LA GUERRA DEI TRENT'ANNI

Lo Sguardo

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Bianca

La votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica di oggi pomeriggio, con il PD che compatto – ma neanche troppo – deposita la scheda bianca nell’urna, ha reso un vivido ritratto del paese. Un paese la cui classe politica e dirigente, che qui il Partito Democratico rappresenta in tutto e per tutto, non ha concepito e non sa concepire un piano di riserva, un progetto differente da quello che li vede attori unici e indiscussi della scena del potere.

Di fronte al fallimento la sola alternativa è prendere tempo, rapire, catturare lo scorrere degli eventi, piegare il corpo sociale – contro la sua natura e la sua salute – al respiro tutto politico della trattativa e dell’attesa strategica. Nella convinzione che con la forza del temporeggiamento qualche cosa cambierà, e si potranno riproporre, lavati, rivestiti e spolverati, i volti di un altro tempo. O, peggio, che si potrà depositare sullo scranno più alto il feticcio di un’unione – quella tra la tradizione democristiana e la tradizione socialdemocratica – che si è consumata solo nei salotti della politica, se non nell’immaginario erotico dei politici di professione.

E questo perché il PD non è che il frutto più maturo di un sistema di potere autoreferenziale, narcisistico e avulso dalla realtà: un partito dei partiti – o un partito dei politici –, elaborato e realizzato esclusivamente con funzione di replica al supermercato elettorale di Berlusconi; privo di partecipazione, desiderio, e tanto meno consapevolezza da parte del ceppo vivo del suo elettorato. Un partito che ha fatto della carenza di una posizione, di un colore e di una motivazione sociale la sua identità più profonda e si dimostra oggi, una volta di più, intrinsecamente inadatto al mondo: incapace di elaborare una proposta, un’idea, una strategia, un motto, un candidato, e irrimediabilmente divorato dall’interno dal narcisismo dei suoi inquilini.

Ed ecco quindi che questa sera, alla luce di reali e inevitabili incombenze del paese, dinnanzi alle quali la politica era chiamata a dimenticarsi di se stessa, il primo (presunto) partito italiano ha finalmente mostrato il suo vero aspetto: un movimento nato per candeggiare il tempo, politicamente incolore, che difende all’arma bianca l’assenza delle sue azioni, vergando in bianco, su schede bianche e con inchiostro bianco, assegni in bianco per candidati bianchi.

La litania di Laura Boldrini che ripete per decine di minuti quella parola – “bianca” – l’ha raccontato a tutti. Speriamo che da domani qualcun altro, su quelle schede incolore e senza nome, scriva una storia differente.

 

Simone Guidi | @twsguidi

  1. è la storia di sempre, funziona così e il PD, oramai piegato sulle ginocchia, si è impantanato da sempre.
    La realtà comica è che, nemmeno oggi votando “bianca”, sono riusciti a ottenere il quorum, dimostrando come la frammentazione interna piega la dirigenza, senza accendere quella scintilla che la base si aspetta.
    … ma dal cilindro magico dei deputati e senatori qualcosa è uscito, un nome, un outsider che, ha lasciato un segno, magari non indelebile in queste due votazioni, ma comunque un segno.
    Dopo Rodotà, il nome di Chiamparino, autorevole sindaco di Torino, lascia pensare che qualcuno nel PD non accetti le regole del gioco della dirigenza.
    L’epilogo lo avremo solo alla quarta votazione (forse), ma una cosa è certa: questa dirigenza del PD non conosce la vita reale, la vita quotidiana… tantomeno la gente per strada… la base!

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