni del ’58 titolò Un popolo immaturo. Ma in democrazia il popolo ha sempre ragione.
Meglio quindi ragionare. Aiuta a farlo, per esempio, il saggio di Celestino Spada che avevamo pubblicato nel numero di febbraio di Mondoperaio, e che illustrava la pochezza dei partiti nel corso dell’experimentum crucis costituito dal governo “tecnico”: semplici frenatori rispetto al programma di risanamento, miopi opportunisti rispetto alla riforma elettorale. Tema su cui adesso hanno da riflettere sia quelli che hanno lucrato un premio sproporzionato rispetto al consenso raccolto, sia quelli che hanno vinto alla lotteria dei quorum regionali.

Anche Monti è stato sconfitto. E Berlusconi ha rimontato facendo concorrenza alla demagogia di Grillo. Ma il principio di realtà che bene o male il governo “tecnico” ha imposto all’attenzione del sistema politico non svanisce per effetto di un risultato elettorale. Ed è su di esso, non sulle opportunità offerte dalle regole elettorali, che il sistema politico dovrà ritrovare la sua legittimità.

Una legittimità che si misurerà anche sulla capacità di costringere i 110 deputati e i 55 senatori eletti da Grillo a quel confronto su cui si fonda la procedura democratica: senza pensare di cavarsela con lo scouting (e men che meno con lo shopping); ma anche senza proporsi di dovergli lisciare il pelo. Senza, soprattutto, ripetere lo stupore con cui, secondo Enzo Forcella, “la maggior parte degli italiani colti dell’epoca” dopo il 18 aprile videro arrivare in Parlamento una massa di deputati e senatori democristiani che “emergevano dalle parrocchie e dai salottini della piccola borghesia di provincia, dai circoli ricreativi e dai consigli d’amministrazione dellle casse rurali come dalle catacombe di un mondo dimenticato e quindi represso”.

  1. Il principio di realtà sarebbe quello di prendere atto che gli italiani non ne possono più delle politiche di austerità e di finti professori milionari che fanno i funzionari dei ” mercati mondiali” . Il principio di realtà sarebbe stato che una coalizione che si dice di sinistra avrebbe dovuto dire qualcosa ai pensionati che sono stati truffati da Tremonti e da Fornero e ai giovani che lavorano nei call centers a 600 euro ai mese e devono ancora essere contenti ! Non ho molta speranza che il principio di realtà si imponga oggi a queste forze e sono convinto che preferiranno fare karakiri piuttosto che autocritica . Come dice Cacciari ” teste di cazzo “.

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