Gran Bretagna e velo
vince la tolleranza

La Gran Bretagna non ha una tradizione di laicità e di forzato secolarismo. Al contrario, il suo patrimonio culturale si fonda su una Chiesa di Stato  che offre liberalmente tolleranza a ogni credenza religiosa così come a chi non ne professa alcuna. A questo si aggiunge l’esperienza di un’immigrazione di antica tradizione nell’ultima parte del Ventesimo secolo,  fatta di popolazioni diverse per razza, etnia, fede, organizzazione sociale, proveniente dai paesi del Commonwealth. Ecco perché il discorso sul velo ha avuto finora, in Gran Bretagna, un andamento ben diverso da quello sviluppatosi in Francia.

Il burqa non è diventato mai davvero un “argomento del giorno”, benché la destra estrema abbia cercato di strumentalizzarlo e benché la leggenda del terrorista libero di muoversi sotto il velo non sia dispiaciuta alla stampa più popolare. In realtà le stesse stime sul numero di donne completamente velate presenti nel Regno Unito sono improbabili: si parla infatti indifferentemente di centomila come di duemila. In realtà, la prima impressione dimostra che sia è il niqab a essere più diffuso, usato come una specie di “purdah” fuori dalle pareti domestiche.

Ovviamente è la comunità musulmana ad essere più coinvolta nel dibattito pro-contro il velo integrale: il Muslim Educational Centre di Oxford chiede, ad esempio, che venga bandito mentre “Pro-hijab”, organizzazione di donne nata nel 2004, si batte perché ne venga riconosciuto il valore culturale.  Sono le ragazze immigrate di seconda o terza generazione, infatti, a vedere nel velo un elemento identitario, all’opposto delle loro madri e nonne che se ne liberarono e scelsero di assimilarsi. Pragmatico l’atteggiamento delle scuole, a cui lo Stato delega il compito di stabilire il giusto abbigliamento nei loro spazi: nel 1988 la Altrincham Grammar School concesse a due alunne di indossare un velo non integrale,  purché di colore blu marino come la divisa della Scuola; nel 2005 invece la questione è arrivata al grado di Corte d’Appello in merito al caso della la studentessa della Denbigh High School che voleva vedersi riconosciuto il diritto di indossare lo jilbab, ovvero la ampia tunica lunga sino ai piedi.

 

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