DA MADRID

Marco Calamai

ingegnere, dirigente sindacale CGIL, funzionario Nazioni Unite. Giornalista, ha scritto libri e saggi sulla Spagna, America latina, Balcani, Medio Oriente. All'ONU si è occupato di democrazia locale, dialogo interculturale, problematiche sociali, questione indigena. Consigliere speciale alla CPA ( Autorità Provvisoria della Coalizione, in Iraq (Nassiriya) si è dimesso dall'incarico ( 2003 ) in aperta polemica con l'occupazione militare. Vive a Madrid dove scrive su origini e identità.

Siria, se Tel Aviv sfrutta la guerra per colpire gli sciiti

La Guerra civile siriana è sempre più cruenta e pone seri problemi di coscienza a chi spera in una transizione democratica. I fatti: dopo più di due anni di conflitto interno, l’alawita Assad, pur molto più forte sul piano delle armi grazie alle forniture iraniane e russe, riesce ad uccidere migliaia di civili ma NON riesce a domare la rivolta. E l’opposizione, ovvero la maggioranza sunnita, divisa ma decisa a non mollare, non riesce a sua volta a prevalere anche se ormai combatte vicino ai luoghi nevralgici del potere.

E’ evidente, dati gli attuali rapporti di forze, che un aiuto militare dell’Occidente alle forze che combattono il regime, sarebbe a questo punto decisivo.
Ma Obama teme due rischi: un allargamento del conflitto a tutta la regione; una radicalizzazione sunnita all’interno della Siria che diventerebbe un paese sempre più ingovernabile e forse dominato dai simpatizzanti di Al Qaeda, nemici non solo dei “cristiani infedeli” ma anche degli “eretici sciiti”. E quindi rimanda un eventuale intervento. E’ difficile, dopo il disastro iracheno, dargli torto. A sua volta l’Europa – priva di una strategia di uscita dalla recessione economica che colpisce ormai non solo i paesi del cosiddetto sud ma anche la Francia – tace, o meglio, balbetta – di fronte alla crisi siriana. Proprio mentre il Medio Oriente rischia di precipitare nello scontro frontale tra sunniti e sciiti, i due rami fondamentali dell’Islam.

Qui sta forse la spiegazione dell’inquietante piega che sta assumendo il conflitto siriano. Il riferimento è agli ultimi blitz militari compiuti da Israele all’interno della Siria contro centri e convogli militari che, secondo la versione ufficiosa israeliana, erano destinati a forniture di missili agli Hezbollah. Preoccupa sia l’evidente tentativo israeliano di assumere un ruolo più diretto nel conflitto (se d’accordo o meno con gli Stati Uniti non è chiaro), sia il possibile coinvolgimento del Libano, almeno della sua parte sciita, nel conflitto.

Tel Aviv, approfittando forse della latitanza occidentale, sembra aver fatto una scelta: usare la guerra civile siriana per colpire a fondo il “triangolo sciita” (Teheran-Damasco-Hezbollah). Resta da chiarire fino a che punto Teheran e gli Hezbollah siano disposti a subire l’offensiva israeliana.

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