LA GUERRA DEI TRENT'ANNI

Lo Sguardo

www.losguardo.net

Il coccodrillo come fa? Il PD e la sindrome del senso di colpa

«Chiedere pubblicamente scusa a Romano Prodi per l’“incidente” che ha portato alla sua mancata elezione alla presidenza della Repubblica. L’iniziativa è dei renziani milanesi che propongo anche una raccolta di firme. “Scriviamogli: Presidente Prodi, io ti chiedo scusa e ti chiedo di restare”». Così, sul Corriere della Sera di ieri, si leggeva della solerte iniziativa dei “renziani milanesi”, che a distanza di un mese dall’elezione del Presidente della Repubblica non trovano di meglio da fare che dar vita all’ennesima petizione di firme, una moda ormai dilagante nel nostro Paese ben oltre i limiti dell’effettiva necessità. Al di là del tono da Padre Nostro, invero un po’ imbarazzante, dello slogan proposto, l’iniziativa risulta alquanto sconcertante per diversi motivi.

Innanzi tutto, essa certifica la sindrome coccodrillesca di cui soffre la politica, e in particolare la sinistra italiana, che adora la pratica del “prima ti esalto e poi ti schianto”, con conseguente senso di colpa e lacrime a scoppio più che ritardato. Che si tratti del segretario o del candidato Presidente della Repubblica, lo schema è sempre quello: entusiasticamente affidarsi con devota convinzione a qualcuno, per poi voltargli le spalle in nome di un correntismo del quale neppure la mente più ingegneristica sarebbe ormai in grado di comprendere la ratio. Così, il Pd eleva qualche malcapitato prescelto a leader, per poi ridimensionarlo ben presto (dati gli psicodrammatici, puntali scontri interni) a salvatore della baracca, per finire – con Epifani, per quel che concerne la segreteria del partito – alla sinistra e carontesca figura del “traghettatore” verso il congresso. In occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, abbiamo assistito – inutile ripeterlo – a un pietoso balletto di candidati impallinati, sino al culmine della candidatura Prodi: La candidatura, sostenuta da un’unanimità apparentemente granitica. Sgretolatasi, invece, nel mistero del voto segreto. Dopo il quale, autoflagellazione, senso di colpa cronico e pentimento manifesto: intanto, i leader politici bussavano alla porta di Napolitano, che come un nonno premuroso verso i nipotini maldestri interveniva a mettere più o meno adeguate pezze nel disastro della politica italiana.

Ma la petizione milanese non è solo occasione di imbarazzata riflessione sulla psicologia politica della sinistra. Dice qualcosa anche del senso di realtà, ormai in via di eclissi totale, del PD (o, almeno, di alcune sue componenti): in un momento di crisi universale come quello presente, c’è davvero bisogno di lanciare una petizione per chiedere scusa a Prodi per la sua mancata elezione a Presidente della Repubblica? L’urgenza attuale sarebbe di aiutare la sinistra a regolare i conti con la propria coscienza politica? Si sostiene che firmare la suddetta petizione costituirebbe un “gesto di solidarietà” verso Prodi: ma cosa hanno da spartire i cittadini, che non votano il Presidente della Repubblica, con quelle lacrime da coccodrillo dei grandi elettori del PD? L’ennesimo episodio di cattiva politica dovrebbe essere condiviso con i cittadini e gli elettori del Partito Democratico, i quali non solo saranno – forse – impegnati in ben più urgenti e drammatiche riflessioni, ma dovrebbero partecipare a questa liturgia dell’excusatio non petita in modo – viene il sospetto – che tra una petizione e l’altra il lavaggio-coscienza venga più facile e non obblighi gli esponenti politici a una seria, meditata e (quella sì) doverosa assunzione di responsabilità, che sono proprie e non demandabili ad altri. C’è da sperare che con la svolta Epifani questa assunzione abbia finalmente un serio e credibile inizio.

Ma poi, andrebbe chiesto, c’è davvero bisogno di domandare scusa? Da nessuna parte era scritto che Prodi dovesse essere eletto Presidente della Repubblica. Egli si era reso disponibile per questo ruolo, ma non aveva firmato alcun contratto; e se parti del PD “hanno tradito” il patto interno, facendo indubbiamente una meschina figura con il malcapitato Prodi, possono anche – se proprio vogliono sentirsi meglio con se stessi – chiedergli scusa (il che non ridurrebbe comunque l’ipocrisia dell’intera situazione, né cambierebbe l’idea che l’ennesimo candidato impallinato si sarà fatto di tutta la vicenda). Ma più che a Prodi, è ai cittadini che gli esponenti politici dovrebbero chiedere scusa (altro che petizioni), per la cronica incapacità di esercitare decentemente ed efficacemente le mansioni e i compiti attribuiti dall’elettorato. Ma in fondo, nemmeno noi sapremmo che farcene di queste scuse: per citare la nota canzone, non sono altro che “parole, parole, parole” e invece ora servono fatti, fatti, fatti.

Federica Buongiorno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *