Le analisi del voto al ballottaggio
A sorpresa più giovani con Bersani

Davvero singolari queste primarie. Una curiosità su tutte? «Contrariamente a quel che ci si poteva aspettare e anche a quel che vorrebbe la logica, Renzi non sfonda tra i più giovani. È piuttosto il candidato dei quarantenni: la generazione cui appartiene e che più si riconosce in lui». Tra i giovani, paradosso dei paradossi, spopola invece Bersani, non il “rottamatore” del vecchio Pd.

Il professor Lorenzo De Sio, politologo e ricercatore presso la Luiss, ha monitorato l’andamento delle primarie prima, durante e anche dopo il ballottaggio del 2 dicembre attraverso il Cise, il Centro italiano studi elettorali dell’Università di Confindustria mentre il professor Roberto Biorcio, dell’Università Bicocca di Milano, studioso della Lega e del gruppo dell’Istituto Demos, guidato da Ilvio Diamanti, ha scoperto che il candidato Renzi va meglio «nei centri che nelle periferie», specie a Milano. Quanto ai giovani, “L’atlante politico” di Diamanti, già a settembre, consegnava nelle intenzioni di voto a Renzi il 28,3% delle opzioni contro il 33,7 di Bersani nella fascia di età 30-44 anni, destinata a crescere per il sindaco di Firenze fino al 33,4 nella fascia 45-54 anni (contro il 32,5 di Bersani) e a calare – invece – al 23,2 tra i 18-29 anni contro il 29,2 del segretario Pd.

Meglio ancora fa lavoce.info, il sito di ricerca e di opinione ispirato dal professor Tito Boeri, Università Bocconi, che mette in relazione i dati del primo turno delle primarie del centrosinistra tra la differenza dei voti ottenuti da Bersani e Renzi, provincia per provincia, e il reddito pro-capite delle diverse province: una serie di punti lungo una linea retta rossa in ascesa. Sintesi: «Bersani sembra avere preso più voti di Renzi soprattutto nelle province più povere, forse perché si è presentato come un candidato che non taglierà né spesa pubblica né tasse, in linea con quanto tipicamente dichiarato nei sondaggi dalle persone con reddito più basso». Infatti, la linea rossa che interpola i diversi punti, dice che «passando da una provincia con 25 mila euro di reddito pro-capite a una con 20 mila euro, «il vantaggio di Bersani nei confronti di Renzi sale da poco più del 2% a quasi 12 punti percentuali». Dove Renzi va meglio è nei comuni con densità di popolazione al di sotto dei 15 mila abitanti.

Basta tutto questo per definire o anche solo mettere a fuoco un profilo politico, culturale o sociale di Matteo Renzi? Lo scandaglio dei risultati del voto alla primarie durerà diverse settimane e tutti i ricercatori di scienza sociale, di politica e i sondaggisti sono in questi giorni attivamente impegnati nella decodifica dei dati. Ma quel che si può già dire con una certa sicurezza e senza alcun margine di dubbio, come scrivono nero su bianco Matteo Cataldi e Aldo Paparo del Cise, sotto la supervisione di Lorenzo De Sio, «è che Bersani sembra preferito a Renzi tra gli operai e gli studenti» e in entrambi i casi con un vantaggio di circa 7 punti percentuali. Il segretario del Pd «fa inoltre il pieno tra pensionati distaccando Renzi di quasi 40 punti (59 a 20) e risulta «saldamente in testa» tra le casalinghe.

Cambia la scena tra gli impiegati del settore privato, dove è invece il sindaco di Firenze ad essere nettamente in vantaggio su Bersani (43 a 25). La sorpresa viene semmai dagli impiegati del settore pubblico che già nei sondaggi pre-voto si orientavano al 37% per Renzi contro il 25% a favore di Bersani. Imprenditori, liberi professionisti, dirigenti e lavoratori autonomi sembrerebbero essersi orientati più sulle idee del sindaco gigliato almeno nella misura di 4 su 10. Sempre Paparo e Cataldi sostengono che Renzi «si dimostra assai più competitivo fra gli elettori distanti dalla politica» (31 contro 29% del segretario Pd) mentre quest’ultimo è di fatto il candidato «di chi si interessa di politica» (ha il consenso di quasi il 50%).

L’innovatore Renzi dimostra altresì «una maggiore competitività presso gli elettori più conservatori sui temi etici» tanto da esser stato il candidato preferito già nelle intenzioni di voto primaverili (seppur di pochissimo) «tra quanti non ritengono giusto che alle coppie di fatto omosessuali siano garantiti gli stessi diritti di quelle eterosessuali» così come non vuole un riconoscimento giuridico delle coppie di fatto o la cittadinanza automatica per i figli degli immigrati in Italia. E tutto ciò, paradossalmente, nonostante nel suo programma elettorale questi due temi siano inseriti entrambi. E così anche sulla nutrizione per i malati terminali. Così Renzi è anche il più votato fra chi pensa che le «imprese debbono essere libere di delocalizzare» ma è altresì sottorappresentato tra chi «vorrebbe ridurre i servizi sociali per abbassare le tasse».

Infine, scrivono Nicola Maggini e Vincenzo Emanuele, incrociando il voto al primo turno delle primarie con il ricordo del voto espresso alle elezioni politiche del 2008, «l’elettorato di Bersani ha un profilo politico dai contorni ben definiti» o meglio definiti. In che senso? Nel senso che il 69,6% del suo elettorato «ricorda di aver votato per il Pd alle politiche del 2008» mentre «ben più variegata appare la composizione dell’elettorato di Renzi». Ovvero? Il sindaco di Firenze, scrivono i due ricercatori del Cise, «riceve meno della metà dei propri voti da elettori che nel 2008 avevano scelto il Partito democratico (46,9%)», ciò significa che la maggioranza assoluta dell’elettorato di Renzi «è composta da elettori che nel 2008 non hanno votato per il partito di appartenenza del sindaco stesso». Insomma, Renzi «pesca molto di più» fra gli elettori che alle ultime politiche avevano optato per i partiti di centrodestra: «il 27,6% proviene dai partiti, dal Pdl, l’8,7 dalla Lega e il 6,9% dall’Udc». Ciò che conferma la trasversalità del sindaco rispetto al segretario Pd e la sua capacità «di valicare i confini classici dello schieramento del centrosinistra». Ovvero?

Ticket to ride, cantavano i Beatles negli anni Sessanta. Un biglietto per andare. Meglio: un’accoppiata per vincere le prossime elezioni è l’indicazione che scaturisce dal ballottaggio del 2 dicembre. Anzi, un biglietto di sola andata. Sarebbe davvero un insulto sprecarlo.

  1. Bene una buona analisi del voto ,nel mio paese che è Sesto Fiorentino hanno votato 9305 al primo turno e 8716 al secondo turno siamo una cittadina di 50.000 abitanti. l’analisi del voto a livello locale non lo abbiamo fatto ancora ma leggendo questo articolo mi ci ritrovo molto anche per la nostra cittadina, qui a vinto Renzi ma al ballottaggio Bersani a recuperato e ha preso la maggioranza in tre Seggi elettorali dove è più presente il Voto Popolare e Operaio e Giovanile.

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