LA BELLA CONFUSIONE

Oscar Iarussi

Giornalista e scrittore, in libreria con "Amarcord Fellini. L'alfabeto di Federico" (Il Mulino ed., 2020)

Matteo Garrone, tre favole crudeli nel Sud del cuore

Sostiene Garrone che per lui anche Gomorra è un fantasy. E può essere che abbia ragione, considerando l’esito dello scandaglio di Saviano, del film e della serie derivati dal suo libro: un mondo «a parte» in cui fantasia e realtà si mescolano all’insegna del grottesco, oltre che dell’orrido criminale. Mentre s’annuncia un cinepanettone 2015 dal titolo Natale a Gomorra. Pallottole e champagne che perfezionerà, temiamo, certi luoghi comuni sul Sud. D’altronde, è al Sud che nel ‘600 barocco sboccia la favola crudele del partenopeo Basile, anzi il suo coacervo di storie al tempo stesso fantastiche e realistiche: Lo cunto de li cunti, appunto, apparso postumo nel 1634. Una summa che avrebbe fatto da matrice a novelle come Cenerentola o Il gatto con gli stivali, giunte fino a noi nelle rielaborazioni di Perrault e altri. Scritto in lingua napoletana, il capolavoro di Basile venne tradotto in italiano giusto novant’anni fa da Benedetto Croce, il quale affratellò l’autore all’Ariosto, al Boiardo e a Lorenzo il Magnifico. Venne poi «rilanciato» da Italo Calvino, il più fiabesco tra i novecentisti, che interpretò la raccolta come un insieme di metafore sotto il segno/sogno dell’eterno conflitto tra la luce e le tenebre.
Era «inevitabile», in tal senso, che il cinema «tenebroso» di Garrone con le sue deformazioni e astrazioni (pensate solo all’Imbalsamatore) fosse attratto da Lo cunto de li cunti. Il regista assume solo tre dei cinquanta racconti che compongono il testo: Lo polece (La pulce), La cerva fatata e La vecchia scortecata. L’incontro è riuscito? Il film, da ieri nelle sale italiane, è stato accolto bene al Festival di Cannes, primo titolo italiano in gara. Certo, Garrone riesce a condurre per mano lo spettatore in un universo magico, anche grazie a un cast internazionale di alto livello e  alla felice scelta delle scenografie (tra gli altri luoghi, numerosi dei quali pugliesi, ecco Castel del Monte, Gioia del Colle e le incredibili gravine di Mottola). Tuttavia, non sempre il film è emozionante e si stenta a lasciarsi rapire dalle sue ossessioni senza tempo: l’amore, la giovinezza, la paura, il coraggio, il gioco del caso, l’amicizia… Sentimenti ed emozioni che Garrone saggiamente non prova ad attualizzare, confermando che la retrospettiva «letteraria» è una cifra autentica del nostro recente cinema d’autore, dal Leopardi di Martone, al Boccaccio dei Taviani, alla prima guerra mondiale di Olmi che per Torneranno i prati si è ispirato a un racconto a suo modo tragicamente favolistico, La paura di De Roberto.
Non staremo qui a sintetizzare il trittico  delle trame, che lasciamo al piacere di chi vedrà il film. Esse ruotano intorno a magioni regali, dove i regnanti sono in preda al desiderio materno o erotico, alla paura di invecchiare o, semplicemente, alla noia. È il caso, quest’ultimo, di La pulce, forse il più lineare dei tre episodi, nel quale un sovrano inetto alleva l’insetto sino a farlo diventare un mostro kafkiano e quando esso muore ne utilizza la pelle nel «torneo» per concedere sua figlia in sposa, infine vinto da un orco. Per il resto, il film riserva sicuramente echi pasoliniani della «Trilogia della vita»  e suggestioni horror alla maniera di Mario Bava, come il regista e molti critici stanno ribadendo dalla Croisette. Invece c’entra poco, diremmo, Monicelli che Garrone ieri ha evocato paragonando un interprete del film, Vincent Cassel, al Vittorio Gassman dell’Armata Brancaleone. Restano da lodare la fotografia del cronenberghiano  Peter Suschitzky e le musiche di Alexandre Desplat.
Ah, il finale circense, sospeso nell’ottagono federiciano sulle Murge, è bellissimo.
«Il racconto dei racconti – Tale of Tales» di Matteo Garrone, liberamente tratto dall’omonima raccolta di fiabe di Giambattista Basile. Interpreti  e personaggi principali: Salma Hayek (regina), John C. Reilly (re), Christian Lees (Elias), Toby Jones (re), Bebe Cave (Viola), Guillaume Delaunay (l’orco), Vincent Cassel (re), Shirley Henderson (Imma), Hayley Carmichael (Dora), Stacey Martin (la giovane Dora). Commedia-fantasy, Italia-Francia, 2015. Durata: 126 minuti
Articolo apparso sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” del 15 maggio 2015

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