Nei college Usa il vero tabù è l’amore

Il sesso è bollente, ma il cuore è gelido. Gli universitari maschi americani hanno più «compagne di scopata» che appuntamenti. Un appuntamento romantico al college è un fenomeno raro, non dissimile dal vedere un condor della California– specie in via di estinzione – negli anni Ottanta. Dopo aver intervistato migliaia di studenti di college americani, oggi so esattamente chi svolge quali pratiche sessuali, con chi lo fa e nell’ambito di che tipo di rapporto.

Non è stato un caso che io abbia iniziato a indagare nell’universo erotico studentesco nello stesso anno in cui le mie due gemelle hanno avuto le prime mestruazioni. Alcuni decenni prima avevo assaporato i piaceri della carne nel primo scorcio di rivoluzione sessuale, incontri da strafatti in letti assurdi, sul cofano di una macchina o per terra in un bosco con ragazze che non conoscevo granché. Ma guardando al mondo dell’adolescenza in cui le mie figlie si apprestavano a entrare mi accorgevo che era cambiato qualcosa.
La mia generazione dava l’amore per scontato; il sesso rappresentava la grande incognita, l’avventura. Le nuove generazioni hanno capovolto questa equazione. Per loro il sesso è diventato ordinaria amministrazione. Quel che è incerto, che spaventa e per un numero sempre maggiore di ragazzi è qualcosa di incredibile, è l’amore.
Questo studio è iniziato a Roma nel 2006 mentre tenevo un corso all’università «La Sapienza» su «Sesso, Amore e Dio» che, tra le altre cose, trattava degli specifici timori in materia di erotismo propri della religione politicizzata in Iran, Palestina, Egitto, India e America. Gli islamisti, spiegavo, compresi quelli che hanno sostenuto Osama bin Laden, invidiano la nostra democrazia. Ma aborriscono i nostri costumi sessuali.

Una mattina, ho raccontato ai miei studenti romani una tipica scena di sesso in un college americano, ho spiegato loro l’abitudine dell’hooking up, del sesso merce di scambio trattato come se fosse un favore insignificante, l’assolvimento di una semplice funzione di piacere, un’amichevole ripassata senza alcuna intimità. Per molti studenti americani, ho spiegato, il sesso è diventato un esercizio di idraulica, da compiere a cuor leggero, spesso ubriachi.
I ragazzi romani non erano in grado di tradurre la formula hooking up, non avevano un termine assimilabile a essa. Mi hanno bombardato di domande. Molti di loro guardavano la serie Tv «The O.C.» – che sta per Orange County, un distretto conservatore e tranquillo a sud di Los Angeles – in cui studenti delle superiori (tutti belli) passavano il tempo ad accarezzarsi in piscine d’acqua calda, passeggiare sulla spiaggia e fare shopping. Tutto ciò pareva loro grandioso. Ma quello che io stavo dicendo sull’amore li lasciava perplessi.

Il sesso senza amore, spiegavo, è abitudine comune nei college degli Stati Uniti. Chiaramente c’è ancora molta gente fidanzata, ma la maggior parte degli studenti fa deliberatamente sesso senza amore. Circa due terzi dei ragazzi americani della loro stessa età non erano innamorati dell’ultima persona con cui erano andati a letto. Gli americani non vogliono che dai loro incontri carnali casuali nasca una relazione. Non fanno neanche finta di desiderarlo. La metà di loro non vuole nemmeno rivedere l’altra persona per fare sesso con lei un’altra volta.
I miei studenti romani erano ansiosi di scoprire se fossero diversi. Così abbiamo deciso di elaborare un nostro piccolo sondaggio – con domande decise da loro – che avrebbero distribuito ai loro compagni di università. I ragazzi hanno elaborato la maggior parte delle domande: volevano sapere i dettagli delle esperienze sessuali, ma volevano anche scoprire cosa pensavano i loro coetanei della verginità, della fedeltà, della prima volta. Ne abbiamo fatto moltissime copie che hanno dato ad amici e conoscenti, per lo più sempre studenti di scienze politiche, ma anche di qualche altra facoltà. In breve, abbiamo ricevuto un centinaio di risposte, che non possono certo essere definite un campione casuale, ma che sono comunque significative.

In effetti i miei studenti romani trovavano più facile dei loro coetanei americani fare sesso senza amore. Ma la differenza non sta in quello che puoi fare, bensì in quello che vuoi fare. I romani non riuscivano a capire come si potesse non preferire fare sesso essendo innamorati. Non c’era praticamente nessuno che dichiarasse di non essere mai stato innamorato, di non avere mai sperimentato quei turbamenti, quel desiderio, quella carica straordinaria. Anzi più della metà – sia maschi che femmine – sosteneva di essere attualmente innamorato (erano praticamente il doppio rispetto ai loro coetanei californiani).

La religione, mi chiedevo, ha forse qualcosa a che fare con tutto ciò? Malgrado non andassero spesso a messa i miei studenti romani – era venuto fuori – perlopiù credevano in Dio, molto più degli americani. Il 60% dei romani si dichiarava credente, solo il 22% affermava di non esserlo.
Quel che non mi aspettavo era che la fede in Dio condizionasse la loro vita sentimentale. Non che ogni vergine che aveva risposto al sondaggio di Roma credesse in Dio, o che i credenti avessero iniziato a fare sesso più tardi e avessero avuto meno partner. Il divario maggiore non riguardava le esperienze sessuali, ma la vita amorosa. Coloro che credevano in Dio erano molto più inclini ad associare sesso e amore. Quando chiedevo, per esempio, se fosse facile o difficile separare sesso e amore, e quindi andare a letto con qualcuno che non significava molto per loro, erano prevalentemente i non credenti – oltre il 90% di loro – a dichiarare di poter facilmente avere rapporti senza implicazioni emotive. E questo non aveva niente a che fare con l’andare in chiesa. La stragrande maggioranza degli studenti italiani che credono in Dio non va mai a messa. L’importante non è il catechismo o la confessione.

Si è quindi posto immediatamente un interrogativo: è un fenomeno solo romano? La città è disseminata di simboli del divino. Gesù e la Vergine Maria sono onnipresenti. Il Vaticano è lì, dall’altra parte del fiume. A «La Sapienza» trovavo snervante fare lezione in piedi sotto al corpo sofferente di Cristo. Avevo visto la gioventù romana riverente a messa per rendere l’ultimo omaggio Giovanni Paolo II. L’amore per il divino fa parte del Dna di questa città. La religiosità potrebbe mai essere così importante in California, in una terra che non è stata mai toccata da miracoli, dove non esistono mete di pellegrinaggio ma piuttosto una miriade di centri commerciali, autostrade e parcheggi dove Dio non è certo presente?
Ho avviato la mia ricerca su Facebook. Di solito bisogna pagare per far partecipare i ragazzi ai sondaggi. Lavoravo con Paolo Gardinali, originario di Pavia e direttore del centro di ricerca sui sondaggi della mia università in California, non avevo a disposizione molti fondi. Potevamo contare solo su un meccanismo di invito consapevole. Il nostro primo banner su Facebook recitava così: «Quando è stata l’ultima volta che hai avuto un rapporto sessuale? che hai pregato? che hai detto “ti amo”? Raccontacelo».

Nell’arco di un paio di settimane, oltre un migliaio di studenti parteciparono al sondaggio e un quarto di essi volle essere intervistato di persona.
A oggi abbiamo sottoposto al sondaggio migliaia di ragazzi, sia tramite Facebook che nelle classi della University of California di Santa Barbara dove insegno, posto noto per i premi Nobel vinti dai suoi scienziati ma anche per la libertà sessuale praticata in spiaggia dai suoi studenti. Il mio campus è il rifugio ideale per menti brillanti e carne tenera. Ma ci sono anche diversi gruppi di studio sulla Bibbia.
Abbiamo chiesto agli studenti di raccontarci il loro ultimo rapporto sessuale. Chi ha toccato quale parte del corpo? Era con un/una fidanzato/a, un rimorchio, una tipa facile, un amico compagno occasionale di scopata? Lo/la amavi? E lui/lei ti amava?
Ormai possiamo contare su un vasto campione di atti sessuali. Più della metà dei rapporti sessuali avviene nell’ambito di relazioni prive di qualsiasi intento o possibile evoluzione romantica. Vale per tutti. Guardando nello specifico ai maschi, due terzi dei loro rapporti ha luogo sotto forma di incontri non romantici, senza amore, generalmente isolati e senza nessun seguito. Le ragazze invece, per quanto alcune amino giocare a Sex and the City, per la maggior parte sperano che dal primo appuntamento nasca una relazione.

Gli evangelici e fondamentalisti americani sono ricorsi all’autorità politica in risposta ai costumi sessuali della mia generazione, che ritenevano di un’orribile dissolutezza. Jerry Falwell ha dato vita alla sua «Maggioranza Morale» dopo essere incappato in un concerto orgiastico e pieno di ragazzi fatti e ubriachi dei Led Zeppelin. Per trent’anni, c’è stata una specie di ossessione politico-religiosa rispetto a quanto i giovani facessero nelle loro mutande.
Io non sono particolarmente preoccupato delle abitudini sessuali dei ragazzi. A intimorirmi è la loro vita sentimentale. Gli studenti non ci credono più. La maggior parte ritiene che l’amore sia una finzione inventata per sottomettere le donne. In effetti una buona parte di loro non vuole nemmeno che duri.
Ma allora chi si innamora? A nessuno, fatta eccezione per J. K. Rowling, sembra interessare la cosa. La destra religiosa si è molto preoccupata per la dissolutezza sessuale dei giovani e ha sostenuto forme di educazione sessuale che incentivassero l’astinenza, mentre la forma più libera di insegnamento in questo senso è stata reintrodotta solo dalla recente riforma sanitaria del presidente Obama, nel 2009. Il sesso al di fuori del matrimonio è peccato, secondo loro. Solo tornare a Dio può porre un freno alla nostra lussuria.
Ma Dio ha importanza? Molte ricerche sono state condotte per capire se il credo e le pratiche religiose siano in grado di contenere la licenziosità e promiscuità della sessualità giovanile. I sociologi americani hanno scoperto che i giovani particolarmente devoti perdono la verginità più tardi e hanno meno partner. Ma più si va a guardare, meno la religione sembra incidere.
Come nel caso del politico Mark Souder, portavoce al Congresso della fazione sostenitrice dell’astinenza sessuale, che aveva rapporti extramatrimoniali con una componente del suo staff e di recente è stato costretto a dimettersi, Dio non è un buon guardiano delle parti intime. La fede in Dio non ha alcun impatto sulla vita sessuale dei giovani. Al college, chi è vergine non è per forza più credente di chi non lo è. Anche chi fa voto di castità non è sessualmente molto diverso da chi non lo fa, ad eccezione del fatto che pratica un po’ più il sesso orale.

I ricercatori hanno guardato nella direzione sbagliata. Dio non sta nelle mutande della gente, mentre si scopre che hamolta importanza quando si tratta della vita sentimentale. Proprio come a Roma, la fede in Dio di uno studente è strettamente correlata alla sua inclinazione a coniugare sesso e amore. Come mostra la tavola qui sotto, che riporta i risultati di un sondaggio a cui hanno risposto quasi tutti gli studenti di una mia classe del primo anno di università, composta prevalentemente da ragazzi di 18 e 19 anni, rispetto a coloro che non credono in nulla al di là del mondo fisico i giovani che credono in Dio sono molto più portati a trovare difficile separare il sesso dai loro sentimenti per il partner. Dei 270 studenti che si professano credenti, il 48% trova difficile separare le due cose a fronte del solo 27% dei 70 studenti non credenti. Chi ha fede in Dio, e perlopiù in un Dio che ci ama, è molto più probabile che sia stato innamorato del suo ultimo partner sessuale e che abbia avuto rapporti nell’ambito di una relazione sentimentale. Se volete fidanzarvi, il posto migliore dove cercare è tra chi crede in Dio.

Perché la fede in Dio favorisce l’insorgere dell’amore? Ci sono varie possibilità. La prima è che per il nostro monoteismo l’amore è un valore sacro. Chi crede in Dio impara a dare valore all’amore. La seconda è che per la religione il sesso è un piacere colpevole. Chi è religioso ha bisogno dell’amore per giustificare la pratica sessuale. Ma io credo che ci sia anche una terza ragione, per la quale l’amore è un’architettura di fede cruciale per la definizione del nostro mondo. Nella relazione con il divino si ammette la propria mancanza di sovranità e autocontrollo, si riconosce di non essere il proprio fondamento, la propria fonte, si è consapevoli che la propria esistenza dipende da qualcun altro che non potremo mai realmente comprendere o dominare. La religiosità e il romanticismo sono due ordini paralleli di esperienza.
Che la fede religiosa sia un modello per l’amore o che l’amore sia la base da cui nasce la nostra idea di un unico Dio, l’amore romantico è una conquista storica, uno degli strumenti critici attraverso cui noi uomini moderni ci definiamo come individui. Il desiderio di concederci a un altro, di fidarci di lui, di sentirne la chiamata e rispondergli è la fonte da cui derivano solidarietà sociale, uguaglianza, giustizia. L’amore è un percorso improbabile, se non addirittura impossibile, ma nonostante ciò è il motore fondamentale di tutto ciò che valga a questo mondo. È il prerequisito della storia. Quando non ci crederemo più, avremo perso per sempre la nostra capacità di progredire.

Sono molto più spaventato del fatto che un numero sempre maggiore di giovani dubitano dell’esistenza dell’amore di quanto non lo sia per il loro dubbio nei confronti dell’esistenza di Dio. Probabilmente Dio non vuole vederci fornicare, ma la vulnerabilità dell’amore e il suo declino sono in ultima analisi minacce maggiori per la nostra unità politica rispetto allo stabilire quali atti sessuali debbano essere proibiti dalla legge.
Dobbiamo preoccuparci meno di come e quando i nostri figli si sbottonano i pantaloni, e interessarci di più del fatto che siano in grado o meno di aprire il loro cuore. Per tante giovani donne è diventato più facile prendere il pene di un uomo in bocca che non tenergli la mano, questa è la vera oscenità. Che Dio sia o meno nelle nostre mutande è l’ultima delle preoccupazioni.

(Traduzione di Chiara Rizzo)

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