Caduta libera con schianto. Ma non è uno show

La caduta libera del Cav. non è più un segreto per gli italiani, come sembra fosse fino a qualche mese fa. Il suo potere di manipolazione e seduzione, le sue tv, i suoi fedeli appostati in funzioni pubbliche (i tg) e private (l’organizzazione del relax), il suo potere d’acquisto in contanti, le sue capacità di entertainer, le sue sfuriate contro i giudici, non riescono più a nascondere, dietro bolle mediatiche, il fatto che il protagonista di 16 anni della politica italiana stia concludendo, male, il suo ciclo. Per capirlo non è più necessario leggere l’«Economist», non è più necessario un dottorato all’estero, non occorre appartenere alla schiera degli intellettuali sofisticati lontani dalla «pancia» del popolo. Adesso basta andare al bar|.

Non c’è opuscolo ministeriale sulle meraviglie del buongoverno capace di arrestare l’emorragia. Il cuore del potere, che ha conquistato tanti elettori così a lungo fino a un momento fa, è messo a nudo al centro della scena. E quanto ai meravigliosi anni riformisti del Berlusconi, che dovremmo avere alle nostre spalle, si ha diffusamente la sensazione di non averli vissuti. La crisi e la paura, la disoccupazione e le alluvioni colpiscono duro. Certo non è tutta colpa sua, ma intanto la scena è occupata dall’ardore incosciente e suicida del protagonista che supera l’ardore umile e tenace dei suoi fedeli e dei suoi giornali. E con una complicazione seria: la velocità di caduta lascia stupefatti e imbarazzati non solo i compagni di volo libero, ma anche gli avversari, che temono di farsi male nello schianto finale, che emetterà schegge in ogni direzione.

Dietro spettacolo fangoso dei ricatti e degli abusi di potere e dietro il duello che il Primo ministro ha ingaggiato con Fini, sta cambiando qualcosa negli equilibri deformi della politica italiana contemporanea. Le alleanze che da sedici anni reggono le sorti politiche di Berlusconi si presentavano fin dall’inizio, 1994, cariche di contraddizioni e hanno provocato vari sconquassi negli anni, ma l’ultima crisi ha preso la forma di un partito (Fli) e di una leadership alternativa alla guida della destra italiana. Sono progetti ancora contraddittori: un nuovo centrodestra liberato dall’ossessione berlusconiana oppure una nuova aggregazione centrista? Per ora bastano comunque a provocare l’infarto della maggioranza, giunta certamente a una stazione terminale.

A chi chiede notizie, dall’Italia e dall’estero, su quel che può accadere adesso e su quel che farà l’opposizione, piacerebbe dare risposte più chiare di quelle in circolazione. Abbiamo chiesto uno sforzo di analisi ad Arturo Parisi e Claudia Mancina, mentre Roberto Biorcio fa l’esame del vento populista che soffia su tutta Europa. Qualche utile chiarificazione ne viene fuori: non si può immaginare di seguire la fase critica del centrodestra italiano, un po’ da spettatori e un po’ da accompagnatori, come se bastasse guardare lo show disastroso di Berlusconi che esce di scena in seguito al collasso della sua maggioranza e a qualche invenzione dell’ultimo momento; la competizione ci dovrà essere e probabilmente ci sarà tra non molto tempo; questo tempo andrà impiegato per uscire dalle ambiguità su quel che il «Nuovo Ulivo» vuole essere e con quale programma vuole proporsi; e andrà impiegato per preparare elezioni primarie di coalizione, per scegliere il candidato Premier alle prossime elezioni, quando che siano. Solo un leader espresso da un’aperta competizione, a esito non prestabilito, potrà disporre dell’autorevolezza necessaria per mettere fine alla moltiplicazione delle correnti e alla loro eterna contesa. Una contesa che non si conclude mai con veri vincenti e veri perdenti, ma che ha già trasformato il Pd nel villaggio delle beghe infinite.

Molto deve ancora cambiare a destra e a sinistra perché l’agenda dei problemi italiani riprenda il suo posto centrale nella vita pubblica. E ce ne occuperemo con rinnovata curiosità, come quando, all’inizio della storia di questa rivista, sembrava cominciare una seconda repubblica carica di promesse, e invece era solo l’inizio di quel guasto politico che ora sembra sia alla fine.

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