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Massimo Rosati

Docente sociologia generale Università di Roma Tor Vergata

La Madonna dei martiri fascisti e le memorie divise

Fatti.

 

Venerdì 24 l’Unità, con un articolo a firma di Gioia Salvatori, e Il Fatto Quotidiano, a firma di Lucio Musolino, riportano la seguente notizia: a Girifalco, provincia di Catanzaro, ‘ignoti’ affiggono una targa votiva alla Madonnina situata a Monte Covello, in onore dei ‘martiri fascisti’. La statua risale al 1939, fatta porre all’interno di una teca con intarsi inneggianti al regime, per celebrare la costruzione di una strada che portava dal paese alla montagna. Distrutta da tre antifascisti negli anni Cinquanta, è stata in seguito ricostruita e ricollocata nel medesimo luogo, ma questa volta all’interno di una struttura in ferro battuto integralmente nuova, per iniziativa della popolazione; da allora è conosciuta in zona come ‘la madonnina di Monte Covello’. La notizia è che la sezione locale della Fiamma, intitolata a Junio Valerio Borghese, decide di  ristabilire la ‘verità storica’, pubblicizzando sulla sua pagina facebook un “Raduno dei Camerati per la deposizione di un fascio di fiori ed una preghiera per i Nostri martiri” a Monte Covello,  dopo aver già apposto la targa votiva che ripristina la dicitura in onore dei martiri fascisti. Le reazioni non si fanno attendere. Il Segretario della CGIL “due mari” di Catanzaro e Lamezia Terme, Giuseppe Valentino,  rilascia un comunicato in cui si afferma che “Il fascismo deve essere ricordato per la barbarie con la quale in Italia ed in Europa ha agito distruggendo la vita umana e sopprimendo la libertà, non certo per i suoi “martiri”. Quale che sia l’origine di quella sacra icona, “la storia, grazie alla lotta Partigiana ed alla Resistenza, ha scacciato e sconfitto il fascismo dall’Italia. Oggi, a più di 60 anni dalla Liberazione, non è accettabile che esista in Italia un monumento in onore dei fascisti. Non è sopportabile perché così facendo si oltraggia la Costituzione fondata sui valori dell’antifascismo e della Resistenza”. Per questo, continua il comunicato, “ci rivolgiamo alla Curia ed alle Istituzioni affinché si ponga rimedio a questo scempio (…).La Libertà, la Vita, la Pace sono valori universali che lo Stato laico e democratico e la Chiesa devono difendere senza ambiguità. Ci aspettiamo dalla Curia una presa di posizione forte che condanni l’accaduto ed esprima chiaramente, attraverso l’intitolazione della Madonnina, il contrasto al fascismo ed alle sue idee”. In effetti, i parroci di Girifalco, Don Antonio Ranieri e Don Orazio Galati, rifiutano di celebrare la messa a Monte Covello, chiedono la rimozione dell’intitolazione ai martiri fascisti, e reagiscono all’uso politico del simbolo religioso. Per parte sua, Il sindaco di Girifalco, Mario Deonofrio, condanna fermamente l’atto, stigmatizza “reminiscenze e ideologie che sono morte perché l’umanità e la storia le hanno già condannate”, e garantisce che la targa verrà rimossa. Le reazioni non si fanno attendere neanche dall’altra parte, con la sezione J.V. Borghese della Fiamma che difende la legittimità di un “pellegrinaggio, con tanto di deposizione di fascio di fiori e preghiere in suffragio dei martiri che osarono affrontare il mondo ‘dalla parte sbagliata’, ad un luogo di culto, eretto durante gli anni del tanto vituperato ventennio e, successivamente, distrutto dal seme di quell’odio fratricida e iconoclasta che seguì alla guerra civile in Italia e portò ai tanti lutti che insanguinarono la nostra gioventù negli anni ‘70/’80”. L’iniziativa, prosegue il comunicato, intende solo omaggiare “dopo anni di oblio, la statua della Madonna posta nei boschi di Monte Covello, a tutti nota come ‘La Madonna dei martiri fascisti’”, e “recitare alcune preghiere in suffragio di tanti morti che si vuole dimenticare ma che hanno anch’essi un posto nell’immensa misericordia del nostro Dio”.

Si tratta solo della coda, nostalgica e pittoresca, di conflitti che appartenevano ad un’Italia ormai sparita? Si tratta di una vicenda che dice, una volta di più, di come politica e religione dovrebbero essere tenute debitamente separate? Di un episodio, l’ennesimo, che parla della memoria divisa di questo Paese in relazione al ventennio, e magari delle debolezze della memoria antifascista? Di un fatto che mostra la strumentalizzazione politica che non di rado si fa dei simboli religiosi? Di tutto un po’. Sindaco e CGIL reagiscono in primo luogo alla ferita alla memoria antifascista, temono per il futuro della coscienza storica dei giovani locali; la Chiesa di Girifalco reagisce, in primo luogo, alla strumentalizzazione politica del simbolo religioso; un liberale avrebbe buoni argomenti per perorare la separazione delle sfere.

Sociologicamente, però, la vicenda è istruttiva. Religione e politica vivono di dispositivi della memoria, e che quelli dell’una vadano a rinforzare l’altra dice solo, una volta di più, che religione e politica non possono essere artificiosamente separate, nelle forme di religiosità popolare così come in Parlamento, come l’illuministica ragione  liberale vorrebbe. Il caso di Girifalco mostra come tra un territorio, la sua storia, la sua memoria e i suoi simboli religiosi esistano intrecci, sponde e conflitti che non possono essere districati solo per amore di pulizia concettuale o di decisioni normative. Memoria storica, memoria religiosa, storia politica e identità formano un tutt’uno, spesso e volentieri tutt’altro che omogeneo e irenico. Va da sé che certe rivendicazioni sono odiose forme di revanchismo e strumentalizzazioni politiche cui opporsi con determinazione. Ma la domanda rimane: può un simbolo religioso essere del tutto neutrale rispetto alla memoria contesa di un contesto? Un simbolo che nasce, come la Madonnina di Monte Covello, legato a doppio filo alla legittimazione religiosa di una parte politica, che degli equilibri di forza tra le parti rimane vittima, nella sua materialità come nella portata simbolica? Può essere sottratto la sua dimensione religiosa alla contesa? In realtà, i fatti religiosi non sono mai fatti religiosi ‘puri’, in cui la valenza ‘puramente’ religiosa possa essere districata e resa indipendente rispetto a dimensioni storiche, politiche, economiche. La domanda rimane: la Madonnina di Monte Covello deve restare ‘neutrale’ rispetto alla memoria contesa, nel senso di ‘cieca’ rispetto alle memorie divise? Qualsiasi altra forma di ‘uso’ del simbolo si prefigura necessariamente come strumentalizzazione o indebita commistione di religione e politica? Oppure, dato il legame della popolazione locale con quel simbolo, ad esso si può chiedere di farsi carico di riconoscere i lutti che gravano sulle memorie di tutti, nominandoli, attraversandoli per così dire, dando loro esplicito riconoscimento, e lasciando al contempo alla storia, alla politica, all’azione di una cittadinanza dalla salda coscienza democratica il compito di ribadire, giorno per giorno, che il dolore è umanamente dolore, i lutti sono umanamente lutti, ma che nella storia non tutti i lutti sono politicamente e moralmente uguali? Un simbolo religioso, forse, non è chiamato a sottrarsi al conflitto e alla divisione, ma ad attraversarli e ricomprenderli in un memoria che, umanamente, accolga i lutti di tutti.

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