L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Bombardamenti

Nel Discorso ai vescovi asiatici tenuto nella penultima giornata del suo recente viaggio in Corea, papa Francesco, affrontando il tema del dialogo con diverse tradizioni culturali e religiose, ha richiamato tre tentazioni che possono indebolire proprio il cammino del dialogo e del confronto con l’altro.
La prima tentazione è rappresentata dal relativismo che oscura la splendore della verità e, scuotendo la terra sotto i nostri piedi, ci spinge verso le sabbie mobili della confusione e della disperazione. Si tratta di un assioma che non ha molta forza persuasiva, in quanto, per condividerlo, occorre assumere in primo luogo che la verità esista – mentre è proprio questo il tema in discussione – e, in secondo luogo, che sia terribile vivere senza la consolazione della verità, mentre credo sia del tutto possibile dubitare dell’esistenza della verità e non ridursi comunque alla disperazione.
La seconda tentazione è la superficialità, cioè la tendenza a giocherellare con le cose di moda, gli aggeggi e le distrazioni, piuttosto che dedicarsi alle cose che realmente contano. In una cultura che esalta l’effimero e offre numerosi luoghi di evasione e di fuga, ciò presenta un serio problema pastorale. Questa pare essenzialmente una concessione all’atteggiamento dei molti laudatores temporis acti, che non vogliono credere che lamenti di questo genere si sono levati in ogni epoca storica e sempre hanno alluso al rimpianto per indefiniti momenti del passato in cui la superficialità non era all’ordine del giorno. Sono molti gli esempi che si potrebbero fare e in questi giorni sto leggendo il De civitate dei di Agostino che, almeno nei primi 10 libri, non fa altro che parlare – appoggiandosi anche sulla testimonianza degli storici romani – di quanto gli antichi protagonisti della vita repubblicana fossero più seri e profondi dei superficiali successori che si abbandonano alle mollezze della vita, ai giochi del circo e alle rappresentazioni teatrali.
L’ultima tentazione è quella di rifugiarsi in soluzioni già pronte, di ricercare l’apparente sicurezza di nascondersi dietro risposte facili, frasi fatte, leggi e regolamenti. Mi ha colpito il riferimento ai regolamenti perché anni fa, per polemizzare con un amico che stava stendendo il regolamento della biblioteca del dipartimento in cui lavoro, avevo coniato lo slogan la morte delle ideologie genera regolamenti. Ma oggi forse la morte delle ideologie è anch’essa un ricordo del passato e al pensiero unico, di cui temevamo il trionfo, si contrappongono ideologie ancora più forti e cioè fedi religiose e, in altri casi, volontà di dominio che neppure hanno bisogno di ideologie.
Papa Francesco rimane comunque una delle poche voci che tentano di chiamare le cose con il loro nome, o almeno con quello che pensa sia il loro nome, e di dire ciò che vede; così quando parla di una terza guerra mondiale in corso, anche se fatta a pezzi sparsi un po’ qui e un po’ là per il mondo, fa venire i brividi nella schiena.
Rimane però il problema che, scartando la seconda tentazione che suona troppo banale – scusi santità -, le due rimanenti, e cioè la tendenza al relativismo e quella al dogmatismo, risultano in contraddizione fra loro. Come se ne esce?
Considerando che entrambi gli atteggiamenti riguardano le possibili risposte alle domande poste dalla presenza stessa dell’altro da noi – in senso di cultura, di civiltà, di religione, di visione del mondo – forse si potrebbe uscire parzialmente dalla contraddizione prendendo in seria considerazione la possibilità di impegnarsi non nel dare risposte, ma nel porre domande, nella speranza di potere poi aprire il confronto sulle diverse ipotesi di risposta. Se invece di sganciare le bombe su quanti consideriamo un pericolo, provassimo per una volta – secondo un’antica idea di Marco Pannella – a sganciare radioline, libri e giornali?

  1. Non credo che la conoscenza della verità di Guantanamo e degli orrori della tortura, del tessuto affaristico-pedofiliaco che lega le gerarchie ecclesiastiche … e di infiniti altri orrori che caratterizzano la nostra epoca sia stata per qualcuno una consolazione. Il tratto epocale che si deve asumere come punto di partenza per una etica e una politica conformi alla realtà è proprio quello della banalità del male intrecciata e connaturata alla invisibilità del potere. Mi sembra che il Papa Francesco qualcosa in questa direzione stia facendo, sempre che sia ascoltato da qualcuno. Scrive Roberto Esposito: … resistere alla tentazione del cedimento e della compromissione nei confronti del male, attraverso l’attivazione di una forza contraria cui la tradizione occidentale talvolta ha dato il nome, limpido e intenso, di anima.. Non ti sembra?

  2. Non è vero che la verità non esiste, quelli che sono morti sotto i bombardamenti nella striscia di Gaza sono morti veramente e questo è un fatto. Lo dico molto banalmente contro la cattiva filosofia che dice non esistono fatti ma fatti interpretati. La verità esiste, eccome! La verità semplicemente non sempre è conoscibile e, come ha scritto Robert Musil, non è un cristallo prezioso da mettersi in tasca, ma un lago sconfinato in cui si casca dentro. Il problema della verità è il problema della sua conoscibilità e questo vale per tutte le accezioni della parola verità. E non è vero che rinunciare all’assioma della esistenza della verità significa convivere con la disperazione, è precisamente il contrario: noi, più o meno consapevolmente non vogliamo conoscere le verità, perchè è proprio la conoscenza della verità che ci può portare alla disperazione e allora sono infiniti gli infingimenti e le razionalizzazioni con cui sfuggiamo alla verità. Ma, come dieceva Gottfried Keller la verità non può scappare e nel momento in cui si rivela è bene essere preparati al peggio, non ti sembra Massimo?

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