MALA TEMPORA

Marco Vitale

Responsabilità d’Impresa tra tutela del Creato, sviluppo economico e progresso civile

presso  Museo Diocesano di Milano

Nessuna persona responsabile dubita, senza dare spazio a catastrofismi, che la situazione del pianeta che ci ospita mostra l’urgenza di una sostanziale revisione del nostro paradigma di sviluppo e di utilizzo delle risorse. Recentemente Roberto Cingolani, direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia ha scritto: le innovazioni per salvare la terra ci sono, ora serve un piano etico. Ma il piano etico deve fondarsi su una comprensione profonda ed un contrasto, in campo aperto, delle degenerazioni economiche e del management imprenditoriale, conseguenza del capitalismo finanziario o neoliberismo, che ha dominato il mondo occidentale negli ultimi 30 anni e che, nonostante la crisi, ancora oggi lo domina.

Non mancano i contributi pregevoli che affrontano i temi ambientali o, con espressione molto più feconda, i temi della tutela del Creato. Ma per lo più essi trattano aspetti specifici, degenerazioni in atto, le malattie, le conseguenze ultime  e non le cause prime.

Bisogna avere,  anche il coraggio di risalire alle cause prime delle tante cose che non vanno, dei pericoli che corriamo, come ambiente, come sviluppo economico, come incivilimento. E lo studio delle cause ci porta, necessariamente, ad una lettura molto critica della concezione dominante dell’economia e dell’impresa, che va contrastata alla radice sulla base delle evidenze empiriche e delle migliori tradizioni intellettuali e morali. Non per ragioni astratte. Ma perché non funziona e lo scoppio della grande bolla nel 2008 lo dimostra al di là di ogni possibile dubbio.

Perciò riprendendo temi già da me ampiamente e anche recentemente sviluppati, la mia relazione tenta  una sintesi generale delle ricerche di un nuovo pensiero, o forse meglio di un antico pensiero rinnovato e adattato al nostro tempo, capace di contrastare, sul piano del pensiero, innanzi tutto, e poi dell’azione sociale l’azione distruttiva del neoliberismo e della finanziarizzazione del mondo.

Ciò che è successo dal 2008 e ancor più ciò che non è successo da allora rende questo sforzo, ancorché difficilissimo, indispensabile. Dopo il 2008 il neoliberismo non solo non è crollato ma ne è uscito più forte come Colin Crouch analizza nel bellissimo libro “The Strange non death of neo-liberalism”. I filoni di pensiero sui quali basare una reazione e una ricostruzione sono quattro:

Economia civile. E’ un filone di pensiero antico, molto vivo nella tradizione italiana, che ha contribuito a grandi stagioni del pensiero italiano, come l’illuminismo lombardo e napoletano, che si basa sul mercato, come strumento al servizio della produzione, ma un mercato al servizio di un  sistema al centro del quale vi è l’uomo e non il “capital gain” (guadagno di capitale), come è del capitalismo finanziario dominante, e vi è lo sviluppo integrale, economico e civile, dell’uomo e della società, quello che i nostri antichi pensatori chiamavano incivilimento e che oggi chiamiamo processo civile. In questo filone si collocano tanti nomi di rilievo della tradizione del pensiero italiano, come:  Antonio Genovesi, Antonio Rosmini, Carlo Cattaneo, Luigi Sturzo, Luigi Einaudi, Giuseppe Toniolo, Paolo Sylos Labini, Federico Caffè, e, tra i contemporanei, Stefano Zamagni, Alberto Quadrio Curzio, Giacomo Beccatini. Ma si tratta di un filone che ha le sue radici più profonde nei nostri comuni, dove l’attività economica e l’attività civile erano fuse tra loro, come a Firenze e a Siena.

Liberalismo classico e sociale. E’ questo il filone del grande pensiero liberale caratterizzato da una spiccata sensibilità sociale, che si contrappone nettamente al neoliberismo individualista e crudele di stampo anglosassone. Si collocano qui Luigi Einaudi,Luigi Sturzo, Giuseppe Zanardelli, Federico Caffè, e tanti altri.

Economia sociale di mercato. In questo filone di pensiero confluiscono elementi della tradizione liberale classica, dell’umanesimo cristiano, della dottrina sociale della Chiesa, del costituzionalismo democratico. Il mercato è centrale per l’attività economica, ma le regole democratiche e la solidarietà rappresentano il quadro istituzionale indispensabile perché il mercato non venga stravolto  e manipolato e non travalichi i suoi compiti ed i suoi limiti. Come ha detto la Centesimus Annus ci sono cose che non si possono e non si debbono né comprare né vendere. Ed è qui uno dei punti centrali del conflitto con il capitalismo finanziario di stampo anglosassone per il quale tutto deve essere sottoposto alle regole del mercato, tutto può o deve diventare mercato, dalla politica alla sanità alla giustizia. Anche le radici dell’economia sociale di mercato sono antiche e questo pensiero si concretizza, in modo esplicito, nel primo dopoguerra, nella “Nuova Economia”di Rathenau, imprenditore, uomo politico, studioso e scrittore[1], assassinato dai nazisti nel 1922, per svilupparsi poi come pensiero organico nel corso degli anni ’30 nella c.d. scuola di Friburgo; per diventare l’asse portante della politica della ricostruzione tedesca di Adenauer ed Erhard, nel secondo dopoguerra; per confluire  infine nel processo europeo di integrazione, del quale rappresenta il pensiero economico portante (ma non purtroppo la prassi).

Dottrina sociale della Chiesa. Tradizionalmente ignorata dal pensiero economico, salvo rare ma significative eccezioni, come Roepke, Einaudi, Adriano Olivetti, Caffè, la Dottrina Sociale della Chiesa è emersa dalla crisi come uno dei filoni di pensiero socio-economici  più vigorosi, attuali e capaci di indirizzare la ricerca per una nuova economia più umana e più giusta e perciò stesso anche più efficiente.

Tra questi filoni di pensiero bisogna cercare ciò che unisce e non ciò che divide. Così nella mia analisi metto in luce profonde coincidenze in particolare tra DSC e Economia Sociale di Mercato.

Ma tra le tante coincidenze tra le due, vi sono anche differenze. La differenza più importante è che l’Economia Sociale di Mercato di matrice tedesca è radicata nei confini tedeschi. La Germania è una democrazia e un’economia sociale di mercato che funzionano  in modo eccellente all’interno. Verso l’esterno, compreso il resto dell’Europa, la Germania, è ritornata a muoversi in chiave nazionalista e tribale. Per questo non riesce ad esercitare una vera leadership. La DSC è invece un linguaggio universale che parla a tutti gli uomini ed a tutti i continenti. Essa parla persino alla Scuola di Chicago ed ai suoi innumerevoli premi Nobel.

La battaglia non è tecnologica o tecnocratica. E’ qui che si inserisce con forza l’esigenza di una presenza forte del pensiero cristiano e della DSC, cioè di un pensiero che non può ignorare i fatti e le tecniche ma che non si lascia sopraffare dagli stessi.

La battaglia è, infatti, di ben altro respiro e va affrontata alla radice. Si tratta di una battaglia ideale, culturale,  politica, morale contro il capitalismo finanziario  e contro la finanziarizzazione del mondo. Cioè una battaglia per la democrazia e per la libertà.

E’ ormai chiaro che la crisi, di per sé, non è liberatoria della morsa ideologica e pratica del neoliberismo come molti, compreso chi scrive, speravano. Anzi gli alfieri dello stesso sono riusciti a realizzare uno dei più grandi successi di marketing e di comunicazione della storia. “L’aumento cospicuo del deficit e del debito pubblico verificatosi in media nei paesi UE tra il 2008 e 2010 è reale. Ma non è affatto dovuto, come si afferma, a un eccesso di spesa pubblica nel settore della protezione sociale. E’ imputabile quasi per intero ai salvataggi del sistema bancario”[2]. Non posso addentrarmi nell’analisi di questa decisiva affermazione, ma le cifre ricordate da Gallino nei capitoli 6 e 8 del suo libro sono inequivocabili. Sia in USA che in UE l’esplosione del debito sovrano è dovuta ai colossali interventi di salvataggio degli enti bancari e finanziari e non all’eccesso della spesa sociale che, in UE, è stata stabile intorno al 25 percento del Pil e del tutto sostenibile. Ma è stato fatto credere, con l’aiuto dei trombettisti accademici del neoliberismo, che tale esplosione fosse dovuta ai presunti eccessi dello stato sociale e questa è stata la base ideologica per far partire l’azione di smantellamento del modello europeo di stato sociale (uno dei beni più preziosi dell’Europa) e delle politiche di austerità che, per come sono state impostate e condotte, è corretto definire suicide. Il peso della responsabilità è stato rovesciato: era dei banchieri criminaloidi, è diventato dei cittadini, trasformati in una sorta di “soggetti finanziari traumatizzati” (Gallino).

Certamente i grandi problemi socio-economici del nostro tempo non si riducono solo al problema di riportare responsabilità, onestà, senso del bene comune nell’alta dirigenza delle grandi banche, riportandole nell’alveo della decenza democratica.

Altri grandi problemi incombono minacciosi e, tra questi, in primo luogo: l’esplosione delle differenze economiche con le connesse grandi concentrazioni di ricchezza all’interno dei paesi sviluppati; l’intollerabile miseria materiale e immateriale di grandi popolazioni nei paesi più poveri che generano guerre feroci, fughe, emigrazioni disordinate e dolorose[3]; lo strapotere economico e politico delle grandi multinazionali che sono ormai padrone di paesi come gli USA, che erano un tempo leader del pensiero della prassi e della speranza democratica e che sono ora diventate oligarchie finanziarie dove tutto, dalla nomina del presidente al funzionamento del Parlamento, è in mano alle lobby finanziarie del grande capitale[4] ; le grandi difficoltà di indirizzare in senso umano ed utile al bene comune i tumultuosi e preziosi sviluppi della scienza e della tecnologia; il cercare e trovare nuovi equilibri indispensabili per il rispetto e la tutela del pianeta che ci  è stato affidato per custodirlo e governarlo; l’affrontare il gravissimo problema di centrali private che controllano i dati relativi a miliardi di persone. Come ha ben detto Antonello Soro, Garante italiano della Privacy “Google, Facebook, Amazon hanno oggi un potere che nessuno ha mai avuto nella storia dell’umanità”.

Ma la madre di tutte le battaglie è la lotta contro la finanziarizzazione del mondo. E’ questa la porta stretta che se non riusciremo ad aprire, a sfondare e a passare oltre, non andremo da nessuna parte. E’ una battaglia culturale, morale, religiosa; non una battaglia tecnocratica. Ma ho già detto che la porta stretta è presieduta da forze potentissime, che sembrano invincibili.

LA RESPONSABILITA’ DEI CRISTIANI

La situazione sembra senza speranza. Ma “Être chrétien, c’est refuser la fatalité [5] . Nel vuoto di pensiero esistente[6], nel dominio ideologico ed operativo del capitalismo finanziario e degli inganni del neoliberismo, nella debolezza del pensiero che dovrebbe contestarlo, nell’urgenza di una grande correzione di marcia per tentare di evitare lo scontro contro un nuovo iceberg, nella necessità di accendere una nuova speranza ed indicare nuove vie per le nuove generazioni, grande è la responsabilità dei cristiani, e soprattutto dei cattolici. Le opposizioni di sinistra e di stampo marxista al neoliberismo e al capitalismo finanziario si sono sciolte come neve al sole o, meglio, hanno scelto di diventare loro stesse parte integrante del neoliberismo. Un liberale autentico, come il Luigi Einaudi delle Lezioni di Politica Sociale, si colloca alla sinistra di qualunque personaggio della nostra attuale sinistra politica.

La responsabilità dei cristiani e dei cattolici è  dunque grande perché il pensiero cristiano e, in particolare, quello cattolico della Dottrina Sociale della Chiesa (DSC), è l’unico che si pone in conflitto esistenziale con la ideologia del neo-liberismo e con le sue pratiche di capitalismo finanziario selvaggio ed è l’unico che può esercitare un’influenza morale su larga scala.

Nel capitolo secondo della sua Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”, papa Francesco ha pronunciato quattro formidabili NO:

NO a un’economia dell’esclusione

   NO alla nuova idolatria del denaro

  • NO a un denaro che governa invece di servire
    • NO all’iniquità che genera violenza “

 

Dietro a questi NO sfilano non solo i cattolici, ma tutti coloro che credono al valore della democrazia, ad un’economia responsabile di mercato, ad un’economia libera e imprenditoriale nel senso del paragrafo 42 della Centesimus Annus, ad un’economia guidata dal lavoro, dalla dignità del lavoro, dalla dignità dell’uomo che lavora, dai principi della nostra Costituzione e non del denaro. Il pensiero economico-sociale cattolico si è sempre battuto per porre al centro non il “capital gain” ma la dignità dell’uomo, per difendere la proprietà privata, intesa come strumento di libertà di ogni singolo uomo e non di accaparramento, per combattere la concentrazione delle ricchezze, per favorire una efficiente competitività solidale, per sostenere il principio di sussidiarietà contro la concentrazione di ogni tipo di potere. Per questo dietro quei NO si schierano non solo i cattolici osservanti ma i grandi liberali ortodossi, da Einaudi a Sturzo e si schierano i grandi pensatori dell’Economia Sociale di Mercato come il luterano Roepke. Dietro a questi NO io vedo sfilare Adenauer, Erhard, Einstein, Manzoni, Goethe, Bonhoeffer, Kennedy, Churchill, Tolstoi, Roosevelt, Croce, Menichella, Adriano Olivetti, Paolo Baffi, Volker, Giorgio Ambrosoli, i giovani universitari tedeschi della Rosa Bianca, e tanti tanti altri, tutti quelli che hanno fatto del nostro pianeta un luogo dove vivere con dignità, libertà e amore per il Creato è possibile.  Non è piccolo e non è debole, dunque, l’insieme del pensiero e delle esperienze di tutti coloro che si schierano dietro questi NO. E se questo è vero e se di questa verità ci convinciamo, allora ci sentiamo meno soli, meno disperati, meno orfani di quanto si sente Luciano Gallino, studioso di straordinario valore ma che forse guarda troppo nella direzione della sinistra marxista e socialista, dalla quale non vedrà sbarcare nessun alleato, perché sono tutti morti od in fuga.

 

Ma per esprimere la loro forza, per assolvere la loro responsabilità, per rispondere alla loro chiamata, i cristiani debbono superare due ostacoli concettuali.

 

Il primo è di esercitare veramente il culto della verità al quale ci richiama l’esortazione apostolica di papa Francesco, la “parresia” dei greci[7]

 

Il secondo è di avere coraggio intellettuale, di non avere paura di entrare nel vivo delle cose, di non farsi intimidire dai tecnicismi. Per paura di sentire rimbombare l’antico “Silete theologi  in munere  alieno”, per paura di essere accusata di volersi intrufolare in cose non di sua competenza, per tante collusioni e scheletri negli armadi, parte importante della   Chiesa attuale non ha la forza di rispondere come Innocenzo III che: “ratione peccati” la Chiesa ha il diritto ed il dovere di prendere posizione su ogni tema. Ecco, allora, che in molti testi cattolici appare una clausola di stile che dice:

“La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende minimamente di intromettersi nella politica degli Stati. Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione”

 

Ma come è possibile impegnarsi per una società a misura d’uomo, per la sua dignità, per la sua vocazione, senza entrare nelle soluzioni, senza prendere posizione, anche tecnica, sui problemi concreti, come, ad esempio, quelli trattati in questa relazione, che sono temi di vita e di morte per milioni di persone, senza condannare certe cose ed appoggiarne altre?  Ed in ogni caso, se per la Chiesa in senso stretto, come organizzazione politica, può essere giustificata una certa cautela, per la comunità dei cristiani, cioè per la Chiesa come popolo di Dio, per noi imprenditori e manager cristiani,  questa timidezza diventa complicità. Come possiamo stare zitti di fronte ad un pensiero socio-economico che si spinge sempre più indietro, verso un capitalismo barbaro, violento, incivile e corrotto, che è in contraddizione profonda non solo con la DSC ma con tutti i grandi pensatori ed operatori cattolici e cristiani, da Manzoni a Rosmini, da Luigi Einaudi a Don Sturzo, da Adenauer a De Gasperi, da Bonhoeffer a Padre Giulio Bevilacqua?

Per fortuna anche qui ci vien in aiuto l’esortazione apostolica di papa Francesco:

L’insegnamento della Chiesa sulle questioni sociali.

  1. Gli insegnamenti della Chiesa sulle situazioni contingenti sono soggetti a maggiori o nuovi sviluppi e possono essere oggetto di discussione, però non possiamo evitare di essere concreti – senza pretendere di entrare in dettagli – perché i grandi principi sociali non rimangano mere indicazioni generali che non interpellano nessuno. Bisogna ricavarne le conseguenze pratiche perché “possano con efficacia incidere anche nelle complesse situazioni odierne[8] . I Pastori, accogliendo gli apporti delle diverse scienze, hanno il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone, dal momento che il compito dell’evangelizzazione implica ed esige una promozione integrale di ogni essere umano. Non si può più affermare che la religione deve limitarsi all’ambito privato e che esiste solo per preparare le anime per il cielo. Sappiamo che Dio desidera la felicità dei suoi figli anche su questa terra, benché siano chiamati alla pienezza eterna, perché Egli ha creato tutte le cose “perché possiamo goderne” (1 Tm 6,17), perché tutti possano goderne. Ne deriva che la conversione cristiana esige di riconsiderare “specialmente tutto ciò che concerne l’ordine sociale ed il conseguimento del bene comune”[9].

 

  1. Di conseguenza, nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini. Chi oserebbe rinchiudere in un tempio e far tacere il messaggio di San Francesco d’Assisi e della beata Teresa di Calcutta? Essi non potrebbero accettarlo. Una fede autentica – che non è mai comoda e individualista – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra. Amiamo questo magnifico pianeta dove Dio ci ha posto, e amiamo l’umanità che lo abita, con tutti i suoi drammi e le sue stanchezze, con i suoi aneliti e le sue speranze, con i suoi valori e le sue fragilità. La terra è la nostra casa comune e tutti siamo fratelli. sebbene “il giusto ordine della società e dello

 

Stato sia il compito principale della politica”, la Chiesa “non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia”. Tutti i cristiani, anche i Pastori, sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore. Di questo si tratta, perché il pensiero sociale della Chiesa è in primo luogo positivo e propositivo, orienta un’azione trasformatrice, e in questo senso non cessa di essere un segno di speranza che sgorga dal cuore pieno d’amore di Gesù Cristo”.

Papa Francesco si rivolge alla Chiesa come organizzazione. Ma sta a noi laici, operatori, studiosi, imprenditori, manager di impegnarci, alla luce dei grandi principi e valori della DSC, per tradurre i quattro NO in un programma economico, sociale, politico anche entrando nei dettagli, facendo proposte, alimentando progetti, e facendo una grande chiamata alle armi. La casa brucia e se lasciamo incontrastato il capitalismo finanziario ed i Chicago Boys tradiremo noi stessi, il nostro mandato, la nostra chiamata, i nostri figli e nipoti.

Dunque, senza timidezze e servilismi, ai quali una certa Chiesa ci ha abituato, diciamo alto e forte: questo capitalismo finanziario  questo neoliberismo, questa Scuola di Chicago, sono un pericolo per l’umanità  e per il Pianeta che ci ospita, e noi dobbiamo sentirci impegnati per cambiare rotta.

 

Insomma. Non ha molto senso domandarsi in che direzione si muoverà la città. Essa si muoverà nella direzione dove la guiderà la sua classe dirigente o, in assenza di guida, il ritmo incalzante della tecnologia. Come sempre il futuro è nelle nostre mani. Ed allora è più importante domandarsi: dove sono i leader? Dove sono le guide che ci portano sugli aspri sentieri che dobbiamo percorrere? E dove sono i cristiani? La nuova economia dovrà, necessariamente, essere molto più cristiana di quella che a partire dal 2007 è crollata rovinosamente (cioè molto più rispettosa della dignità umana, molto più rispettosa del lavoro in tutte le sue forme, molto più favorevole alla diminuzione e non all’aumento delle differenze sociali ed economiche, con la ricchezza ed il potere molto meno concentrati, con un modello di vita e di consumi molto più equilibrati, sobri e civili, nella quale i beni culturali e immateriali occupano uno spazio maggiore, dove i principi di solidarietà e sussidiarietà siano tra i cardini dell’organizzazione sociale e dove cresca il rispetto e l’amore per il Pianeta che ci ospita).

E qui ci ricolleghiamo al tema del cosa voglia dire essere cristiani o aspiranti cristiani oggi. I cattolici organizzati si sono dati molto da fare  con i vari Todi1 e Todi2. Ma si è trattato di movimenti sostanzialmente a sfondo politico-elettorale, per tentare di rientrare, come cattolici, nel gioco del potere politico, oltretutto completamente falliti. E’ l’unica cosa che sanno suggerire certi vertici della Curia così privi di religiosità, così lontani dal cristianesimo, così immersi nelle logiche del potere politico, da spaventare persino un pontefice solido come il tedesco Ratzinger[10].

Ed invece il grande processo di trasformazione nel mezzo del quale ci troviamo, ci interroga personalmente. Cosa vuol dire essere cristiano o aspirante cristiano oggi, nella tua professione, nella tua città? Cosa fai tu ogni giorno per il bene comune? Cosa fai tu per rompere la ragnatela di falsità che ci avviluppa, per ripristinare l’antico insegnamento: sia il vostro dire sì quando è sì e no quando è no, il di più viene dal maligno. Queste sono le domande alle quali dobbiamo dare una risposta individuale e personale. Se risponderemo bene ed agiremo coerentemente anche le vicende della nostra città  e delle nostre imprese miglioreranno. Anche Agostino visse e fu vescovo in tempi molto turbolenti e di grande trasformazione. Ed allora meditiamo sulle sue parole:

“Mala tempora, laboriosa tempora,

hoc dicunt homines.

 Bene vivamus, et bona sunt tempora.

Nos sumus tempora: quales sumus, talia sunt tempora ».(Sant’ Agostino, Sermo 80,  De Verbis Evangelii MT 17, 18-20)

 Marco Vitale

 

[1] Devo questo collegamento della Scuola di Friburgo con l’opera di Rathenau a Dario Velo.

Si veda anche Luisa Bonini, Economia Sociale di Mercato, prefazione Dario Velo, postfazione Marco Vitale, Ed. ESD, 2012.

 

[2] Luciano Gallino, Il colpo di  stato di banche e governi. L’attacco alla democrazia in Europa, Einaudi, 2013.

[3] Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, parlando al Development Committee della Banca Mondiale ha recentemente lanciato un vigoroso  appello affermando: “Oltre un miliardo di persone vive ancora in estrema povertà. E’ inaccettabile. L’enorme ammontare di liquidità globale si è incanalato solo marginalmente verso i più poveri. I risparmi privati si sono spostati dalle economie in via di sviluppo verso i mercati finanziari di quelle private”.E Jim Yong Kim, presidente della Banca Mondiale annuncia di voler “costruire un’alleanza” con Papa Francesco su questi temi.

[4] Per quanto riguarda gli USA lo studio più profondo e documentato resta quello di Kevin Phillips: “Ricchezza e democrazia. Una storia politica del capitalismo americano”,Garzanti 2005. Titolo originale: Wealth and Democracy, 2002. Studioso, giornalista, scrittore, repubblicano, collaboratore di Nixon, Phillips, autore di altri importanti studi sull’argomento, conclude il suo ultimo documentatissimo contributo con queste parole: “A mano a mano che avanziamo nel XXI secolo, lo squilibrio tra ricchezza e democrazia negli Stati Uniti appare sempre più insostenibile, quanto meno in base ai parametri tradizionali. La teologia del mercato e una leadership non elettiva hanno relegato in secondo piano la politica e le  consultazioni elettorali. La democrazia dev’essere rinnovata, con una decisa rivitalizzazione della politica; oppure la ricchezza finirà per cementare un regime nuovo e meno democratico, che possiamo tranquillamente definire plutocrazia. Nei prossimi decenni, l’eccezionalismo americano affronterà il suo test più probante nel convincere il popolo degli Stati Uniti a continuare a credere nel suo benessere e nelle sue certezze”. La speranza delusa è che Obama affrontasse questi problemi. Ma la sua delusione è stata grandissima. E non sarà certo la candidata Clinton ad affrontare questi problemi.

[5] Gaël Giraud, op. cit. pag. 173

[6] Quest’anno a Davos,all’annuale World Economic Forum, 2500 partecipanti, quaranta capi di Stato e di governo, 300 tra ministri e sottosegretari, 14 premi Nobel, hanno, in quattro giorni, dibattuto stato e prospettive dell’economia. L’esito è stato particolarmente deludente (“Tanti spunti, tante informazioni, tanti personaggi interessanti. Però neanche un’idea, non diciamo dirompente, ma almeno nuova, un punto di vista originale” (Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera, 25 gennaio 2015). E’ impressionante questa mancanza di pensiero. E’ la riprova che la maggioranza dei protagonisti si rifiuta pervicacemente di accettare che in economia è necessaria una rotta nuova ed una nuova strategia, che, come si dice nel linguaggio, è necessario cambiare molti paradigmi di base. E’ da questo rifiuto, che ha natura ideologica, che deriva l’incapacità di pensiero.

[7] Si veda sul tema l’ultimo meraviglioso ciclo di lezioni di Michael Foucault al Collège de France (1984): Il coraggio della verità, Feltrinelli 2011. Ma si veda anche l’appello di Solzenicyn  ai giovani russi: “i giovani devono innanzi tutto contribuire con il rifiuto della menzogna. Ognuno deve smettere di collaborare con la menzogna, categoricamente, ovunque la individui; che l’obblighino a parlare o a scrivere, a riportare parole, oppure semplicemente a votare o a leggere. Da noi la menzogna non è più soltanto una categoria morale, ma è diventata uno dei pilastri sui quali si regge lo Stato. Se voltiamo le spalle alla menzogna, noi compiano un atto morale, non politico, per sé non perseguibile  penalmente – ciò nonostante tale scelta comporterebbe delle conseguenze immediate per la nostra vita”.  (intervista al Time 10 gennaio 1974, in Aleksander Solzenicyn, Il respiro della coscienza. Saggi e intervento sulla vera libertà 1967-1974, Jaca Book, 2015.

[8] PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 9.

[9] GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. postsinodale Ecclesia in America (22 gennaio 1999), 27: AAS 91 (1999), 762

[10] “La Chiesa è tutt’altro della  Curia romana” cardinale Rubén Salazar Gómez, primate di Colombia e vicepresidente del Consiglio episcopale latino-americano (Corriere della Sera, 3 marzo 2013).

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