Boko Haram: questa è religione?
I musulmani prendano posizione

Da Reset-Dialogues on Civilizations

È stata una notizia terribile. Il rapimento di 275 studentesse di scuola superiore in Nigeria da parte di Takfir e terroristi appartenenti al gruppo Boko Haram e il successivo annuncio dato dai sequestratori circa l’intenzione di vendere le ragazze come schiave era in sé già abbastanza scioccante da opprimere profondamente la coscienza di qualsiasi essere umano. Eppure, nella realtà pare che ciò non sia avvenuto. Il mondo sembra essere ormai divenuto cinico e insensibile come conseguenza dell’elevata incidenza di crimini violenti e manifestazioni di estremismo. E un ulteriore aspetto di questo incidente, ancor più spaventoso, è la dichiarazione rilasciata dal gruppo secondo cui questo atto blasfemo e disumano sarebbe stato compiuto per osannare il nome dell’Islam e in linea con l’applicazione delle norme legali della shari’a.

Hanno coniugato le interpretazioni più oscurantiste e radicali dell’Islam con l’ignoranza, la superstizione e l’autoritarismo prendendo di mira le vite, i beni e l’onore della gente con armi ideologiche come la scomunica e il terrorismo. I membri di questo gruppo estremista Takfir ritengono che ogni genere di interazione con i Paesi occidentali dovrebbe essere proibita. Al contempo, essi pensano sia loro dovere fondamentale opporsi alle istituzioni religiose tradizionali rinnegandole, fare la guerra al governo in carica e lottare contro il consolidamento della democrazia nella società nigeriana. Sposando l’interpretazione più gretta e limitata dei già obsoleti punti di vista di Ibn Taymiyyah, si credono autorizzati a imbarcarsi in ogni genere di atrocità, dallo sterminio di massa all’esproprio delle proprietà fino al sequestro di persona. In tutto ciò, restano convinti che le loro azioni siano assolutamente in linea con le norme della shari’a islamica.

L’ultimo terrificante gesto di Boko Haram ha generato in tutto il mondo un clima di islamofobia così pesante che i suoi effetti non possono essere sanati in alcun modo. Hanno rapito degli appartenenti al più vulnerabile dei gruppi sociali – delle innocenti studentesse di scuola superiore – e nel farlo sono ricorsi ai mezzi più violenti. Dopo il sequestro, hanno accusato le ragazze di agire contro la legge islamica andando a scuola e hanno dichiarato che le avrebbero vendute al mercato nero come schiave.

La Nigeria è un Paese con una popolazione di circa 180 milioni di individui, pari a quasi il 18 per cento dell’intera popolazione africana. In questo Stato dell’Africa occidentale le percentuali di musulmani e cristiani più o meno si equivalgono. Di conseguenza, una composizione tale degli abitanti ha già di per sé costituito terreno fertile perché nel Paese scoppiasse un importante conflitto religioso.

L’Islam è arrivato in Africa incarnandosi nell’aspirazione all’uguaglianza e alla non discriminazione, e il suo motto principale è sempre stato promuovere la libertà e l’indipendenza nel continente. Oggi, i terroristi di Boko Haram stanno di nuovo seppellendo vive delle donne sotto la coltre apparente dell’Islam, ma di fatto si rifanno a una tradizione diffusa tra gli arabi incolti prima del suo avvento. Nei primi anni dell’Islam, il Profeta [Maometto (PBSL, Pace e Benedizione su di Lui)] aveva dichiarato che qualsiasi schiavo (catturato nel corso di una guerra con i musulmani) si fosse dimostrato capace di insegnare a scrivere e a leggere a dieci musulmani avrebbe dovuto essere lasciato libero. Oggi, siamo testimoni di un gruppo terrorista radicale che riduce in schiavitù delle giovani nel nome del Profeta Maometto (PBSL) solo perché queste giovani vanno a scuola.

È pertanto responsabilità mondiale che i musulmani scongiurino un ulteriore consolidamento di questi gruppi Takfir e radicali facendo leva sulla propria unità e consapevolezza di sé. Movimenti simili seguono le idee più fossilizzate dei propri antenati, idee che risultano più letali di qualsiasi tipo di arma di distruzione di massa. Così facendo, stanno vergognosamente sferrando dei colpi irreversibili alla reputazione dell’Islam e dei musulmani nel mondo.

Molti analisti ritengono che Boko Haram sia solo una componente del progetto globale portato avanti da Al-Qaeda in Occidente. Ovviamente, questa rete terroristica globale ha diverse forme e declinazioni, ma tutte affondano le radici in un terreno comune che trova la sua principale espressione nella scomunica e nel terrore.

Di conseguenza, i Paesi che hanno giocato un ruolo nella creazione di cellule terroristiche in Afghanistan e successivamente in Iraq e Siria, continuando poi a supportarle a livello ideologico, economico e militare, sono oggi complici dei loro crimini. Rigidità di idee, scomunica e terrorismo in genere non producono altro frutto se non instabilità, incertezza e divisioni. Allo stato attuale, migliaia di cittadini europei sono membri di questi gruppi terroristici in Siria, che rischiano di esporre l’intero pianeta a una gravissima minaccia in materia di sicurezza. Atti di simile violenza immancabilmente innescheranno un nuovo processo di opposizione all’Islam e un clima di islamofobia in tutti il mondo, specialmente nei Paesi occidentali. Misure del genere, in particolare visto che sono state adottate in una nazione la cui popolazione è per metà composta da cristiani, avranno sicuramente molti effetti negativi e deleteri sui rapporti tra le varie sette musulmane ma anche su quelli che intercorrono tra musulmani e cristiani.

È quindi dovere di tutti i Paesi musulmani quello di unire le forze e prendere una posizione unanime contro simili gruppi terroristi e Takfir in modo da isolare e bloccare definitivamente le fonti che li riforniscono di armi e denaro. Ne consegue che la gente nei Paesi islamici si aspetta che le autorità religiose musulmane, specialmente negli Stati di orientamento sunnita, respingano nettamente e senza ambiguità alcuna le rivendicazioni di affiliazione musulmana di gruppi del genere attraverso l’emissione di chiare, ferme e inequivocabili fatwa (editti religiosi). Così facendo, esse non consentirebbero a questi movimenti di coprire i propri efferati atti criminali, furti e assassinii con il falso alibi dell’Islam. Se le istituzioni religiose non fossero rimaste in silenzio di fronte alle stragi settarie, se non le avessero in un certo senso avallate per quanto in maniera indiretta, non avremmo assistito a simili raggelanti atti di barbarie compiuti nel nome dell’Islam.

La proposta avanzata [a una seduta dell’Assemblea Generale dell’Onu] perché si lanciasse una battaglia [globale] alla violenza e all’estremismo è stata un segnale indicativo di quanto sia seria l’attenzione prestata dall’Iran al grave rischio connesso a questi fenomeni e alla minaccia che essi rappresentano per tutto il mondo islamico. È ormai chiaro che le stragi settarie non si limitano più a prendere di mira innocenti musulmani sciiti in Pakistan, Iraq e Siria, perché il carro del terrorismo e dello sterminio non si fermerà da sé, ma anzi continuerà a reclamare ogni giorno le vite di sempre più vittime.

È quindi necessario che in Iran venga lanciato un movimento collettivo e umanitario contro l’estremismo e la violenza. Sarebbe una scena bellissima da vedere se le nostre studentesse di scuola superiore manifestassero la propria solidarietà alle sorelle nigeriane invocandone l’innocenza e appellandosi a un rapido rilascio delle ragazze sequestrate. Nella Repubblica Islamica dell’Iran le donne possono proseguire gli studi fino ai gradi più alti di istruzione. È per questo che, in segno di ringraziamento per la benedizione che ci è capitata in materia di educazione e sicurezza, è nostro dovere rispondere al grido innocente di tutte le vittime della violenza e della superstizione.
Dobbiamo liberare l’Islam dall’ignoranza di Boko Haram e strappare le ragazze prigioniere alle grinfie di quei crudeli banditi!

*Gholamali Khoshroo è Senior Editor dell’Encyclopedia of Contemporary Islam ed ex viceministro degli Esteri per gli affari legali e internazionali della Repubblica islamica dell’Iran (2002-2005). Khoshroo è assistente del presidente Khatami in materia di “Alleanza e dialogo tra le civiltà”. È stato preside della School for International Relations (1983-89); Ambasciatore alle Nazioni Unite (19890-95); viceministro degli Esteri per l’Istruzione e la Ricerca, membro della Commissione OIC di Personalità Eminenti sulla “Moderazione illuminata”. Di recente, si è diffusamente dedicato allo sviluppo di una teoria dell’Islam politico contemporaneo e delle sue implicazioni per le società occidentali. Ha studiato sociologia all’Università di Teheran e alla New School for Social Research di New York. Ha pubblicato svariati articoli e saggi su tematiche di carattere politico e culturale.

Traduzione di Chiara Rizzo

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