MEDIAPOL

Alberto Ferrigolo

Giornalista

Il Professore e il Cavaliere

Con la sfiducia al Governo Monti è nato un nuovo genere letterario e giornalistico insieme: il romanzo della politica. Sul genere della “narrazione” lo eravamo già da tempo. Fatti, antefatti, misfatti e retroscena. Ma oggi c’è qualche elemento in più: l’elogio o l’elegia del supertecnico, che i media stanno sapientemente e nemmeno tanto subliminalmente costruendo, passo dopo passo. Momento su momento. Un po’ come vent’anni fa. Quando Sua Emittenza assurse agli onori delle cronache politiche come il candidato premier Silvio Berlusconi, che poi le elezioni le vinse con tutte le conseguenze che conosciamo e che si sono susseguite nel tempo. Nel bene come nel male i giornali ne tessero le lodi, chi più chi meno s’intende, e chi invece face sempre il proprio mestiere scavando come una talpa al servizio del lettore. Quest’ultimi si possono però contare davvero sulle dita d’una mano.

Gli altri, tutti gli altri, direttamente di proprietà o ispirati, fecero l’elegia dell’Unto dal Signore. Arruolando fior di opinionisti, folgorati lungo la strada di Arcore. Oggi che l’Unto è in caduta libera c’è più distanza, serenità e, fors’anche, un po’ più d’oggettività. Quasi. Comunque ci si permette un po’ più di distinguo. Tuttavia i giornali perdono il pelo ma non il vizio. E questa volta si comportano nemmeno tanto in modo servizievole per soccorrere il vincitore di turno, quanto – per contrasto – per sbeffeggiare il Vecchio Potente in caduta. Quanta soddisfazione nel raccontare la cronaca della riunione del Ppe  a Bruxelles, l’arrivo di Berlusconi e l’apparizione – a sorpresa – di Monti, complice Wilfred Martens, il Presidente del Partito Popolare Europeo che ha invitato il premier italiano senza farlo sapere ai più. Così Berlusconi che pensava d’esser il protagonista, s’è ritrovato a dover lasciare la scena a Monti. Che è stato osannato e invitato persino a candidarsi…. Come dire: la vendetta è un piatto che si serve freddo. E quelle che seguono si giornali sono le cronache dell’ignominia. Ed è tutto un endorsement pro Monti. Viene quasi da simpatizzare con l’inglese The Telegraph (testata conservatrice) per il suo solitario antimontismo europeo: «Adesso esca di scena» invita.

A casa nostra va invece molto l’elogio del salvatore della Patria, che ci ha tirato fuori dai guai nazionali ma tutto sommato ci ha inguaiato singolarmente. Come individui. Come famiglie (leggansi i dati economici, l’indice di indebitamento dei nuclei famigliari, il crollo delle compravendite di immobili, la debàcle dell’accensione dei mutui e quella del potere d’acquisto di salari e stipendi unitamente al fatto che il 58% dele imprese devo ricorrere a prestiti per poter pagare le tasse e via di questo passo).

E sui giornali il Grande Romanzo Popolare del Cavaliere Bianco che resiste ai soprusi del Cavaliere Nero prende ogni giorno corpo e si arricchisce di continuo di nuovi elementi come in tutti i duelli che si rispettino. Come nei romanzi di cappa e spada e, ancor prima, con coté di Cavalieri della Tavola rotonda. Il romanzo viene scritto nello stesso modo in cui per vent’anni è stato scritto quello che ha avuto per protagonista lo stesso Berlusconi. Né più e né meno. Con gli stessi tic e gli stessi riflessi. Le stesse infatuazioni, la stessa foga e le stesse infatuazioni di sempre. È il romanzo di cui ha bisogno l’informazione per sopravvivere. Talvolta anche a se stessa.

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