Governo Renzi: perché senza strappi non si esce dalla palude

L’incarico di governo a Renzi cambia molte cose. Difficile sottovalutare l’importanza di un passaggio che, in primo luogo, cambia forse definitivamente la faccia alla sinistra italiana. Per farsene una idea basta pensare che, nel giorno delle dimissioni di Letta e del preannuncio del prossimo incarico al sindaco di Firenze, l’Unità, che è diventato nel frattempo il giornale di una corrente di minoranza invece che di tutto un partito, si presenta con un editoriale di opposizione al nuovo corso, contro lo “strappo”, mentre dalle sezioni, dotate di opportune newsletter, come quella romana di Trastevere, arrivano le segnalazioni di articoli dai più vari “post”, che spiegano come e perché la fine del governo potrebbe essere provvidenziale per il Pd e per tutti quanti gli italiani.

Se non si fosse decisa questa rottura, il Pd si sarebbe trovato a difendere un governo sul quale non aveva alcuna influenza, ma al quale non poteva neppure fare opposizione. E poi, si sarebbe potuto sfiduciarlo tra un paio di mesi in piena campagna elettorale europea? Ragionamenti che erano alla portata di tutti e sui quali avrebbe dovuto meditare lo stesso primo ministro in uscita.

Quel che cambia è qualcosa che anche nelle sezioni del Pd possono vedere molto bene: è questo partito che “movimenta” la scena, al contrario di quello che è accaduto in questi due decenni di protagonismo berlusconiano in cui la sinistra si era specializzata nell’analizzare, commentare, esecrare (per lo più giustamente) le faraoniche ambizioni, le miserabili inconcludenze, i vari “predellini” e il catastrofico stile del Cavaliere, recitando insomma una parte laterale nella commedia politica (parentesi uliviste a parte). E’ avvenuto che la strategia dell’attesa, “la guerra di posizione”, è diventata l’unica conosciuta alla sinistra, mentre le avventure del cambiamento, rischiose (e accompagnate da vari sciagurati errori) sono diventate monopolio della destra. Anche qui l’eccezione è l’Ulivo, che è stato però abbandonato presto agli archivi storici. Insomma, bisogna ricordare il senso della celebre distinzione nota agli strateghi della guerra, e usata da Gramsci per far comprendere, in metafora, l’importanza della egemonia culturale. Questa si guadagna – diceva – con la “guerra di posizione”, conquistando cioè le casematte della società civile alla propria causa politica. Senza di che il puro atto di una rivoluzione (la “guerra di movimento”) rimane poca cosa, perché’ non dà luogo di per sé a un nuovo assetto culturale e sociale.

Nella storia italiana siamo finiti dentro a una anomala palude, a causa di mancate riforme e di riforme fatte a metà; a un sistema proporzionale e a una Costituzione incentrata sui partiti è subentrato (la cosiddetta Seconda Repubblica) un difettoso sistema bipolare che prevede malferme coalizioni e designazioni di primi ministri candidati, in contrasto con la natura del governo, che rimane parlamentare. Si tratta del pasticcio che tutti conoscono, aggravato da una rovinosa legge elettorale. Giusto parlare di palude anche nel senso che un convoglio pesante come quello italiano, non ne esce e non si rimette in cammino senza qualche speciale manovra.

La sinistra si era specializzata nella “guerra di posizione”, in palude, e sembrava non poterne più uscire senza qualche straordinario bulldozer. Senza qualche colossale “strappo” si rimaneva ad affondare fino alla fine dei tempi. Dopo tanto conquistare casematte e dopo tanta “egemonia culturale”, vera o presunta, si continuava a non vedere neanche una briciola non dico di rivoluzione, ma neanche di sussulto politico. Inutile recriminare sul fatto che sarebbe stato meglio un passaggio elettorale vincente, per consacrare un primo ministro. Ovvio, ma il difetto della palude è proprio questo, che i tempi di una bonifica sono lunghi e nell’attesa si può annegare.

Questa occasione non poteva e non può andare perduta. Tenere fermo nella palude un giovane leader capace di rapide e azzardate decisioni e dotato palesemente della capacità di vincere elezioni, primarie e secondarie, sarebbe stato un errore desolante. E lui, l’interessato, non lo ha commesso. Lo avrebbe voluto una minoranza del Pd, quella rappresentata oggi dall’Unità, quella abituata a perdere e a consolarsi con giochi di posizione in attesa di tempi migliori che non arrivano mai, quella per cui lo “strappo” non va.

Perché invece è proprio lo “strappo”, quello che ci voleva? Perché le scadenze che si avvicinano avrebbero reso impossibile o improponibile la sostituzione di Letta tra qualche mese: le elezioni europee a maggio, la scadenza di una cinquantina di nomine di importanza cruciale, il semestre della presidenza italiana del Consiglio europeo, le pressioni di Confindustria e sindacati. E tutto questo mentre il governo non riusciva ad assumere una iniziativa incisiva capace di rispondere alle attese su occupazione, sviluppo, tagli alla spesa pubblica. Lo “strappo” era dunque inevitabile e necessario.

E c’è da augurarsi che sia propiziatorio di una nuova fase in cui la sinistra non sia più l’ala “resistente” di una sistema costituzionale incrinato e bisognoso di vigorosi aggiustamenti. Dalla palude – di un sistema parlamentare bicamerale, difettoso perché modificato in modo incompleto – si può uscire solo con qualche strappo. Il meccanismo vizioso tende fondamentalmente ad autoriprodursi e i tempi dell’azione sono determinanti. Che Renzi prenda le redini del governo e della gestione dei tempi della politica appare al momento una buona premessa per il nuovo corso. Le elezioni del resto non tarderanno, qualunque cosa ora si dica, perché un mandato pieno sarà indispensabile per un ciclo forte di riforme. Che lo slogan di Renzi sia “adesso” è di buon auspicio, anche se certo il successo non è garantito.

  1. Ringrazio per consensi e dissensi (Leonardo compreso). Ci sono pezzi di buone ragioni in molti dubbi che leggo sullo “strappo”. Il fatto è che non vedo alternative ragionevoli a questo azzardo

  2. Davvero un bel posto dove ascoltare, finalmente, cose sensate e non urlate. Spero solo che ci sia spazio per l’intelligenza e la lungimiranza, ovverosia che Renzi sia capace di fare riforme e guardino lontano, che abbiano respiro. Non per me , ma per i miei figli.

  3. Sleale verso Letta sì, ma verso il PD no: Cuperlo è stato il primo a volerlo a capo di un nuovo governo, Civati vorrebbe andare dritto alle elezioni. …. Per quanto riguarda il programma, ha già anticipato diversi punti (riforma elettorale, della pubblica amministrazione, del lavoro, del fisco) su cui, ahimè, Letta non aveva fatto passi avanti… sono solo slogan, ma non è che il programma del governo Letta fosse più dettagliato (anzi…)

  4. Solo che ora, caro Giancarlo, non ci sarà alcun Pd, inteso come partito, che potrà pungolare, incitare, avanzare proposte a un governo magari costretto fare i conti con alleanze non del tutto omogenee come quelle rappresentate da Alfano e altri…

    • Caro Bruno, per il Pd è tempo di quella trasformazione in un vero “partito elettorale” di natura inevitabilmente plurale, con niente più in comune con la sua vecchia natura fondamentalmente ideologica. Un vero triplo salto, speriamo non mortale

  5. … Credo che la palude esista da tempo e continua ad espandersi all’interno della Sinistra e dello stesso PD: per decenni gli elettori sono stati presi in giro, con promesse elettorali mai mantenute. Più volte, vinto le elezioni, si è sciupato il mandato che i cittadini gli avevano affidato, dilapidando il tutto in scontri fratricidi, con disinteresse del programma promesso! Se poi vogliamo parlare di strappo, … ammettiamo che c’è stato: quello di Renzi è stato uno strappo alla lealtà, alla verità, alla moralità, … rasentando anche l’illegalità! Solo un arrivista determinato, vedendo l’apice della vetta a portata di mano, pensando alla gestione del potere, … solo costui, poteva avere un tale comportamento; … ma questo è un vecchio modo di vedere nelle cose, un mondo antico che non si usa più! … Buon lavoro al nuovo Governo, sperando possa essere illuminato da una Cometa, che gli indichi la Via giusta.

    • non sono d’accordo. mi sembra il ragionamento, pauroso del futuro, di chi al pantano ha ormai preso l’abitudine. con la solita paranoia che è tutta colpa dei dirigenti corrotti.

  6. Non concordo, se non in parte, con l’analisi di Bosetti. Al di là del comportamento di Renzi del tutto sleale verso Letta e parte del PD, non ho compreso bene ad oggi, non avendolo egli mai detto, che cosa vuole fare per il Paese, con chi lo vuole fare, e che cosa ha intenzione di fare di diverso da Letta. Lo “strappo” di Renzi, a mio avviso, è un grande salto nel buio.

  7. Complimenti per l’analisi chiara ed esaustiva, scevra da protagonismo e appartenenza politica. In Italia, molto evidentemente, c’è qualcuno che ancora ragiona; quando impareranno a ragionare gli italiani: si rendono conto che Renzi è l’ultima speranza di cambiare finalmente questo Paese? Si riuscirà a dargli quel consenso e quella forza per mandare finalmente a casa coloro che ci hanno distrutto?

  8. Ottima analisi, anch’io non vi conoscevo….. Ho fiducia e spero si realizzi il Nuovo Rinascimento Italiano. In fondo il Paese sta solo aspettando di essere liberato, di poter di nuovo intraprendere la sua strada di progresso e industriosità. Auguri a tutti e forza Matteo, gli imprenditori piccoli, medi e forse grandi, i lavoratori, le persone oneste e di buona volontà ti saranno sicuramente accanto!

  9. Finalmente leggo qualcosa di sensato e non volgare e rozzo nella vasta palude di luoghi comuni e di fiati alle trombe che in questi giorni popolano i media e soprattutto la rete. Non vi conoscevo. Complimenti.

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