L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Per favore, Santità

Parigi, Mali, Egitto, confini fra Turchia e Siria, consultorio di Colorado Springs, museo del Bardo a Tunisi e altro ancora: si respira una pesante atmosfera in cui si susseguono odori antichi e nuovi. Odore di polvere da sparo, ma anche odore metaforico di antichi totem e tabù.
Come si legge su La Stampa del 15 scorso, nel novembre 2014 al-Baghdadi aveva chiesto ai suoi seguaci di far esplodere i vulcani sotto i regimi apostati e corrotti, mentre, dopo i recenti fatti di Parigi, in una rivendicazione online si definisce Parigi la capitale della prostituzione e del vizio. I giovani che nel fine settimana escono per andare a ballare e a divertirsi sarebbero dunque simboli del degrado morale del corrotto Occidente.
Lasciamo pur perdere la semplificazione teorica per cui i terroristi sarebbero caratterizzati anche da una frustrazione personale e da una difficoltà esistenziale a compiere una propria umana realizzazione interpersonale e forse sessuale. Lasciamo pur perdere, ma non si può evitare di sentire l’espressione di una morale repressiva che vede un pericolo in quanti considerano assolutamente umani e leciti il desiderio di piacere, di divertimento, di amore.
Per carità, la cultura occidentale non è esente da queste tentazioni, e basta ricordare l’opera di Daniele da Volterra (1509-1566) soprannominato Braghettone per avere coperto i genitali nudi presenti nelle figure del Giudizio universale della Cappella Sistina e avere svolto simili operazioni su altre opere, dopo che il Concilio di Trento condannò la nudità nell’arte religiosa. Ma anche in anni recenti abbiamo avuto esperienze molto significative come la televisione dei primi anni, quando le gambe delle ballerine erano avvolte da calze tessute con fili di nylon di un diametro – i famosi denari – di dimensioni a dir poco eccessive.
Abbiamo avuto anche noi una nonna che ci imponeva di dormire con le mani sopra le coperte, ma francamente ci eravamo illusi di essere usciti da quegli anni bui. Negli stessi anni in cui le gemelle Kessler indossavano i braghettoni, circolava infatti – e a poco a poco divenne una lettura quasi obbligatoria per i giovani di allora – Eros e civiltà di Herbert Marcuse, nel quale si illuminavano le possibili radici di una morale repressiva in una organizzazione sociale irrazionale, che poteva essere combattuta anche attraverso la forza eversiva di una liberazione dell’eros e degli istinti repressi.
D’accordo, ne è passata di acqua sotto i ponti, e forse anche la liberazione sessuale è diventata merce e consumo, ma rimane la domanda: se tutto in questa società diviene inevitabilmente merce, è proprio la stessa cosa far circolare repressione o piacere?
L’odore di repressione si infittisce quando ci si accorge che – certo con toni diversi – considerazioni di questo genere provengono anche da altre direzioni. Nella sua omelia, tenuta ieri durante la messa per i martiri dell’Uganda, celebrata davanti al Santuario cattolico di Namugongo, papa Francesco ha detto che La testimonianza dei martiri mostra a tutti coloro che hanno ascoltato la loro storia, allora e oggi, che i piaceri mondani e il potere terreno non danno gioia e pace durature. Piuttosto, la fedeltà a Dio, l’onestà e l’integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire.
Non si può non essere d’accordo sul fatto che non diano gioia e pace duratura, e forse sono ben pochi a essere convinti che siano invece in grado di farlo. Però – scusi Santità – perché mettere sullo stesso piano potere e piacere, perché indicarli come radici dei valori negativi cui contrapporre onestà, integrità. attenzione agli altri? Non è possibile a suo parere andare a ballare, cercare di divertirsi (magari anche ammirando tramonti sul mare), amare di amore terreno, ed essere ugualmente altruisti e onesti?
Quel sapore di repressione che già si sentiva nel terribile paragrafo 123 dell’enciclica Laudato si’, in cui si suggeriva che non accettare valori assoluti e verità indiscutibile porta a terribili conseguenze tra cui – e forse la chiesa di oggi dovrebbe astenersi da simili conclusioni – la pedofilia. Ho già commentato a suo tempo quell’inqualificabile paragrafo, e ora vorrei solo chiedere un favore: non sarebbe forse meglio evitare di ricominciare a parlare del piacere come di una delle cause del male sociale, almeno in questi momenti in cui altri definiscono Parigi la capitale della prostituzione e del vizio?

  1. Sai che ho una gamba un po’ rotta quindi non posso controllare e documentarmi in questo momento. Ma anche Boezio metteva insieme potere – politico e di qualsiasi genere – e piacere dei sensi. Son cose antiche, filosofiche ma anche comuni e generali da noi. A me sembra che ci sia una evidente e terribile affinità tra loro: Francesco Corvino, se lo ricordi, affermava che fare il preside (liceo o università o bocciofila ) è meglio che fottere. Quindi papa Francesco mi sembra che qui abbia ragione dicendo (capiscimi) cose normali. Non c’entra tanto il cristianesimo quanto la nostra attitudine platonica + Seneca + Marco Aurelio ecc. Il paradiso occidentale, e cristiano naturalmente, ha piaceri solo sottili e immateriali, né vergini né frutti saporosi e altro del genere. Ma sono d’accordo sul dopo, la repressione è una conseguenza evitabile (o non inevitabile, direbbe il Randi …)

    • Il sacerdote che insegnava religione, seduto al mio fianco durante gli scrutini in una scuola media di decenni orsono, contemplava rapito la bellissima collega di matematica. Gli sussurrai che forse era meglio assumesse un’espressione più neutra, considerato il contesto, e lui replicò: sto ringraziando il Signore per la bellezza della creazione.

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